1. — Il presente documento ha lo scopo di illustrare i diversi tipi di individuazione di aree sub-regionali nuove (oltre cioè quelle formali co-stituite dalle Province e dai Comuni) in una spe-cifica realtà regionale, quella piemontese. Punto di partenza sarà, ovviamente, la considerazione dell'ambito sub-regionale denominato compren-sorio, sul quale ci diffonderemo con una certa ampiezza, non trascurando i risvolti di natura istituzionale.
Sono già parecchie le Regioni che, avendo pre-visto di realizzare i comprensori legati soprat-tutto al discorso della programmazione ma an-che in un sostanziale contesto di ristrutturazione dei livelli di governo locale, sono passate a una realizzazione concreta dei nuovi organismi. Per quanto concerne la Regione Piemonte, va ricor-dato che lo statuto regionale parla sia di circon-dari che di comprensori. Afferma in effetti lo sta-tuto che la Regione può provvedere, con pro-pria legge, all'istituzione dei « circondari », nel-l'ambito delle circoscrizioni provinciali, sentiti i pareri del Consiglio provinciale e dei Consigli comunali interessati. I circondari devono possi-bilmente coincidere con le aree e sub-aree eco-logiche. Aggiunge che i circondari sono sede di delega amministrativa e di decentramento regio-nale. Lo Statuto del Piemonte dice inoltre che la Regione, sentiti gli Enti locali interessati, può istituire comprensori con legge regionale. Parla poi di piani comprensoriali e di comprensori, avendo presente sia una disaggregazione del piano di sviluppo regionale sia una serie di organismi con i quali colloquiare nella stessa costruzione del piano regionale.
I circondari sono stati realizzati in talune aree regionali (di Biella, di Casale Monferrato, di Alba, ecc.), ma si sono ridotti ad essere delle mere ulteriori (rispetto al livello provinciale) sedi decentrate per il controllo degli atti degli Enti locali. È seguita la legge regionale per realizzare in concreto le disposizioni statutarie in materia di comprensori (legge 4 giugno 1975 n. 41
«in-dividuazione ed istituzione dei comprensori»). Questa legge suddivide il Piemonte in sori, almeno inizialmente in quindici compren-sori corrispondenti alle aree ecologiche indivi-duate dall'IRES una decina di anni fa. La legge parla dei comitati comprensoriali come di organi decentrati (a carattere non burocratico) della Re-gione, ma espressione dei Comuni e in parte anche delle Province. Si è in effetti precisato che il comprensorio deve corrispondere a queste ca-ratteristiche:
— esso deve comunque essere una struttura collegata all'attività di programmazione;
— non può in ogni caso essere considerato soltanto un'area di articolazione del piano regio-nale e va visto anche in direzione della soluzione di specifici problemi comuni o a interventi sovra-comunali (magari servendosi di strutture consor-tili create ad hoc).
Possiamo quindi dire in sostanza che da noi la natura del comprensorio è la seguente:
— organo della Regione;
— struttura collegata all'attività di program-mazione;
— ma anche struttura espressa dagli Enti lo-cali e volta a impostare la soluzione di problemi comuni o sovracomunali (ma per la fase attua-ti va: ancora ricorso allo strumento del consor-zio tra enti locali) (').
( 0 La Lombardia (« Proposte della Giunta Regionale sui com-prensori ») afferma chiaramente che il comcom-prensorio 6 « u n o stru-mento completamente nuovo che viene messo a disposizione dei Comuni e degli altri Enti locali per favorire e rendere operanti la programmazione territoriale ed economica della Regione ». E si precisa: « Non si traila di un nuovo livello istituzionale, ma di un nuovo strumento ». Si fa anche osservare che « la tematica dei comprensori, nata con prevalente ottica tecnico-urbanistica, come individuazione di aree omogenee sul territorio, è andata evolvendo per assumere un altro ruolo, quello di risposta metodologica e procedurale ai processi di pianificazione e di programmazione, in un quadro organico di strutture e di poteri amministrativi. Quindi se un tempo il problema riguardava prevalentemente geografi ed urbanisti, oggi coinvolge essenzialmente politici ed amministra-tori ».
