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Lezione di .sclierma

Nel documento GLI AMORI DI PARIGI. Digilized by Google (pagine 107-118)

cosà nuova senza numero, laquarta

dopo

ilcaffè,la scala di fondo, in cima,diterzo uscionelcorridoio:c’è soprailnome,

CAPITOLO V.

Lezione di .sclierma.

Nazaire, dettoDragone,abitavainuna'grandesoffi t-ta,aduefinestre,chesiaprivanoinfondoadue vani profondi. Dietroaivetri si-vedevanofioriautunnali, di cuileprimebrineavevanocurvatiidebolisteli.

11suolettoavevaintorno cortinaggi ditelaturchina aquadretti, fermatial soffittoda

un

cerchio diottone ed accomodatiassaigraziosamente.

Sulcaminetto,ingrandi bicchieridabirradi Stra-sburgo, v’eranomazzidi fiori.

11cassettonedinoce, l’armadiodiquercia inverni-ciata, le sedie impagliate, lapoltrona ricopertadi tela dicotonebigia, tuttoera pulito, tuttoavevaun odore divitacomoda, rarissimo

èd’uopo confessarlo

--nellameschina dimoradell’artigiano.

Ed anche

que’fiorididentroedi fuori,illucido del

rame

delle serrature,lepieghedellecortine,unacerta cosa finalmente cheinqueimobili miserabiliponeva un’apparenza, un^ simmetrìa, avrebberoannunziato al-losguardoosservatore1’usualepresenzadi uriadonna.

Dovunque

passa questa fata benefica,rimane

un

in-canto

da non

definirsi, un segnopiacevole,unraggio,

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loa

ùn

riflesso,

un

nonnulla,che abbellisce, che adorna, chefiivede, e

non

sipuòscrivere.

QuivilafataeraMignonne, laleggiadrasposadi Nazaire.'..

Mignonne

erauna buona ecara ragazza;voleva be-ne

come

una matta a Dragone,sebbene avoltalo fa-cesse arrabbiare.

Bebelle,l’amantediPoiret,\eravenuta una mattina dopo che Nazaireera uscito perandare abottega,

e

stringendosi, nelle spalleavevadetto:

«

Non

èuna buonasorte, piccinamia, distarsene tuttiigiorni checi dàIddioadaspettare

un uomo

elièunincisore, e nientepiùl... iohoPoiret...

mi

gar-ba, ma.ciò

non

m’impedisce...lagiornata è lunga prestosifauna buonarelazione...e tantosi'passa il

tempo...

E

poi, gliscolarisonopur.carinil certi

amo-rinicolberretto rosso,figliuolamia,che parediveder quelliche sonoinPaolodi

Koch!

»

Bebelle avevadetto questa*emoltealtrecose, per-chèellaera

un

tipo:.,editipidiscorrono

come

-volumi mleridiTornamidicostumi.

Ma Mignonne

avevafattodasorda,’ e Bebelleaveva dovuto scendereiseipiani dellasoflìtta,cantandoper dispetto:

, Loscolare

Allegroe bello, Vaaballare Ardiloesnello.

Canzonech’è

un

tipodi ode,dovutaallacollaborazione diun gran

numero

digiovanotti, amabilissimi giuoca-toridi bigliardo.

E Mignonne

era rinaasta

come

prima.

La

stanza diNazaire possedeva parancoaltri orna-menti,nei quali

non

avevapartela

mano

diMignonne.

Prima

ditutto,

uno

sciabolonedirittoda dragone;

poi

un

boriiusbianco,duepipearabeincroce,ed

una

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109 diquelleinterminabili cintureallamoresca,ilcui tes-suto fasvergognarelenostre fabbriche.

Non

siva adAlgeri per nulla;e,

come

dicein istile da volteggiatorilamedagliaconiatadirecente a gloria dellenostre quasi-conquistemarrocchine: 11francese seppe,sa,esaprà vincersempre.

Iscrizionemanifestamentesublime,'che

rammenta

le siiberbestrofedelcantoguerrieroormainoto:

È

ilsoldatocomerosa

.. Dibellissimo colore;

Allaguerralutto egliosa.

Tuttoaffrontailsuovalore...

Sicché Nazaire anch^esso avevariportati isuoi tro>

fei,

non

loneghiamo,piùmodestidelparasoled’isly—

ma meno

rattoppati.

