Dopo molti anni di discussioni e di intermina-bili polemiche, la classe politica italiana non è ancora riuscita a dare un assetto definitivo al-l'auspicato progetto di riforma della scuola secon-daria superiore. Di fronte a questi lunghi indugi il cittadino è facilmente indotto a ritenere che i suoi rappresentanti al Parlamento siano incapaci di affrontare i problemi scolastici con la dovuta consapevolezza o non li considerino con la neces-saria sensibilità.
1. Raccordi e disaccordi tra formazione professio-nale e riforma scolastica.
Tuttavia, se si valuta con qualche approfondi-mento la portata di tali problemi risulta subito evidente che un'ottica siffatta è alquanto super-ficiale e semplicistica anche se non del tutto in-giustificata.
In effetti, essa non corrisponde alla realtà della situazione che è molto più complessa di quanto non dica l'apparenza, poiché ogni accostamento critico ai problemi scolastici finisce di richiamare la necessità di discutere i « valori » stessi posti a fondamento della nostra civile convivenza, valori che sembrano travolti e sommersi in una « crisi » che non accenna a finire.
E non appare certo infondato supporre che dalla crisi di tali valori possano anche aver preso corpo, fra l'altro, le incertezze ed i dubbi attorno al concetto di « formazione professionale » ed al preciso significato da attribuirglisi, incertezze e dubbi che insieme a non poche altre circostanze hanno finora impedito di definire compiutamente un progetto di riforma con validi caratteri ap-plicativi.
Questa ipotesi appare meritevole di qualche circostanziata considerazione, anche alla luce di alcuni principi fondamentali previsti nella nostra Carta costituzionale, principi che impegnano la Repubblica:
— a rimuovere gli ostacoli di ordine econo-mico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana (art. 3);
— a promuovere lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica (art. 9), det-tando le norme generali sull'istruzione ed isti-tuendo scuole statali per tutti gli ordini e gradi (art. 33);
— a tutelare il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni, nonché a curare « la formazione
e l'elevazione professionale » dei lavoratori
(arti-colo 35).
2. Licei ed istituti.
La nostra scuola media superiore si è sempre retta sul dualismo tra « formazione » e « istru-zione », dualismo per lo meno strano anche se riflessivo di un certo ordinamento della nostra società.
La formazione vuol contrassegnare il tipo di educazione di cui godono gli allievi del liceo, soprattutto classico, mentre l'istruzione si rife-risce a quell'altro tipo di educazione che è appan-naggio degli allievi degli istituti tecnici e profes-sionali.
Gli allievi del liceo, superati gli esami posti a conclusione del loro ciclo di studi, vengono di-chiarati « maturi », cioè dotati di una personalità che si è andata « formando » su un ampio contesto di cultura generale, sul quale l'allievo è poi tenuto ad inserire una successiva « istruzione » tecnico-professionale di carattere superiore universitario.
Al contrario, gli allievi degli istituti, superati gli esami finali, vengono dichiarati « abili » ad esercitare una determinata professione a livello di quadro medio, professione per la quale sono stati dovutamente « istruiti » nel corso degli studi, nel cui ambito le discipline riguardanti la cultura ge-nerale hanno seguito un loro iter, per lo più stac-cato dal filone delle discipline strettamente
pro-fessionali, e comunque sempre valutato in via accessoria e subordinata.
Alle considerazioni sopra esposte si può obiet-tare che il riordinamento degli esami di stato, definito con la Legge 5 aprile 1969, n. 119, ha trasformato le « abilitazioni » tecniche in « ma-turità » tecniche. Ma è unanimemente ricono-sciuto che si è trattato di una trasformazione equi-voca e puramente formale, poiché in effetti il dualismo tuttora permane. Se mai la Legge citata è valsa ad aggravare la posizione degli allievi che frequentano gli istituti, poiché la cosiddetta « fusione » degli interessi culturali e professionali dell'allievo, auspicata dalla Legge, è stata da più parti interpretata come esigenza di accrescere, in via autonoma e su modello liceale, le informazioni culturali e di diminuire la preparazione tecnico-professionale. Con ciò si è raggiunto un risultato ben lontano da quello atteso poiché l'allievo oggi in possesso di « maturità » tecnica palesa, in ge-nere, doti di abilità professionale molto più limi-tate di un tempo senza aver raggiunto un più alto livello di maturità.
3. Moderne concezioni della formazione profes-sionale.
Attesa questa deludente circostanza, c'è da chiedersi in che modo può essere modernamente interpretato il concetto di « formazione
profes-sionale », al quale per altro fa specifico
riferi-mento la nostra Costituzione.
I chiarimenti che in merito possono essere esposti traggono origine dalla riconosciuta evolu-zione dei sistemi produttivi — evoluevolu-zione che in questi ultimi trent'anni è diventata sempre più rapida a causa della massiccia introduzione di nuove tecnologie — e dalle profonde variazioni intervenute nella struttura delle forze di lavoro anche in rapporto alla dinamica dei fenomeni di migrazione interna da cui sono scaturiti rilevanti e ben noti riflessi d'ordine sociale ed economico. Questi mutamenti hanno provocato il tramonto del concetto di « addestramento professionale », incentrato sull'apprendistato ed inteso a qualifi-care ristrettamente il lavoratore riguardo ad una mansione precisa, ed hanno altresì invalidato il concetto di « istruzione professionale », basato su una competenza tecnica più o meno polivalente, acquisita in gran parte attraverso un esercizio pra-tico di carattere prevalentemente ripetitivo e ben poco illuminata da un livello di cultura generale
che appare molto più informativa che formativa e che comunque risulta sempre staccata, per non dire avulsa, dal contesto delle nozioni tecniche.