2. — In Piemonte, almeno per la fase speri-mentale, i comprensori coincideranno, grosso modo, con le aree ecologiche individuate dal-l'IRES, come si è detto, una decina di anni fa. I comprensori saranno quindi « quindici ».
I Comuni sono stati invitati dalla Regione a pronunciarsi non solo sull'iniziativa dei compren-sori in generale (e quindi sull'adesione ad essa: importanza politica, non solo formale, di questo atto), ma anche in ordine alla volontà di appar-tenere all'area ecologica nella quale sono stati collocati dall'IRES oppure ad altra area ecolo-gica contigua. Le zone d'ombra o zone grigie non sono poche, in tutto il Piemonte. Ma non è tanto esse che interessano, quanto la struttura com-prensoriale imperniata sulle quindici aree ecolo-giche.
La delimitazione delle aree ecologiche non è « eterna »: viene rivista in occasione dell'ado-zione di ogni piano regionale di sviluppo, in pra-tica ogni cinque anni.
I quindici comprensori individuati in Piemonte sono i seguenti:
1. Comprensorio di Torino 2. Comprensorio di Ivrea 3. Comprensorio di Pinerolo 4. Comprensorio di Vercelli 5. Comprensorio del Biellese 6. Comprensorio di Borgosesia 7. Comprensorio di Novara
8. Comprensorio del Verbano-Cusio-Ossola 9. Comprensorio di Cuneo 10. Comprensorio di Saluzzo-Savigliano-Fos-sano 11. Comprensorio di Alba-Bra 12. Comprensorio di Mondo vi 13. Comprensorio di Asti 14. Comprensorio di Alessandria
15. Comprensorio di Casale Monferrato. È prevista la possibilità di ripartire, « secondo i criteri fissati dalla Regione », i comprensori in aree sub-comprensoriali.
I comprensori vengono fatti coincidere sostan-zialmente con le aree ecologiche. Queste furono « inventate » dall'IRES, che avanzò la seguente definizione. L'area ecologica è costituita da uno o più poli industriali che sono anche poli sociali e dai loro hinterland. Il polo sociale viene inteso come centro in cui sono presenti, a livello abba-stanza elevato, tutte le istituzioni inerenti alla vita della società: ad esempio istituzioni per il
lavoro, per l'amministrazione, per la finanza, per l'educazione, per la sanità, per il tempo libero. Possiamo a questo punto aggiungere che in Piemonte si è anche parlato di una suddivisione in 21 aree socioeconomiche e l'individuazione è stata effettuata dal Prof. Guglielmo Tagliacarne per conto dell'Associazione Piemonte-Italia (2). 3. — Passiamo ora ad esaminare, sempre con specifico riferimento alla realtà piemontese, le altre aree o ambiti di intervento sub-regionali, trattando sia delle comunità montane, che sono veri e propri livelli di governo, come di ambiti territoriali individuati per particolari interventi di tipo settoriale.
Le comunità montane sono enti pubblici essen-zialmente di programmazione e di coordinamento e, anche formalmente, hanno la natura di un vero e proprio livello di governo. Gioverà ricordare che le comunità montane possono elaborare i se-guenti tipi di piani:
a) piani di sviluppo economico-sociale, nei quali si dovranno prevedere « le concrete possi-bilità di sviluppo nei vari settori economici, pro-duttivi, sociali e dei servizi », indicando a tal fine « il tipo, la localizzazione e il presumibile costo degli investimenti atti a valorizzare le ri-sorse attuali e potenziali della zona, la misura
(2) Si afferma in un lavoro di Piemonte-Italia (« Le aree so-cio-economiche del Piemonte », Torino 1970): « Abbiamo scelto come criterio per l'individuazione delle aree socio-economiche del Piemonte quello della complementarietà fra un dato centro ur-bano, dotato di ampi servizi e uffici pubblici, e i comuni conter-mini, legati ad esso da flussi normali, per ragioni di lavoro, di studio, di cura, di affari, di ricreazione, di pratiche amministra-tive; aree integrate di socialità, che assumono per molti aspetti aggregativi quasi un carattere di individualità e autonomia, di comunità a sé stante, caratterizzata da un rapporto di funzionalità, che si potrebbe porre sotto l'insegna del ' vivere assieme ' ».
