Si è visto come i principi base del diritto ebraico risiedano nei tre testi fondamentali della tradizione giuridica ebraica: il Pentateuco e l’insieme della Legge Orale, che crebbe in modo continuato fino ad essere cristallizzata prima nella Mishnah e successivamente nel Talmud, gerosolimitano e babilonese. L’insieme di questi testi costituisce il punto di partenza di ogni studio o discussione su una questione halachica. Caratteristica della tradizione talmudica è il mantenimento dei tratti della cultura orale: le opinioni e i contrasti vennero riportati in forma dialettica, come discussioni tra i vari esponenti delle principali scuole, sicché, è stato notato, non è possibile leggere il Talmud come un libro di testo ma deve essere studiato per ricavare dallo scritto il ragionamento ed i processi logici che sottostavano alla discussione135.
Il sistema del resto continuò a svilupparsi come diritto vivente per più di 1300 anni, dal momento della chiusura del Talmud fino al periodo dell’emancipazione alla fine del XVIII secolo. La letteratura giuridica post-talmudica costituisce in realtà la parte più cospicua del corpus del diritto ebraico.
133 M.G.B
ELGIORNO, La comparazione del diritto delle religioni del Libro, cit., pag. 36. Gli haredim (ovvero coloro che tremano, davanti a D-o) erano stati originariamente contrari al Sionismo, considerato una specie di idolatria, e non aspiravano a tornare nella terra d’Israele, poiché Erez Israel era ormai da ricollegare al mito dell’assenza, sicché doveva essere considerata Terra Promessa ogni comunità haredim che vivesse rispettando le mizvot. Dopo la Shoah, l’atteggiamento è molto cambiato, ed oggi, tramite le proprie rappresentanze parlamentari, gli haredim esercitano notevole influenza politica per quanto riguarda sia le questioni territoriali che il controllo delle istituzioni religiose, sostenendo legislazioni che hanno dato vita ad una sorta di “delaicizzazione” del Paese. Si può aggiungere come, stranamente, gli haredim facciano parte della fascia più povera della società israeliana: circa il 60% degli uomini infatti non lavora per dedicarsi allo studio delle Scritture. Lo Stato provvede ad elargire ingenti fondi per il sostentamento di molti di loro.
134
M. G. BELGIORNO, La comparazione del diritto delle religioni del Libro, cit., pag. 35. Secondo Kaplan, le leggi e le tradizioni ebraiche dovevano rappresentare “le vie popolari” del nuovo corso, e la spiritualità doveva diventare l’espressione della cultura nazionale.
135 B.S.J
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In questa evoluzione l’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale ebbe un ruolo fondamentale.
Per quanto concerne la dottrina, ci si può chiedere quale fosse la fonte dell’autorità dei rabbini nell’interpretazione della legge. Il rapporto tra sapienti e legge divina è illustrato in modo esemplare in un passo del Talmud di contenuto narrativo, relativo al celebre caso del forno di oknai136.
Il problema che si poneva all’attenzione dei saggi era se un forno in terraglia fosse da considerare puro, come sosteneva Rabbi Eliézher, oppure impuro come sostenevano gli altri saggi. Rabbi Eliézher era talmente convinto di aver ragione che, non essendo riuscito a convincere gli altri saggi con argomentazioni halachiche o logiche, ricorse ad un diverso espediente. Allora disse: “Se la regola è come dico io, che le pareti della scuola lo provino”. E le pareti cominciano piano piano a pendere finché Rabbi Jehoshua le redarguì: “Cosa c’entrate voi con la discussione dei saggi?”. Le pareti si fermarono. Allora Rabbi Eliézher, sicuro di se stesso, proclamò: “Se l’halachah è come dico io, che lo provino dal Cielo”. Ed ecco che si sentì una voce dal cielo proclamare: “Che cosa avete da dire su Rabbi Eliézher, visto che l’halachah è con lui in ogni luogo?”. Si alzò però Rabbi Jehoshua che fece presente che c’era già un versetto della Bibbia in proposito che diceva – la Torah non è [più] in cielo-. Ha detto rabbi Irmia: da quando è stata data la Torah dal Monte Sinai, non prestiamo più attenzione alla voce celeste, dato che hai già scritto nel Monte Sinai nella Torah “seguirete la maggioranza”. Sicché alla fine anche la voce dal cielo dovette concordare con la maggioranza.
