IV.5 Un modello di gestione e analisi integrata dei dati archeologici Casi di studio
IV.5.3 La Casa dell‟Argenteria, VI,7,20-22
L‟edificio VI,7,20-22 è una ricca abitazione a doppio atrio affacciata sulla via di Mercurio (TAVV. 4, 37-40). Diversamente dagli altri casi proposti, costituisce un esempio di studio mediante GIS dei dati sull‟analisi architettonica di un complesso che sinora non è stato indagato stratigraficamente643. La cosiddetta Casa dell‟Argenteria deve il nome moderno al ritrovamento di un tesoro di monete e argenti nel cubiculum 10 nel corso delle operazioni di disseppellimento, che interessarono la via di Mercurio tra il 1830 il 1840644. La domus dell‟Argenteria si articola in tre complessi comunicanti tra
642 Secondo quanto osservato in Parte II, §§. III.1 e III.5.2.
643 Le informazioni preliminari qui esposte riassumono gli esiti dello studio del complesso architettonico, svolto da C.
Maratini.
644 Il nome è stato attribuito in ragione del ritrovamento nel vano 10, uno dei cubicoli a sinistra dell‟ingresso, di un
loro, che hanno accesso sulla via dai civici 20, 21 e 22 (TAV. 37): i primi due immettono ad un unico edificio a doppio atrio, mentre al civico 22 è connessa un‟attività di laboratorio artigianale, impiantato entro la prima metà del I secolo d.C. a scapito degli spazi funzionali nell‟ala settentrionale dell‟edificio VI,7,20-21. L‟allestimento in uso durante l‟ultima fase di vita della città testimonia un edificio residenziale di notevole estensione (composto da oltre 40 vani), con annesso commerciale ricavato su fronte strada e probabilmente dato in affitto645. Attraverso il GIS “RILEGGERE POMPEI- R. VI, INS. 7-14; R. V, INS. 3-4” è possibile offrire una rappresentazione diacronica della domus dell‟Argenteria, accedere ai contenuti della schedatura, combinare l‟analisi della stratigrafia muraria alla documentazione dei prospetti e dei piani, rapportando queste informazioni al tessuto dell‟insula VI,7(TAVV. 16, 19)646 e al contesto storico e sociale di Pompei. Secondo gli orientamenti di ricerca condivisi nell‟ambito del Progetto “Rileggere Pompei -Regio VI”, la ricerca archivistico647- bibliografica648 ha costituito il momento preliminare al lavoro sul campo, ovvero l‟attività di schedatura delle strutture murarie649 mediante il riconoscimento delle tecniche edilizie650 e dei materiali da costruzione impiegati (TAV. 38), considerando anche la composizione dei leganti, la posizione di altri elementi (quali stipiti, aperture, strutture) e segnalando la presenza di interventi antichi (particolarmente significativi nel caso di tamponature e, più frequentemente, di realizzazione di catenelle laterizie di sarciture delle fenditure sismiche; TAVV. 38, 39).
Dal civico 20651 (TAV. 37), si accede (attraverso le fauces, 1) agli ambienti che gravitano attorno al primo atrio (2, atrium tuscanicum), segnalato dalla presenza della vasca dell‟impluvium in lastre di tufo di Nocera. Attorno a questo spazio, si dispongono cubicula e alae (13, 3, 12, 11, 10, 9, 8 4, 5 oecus
fenestratum), il tablinum (7) e vani di passaggio verso la pars postica (6, 19). In questo settore si
conservano le tracce del più antico impianto, che si data all‟inizio della seconda età sannitica (prima metà del II secolo a.C.), come testimoniato dai lacerti di opera a telaio652 (conservati sia in paramenti completi quasi fino all‟altezza originale, che in elementi angolari). A quest‟epoca, la casa si sviluppa attorno ad una corte centrale, sulla quale gravitano due gruppi di ambienti: nella parte anteriore, i
cubicula separati da un corridoio d‟accesso aperto sulla via di Mercurio; nel settore occidentale, la
MB XI, pp. 6-9; QUARANTA 1843, pp. 3-8; SCHULTZ 1838, pp. 175-178; FIORELLI 1857, pp. 113-115; PAH II, pp. 235, 299, 304-316, 333-335; per uno studio recente su alcuni dei reperti, GIOVE 2006.