E queste sono le 21 aree individuate: 1. Alessandria-Valenza 2. Acqui-Ovada 3. Casale Monferrato 4. Novi Ligure 5. Tortona 6. Asti 7. Cunco-Fossano 8. Alba-Bra 9. Mondovi-Ceva 10. Saluzzo-Savigliano 11. Novara 12. Arona-Borgomanero 13. Domodossola 14. Verbania-Omegna 15. Torino 16. Ivrea 17. Pinerolo 18. Vercelli 19. Biella 20. Borgosesia 21. Vurallo
degli incentivi a favore degli operatori pubblici e privati ai sensi delle disposizioni nazionali e regionali »;
b) piani annuali di intervento, intesi come programmi-stralcio del piano di sviluppo econo-mico-sociale;
c) piani di sviluppo urbanistico (ma la loro elaborazione è facoltativa), « di cui si dovrà te-nere conto nella redazione dei piani generali di bonifica, dei piani regolatori e dei programmi di fabbricazione che i Comuni sono tenuti ad adot-tare » (3).
In Piemonte, la legge regionale 17.2.1975 (« di-sposizioni per l'elaborazione dei piani plurien-nali di sviluppo ») fornisce ulteriori precisazioni intorno al piano di sviluppo economico-sociale. Si indicano queste caratteristiche:
— arco temporale del piano: 5 anni;
— peraltro in un contesto che va certamente oltre i 5 anni (« pur nella più ampia visione di programmazione »), onde poter ipotizzare obiet-tivi e mutamenti non raggiungibili in un breve periodo, all'interno dei quali collocare il piano quinquennale;
— traduzione dei contenuti operativi nei pro-grammi-stralcio annuali, fissando cosi un efficace sistema di sequenze temporali per l'attuazione del piano economico attraverso uno stretto legame piano-stralci operativi-bilanci annuali.
In Piemonte, con la legge regionale 11 ago-sto 1973, n. 17, sono state individuate e delimi-tate ben 44 comunità montane, comprese in un arco che va dall'alessandrina Valle Curone (a Sud-Est) alla novarese Val Cannobina (a Nord-Est). Il numero delle unità territoriali (e dei li-velli di governo relativi) individuate è indubbia-mente elevato, forse si tratta addirittura di un « primato » in campo nazionale.
Le 44 comunità montane del Piemonte si di-stribuiscono cosi per provincia: 4 in provincia di Alessandria, 9 in provincia di Cuneo, 1 3 in pro-vincia di Torino, 8 in propro-vincia di Vercelli e 10 in provincia di Novara. Come dimensione demo-grafica si va dai 1463 abitanti dell'Alta Valle del Cervo o dai 1988 abitanti della Valle Antrona ai 55.421 abitanti della Valle Ossola. Come di-mensione territoriale ritroviamo i valori minimi nella Bassa Valle dell'Elvo (2978 ettari) e nelle
TABELLA 1. — C O M U N I T À M O N T A N E D E L P I E M O N T E
Provincia di Alessandria:
1. Valli Curone, Grue, Ossona 2. Val Borbera
3. Alta Val Lemme-Alto Ovadese 4. Alta Valle O r b a e Valle Erro
Provincia di Cuneo: 5. Valli Po-Bronda-]nfernotto 6. Valle Varaita 7. Valle Maira 8. Valle G r a n a 9. Valle Stura 10. Valli Gesso-Vermenagna-Pesio 11. Valli Monregalesi
12. Alta Valle Tanaro-Valli Mongia-Cevetta 13. Alta Langa Montana
Provincia di Novara:
14. Valle Antigorio e Formazza 15. Valle Vigezzo 16. Valle A n t r o n a 17. Valle Anzasca 18. Valle Ossola 19. Val Strona 20. Cusio e M o t t a r o n e 21. Val G r a n d e 22. Alto V e r b a n o 23. Val C a n n o b i n a Provincia di Torino: 24. Val Pellice 25. Valli Chisone-Germanasca 26. Pinerolese P e d e m o n t a n o 27. Val Sangone
28. Bassa Valle Susa-Val Cenischia 29. Alta Valle Susa
30. Val C e r o n d a e Casternone 31. Valli di Lanzo 32. Alto Canavese 33. Valli O r c o e Soana 34. Valle Sacra 35. Valchiusella 36. Dora Baltea C a n a v e s a n a Provincia di Vercelli: 37. Valsesia 38. Valle Sessera 39. Valle Mosso 40. Prealpi Biellesi 41. Alta Valle del Cervo 42. Bassa Valle del Cervo 43. Alta Valle dell'Elvo 44. Bassa Valle dell'Elvo
Prealpi Biellesi (3610 ettari) e i valori massimi in Val Sesia (76.321 ettari). Nel prospetto che segue
(3) Il plano urbanistico, se redatto, assumerà In Piemonte la forma del piano regolatore intercomunale. In altre regioni si sono «celle altre siwdc, Cosi, in Emllla-RSernagna, si ò indicata la for-ma del piano territoriale di coordinamento.
