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La Dichiarazione d'Indipendenza e la Costituzione »

Nel documento Il diritto ebraico nello Stato di Israele (pagine 69-75)

Anche la Dichiarazione d’Indipendenza, letta il 14 maggio 1948 a Tel Aviv è un documento interessante per i rapporti Stato/religioni; essa presenta elementi di ambiguità che riflettono il fragile compromesso che fu siglato tra laici e religiosi agli albori della fondazione dello Stato.

208 C.S.L

IEBMAN,E.DON-YEHIYA, Religion and Politics in Israel, cit., pag. 31.

209

C.S.LIEBMAN,E.DON-YEHIYA, Religion and Politics in Israel, cit., pag. 34. In seguito alla fondazione dello Stato, i leader di entrambe le parti credettero che lo status quo fosse lo strumento più idoneo a regolare le questioni del ruolo delle confessioni religiose nello Stato. Anche coloro che non erano soddisfatti con alcune parti dell’accordo non chiesero mai di abbandonarlo. In anni successivi al 1948 fu la parte religiosa in generale ad essere più penalizzata. Dal 1977, con la vittoria del Likud, la situazione è divenuta invece più favorevole proprio ai partiti religioso. In un certo senso le modifiche cui l’accordo è stato sottoposto hanno dimostrato come esso non fosse in grado di prevenire le controversie o di portare ad un’effettiva soluzione. Nonostante alcuni aspetti dell’accordo dello status quo si siano rivelati inadeguati, tuttavia la struttura dell’intesa sopravvive ancora.

210 J.C

OOK, Blood and Religion, London, 2006, pag. 15.

211 A. C

OHEN,J. RYNHOLDS, Social Covenants: the Solution of the Crisis of Religion in the State of Israel?, in Journal of Church and State, 4, 47, 2005, pag. 725.

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In essa si afferma che lo Stato sarà fondato sui principi di libertà, giustizia e pace insegnati dai Profeti; assicurerà l’uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i suoi cittadini senza distinzioni di credo, razza o sesso; garantirà la piena libertà di coscienza, di culto, di educazione, di cultura, assicurerà la salvaguardia dei luoghi santi e dei santuari di tutte le religioni e rispetterà i principi della Carta delle Nazioni Unite. E’ evidente l’aspirazione a conferire alla Dichiarazione d’Indipendenza validità universale menzionando alcuni dei diritti e delle libertà (laiche) nello stile della Dichiarazioni dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino francese e della Costituzione americana.

Tuttavia l’intero documento è corredato da dichiarazioni che rendono la presa di posizione in favore della laicità meno netta: si dice che la terra di Israele è stata la culla del popolo ebraico, il luogo dove la sua identità spirituale, religiosa e nazionale si è formata, dove il popolo ebraico ha creato una cultura di importanza nazionale e universale, dove ha scritto e consegnato al mondo la Bibbia. I precetti sono quelli insegnati dai Profeti, e tutto il documento viene sottoscritto con fede nella Rocca di Israele, quasi a dire che non si menziona D-o esplicitamente ma che allo stesso tempo non lo si ignora212.

Le corti hanno interpretato il testo della Dichiarazione nel senso che la libertà di religione e di culto dovesse essere accordata a tutti i cittadini dello Stato e che tutti gli organi statali dovessero rispettare questi principi: sembrerebbe in vigore un formale principio di non interferenza o neutralità dello Stato nelle questioni religiose. La realtà è molto lontana da questa prospettiva, non solo per il maggior ruolo dell’ebraismo rispetto alle altre religioni, ma anche per la maggior tutela goduta dalla corrente tradizionale ortodossa rispetto alle altre.

La Dichiarazione, che alcuni cercarono di interpretare come una sorta di Costituzione formale, fu considerata inizialmente come portatrice solo di effetti giuridici limitati: in alcune delle prime decisioni della Corte Suprema israeliana si stabilì che la funzione della Dichiarazione d’Indipendenza fosse solo quella di determinare l’esistenza dello Stato sul piano giuridico internazionale e di dare espressione agli ideali nazionali e alle aspirazione del popolo ebraico213. In seguito invece diverrà uno dei riferimenti della giurisprudenza per la tutela dei diritti fondamentali214.

All’indomani della Dichiarazione d’Indipendenza il comando fu assunto da un Esecutivo provvisorio di 13 membri con il compito di gestire la responsabilità del Paese in guerra. Il 25 gennaio 1949 si svolsero le prime elezioni della Knesset, il Parlamento

212 B.K

IMMERLING, The Invention and Decline of Jewishness, cit., pag. 199.