Ricevè Gastone,

come vedemmo,

concordialità mi-staad un-pochinodideferenza.

Potevafarequantovolesse,nonsapeva più trattare tantoallalibera col Pd/of,che perluidiventava nipote di

un

pari di Francia.

E

poi,aveva qualchecosa sul cuore.

«

Non

ho dormitointuttala notte,»ripetè,stando in piedi davantiaGastone sedutochepigliavafiato,

«perchè hopensatoavoi...ate,Pàloti..unpo’perla faccendad’impostarsi... emolto perledue

contram-marche

dellaBanca.»

Gastone non

rispose,e lo interrogò collo«guardo.

«

Non

lo sai,tu,»continuò Nazaire;«nonti figu-ravi

nemmeno

chet’incolpasserol..Eranostatirubati

due

vigliettia Potei...»

«

E

m’incolpavanol» disseGastone.

«

Un

pochetto...

ma

iono, veh!..

Non

ostante,per Diana!Pàlot...bisogna essereun granvilepera\'er a-vutaqueiridea!..

Quando

tihovisto venirecoU’abito

VOL. II. 7

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110

nero... ehi

non

èdorato

on

pezzo...

ma mi

sonosenti*

toqua dentro

come un

piombo.»

S’interruppe,epresala

mano

diGastone,sela

pre-mè

sulcuorein

modo

daschiacciarla.

« Sentii)>aggiunseconìmpeto,«senti

come mi

bat-tesempre apensarci solamente...Ehi /a purmalel...

Bisognadirechecihocolpaio;doveva avventarmi su-bitosuquelliche

U

accusavano, efarlorolabarba

a

contrappelo,

come

diceva l’aiutantemaggioredel reg-gimento, che avevastudiatoperdiventar parrucchiere...

Questoè vero... Hairespirato?.,giùilvestitol...Ti racconteròquel ch’è successo in fabbrica, intantoche t’insegnerò a difenderti.»

Gastonesialzò,esilevòl’abito.

Nazaireprosegui:

«

Dunque

haidasapereche dopoaverti lasciato sot-togliarchi laggiù,dove

non manca

altroche gentee lumi persomigliare a tutto quelchesivededipiù bel-lo,

me

netornaiabottega... Eccoti Poiretche

mi

di-ce:

Scommettiamo!..

Poiret dicesempre così, losai.»

Dragonesospeselasuastoria:

« Tirati su

un

po’lemaniche,stringiti lapezzuola da colloallereni...per essere più inlibertà.»

Gastoneobbedì.

Nazaireandò a prendere duefioretti disotto ad un tavolino.

«

Ho

nascostogliarnesiper causadiMignonne...le donne

mandano

gliaimèiper miscee danulla...

Dun-que,faPoiret:Scommettiamo!

Iorispondo:

Non

ac-cettoscommesse!

Vengo

qui, vedete,perilfinedi di-scorrere sulserio,edi avvisarvi

come

qualmente se qualcunohail

muso

dadire questoequello della per-sonadel Pàlot,ch’èilmigliore dellacompagnia,

non

fonèuna,nèdue,gli

rompo

leossà

come

uno zolfa-nello...

Stattiamodo,Pàlot,figliuolmio...la

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Ili badrittapiùsciolta,il corposcila

gamba

sinistra, il braccio sinistrodaparte,edancheilpetto...la

mano

diritta aU’altezza deirocchio... motol disinvoltural...

Unol

due!,, batti Tappello...vabenel..

Siamo

inte-si.Dicoio:Vi

rompo

leossa...Giàlo dicopiù ch’io

non

lofaccia...permotivo cheilcuoreè

buono

nei più, ancofragliAlsaziani...elorocicontano...

Ma non

per questo

m’hanno

aridere in faccia

come

iersera...

me

nefecimeraviglia...

L’occhiofissonel

mio

semprel

non

farebestialità...appoggialaspada... attenzione!., paradi terza... inguardia! »

Ma

Gastone

non

sapeva pararediterza.

Dragone

glispiegòleposizioni elementariele lezio-ni diparata,e ciò colla precisione elasostenutezza di

un

maestrodischerma.

Gastoneera svelto,

ma

la

mancanza

di abitudine ren-deva quasinulliirisultatidi quel tardo ammaestra-mento.