645 Secondo un‟ampia casistica documentata a Pompei. V. Parte II, §. III.1. 646 V. anche qui §§. IV.3.4, IV.5.1.
647 BdI 1830, pp. 120-122; BdI 1835, p. 38; MB XI, pp. 6-9; QUARANTA 1843; SCHULTZ 1838, pp. 175-178; FIORELLI
1857, pp. 113-115; PAH II, pp. 235, 299, 304-316, 333-335.
648 HELBIG 1868, numm. 923-1363; MAU 1879, pp. 73-79; MAU 1882, p. 79; PERNICE 1938, pp. 49, 124; SCHEFOLD
1957, p. 101-102; COCCO 1975, p. 155-156; LAUTER 1975, p. 149; LAIDLAW 1985, p. 149; PPP II, pp. 155-157; PPM IV,
pp. 449-469; ESCHEBACH 1993, pp. 180-181; PESANDO 1997,pp.254-258; MERONE 1993-1994; GIOVE 2006; PESANDO
2006a; SCHOONHOVEN 2006, pp. 72-75.
649 La planimetria di base utilizzata è desunta dal rilievo topografico dell‟insula 7. Alcuni aspetti della documentazione
restano momentaneamente in sospeso e non si darà spazio in questa sede ad approfondimenti legati al commento dettagliato degli apparati decorativi o alle ipotesi di identificazione di proprietari e inquilini.
650 ADAM 1988; MAIURI 1942; PETERSE 1999; RICHARDSON 1988.
651 L‟ingresso principale (VI,7,20) è segnalato da un gradino in pietra di Caserta.
sequenza di ambienti posti ai lati del corridoio in asse con le fauces e aperti sulla zona posteriore della casa, che probabilmente era destinata ad hortus per il sostentamento del nucleo familiare, dal momento che non sembra interessata da costruzioni653. Si hanno elementi più consistenti per la successiva fase di tarda età sannitica (seconda metà – fine del II secolo a.C.): l‟edificio, che si connota chiaramente come residenza di alto livello, ostenta sulla via di Mercurio la parte di rappresentanza, incentrata sul raddoppiamento dell‟atrium654 scandito dalla presenza di un ampio vestibulum -l‟accesso dal civico 21 inquadrato tra due colonne corinzie- come preludio al nuovo atrium
tetrastilo privo di alae (14): in situ rimangono la vasca dell‟impluvium e le colonne ioniche, in tufo di Nocera. I vani immediatamente circostanti esplicano funzioni di servizio: attualmente sono presenti un vanoscala (45, dove si conservano 11 gradini in opera incerta), un ripostiglio (45) ed una cisterna (17).
Procedendo verso il settore ovest, si accede alla pars postica, incentrata sull‟allestimento del
viridarium (che culmina nel settore sud con il peristilium 19 e con alcuni ambienti conviviali, 8, 20, 27 e
28) e degli ambienti di servizio (settore nord: latrina -25- e vani di passaggio verso il civico 22), oggetto di consistenti interventi realizzati a partire dal I secolo a. C. Significativi interventi, databili tra la fine del II secolo a.C. e l‟inizio del I a.C., infatti si leggono chiaramente nella trama dell‟opus
incertum, che costituisce la tecnica più diffusamente attestata (TAV. 38). La disposizione di caementa regolari, con prevalente uso della trachite si riconducono ad un orizzonte vicino all‟epoca di impianto della deduzione sillana, e sono particolarmente frequenti nella porzione nord-orientale del complesso (soprattutto nei vani ai lati delle fauces prospicienti la grande via di Mercurio).
La domus vede nel corso del I secolo a.C. e sino alla metà del secolo successivo importanti mutamenti dei propri percorsi interni, con l‟ampliamento della pars postica (arredo dell‟area a giardino, installazione del complesso artigianale) ed il rinnovo dell‟arredo pittorico e pavimentale655. In questa fase si definisce il limite settentrionale del complesso, inglobando definitivamente il lotto VI,7,22, che probabilmente fu in seguito dato in affitto.