213 D. M.S

ASSOON, The Israel Legal System, cit., pag. 405 e ss. Lo stesso giorno della Dichiarazione d’Indipendenza un altro documento fu letto pubblicamente, la cosiddetta Proclamazione, meno cerimoniosa e più pragmatica nel contenuto. Oltre a rigettare le leggi emanate dagli inglesi in attuazione del cosiddetto Libro Bianco (limiti all’immigrazione ebraica e all’acquisto di terra da parte degli ebrei), la Proclamazione si chiudeva con la previsione che fino a quando non fossero state emanate leggi da parte degli organi legislativi, la legge esistente in Palestina alla data del 14 maggio 1948 sarebbe rimasta in vigore. Ciò significò applicazione per un certo tempo di molti istituti del diritto inglese.

214 Vedi infra capitolo VI. La sentenza con la quale per la prima volta la Corte Suprema ha riconosciuto il

valore della Dichiarazione d’Indipendenza è HCJ 73/53 Kol Ha’am Ltd. v. Minister of Interior in materia di libertà di stampa. La libertà di espressione, pur nella forma di critica dell’operato del Governo, era consentita ed era implicita nella natura democratica dello Stato. Si veda B.E.GENUT, Competing Visions of the Jewish State: Promoting and Protecting Freedom of Religion in Isreal, in Fordham International Law Journal, 19, 1995-1996, pag. 2120 e ss.

La nascita dello status quo

71 israeliano, in funzione di Assemblea Costituente: i 120 parlamentari (tale numero fu scelto in ricordo di quello della Knesset hagedolah, la Grande Assemblea dell’epoca del secondo Tempio) vennero eletti con sistema proporzionale puro. In seguito alla vittoria del partito guidato da Ben Gurion fu votata la prima legge dello Stato, la cosiddetta Legge di Transizione215, che fissava i fondamenti dello Stato, tra cui la forma repubblicana, e stabiliva i poteri del Parlamento, del Capo dello Stato e del Governo.

La Dichiarazione d’Indipendenza conteneva un’esplicita previsione che riguardava l’emanazione di una Costituzione da redigere da parte dell’Assemblea Costituente: l’idea dei fondatori dello Stato era quella di dotare il Paese di una legge fondamentale, ma già prima delle elezioni della prima Knesset l’opinione pubblica si era divisa sull’opportunità di procedere immediatamente alla redazione di un documento costituzionale formale. Vista la prospettiva di un grande afflusso di immigrati si riteneva ingiusto prendere decisioni così importanti in tempi non ancora maturi.

Il progetto fu infine abbandonato: nel 1950 la Knesset accettò un compromesso, comunemente noto come risoluzione Harari, dal nome di colui che l’aveva proposta, secondo cui nell’immediato non sarebbe stata né redatta nè adottata una Costituzione. Accantonato il progetto costituzionale, la Knesset smise i panni di Assemblea Costituente per trasformarsi nel primo Parlamento dello Stato. La ragione di questa scelta risiedeva in larga misura nell’opposizione al progetto dei partiti religiosi, alleati d’obbligo della coalizione di Governo, vista l’adozione di un sistema elettorale proporzionale. Per costoro la Costituzione già esisteva ed era rappresentata dalla Torah: sembrava difficile trovare sul momento un punto d’incontro fra laici e religiosi.

La maggioranza comunque riteneva che i tempi non fossero ancora maturi per una cristallizzazione delle regole fondamentali e che fosse preferibile mantenere il sistema elastico, procedendo per settori con l’adozione di norme costituzionali ad hoc. In definitiva l’adozione di una Costituzione formale avrebbe reso necessario assumere una decisione chiara sul ruolo e sullo status delle confessioni religiose nello Stato, una questione sulla quale le opinioni erano fortemente divise e che avrebbe potuto portare ad un serio conflitto interno216. Prevalse inoltre l’idea del potere legislativo come strumento al servizio dell’interesse nazionale e si temeva forse che il potere giudiziario guadagnasse troppa influenza217.