« Andrà

bene,figlinolmio, »dicevaDragone;« an-dràbene... stasuamodo...11demoniofache

non

ti

possoparlare in terminidischerma,giacchénonli ca-pisci...

Non

importa!andràbenino...Inguardia!.-ci siamo, eh?

Ora

paradi terza,etistendi sulla parata...

Una!

due!., su,via...

non

così, no!.. »

Eppure

Gastonefacevamegliochepotesse. Gli cola-vailsudoredalia fronte,erespirava a stento.

«Riposiamo

un

poco, »soggiunse Dragone;<candrà benino.»

Gastonesedè, esipassòilfazzolettosulle-tempie.

«

Dunque,

»continuòNazaire, a cuisi Spezzava

il-cuorenelvederesi sollecitala-stanchezza,

ma

che c-nergicamentesirimandava addentrolapropria inquie-tudine, «dunqueglialtri

mi

riseroinfaccia...

Vo

in colleracom’eragiusto,

ma

rosso infuocato percliè era affar tuo...nepiglioduepelcollo,ederaper abbrac-ciarliunpo’caldamente,quandoPoiret

mi

dice:

Non

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112

insultanoilPàlot,Dragonel

— E

Foignanttirainnanzi:

IlPàlotè buono,sisa;non facciamoliti!..» Gastone aveva rocchiotorvo,stavaimmobile

come

unastatua...senon chesottolateladella camicia gli siscorgevailrespiroansante sollevargUconiscosse pres-sochéimpercettibilileparetidel petto...

Dragonesitacque, eloguardòsottocchi.

«

Non

hamai visto11 fuoco!» pensò involontaria-mente;« è ragazzo... forsepoi... »

Ed

arrossì,e nella cieradiede repentino indizio di rabbia.

«Evvia!»dissefrase;« io locredei ladro....'oggi riioper.vite...nonc’èmale.

Ecco come

sitrattanogli amiciquandounosenza cuore...ma!.. »

Egli è certochese fosse dato all’uomodisaltare ad-dossoalproprio individuo, Nazaire sisarebbe mal-trattato.

«

Quando

m’ebberodettocosì,Pàlot,»ripigliòcon unsospirodicontrizione,«ch’eribuono,e tuttoil re-sto,capiscichenonv’eradafare più nulla.... Lasciai andareNicolaus...eJohannes...oFritz...nonso quali avevoacchiappati...edissi: E’

mi

pare che abbiano ritrovatoisoldi di.mastroPotei...

iPerl’appuntoI

dissePoiret.-—Feignantvolevaraccontarelascena,

ma

Poiret sé

ha

delbuononellatesta,èlasualingua...

Dragone!

principiò...

scommettiamo^., che

non

indovini chihafattoilmalanno!

Alloratutti si

mi-seroa urlareinsiemech’erailPoupard.

Poupard

con

quella facciadaimbeeillone...te losaresti creduto, tu,

Pàlot?» .

GastonealzòversoNazairegliocchi stralunati, e ri-sposea casodino.

Indipiombònelsuostatoditetra immobilità.

Nazaire'siaccorgevaessereinutilituttiisuoi sforzi perdistrarlo.

Proseguì con iscoraggiamento:

«Su,figliuolo,inguardia!tidevi esser riposato.»

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113 Gastonesilevòconlentezza.

Ripreseilfioretto.

Simiseinguardia.

-Efece alcuni passi a

norma

delle-indicazioni di Na-zaire,condocilità,macchinalmente... Poigliscappòdi

mano

ilfioretto.

S’incrociòlebraccia sul seno.

Glibattevanolepalpebre.

Gli corsesullaguancia

una

lagrima.

. Nazaireaggrottòle ciglia, e gettò via l’arme con isdegno.

«

Non

c’èdadire,ragazzol»pronunziò; «credo che

tu abbi paura.» ..

' '

Gastonesorrisecoriangoscia.

«Grazie,» replicòsenz’amarezza, « grazie della le-zione,amico... soabbastanza perreggermial

campo

senzafar pietàalmioavversario... tanto serve...Della tuaingiuria,

non

hotempodi olTenderrai...tela per-dono...»

f<Gilèche...»balbettò Nazaire,che

non

sapevase

doveva

adirarsicontro ilgiovine ocontro se stesso,

« quandosidicecosì,sonosicuro deU’alTar mio,esi perdelabussola...e sipiange...»