Dall’unione di questi versetti, si desume dunque il principio giuridico, sempre seguito nell’ebraismo, secondo cui sarebbe compito dei saggi fissare la regola da seguire, secondo la loro comprensione. Nessun testo stabilisce formalmente questo: l’autorità dei saggi precede in qualche modo tutta la letteratura post-biblica e ne costituisce il fondamento.
Il legislatore, seppur celeste, non ha più dunque diritto ad intervenire sull’interpretazione di un testo da Lui dato al Popolo d’Israele dopo che ha fissato le regole per interpretarlo. E’ stata insomma concessa ai Saggi di ogni generazione la facoltà di interpretare la Torah e, cercando le soluzioni ai problemi nuovi che sempre si affacciano, di renderla eterna137. Per questo non esiste un vero e proprio canone, né una gerarchia di Rivelazioni: il canone è sempre aperto e la rivelazione sempre presente negli insegnamenti dei saggi autorevoli.
Talvolta l’evoluzione ha portato anche alla formulazione di norme non solo nuove, ma perfino in contrasto con determinate disposizioni bibliche. I saggi ritengono che in questo modo si dia voce ad aspetti ancora nascosti della Torah, alla parte della Rivelazione che è stata assegnata ad ogni generazione di studiosi. Nessun intervento miracoloso o profetico potrebbe intaccare questo processo di perpetuazione e interpretazione. Il fondamento della verità passa attraverso la sagacia del saggio, che non si limita a studiare e a memorizzare, ma enuncia egli stesso parte della verità138.
136 B. S. J
ACKSON, Law, Language and Narrative: David Daube on Some Divine Speech-Acts, in C. CARMICHEAL (cur.), Essays on Law and Religion – The Berkeley and Oxford Symposia in Honour of David Daube, Berkeley, 1993, pag. 52. T.B., Bavà Mezià 59a-59b.
137
A.M.RABELLO, Introduzione al diritto ebraico, cit., pag. 50.
138 J.N
EUSNER, I fondamenti del giudaismo, cit., pag. 40. Il ruolo centrale dei saggi nella determinazione stessa del diritto ebraico è evidente nello stile della Mishnah e in particolare del trattato di Avot, un trattato contenente molte sentenze e a forte contenuto morale. I tratti più ricorrenti sono l’indicazione
Diritto religioso e diritto ebraico
47 Qualora si verifichino delle contraddizioni tra varie interpretazioni, la circostanza è stata spiegata col fatto che la verità possa essere espressa anche da statuizione umane contraddittorie139: la soluzione corretta sarà individuata secondo la regola della maggioranza, in base all’autorevolezza di chi la propone, al valore delle argomentazioni e anche al momento in cui esse vengano avanzate.
Diverse generazioni di interpreti si sono succedute e sull’autorità di ciascuno sembrano sussistere due principi opposti: da una parte si ritiene che le generazioni più antiche abbiano la precedenza, abbiano cioè maggiore autorità in virtù della maggiore vicinanza alla Rivelazione. Dal periodo dei Geonim (VI-VII secolo d.C.) si affermò anche il principio che l’halachah dovesse essere decisa dalle generazioni posteriori, che conoscendo sia le opinioni degli antichi che dei contemporanei avevano una visione più completa dell’halachah140. Questo non significa scarsa considerazione per i saggi delle epoche più risalenti, ma consapevolezza di dover decidere dell’halachah sulla base di tutti i contributi, i più antichi e i più moderni.