Tutte le parti politiche preferirono un accordo flessibile perché in fondo speravano che le variazioni demografiche dovute all’immigrazione potessero giocare a favore dell’una o dell’altra e incidere sugli equilibri dello status quo. C’è da aggiungere che molte delle soluzioni adottate a seguito dell’accordo tra partiti religiosi e laici non sarebbero probabilmente state in grado di passare l’eventuale vaglio del potere giudiziario, se fatto sulla base di una carta costituzionale enunciante i diritti

215 L.A.W

ARSOFF, The Legal System of the State of Israel, in New York Law Forum, 2, 1956, pag. 379 e ss; E.BARNAVI, Storia d’Israele, cit., pag. 30. E’ in questo documento che è contenuta la fisionomia dello Stato. Una repubblica di tipo parlamentare, laica (la sovranità appartiene al popolo, non alla Torah), basata sul suffragio universale e organizzata in base al principio della separazione dei poteri. Al vertice vi è un Presidente, senza poteri, che sigla le leggi e accredita i diplomatici, concede la grazia, riceve le dimissioni del Governo. Il Parlamento ha poteri considerevoli. L’assenza di una Costituzione scritta conferisce all’organo poteri teoricamente illimitati.

216 D.M.S

ASSOON, The Israel Legal System, cit., pag. 408.

217 E. O

TTOLENGHI, Sovranità parlamentare e controllo di costituzionalità: il caso israeliano, in Quaderni costituzionali, 21, 2001, pag. 567 e ss.

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fondamentali dei cittadini, a meno che lo status quo non fosse incorporato nella futura Costituzione, circostanza che l’avrebbe però privato di qualsivoglia elasticità218.

Si scelse allora una soluzione più morbida, ovvero l’adozione di una serie di leggi fondamentali da parte della Knesset: una volta completata l’opera, le varie leggi sarebbero state riunite in un unico documento, che avrebbe rappresentato la Costituzione del Paese. Ad oggi sono state promulgate 11 Basic Laws, senza contare quelle che nel tempo abbiano emendato i testi originari219.

Non esiste tuttavia una legge che illustri il rapporto tra Basic Laws e leggi ordinarie: abbastanza univoca è l’ipotesi in cui la Basic Law dica che una determinata disposizione in essa contenuta non potrà essere modificata da una legge successiva, se non attraverso una speciale maggioranza parlamentare. La Corte Suprema ha riconosciuto che in questi casi le leggi successive in contrasto con la legge fondamentale e approvate senza i necessari requisiti siano invalide220.

218

E.OTTOLENGHI, Religion and Democracy in Israel, cit., pag. 42.

219M.S

HAMGAR, On the Written Constitution, in Israel Law Review, 9, 1974, pag. 467 e ss.; S.SAGER, Israel’s Dilatory Constitution, in The American Journal of Comparative Law, 24, 1976, pag. 88 e ss.; S. GOLDSTEIN, Israel: Creating a New Legal System from Different Sources by Jurists of Different Backgrounds, cit., in E.ÖRÜCÜ,E.ATTWOOLL,S.COYLE, Studies in Legal Systems: Mixed and Mixing, cit., pag. 151. Fino ad oggi sono state emanate leggi fondamentali relative a: a) la Knesset, 1958 (funzioni legislative dell’organo rappresentativo dello Stato); b) terra di Israele, 1960 (stabilisce che i terreni demaniali rimangano pubblici); c) il Presidente dello Stato, 1964 (regola lo status, l’elezione, la qualifica, i poteri, le procedure di lavoro del Capo dello Stato); d) il Governo, 1968 (emendata nel 1992 e nel 2001); e) l’Economia, 1975 (regola i pagamenti fatti verso e dallo Stato); f) l’Esercito, 1976 (fornisce base legale e costituzionale per le operazioni di difesa, pone l’esercito sotto il comando del Governo, regola il reclutamento e stabilisce che nessun’altra forza armata può essere istituita o finanziata); g) Gerusalemme, 1980 (dichiara Gerusalemme capitale dello Stato, regola l’accesso ai luoghi santi, garantisce i diritti dei membri di ciascuna religione); h) l’ordinamento giudiziario, 1984 (regola l’autorità, il principio di indipendenza, la nomina, la qualifica e i poteri dei membri dell’ordine giudiziario); i) organi di controllo dello Stato, 1988 (regola i poteri, gli scopi e i doveri dei supervisori degli organi di Governo, Ministeri, istituzioni, autorità, agenzie, singoli ed enti che operano per conto dello Stato); l) libertà di occupazione, 1992 (stabilisce il diritto di ogni cittadino di dedicarsi a qualsivoglia occupazione, professione o commercio, dal 1994 è stato introdotto un emendamento che consente di introdurre dei limiti tramite leggi che abbiano il proposito di tutelare i valori dello Stato, vedi infra capitolo V e VI); m) dignità umana e libertà, 1992 (dichiara che i diritti fondamentali in Israele sono basati sul riconoscimento del valore della persona, della sacralità della vita e della libertà. Definisce la libertà come diritto a lasciare e a rientrare nel Paese e come diritto alla privacy; protegge da indagini illegali sulla persona o sui beni di un cittadino. La legge include istruzioni riguardanti la sua modificabilità ed una protezione da tentativi di modifica contenuti in provvedimenti d’emergenza). Le ultime due leggi fondamentali furono adottate solo nel 1992, prima di allora le leggi fondamentali ebbero pochissima rilevanza nella protezione dei diritti umani (compito svolto in larga parte dal potere giudiziario) dal momento che, eccetto che per le ultime, esse riguardavano soltanto l’organizzazione dello Stato.