Gastonelevòsudi lui lepupillecoperte dalle ciglia jimide,Nazaires’interruppe,si fe'rosso, e voléela testa.

Gastoneglipresela

mano.

«Tiperdono,» ripetè;«nonlaconosci... non sai quanto bene ritrovavamo insiemefralanostra miseria...

non

sai

come mi

chiameràdisperata!lonon risponde-rò;lamia

mano

nonsarà piùpronta atergerleil pian-to...Oh!..Dio, Dio!»seguitavaconsinghiozzi orribi-li,«sorellalsorellamiai..»

E

sicoperseilvisocollemani.

Nazairesidiedeunpugnosullafronte, esitirò pei capegli.

«Caned’imbecillol »

mormorò;

«

mi

ero scordato della piccina! »

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Ili

Siriaccostò,sottomesso,adorecchibassi,con

mo-di carezzevoliveramentegoffi.

«

Or

via...piccino...noncihaidapensare...una o duebotte,

non

saràdifficile...setuttiquelliche

vanno

laggiù

non

tornassero!.. »

«Quantevolte,» feceGastone^« nellomienotti di pene,la trovai,destandomi,chinasul mio capezzale

come un

angiolo benefico...lavedevo...'udivola sua vocesoave...e

non

soffrivo più...

Ed

oratoccherà

a

leiapatire... sola...Verrà... ècosa daspezzareil cuo-re...verrà a cercarmi dovepiù

non

sarò...Ilmìo let-to vuolet-to...lemievestidalavoro...Ascoltami!

non mi

rimanepiùche un’ora per pensare a-lei...lasciami le

mie

lagrime...lelagrimeche sonosue... sue... Sorel-la!sorellamia!.. »

Nazairelososteneva, barcollando, tralebraccia.Noa osavapiù aprir bocca.

Gastonerespiravaansante.

Stette

un momento

in silenzio.

Quindisialzò adagio.

«

Tra

un’ora,»proferì, «diròaddioalla

rimem-branzadilei...evedrai sehotimore!..»

Romeo

erarimasto presso Santanelcortiledel pa-lazzodi Maillepré.

Non

v’eraconsolazione possibile.

Neicasipiù disperati,

un

fratelloconfortalasorella,

un

figlio la madre, un’amantel’innamorato, perchè fra gentiuseadamarsi,rimane,svanitaognispeme,il

balsamodelledolci paroleedelletenere carezze!

Ma Romeo,

che

amava

Santacontuttal’anima,

non

laconosceva.Nelloropassato nulla esistevaadessidi

comune.

Illororavvicinamentosiera operato,non percaso,

ma

perunadi quelleispirazionichevengono

nell’estre-mo

cordoglio,ed esconosiffattamente dalle regole del-lavitaordinaria,cheormai sonoconfinate neldominio impossibile delromanzo.

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' 11»

Conciossiachè,quantunqueeventi ditalgeneresi ri-producane ognidìsottogli occhi nostri, èconvenuto che

non

visidebba por mente.

E

perchè?

Sentite:

Un buon

cittadino,amicodelbuonordine pubblico, negava virtuosissimamenteresistenza diquei malfatto-riparigini a’qualiinostri giornali giudiciari, forsenna-tiamatoridei colorilocali^

hanno

conservatoil

nome

galantediescarpes.Quel cittadinoabitavainqualche partesolitariadelquartiere Pigaie;sibeffava volentie-ridellepersoneassassinatelaseraprima perlestra*

de,e diceva:Fandoniele diceva:Romanzol..

Non

èdafarsi un’idea del

numero

dei balordiche

campano

suquestedueparole!

Una

serailnostro cittadinofustrangolato

— ma

strangolatoa

modo.

Credeteforsechefosse convin-to ?

Nienteaffatto.

Prima

direnderl’anima a Dio, disse agliassassini stupefatti:«Evvia,buffonacciilasciatemi stare,

mi

fatemale.»

Ma,

peressere reali, quelle sfuriate della dispera-zione

o

dellapassione restano neH’eccezione.1loro ri-sultatisono imprevedutial paridiesse.Raggiungono talvoltaloscopoche sarebbe mancato a mezzi ordina-ri!;

ma

se

non

riescono,èfinita!ècaduto l’entusiasmo;

Tavviliraento ritorna piùgraveetristo.