Ma non solo lo studio e l’approfondimento dei saggi permisero di giungere a tale risultato. L’evoluzione, l’aggiornamento ed in definitiva la sopravvivenza del diritto ebraico fu possibile grazie anche all’autonomia giurisdizionale che per molti secoli le comunità ebraiche della Diaspora godettero in maggiore o minore misura. La concezione medioevale di applicazione personale del diritto favorì la nascita e il fiorire di corti rabbiniche autorizzate a risolvere conflitti tra membri della comunità, tra il singolo e la comunità, tra comunità differenti141.
L’ingente quantità di responsa142 che sono pervenuti fino ai giorni nostri testimoniano quanto fosse vivace tale attività: circa l’80% dei responsa era in materia civile, penale ed amministrativa, la restante parte su questioni religiose e rituali143.
nominale del saggio a cui è attribuita una sentenza e il verbo “dice”. Alle parole dei saggi è attribuito lo status di verità rivelata.
139
S.FERRARI, Lo spirito dei diritti religiosi, cit., pag. 57. Questo assunto si trova nella leggenda secondo cui la scuola di Hillel e Shammai disputarono a lungo sull’interpretazione della legge finchè una voce del cielo dichiarò “Le parole di entrambi sono le parole di D-o vivente, ma la legge sta dalla parte della scuola di Hillel”. Da ciò si desume che entrambe le tesi in contrapposizione facciano parte della parola di D-o: ragion per cui vengono riportare sempre anche le opinioni di minoranza.
140 M.E
LON, The Sources and Nature of Jewish Law and Its Application in the State of Israel – Part I, cit., pag. 560. La regola non vale quando i predecessori non abbiano fatto riferimento alla generazione a sua volta precedente. Per di più le varie generazioni si sono prevalentemente occupate dei temi di maggiore applicazione quotidiana, e non di tutte le questioni, anche desuete o teoriche. Anche nel Talmud babilonese non vengono trattati tutti gli ordini della Mishnah, segno che alcuni temi erano già considerati di scarsa applicazione.
141 M.E
LON, The Legal System of Jewish Law, in M.P.GOLDING (cur.), Jewish Law and Legal Theory, cit., pag. 31 e ss. Le corti ebraiche avevano poteri molto ampi, potendo applicare sanzioni che andavano dalle semplici multe fino all’incarcerazione. L’autonomia giurisdizionale esisteva per due ragioni, da una parte per il desiderio delle comunità ebraiche di mantenere un sistema giuridico religioso proprio, e, in secondo luogo, in virtù della concezione medievale, giuridica e politica, di cittadinanza. Il diritto veniva cioè applicato in base dell’appartenenza ad una corporazione, ad una gilda, ad un ordine aristocratico. Il governo decentralizzato acconsentiva alla concessione dell’autonomia soprattutto a scopo finanziario, per incamerare i tributi che fungevano da contropartita per il riconoscimento dell’autonomia. Tali accordi sono giunti a noi attraverso le numerose Carte di Privilegi che tale autonomia garantivano.
142
Vedi retro in questo capitolo paragrafo 3.
143 M. E
LON, The Legal System of Jewish Law, cit., in M. P. GOLDING (cur.), Jewish Law and Legal Theory, cit., pag. 33. Dal X secolo in avanti le comunità ebraiche svilupparono un imponente sistema di diritto amministrativo, di riscossione delle tasse e di risoluzione delle controversie sia all’interno del
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48
Per quanto riguarda il ruolo del giudice nel mondo ebraico, analizzando le fonti bibliche144, si può constatare un’interessante assenza di riferimenti ad obblighi in capo ai giudici di applicare regole positive o di adempiere a particolari doveri. Gli unici obblighi erano quelli di evitare la corruzione e la parzialità, e soprattutto quello di fare giustizia, concetto centrale della tradizione religiosa ebraica. Il giudice originariamente era dunque incaricato di un’attività di ispirazione quasi divina, egli non era un semplice interprete di testi: i testi potevano guidarlo, ma non determinare la decisione finale.