220

S.GOLDSTEIN, Israel: Creating a New Legal System from Different Sources by Jurists of Different Backgrounds, cit., in E.ÖRÜCÜ,E.ATTWOOLL,S.COYLE, Studies in Legal Systems: Mixed and Mixing, cit., pag. 151; D.M.SASSOON, The Israel Legal System, cit., pag. 409. L’Autore riflette sulla coerenza di un sistema legislativo che consenta tramite una procedura ordinaria (quella della legge fondamentale) di emenare previsioni che solo una maggioranza speciale potrà alterare. Vista l’incoerenza del sistema i fondamenti politici, economici, culturali e sociali dovrebbero dunque essere individuati all’interno del sistema giuridico, e non al suo vertice. Per molti anni i diritti fondamentali sono stati infatti garantiti soprattutto attraverso un potere giudiziario indipendente: poiché vige il principio che tutto ciò che non sia espressamente vietato è permesso, la Pubblica Amministrazione non può liberamente infrangere diritti e libertà degli individui in qualsivoglia sfera dell’ordinamento. Gli atti dell’Amministrazione sono sottoposti al vaglio della Corte Suprema in funzione di High Court of Justice con esclusiva competenza in questa materia.

La nascita dello status quo

73 Secondo alcuni ciò non sarebbe comunque possibile perché significherebbe che una maggioranza semplice ha stabilito che in futuro un’altra maggioranza non possa modificare ciò che un provvedimento di pari forza ha stabilito. Altri spiegano il fenomeno argomentando che nel momento dell’emanazione della Basic Law il Parlamento svolgerebbe le funzioni di Assemblea Costituente e che avrebbe perciò titolo a vincolare future maggioranze221.

Più di recente, la Corte Suprema in alcune sentenze ha proceduto a dichiarare l’invalidità di norme ordinarie che contrastavano con le Basic Laws in tema di diritti umani e libertà di occupazione, dimostrando di ritenere le Basic Laws di rango superiore alle leggi ordinarie, pur in assenza di una norma che lo stabilisca espressamente222. L’introduzione delle Basic Laws del 1992 in materia di diritti umani ha in effetti corroborato il potere di judicial review della Corte Suprema, già informalmente praticato in precedenza223.

In conclusione, la rinuncia alla compilazione di una vera e propria Costituzione che fungesse da parametro inderogabile per la legislazione ordinaria fu motivata, si è detto, anche dal desiderio di preservare il delicato equilibrio fra componenti laiche e religiose del Paese e di mantenere la situazione fluida al punto da poter essere modificata in base all’alterazione degli equilibri politici. Come si vedrà, l’emenazione nel 1992 delle due Basic Laws in materia di diritti umani ha creato una discontinuità nel sistema, una frattura che qualcuno non ha esitato a definire come una “rivoluzione costituzionale”224.

221 Vedi infra capitolo VI paragrafo 4. 222

Si veda il sito ufficiale della Knesset, www.knesset.gov.il/description/eng/eng_mimshal_yesod.htm, che cita due decisioni della Corte Suprema: la prima del 24 settembre 1997 che all’unanimità ha invalidato diverse disposizioni della legge che regolava la professione di consulente d’investimento perché in contrasto con la Basic Law: Freedom of Occupation “ad un livello che va al di là di quanto richiesto per realizzare i propositi della legge”. La seconda del 14 ottobre 1999, di nuovo all’unanimità, che ha stabilito che fosse invalido perché in contrasto con la Basic Law: Human Dignity and Freedom, l’art. 237a(a) della legge sulla procedura militare che consentiva che un poliziotto dell’esercito trattenesse in detenzione un soldato per quattro giorni prima di condurlo avanti all’Autorità Giudiziaria.

223

Sulla ancora recente evoluzione costituzionale si veda M. MANDEL, Democracy and the New Constitutionalism in Israel, in Israel Law Review, 33, 1999, pag. 259 e ss.; vedi più nel dettaglio infra capitolo VI.

75 CAPITOLO TERZO

LA LEGGE DEL RITORNO

Nel documento Il diritto ebraico nello Stato di Israele (pagine 69-75)