sono riportate le comunità montane con il più elevato e con il più ridotto numero di comuni.
Comunità montane Comuni
Alta Langa montana 38 Valsesia 28 Bassa Valle Susa-Val Cenischia 25 Valle Antigorio e Formazza 4 Valle Antrona 4 Val Strona 4 Bassa Valle dell'Elvo 4
4. — In Piemonte è prevista l'elaborazione di piani di zona agricoli. Lo statuto regionale, all'art. 75, afferma in effetti che « il piano di svi-luppo regionale si articola nei piani comprenso-riali e, per quanto riguarda l'agricoltura, in piani zonali, alla cui formazione ed attuazione parte-cipano gli enti locali nell'ambito delle compe-tenze proprie e di quelle delegate dalla regione, secondo i modi stabiliti da legge regionale ». Lo statuto afferma ancora che « ai piani compren-soriali ed ai piani zonali di sviluppo agricolo è assicurato l'autonomo apporto dei sindacati dei lavoratori, delle organizzazioni di categoria, de-gli organismi economici e delle altre forze so-ciali, anche attraverso forme permanenti di par-tecipazione e di consultazione ». Ci chiediamo però a questo punto: quali sono o quali devono essere i contenuti del piano agricolo zonale? Se-condo l'IRES di Torino, il contenuto del piano agricolo zonale è sostanzialmente dato da un
in-sieme di progetti di massima (con l'indicazione
del costo approssimativo degli investimenti ne-cessari):
— per le opere di eventuale bonifica e di di-fesa idrogeologica;
— di riordino fondiario su base aziendale (si tende cioè a non dare eccessivo peso al fattore « proprietà fondiaria », ma invece al possesso-affitto, società, ecc.);
— di ripartizione colturale della superfìcie di-sponibile, tenuto conto delle esigenze della pro-duttività e quindi dell'impiego razionale ed eco-nomico delle macchine;
— di orientamento produttivo, tenuto conto delle prospettive e delle mutazioni dei mercati;
— di potenziamento, riorganizzazione oppure di creazione ex-novo di infrastrutture economi-co-agrarie;
— di estensione, razionalizzazione oppure di creazione ex-novo di infrastrutture per i servizi civili.
È una definizione abbastanza esauriente, che mette in luce come il piano di zona agricolo non possa essere solo agricolo, ma debba investire anche altri aspetti, tra cui, ad esempio, i servizi di interesse collettivo e civili. Il piano di zona non può poi riguardare grandi estensioni terri-toriali, ma deve riferirsi a limitate aree.