La visione del giudice come soggetto ispirato che pone in essere un’attività, quella di fare giustizia, di derivazione divina, sopravvisse per molti secoli e se ne trovano tracce anche nel Talmud babilonese, dove vengono riportati circa 30 casi nei quali il giudice non aveva deciso secondo l’halachah. Tale pratica non fu accolta dal Talmud palestinese, e non fu dunque mai incorporata formalmente tra i poteri dei giudici, tuttavia, secondo alcuni autori145 non si può ravvisare un totale disconoscimento di tale facoltà; la concezione del giudice come soggetto non vincolato dalla legge scritta ma chiamato a far giustizia secondo ispirazione divina si ritroverebbe in alcuni elementi della procedura delle corti rabbiniche, come la chiusura al pubblico, la mancanza, tradizionalmente, di un gerarchia di corti d’appello, e la percezione dell’attività giurisdizionale come attività di persuasione morale/religiosa in una situazione che pone in conflitto le due parti.
Questa tesi può essere confermata dal fatto che spesso i responsa elargiti dalla massime autorità rabbiniche dell’epoca non si limitassero a fornire una stretta interpretazione della legge ma suggerivano altresì strumenti di persuasione che producessero effetti auspicabili anche da un punto di vista morale146.
La storia del diritto ebraico si è dunque sviluppata in diverse direzioni, lo studio, il commento e l’interpretazione delle Scritture da parte dei saggi, l’attività giurisdizionale147, l’emanazione di takkanot, decreti rabbinici in grado di fissare il diritto, anche non conformemente all’evoluzione della letteratura rabbinica. Anche la consuetudine sviluppatasi all’interno delle comunità ha avuto il suo peso, soprattutto ove non vi fosse una specifica norma a regolare la pratica148, così come i decreti emanati
sistema giuridico ebraico che nei confronti degli altri sistemi. In alcune comunità si sviluppò persino un sofisticato apparato di diritto penale.
144 B.S.J
ACKSON, “Law” and “Justice” in the Bible, in Journal of Jewish Studies, 49, 2, 1998, pag. 222.
145 Vedi ad esempio B. S.J
ACKSON, Judaism as a Religious Legal System, cit., in A. HUXLEY (cur.), Religion, Law and Tradition, cit., pag. 40.
146 B.S.J
ACKSON, Judaism as a Religious Legal System, cit., in A.HUXLEY (cur.), Religion, Law and Tradition, cit., pag. 43.
147 M. E
LON, The Legal System of Jewish Law, cit., in M. P. GOLDING (cur.), Jewish Law and Legal Theory, cit., pag. 32 e ss.. L’Autore ricorda l’importanza del ruolo assunto nello sviluppo del diritto ebraico dai leader delle comunità ebraiche. Spesso proprio le autorità laiche erano chiamate ad affrontare i cambiamenti più significativi, intervenendo con provvedimenti, decreti ed editti che sono entrati anch’essi a far parte della letteratura giuridica ebraica. Si veda anche Y.Z.STERN, The Influence of the Israeli Democracy on the Halachah, in Daimon, 5, 2005, pag. 75 e ss.
148 E. D
ORFF, Jewish as a Religious Legal System, cit., pag. 1344. La pratica consuetudinaria è stata spesso utilizzata anche nei casi in cui in ragione di un forte dissidio tra le autorità halachiche, non fosse possibile determinare quale fosse il diritto. Molte norme poi recepite dalla letteratura rabbinica sembrano avere origine proprio nelle consuetudine e nelle tradizioni sviluppatesi nelle varie comunità. Mai comunque una consuetudine avrebbe potuto rovesciare una norma prettamente rituale. Per l’analisi di un caso concreto si veda H.POLLACK, The Minhag in Its Bearing on a Communal Conflict, in Proceedings of the American Academy for Jewish Research, 43, 1976, pag. 183 e ss.
Diritto religioso e diritto ebraico
49 dai capi laici delle comunità, la cosiddetta legislazione comunitaria, anche questa in grado di derogare a specifiche disposizioni dell’halachah149.