Romeo non

aveva

modo

alcunodiagiresopraSanta.

Le

pocheparole solebuone adirsidaluialei,e ad a-scoltarsi, erano:«

Lo

salverò!»

Ma

dov’eraGastone?forse giàsulluogodellapugna.

Ormai

prometteredisalvarlosarebbestatomentire.

Romeo

senestavadinanzia Santa chesimorivadi ambascia. Dimenticavach’eglipure avevacorso piùe piùfiateirischidi

un

duello,echeilnostro

incivili-DigitizedbyGoogle

iir>

mento

hasaputometterefradue chesibattono',non

un muro

certamente,nò anche

uno

scudo

— ma

qualche cosachescema discretamenteilperiglio, enelascia appunto quanto bisognaarenderpagol'onore.

PerchèVonore^ ch’è prepotente,

ma

poi

buon

pria-pipe,chiedemoltoesicontentadipoco.

Romeo,

alcospetto delpungentedolore della

donna

amata, perdevalavivacità delsuo naturale allegro

ed

intraprendente...loassalivaurtgrande scoraggiamento.

Taloraerainprocintodislanciarsi fuori, ecorrere, ecercare acaso

— ma

v'eraSanta, sola, oppressa da’singulti...edeglirimaneva.

Sischiuseroad

un tempo

ilportone della strada

e

quello del quartiere.Al primosipresentòilsignor

Wil-liams, e dalraltro uscìGian-MariaBiot.

;L’Alverniese,collegomitaappoggiate tranquillamen-te sulmezz’uscio dello stanzino

come

sopra ad

un

bal-cone,fumavalapipaedosservava.

Inunbatter d’occhio Biot videla padroncina. Sce-selascalinata induesalti,e s’inginocchiò vicino a Santa.

«Chev’è,signor

Romeo?

»

domandò

insospettito,

« perchèsietequi?»

Al suonodiquella voce.Santaalzòle palpebre ag-gravate dalle lagrime.

Quando

miròBiot,lebrillònelle pupille

un

barlume

di speranza. - i.

«

Tu

saidov!èl»balbettò.

«Chi?»chieseBiot, che

non

capiva,edavevail

cuoresoffocato dalla paura.

«Suofratello,» disse

Romeo.

«

Suo

fratellól»ripetèGian-Maria, impallidendo;

«ilsignormarchese...

ma

dunquesiteme!..»

«Neppuresso sa nulla! » sospiròlafanciulla.

E

quellaera l’ultimasualusingai Si rallentaronoi

suoi singhiozzi, poisìestinseancheilrespiro.

•— Era

svenuta.

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fI7 IlsignorWilliamssierafermatoin

mezzo

al corti-le.Diresse l’occhialino d’oro aduolentisuigruppo che formavanoSanta, Biot e

Komeo.

In queiristantc Biot sfibbiavalacintolaallaragazza, mentre

Romeo

lobattevapianonellemani.

IlsignorWilliamssiavanzòsino pressoalla porta dell’ala dritta.Nelvoltofreddoe severo

non

mostrava emozione veruna.

«Scusate, »dissecon accentostraniero; « la mia ignoranza della linguadaràforsealla

mia domanda

qualchecosa d’indiscreto c brutale,

ma

l’intcnzioue o buona...»

Sitrassediseno

un

portafoglio.

«Idispiaceri diquestagiovane ladysonocagionati da

mancanza

didanaro? »

«No,»risposeaspramenteBiot.

Williamsrimisealpostoiltaccuino,sitoccòil cap-pello,volsele spalle, elentamentegiunsealla gra-dinata.

A Romeo

era riuscitodistendereleditairrigiditedi una

mano

diSanta; erala

mano

che reggeva il foglio sucuiGastone avevascritto:Addio.

Ilfogliosiera rigirato nella destradiSanta. Sul ro-vescioeranoscrittepiù righe.

Romeo

seloaccostòagliocchiconimpeto. Alle

pri-me

parolesiscosse.

«

Aprite!aprite! » gridò, slanciandosiversolaporta.

L’Alvernieseobbedì.

Romeo

disparve.

Biot preseinbracciola fanciulla, salìcautamentela scala,eladeposcsulsuoletto...

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CAPITOLO

VI.

Nel documento GLI AMORI DI PARIGI. Digilized by Google (pagine 107-118)