Secondo l'IRES ci si dovrebbe riferire, più che alle zone agrarie omogenee, alle sottozone
agrarie omogenee. Ma come si è arrivati alla
de-limitazione di siffatte aree e quante sono nel Pie-monte? La suddivisione del territorio piemon-tese in comprensori agricoli omogenei è stata ope-rata dall'IRES di Torino nel corso degli studi per il piano di sviluppo del Piemonte condotti per conto dell'Unione regionale delle province pie-montesi. In tale operazione si sono presi in esame non solo gli aspetti geo-pedologici, ma si è con-siderata anche « sia la struttura agricola che la situazione generale socio-economica del territorio, senza trascurare ad esempio gli insediamenti in-dustriali, dalla cui presenza derivano importanti conseguenze anche nell'agricoltura » (4). In sostan-za l'IRES ha dato maggior rilievo alle caratte-ristiche economiche pur senza trascurare quelle fisiche, e per tale ragione la zonizzazione che ne è risultata si discosta talvolta, specie in collina e in pianura, da quella effettuata dall'IsTAT. Il numero delle sottozone agrarie omogenee supera poi nettamente quello delle regioni agrarie
del-l ' I S T A T .
Ma quante sono e quali sono le zone e sotto-zone in esame? L'IRES ha ripartito il territorio regionale in 49 zone agrarie omogenee, ma cia-scuna zona si suddivide, a sua volta, in più sot-tozone, in qualche caso anche in 4-5 sottozone. Vediamo la « composizione » di una particolare « zona », quella denominata « pianura di Casale Monferrato ». Essa comprende quattro « sottozo-ne », che indichiamo qui di seguito con l'elenco dei comuni che le costituiscono:
— « pianura di Occimiano »: Bozzole, Giaro-le, Mirabello, Occimiano, Pomaro;
(4) « L'agricoltura piemontese attraverso le analisi aziendali: metodologia, la provincia di Novara», quaderno IRES n. 10, Torino 1964.
— « pianura orticola di Borgo San Martino »: Borgo San Martino, Ticineto, Valmacca;
— « pianura del Po di Casale »: Balzola, Ca-sale Monferrato, Frassineto Po, Morano Po, Vil-lanova Monferrato;
— « piano-colle di Pontestura »: Coniolo, Pontestura.
5. — Forniamo ora qualche cenno informa-tivo relainforma-tivo alla suddivisione della regione pie-montese in distretti scolastici. Qualche tempo fa la Regione Piemonte ha provveduto a inoltrare al Ministero della pubblica istruzione le proprie proposte circa la ripartizione del Piemonte in di-stretti scolastici. Preliminarmente si erano inte-ressate le Amministrazioni Provinciali a un lavo-ro di istruttoria e di plavo-roposte dal basso. Sono stati individuati in Piemonte 71 distretti scola-stici, di cui 20 relativi alla sola città di Torino. La delimitazione dei distretti non ha seguito ri-gorosamente i confini amministrativi tradizionali, come quelli delle Province, e, nel contempo, ha cercato di basarsi sui confini delle aree e sub-aree ecologiche.
Elenchiamo qui di seguito i distretti scolastici proposti per tutta la regione piemontese:
1. Domodossola 2. Verbania 3. Omegna 4. Arona
5. Valsesia (Borgosesia)
6. Biellese Occidentale (Biella) 7. Biellese Orientale (Trivero) 8. Ivrea
9. Ovest Ticino (Romentino) 10. Novara
11. Cuorgnè 12. Rivarolo
13. Vercellese Orientale (Vercelli) 14. Strambino-Caluso
15. Vercellese Sud-Ovest (Livorno Ferraris) 16. Ciriè 17. Chivasso 18. Susa 19. Casale Monferrato 20. Settimo Torinese 21. Venaria 22. Cassino 23. Collegno 24. Rivoli 25. Avigliana
26. Val Sangone (Giaveno)
27-46. Distretti della città di Torino 47. Chieri 48. Orbassano 49. Valenza 50. Moncalieri 51. Nichelino 52. Alessandria 53. Asti 54. Tortona 55. Pinerolo 56. Carmagnola
57. San Damiano d'Asti 58. Val Pellice (Torre Pellice) 59. Nizza Monferrato 60. Novi Ligure 61. Bra 62. Alba 63. Acqui Terme 64. Savigliano 65. Saluzzo 66. Ovada 67. Fossano 68. Dronero 69. Cuneo 70. Mondovf 71. Ceva
6. — La Giunta della Regione Piemonte nel febbraio del 1975 ha varato la « proposta » di un « piano per la zonizzazione sanitaria » della nostra regione. La zonizzazione fa capo ai se-guenti ambiti territoriali:
— raggruppamenti (corrispondono alle pro-vince);
— zone sanitarie; — distretti sanitari.