Nonostante la supposta immutabilità dei diritti religiosi, la storia dimostra come il diritto ebraico sia stato in grado di evolversi per trovare le soluzioni ai problemi che sorgevano nella vita di tutti i giorni. Si possono identificare aree di maggiore e minore resistenza; per esempio il fatto che non sussista in linea teorica alcuna differenza tra issura e mamonot, ovvero tra precetti religiosi e “civili” (monetari), non ha comunque consentito l’applicazione ai precetti rituali del principio dina de-malkhuta dina (la legge del paese nel quale gli ebrei vivono è valida, anche se contraria al diritto ebraico) che si ritiene applicabile invece per tutte le questioni che rientrerebbero nel nostro diritto civile150. Dalla maggior parte dei responsa si può evincere come la materia rituale più strettamente religiosa fosse meno influenzata dai cambiamenti: comunque non si può dimenticare che evoluzioni significative ci furono anche in quel campo, ed il riferimento obbligato è senza dubbio quello della pena di morte e all’abolizione della poligamia.
Lente evoluzioni che hanno plasmato il sistema, ma anche importanti fratture, come dopo il ritorno dall’esilio babilonese o dopo la distruzione del secondo Tempio, quando finita l’epoca della centralità dal Santuario, l’ebraismo si è reinventato come religione dei saggi e del commento al testo. Nessun sistema religioso probabilmente potrebbe tollerare grandi sconvolgimenti, come una rivoluzione che in poco tempo modifica l’assetto di uno Stato, senza diventare qualcosa di completamente diverso o scomparire: il diritto religioso non è legato solo ad un principio di utilità sociale, ha caratteri intrinseci di rigidità. Ma il diritto religioso a volte conosce anche formule interpretative dirompenti, un uso dell’analogia molto più libero che nei sistemi laici (nel diritto ebraico a volte basata anche solo sull’utilizzo di termini simili in passi diversi), l’utilizzo di finzioni giuridiche, applicazioni di vecchie norme a nuove situazioni, una tensione al superamento del dato normativo per aprirsi ad imperativi non riconducibili solo alla norma in sé e per sé151.
Non sarà equiparabile alla capacità di rispondere con prontezza ad ogni mutamento della società, tratto proprio dei sistemi laici e statali, ma il dato che rimane riguardo all’ebraismo è comunque quello di una certa dinamicità e di un ineliminabile pluralismo di fondo, caratteri che sembrano però essere rimasti in ombra nell’attuale assetto delle istituzioni religiose ebraiche nello Stato di Israele.
149 M.E
LON, The Sources and Nature of Jewish Law and Its Application in the State of Israel – Part II, in Israel Law Review, 3, 1968, pag. 88 e ss. Trattasi delle takkanot hakahal: come per le takkanot emanate dalle autorità rabbiniche, esse andavano a riempire le lacune dell’halachah, e talvolta anche a regolare specifiche situazioni in contrasto con l’halachah. Molti decreti furono emanati ad esempio in materia tributaria e penale. Per far sì che questo ampio corpus di norme non si staccasse dal corpo principale dell’halachah, i saggi elaborarono dei principi. La legislazione comunitaria doveva essere approvata da una personalità di rilievo della comunità, uno studioso per esempio, che verificasse che il decreto non fosse contrario a principi base dell’halachah, come l’uguaglianza o la protezione dei minori. I decreti erano poi interpretati dagli stessi saggi che interpretavano l’halachah, uniformandone dunque in parte il contenuto: ad esempio si ammetteva un’eccezione all’halachah ma ribadendo il principio fondamentale che veniva dunque perpetuato e non obliterato dall’emanazione della takkanah.
150
M.ELON, The Legal System of Jewish Law, in New York University Journal of International Law and Politics, 17, 1984-1985, pag. 223.
151 S.F
ERRARI, Lo spirito dei diritti religiosi, cit., pag. 279. Questo è per l’Autore forse il nucleo più autentico dei diritti religiosi, l’inclusione tra le proprie regole operative di elementi meta-giuridici.
51 CAPITOLO SECONDO
IL DIRITTO RELIGIOSO NELLO STATO DI ISRAELE
LA NASCITA DELLO STATUS QUO
SOMMARIO: 1. Il diritto religioso in Israele. - 2. La nascita del movimento sionista. - 3. L’epoca