Ai concetti di « addestramento » e di « istru-zione » professionale, la nuova realtà economica e politico-sociale del nostro Paese ha chiesto di sostituire quello di « formazione professionale », la quale può essere intesa, secondo una proposi-zione di sintesi, come un compendio di attitudini valorizzate e di capacità acquisite che dispongono il lavoratore ad applicare con abilità le moderne tecnologie e lo rendono altresì' disponibile ad ade-guarsi, nel corso della sua carriera, alle richieste emergenti da mutate situazioni di lavoro.
Va ancora aggiunto che la formazione profes-sionale alla quale qui si allude si riferisce alle proposte formulate dal Consiglio della CEE nel fissare i principi generali della politica comune di formazione, proposte che identificano la for-mazione professionale in quella riservata ai gio-vani ed adulti chiamati ad esercitare attività pro-fessionali fino al livello dei quadri medi.
Quali compiti debbono quindi essere delegati alle istituzioni scolastiche medio-superiori per consentire all'allievo di raggiungere compiuta-mente la finalità sopraccennata?
4. Impegni e compiti della scuola per la forma-zione professionale.
Se nella scuola si riconosce l'essenziale stru-mento educativo di carattere permanente, pur nel variare di strutture e di metodologie didattiche richiamate ed indotte dall'incessante evoluzione delle istanze politiche, sociali ed economiche della comunità, ebbene è alla scuola che va confermato il compito di assicurare ai giovani una cultura generale che riesca a svilupparne pienamente la personalità e che gli permetta di dare una rispo-sta consapevole e civile ai molti problemi che da quelle istanze vengono avviati.
È ovvio che una cultura generale cosi finaliz-zata esprime il meglio del suo valore soltanto quando, abbandonato ogni schema di carattere nozionistico, si propone di guidare l'allievo a sco-prire i legami d'interdipendenza tra le varie disci-pline, poiché è solo in presenza di queste connes-sioni che italiano e matematica, chimica e storia, educazione civica e scienze acquistano un signifi-cato veramente formativo nel generale contesto culturale.
Sulla base di tale contesto occorre elaborare il programma attinente alle discipline professionali volte ad introdurre l'allievo, con il sussidio di ade-guate attrezzature tecniche, nel campo delle cono-scenze tecnologiche ed economiche proprie del settore operativo prescelto.
In questa fase si pone un impegno didattico
fondamentale, cioè quello di avvalorare al
mas-simo la capacità del giovane di trasferire
conve-nientemente nella pratica il contenuto dei principi teorici.
La graduale maturazione di tale capacità è al-tamente formativa. Essa dà un senso logico alla
cosiddetta pratica poiché la illumina e la guida con le ipotesi della teoria, e dà un senso concreto ai principi teorici poiché li trasfonde nelle appli-cazioni pratiche.
È di immediata evidenza che questo processo di maturazione rappresenta il momento più dif-ficile della formazione professionale. Ma è proprio questo il momento centrale e determinante
del-l'intero sistema formativo, poiché è di qui che
l'allievo trae le conclusive ispirazioni per com-pletare e delineare la propria personalità.
E si può altresì osservare che il giovane rag-giunge più agevolmente, ed anche più rapida-mente, la capacità richiamata ove sia stato con-dotto ad interpretare la cultura generale non già come un « corpo staccato » di conoscenze, ma come un supporto indispensabile per comprendere il significato delle discipline professionali e per valorizzare gli approfondimenti applicativi che le riguardano.
Nelle attuali contingenze dello sviluppo econo-mico — vincolate al progresso dell'automazione, all'elaborazione elettronica dei dati, alla prepara-zione di modelli e di programmi decisionali sem-pre più perfetti — il giovane appare maturo e
formato se riesce ad applicare correttamente le tecnologie del presente, ed altresì se dimostra di sapersi adattare facilmente ai cambiamenti tecno-logici ed alle innovazioni, cioè alle invenzioni calate nel campo dell'applicazione pratica.
La moderna formazione professionale esige la compresenza di queste due capacità.
5. Le prospettive.
Per una scuola che intenda assolvere al meglio i compiti di cui si è fatto sopra cenno, rimane fondamentale la necessità di potersi avvalere di un corpo insegnante ben preparato a livello delle conoscenze tecnico-professionali, e particolarmen-te abile sul piano didattico.
Le possibilità di adeguamento culturale e pro-fessionale dei docenti possono oggi trovare nuovi incentivi con l'entrata in vigore del 3° decreto delegato che prevede la creazione di istituti re-gionali per la sperimentazione e la ricerca educa-tiva, ai quali viene anche attribuito il compito di organizzare e di attuare iniziative di aggiorna-mento per il personale direttivo e docente della scuola.
Inoltre, con la recente introduzione nella vita della scuola di organi collegiali formati da tutte le forze sociali ed amministrative interessate al fenomeno scolastico — dai dirigenti al personale docente e non docente, dalle famiglie agli stu-denti, dagli amministratori pubblici agli espo-nenti del mondo dell'economia e del lavoro — si ha motivo di ritenere che l'azione fin qui condotta venga ulteriormente approfondita e rinvigorita a beneficio di una formazione professionale sempre più aderente alle prospettive di sviluppo della comunità nazionale.