Il raggruppamento di Novara comprenderebbe sei zone (Valle Antigorio-Formazza-Vigezzo-An-trona-Anzasca-Ossola, Verbano e Valle Cannobi-na, Lago d'Orta-OmcgCannobi-na, AroCannobi-na, Borgomanero, Pianura Novarese), il raggruppamento di Vercelli sei zone sanitarie (Valsesia, Valli Mosso e Ses-sera, Biellese, Prealpi Biellesi, Pianura Vercellese, Crescentino-Livorno Ferraris), il raggruppamento di Torino (che non considera il comune di Torino, da trattare ovviamente a parte, anche per il ruolo regionale) quindici zone sanitarie (Ivrea, Valli Locana-Soana e Torrente Orco, Valli di Lanzo,
Settimo Torinese, Chivasso, Collegno-Grugliasco-Venaria, Rivoli, Avigliana e Val Sangone, Valle di Susa, Valle del Chisone, Valle Pellice e Pine-rolese, Orbassano, Moncalieri-Nichelino, Pianura di Carmagnola, Collina dell'Oltre Po), il raggrup-pamento di Cuneo nove zone sanitarie (Valli Po e Varaita-Saluzzese, Pianura Cuneese, Braidese, Alba, Valli Grana e Maira, Valli Gesso-Stura-Vermenagna, Cuneo, Monregalese, Cebano), il raggruppamento di Asti due zone sanitarie (Asti e Nizza Monferrato-Canelli) e il raggruppamento di Alessandria sei zone sanitarie (Monferrato Ca-salese, Alessandria, Acqui Terme, Ovada, Valli Borbera-Lemme-Scrivia, Tortona).
Come si è arrivati alle delimitazioni che si sono sommariamente descritte? Cerchiamo di rispon-dere citando passi della relazione illustrativa del piano di zonizzazione in esame. « Il primo ap-proccio allo studio è stato fatto considerando le localizzazioni dei servizi sanitari sia ospedalieri che extra ospedalieri. Successivamente si è pas-sati a predisporre uno studio sulle confluenze stra-dali e di traffico delle autolinee per una prima necessaria valutazione della accessibilità ai ser-vizi. Tenendo conto delle componenti storiche e delle ormai tradizionali tendenze, sulla scorta di studi già eseguiti, si sono esaminati i centri di gravitazione commerciale attorno ai quali si sono formate delle aree di influenza di cui bisogna te-ner conto in quanto fanno parte del complesso dei servizi interessanti la popolazione. Si è presa poi in considerazione la localizzazione industriale attraverso i poli, i nuclei e gli annucleamenti in quanto attorno ad essi si formano delle sfere di gravitazione più o meno influenti che caratteriz-zano la vita stessa della popolazione con impor-tanti effetti indotti anche nella politica sanitaria. Si è ancora ritenuto importante considerare gli studi sulle zone agrarie, turistiche, delle aree eco-logiche ed i territori delle comunità montane allo scopo di controllarne la validità e ricercare, fin dove è stato possibile, la univocità di soluzione. Dal raffronto di tutti tali studi si è pervenuti ad una prima individuazione di quelli che potreb-bero essere i centri di zona sanitaria considerando che tali centri debbono rappresentare il punto di confluenza di una zona necessariamente gravi-tante ».
7- — Ed eccoci ad esaminare tre particolari
ambiti territoriali sub-regionali, relativi a tre set-tori di intervento (della Regione e degli Enti
Lo-cali): i bacini di-traffico, i bacini per lo smalti-mento dei rifiuti solidi e i bacini per il risana-mento delle acque.
Per quanto riguarda i bacini di traffico uno stu-dio della Regione dell'aprile 1973 (5) configurava un primo tentativo di definizione del concetto di bacino stesso (inteso « come la dimensione nella quale si possono realizzare condizioni ottimali di gestione e programmazione degli autoservizi ») e di individuazione in concreto dei bacini (loro numero e loro confini) sul territorio. Si è passati attraverso l'esame delle aree ecologiche, delle aree e degli insediamenti industriali più rilevanti, delle