Sebbene se molti di questi possano essere tuttora nascosti dalle pitture in IV Stile, infine si individuano chiaramente anche gli interventi di restauro strutturale, realizzati durante la fase post 62 d.C. e precedente l‟obliterazione definitiva del sito (TAVV. 38, 39): difformità nella posa in opera e nella composizione del legante indirizzano l‟interpretazione verso una serie di interventi di consolidamento della superficie dei paramenti e nel restauro di stipiti, realizzati sia in opus incertum, che in opus vittatum mixtum e in opus latericium (prevalenti nell‟ala occidentale del complesso, nell‟area che ruota attorno al peristilio, che sembrerebbe quindi il settore più pesantemente danneggiato dalle
653 Sulle abitazioni di epoca sannitica, v. Parte II, §. III.2.
654 La parte pubblica del complesso, secondo LAUTER 1975, p. 149.
655 A questa fase di datano le pavimentazioni in lavapesta (I Stile pompeiano, ambb. 5, 20, 29. PERNICE 1938, pp. 49, 124)
scosse sismiche. TAV. 39). Sulla base dell‟evidenza documentata da chi operò la rimozione dei depositi di lapilli e cenere nell‟Ottocento656, si può ritenere che tra il 62 ed il 79 d.C. il complesso abbia mantenuto la funzione di abitazione, senza soluzione di continuità.
L‟analisi sulle evidenze in situ ci porta ad affrontare un altro tema, incentrato sulle problematiche conservative (TAVV. 22-27, 31, 40)657. Sinora si è solamente accennato all‟importanza dello studio delle pitture dell‟insula, e del rapporto tra la funzione degli ambienti e il tipo di pitture che ne ornano le pareti, per la comprensione dei complessi architettonici. La ricchezza del complesso VI,7,20-22 contrasta con le precarie condizioni di conservazione dell‟arredo pittorico (ridotto a lacerti di decorazione) 658, della pavimentazione (prevalentemente realizzata in opus signinum, oggi in pessime condizioni) e delle strutture. La facciata e gli ambienti interni sono complessivamente piuttosto mal conservati -anche se alcuni paramenti si sono mantenuti sino all‟altezza delle creste e delle coperture-, con tracce consistenti di restauro moderno. Proprio questi aspetti hanno stimolato la sperimentazione di soluzioni GIS based di facile accesso, utili al monitoraggio dello stato di conservazione, arricchendo la documentazione sul complesso anche con temi sviluppati sulla storia degli scavi al suo interno e sui reperti allora recuperati (TAV. 40)659.
656 Sia per il tesoro descritto, sia per altri ritrovamenti di oggetti di uso quotidiano e anche due pezzi di pane
carbonizzati, in BdI 1830, pp. 120-122; BdI 1835, p. 38; MB XI, pp. 6-9; QUARANTA 1843; FIORELLI 1857, pp. 113-115; PAH II, pp. 235, 299, 304-316, 333-335; GIOVE 2006.
657 V. qui §. IV.3.5.
658 La maggior parte delle pitture, oggi assai mal conservate, appartiene al IV stile (MAU 1882, p. 79; SCHEFOLD 1957, p.
101-102; LAIDLAW 1985, p. 149; PPP II, pp. 155-157; PPM IV, pp. 449-469) e si attengono generalmente allo schema
bipartito che vede nella parte inferiore uno zoccolo rosso e nella parte mediana a pannelli bianchi o gialli (amb. 5), coronata da cornici in stucco. Dalla parete sud dell‟atrium 2 (PAH, p. 235) provengono l‟Apollo Helios, oggi al Museo di Napoli (MANN, inv. 8819), e una vignetta con Stagioni (PPM IV, pp. 450-451). La presenza di quadri figurati è documentata solo nel tablinum 7 (parete nord: zoccolo nero; nella parte mediana il pannello centrale rosso a predella gialla raffigurava Narciso, MANN, inv. 9338. Parete sud: zoccolo nero; parte mediana articolata in pannelli a fondo bianco. Il quadro centrale rappresentava Endimione, MANN inv. 9241; nel pannello ovest, probabilmente, una Nike in volo). Nell‟ala 9 SCHULTZ 1838, p. 176 descrive una vignetta di natura morta con gli attributi di Apollo, Zeus, Hera ed
Eracle (parete est) e Artemide (parete sud).