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Il caso Georgia c Russia

Capitolo terzo : La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di espulsion

3.3 La giurisprudenza della Corte EDU successiva alla sentenza

3.3.1 Il caso Georgia c Russia

Volendo soffermarsi sulla sentenza Georgia c. Russia390,è necessario preliminarmente chiarire che il caso in esame, pur differenziandosi dalle espulsioni collettive precedentemente esaminate dalla Corte, merita di essere approfondito poiché ha ribadito le caratteristiche e la

nozione della fattispecie vietata dall’articolo 4 del Protocollo 4 ed ha confermato l’orientamento ormai consolidato che la Corte ha assunto in materia.

Il caso differisce dai precedenti in quanto l’allontanamento dei cittadini georgiani, benché collettivo e forzato, sembra assumere più i connotati della deportazione che dell’espulsione vera e propria.

Il comportamento delle autorità russe era riconducibile, secondo le organizzazioni internazionali intervenute nel processo, ad un atto di rappresaglia contro la Georgia poiché gli individui sarebbero stati espulsi a causa delle loro origini georgiane e non per la violazione delle leggi interne in materia di immigrazione come ritenuto dal Governo russo.

Mentre le espulsioni collettive rilevate dalla Corte nei ricorsi precedenti erano state dettate principalmente dalla volontà degli Stati di scoraggiare e limitare l’immigrazione irregolare, lo scopo dell’espulsione dei georgiani sembra attenere a motivazioni legate più alla rappresaglia derivante dai deteriorati rapporti tra la Russia e la Georgia essendo l’irregolarità del soggiorno dei georgiani un mero pretesto per espellere tali soggetti dalla Russia391.

La vicenda era strettamente legata pertanto al rapporto, teso da decenni392, che si era instaurato tra la Russia e la Georgia ed era solo

391 Cfr. in tal senso Holly Cartner, direttrice di Human Rights Watch per Europa e Asia

centrale, la quale ha dichiarato “Les autorités russes prétendent que les expulsions ne visaient

pas spécialement les Géorgiens, mais qu’elles faisaient partie de la lutte renouvelée contre l’immigration illegal. Mais en réalité, c’était une campagne coordonnée et orchestrée aux niveaux supérieurs du gouvernement qui a sélectionné les Géorgiens pendant une période spécifique”.

392Cfr. Georgians deported as row deepens, del 6 ottobre 2006 reperibile in

http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/5412672.stm in cui la BBC ha confermato che le tensioni tra Mosca e Tbilisi sono in crescita dal 1990 quando Tbilisi ha accusato Mosca di supportare i separatisti nella scissione delle regioni di Abkhazia e dell’Ossezia del sud. La Federazione Russa ha invece accusato la Georgia di aver perseguito una politica estera ostile alla Federazione avvicinandosi maggiormente alla NATO.

uno degli effetti di antichi dissapori che caratterizzavano le relazioni tra i due Stati.

Alla fine dell’estate del 2006, la tensione politica tra la Federazione Russa e la Georgia aveva raggiunto il suo apice con l’arresto, il 27 settembre 2006, di 4 agenti russi a Tiblisi e la conseguente sospensione il 3 ottobre 2006 di tutti i collegamenti aerei, stradali, marittimi, ferroviari, postali e finanziari con la Georgia.

Da fine settembre 2006 a fine gennaio 2007, numerosi georgiani erano stati arrestati ed espulsi393.

Nonostante la Federazione Russa avesse giustificato l’allontanamento di centinaia di georgiani adducendo l’irregolarità del soggiorno o dell’ingresso in territorio russo, in violazione delle leggi interne della Federazione, lo Stato ricorrente e molte organizzazioni internazionali avevano denunciato che tali allontanamenti erano avvenuti a prescindere dall’irregolarità dello status dei migranti georgiani, poiché è dimostrato394 che erano stati espulsi anche soggetti in possesso di regolari documenti di soggiorno.

È dunque ragionevole ritenere che l’intento della Russia fosse non tanto di applicare le leggi in materia di immigrazione, ma di espellere dei migranti in quanto georgiani, e non in quanto irregolarmente residenti in Russia.

Per quanto attiene alle modalità di espulsione, secondo le testimonianze allegate, centinaia di georgiani sarebbero stati rintracciati

393

La difesa della Georgia ha mostrato l’incremento di espulsioni di georgiani avvenute nel lasso di tempo preso in esame. Tra la fine del settembre 2006 e la fine di gennaio 2007 sono state ordinate 4.634 espulsioni contro cittadini georgiani di cui 2.380 sono stati detenuti e forzatamente espulsi mentre gli altri 2.254 hanno volontariamente abbandonato lo Stato in seguito alle deportazioni.

394

Cfr. Georgia c. Russia, cit, par. 22 in cui viene riportata la testimonianza del dott. Pataridze, Console georgiano in Russia all’epoca dei fatti, il quale ha testimoniato che dalla fine del settembre 2006 il consolato georgiano a Mosca è stato “inondato di telefonate e richieste di assistenza dai parenti delle persone detenute” e che circa 200 e 300 georgiani si sarebbero quotidianamente rivolti all’ufficio, all’epoca dei respingimenti.

attraverso incursioni da parte delle autorità di polizia ed anche attraverso le scuole, chiedendo agli istituti scolatici di fornire alle autorità le liste degli alunni con cognomi georgiani.

È necessario sottolineare, inoltre, che durante il periodo di detenzione due georgiani sono morti a causa del diniego da parte delle autorità russe di assistenza medica395.

Il report di Human Rights Watch396 aveva documentato le “espulsioni arbitrarie ed illegali di georgiani da parte del Governo russo” ed aveva denunciato il fatto che la Russia avesse realizzato, attraverso la propria politica e la propaganda tramite i media filo governativi una crescente intolleranza verso i migranti di origini georgiane in un contesto di xenofobia e razzismo dilagante.

Tali iniziative, che ricordano le operazioni di pulizia etnica del passato, erano state seguite da arresti ufficiali ed infine espulsioni.

Sembra interessante valutare la decisione della Corte in relazione alla doglianza concernente il violato divieto di espulsioni collettive.

Il Governo della Georgia aveva denunciato l’espulsione di cittadini georgiani dal territorio della Federazione Russa.

I migranti infatti non avrebbero visto riconosciuto il loro diritto di ottenere dalle autorità competenti un esame dei singoli casi; nessun migrante destinatario del provvedimento di espulsione avrebbe ottenuto un esame nel merito della propria personale condizione.

Inoltre, come dimostrato dalle numerose testimonianze e dai report di organizzazioni internazionali governative e non, i migranti che avevano ricevuto un provvedimento di espulsione non avevano avuto la possibilità di impugnarlo né di opporsi in alcun modo all’esecuzione

395Cfr. Tenghiz Togonidze, 48 anni è morto a causa di un attacco di asma all’aeroporto di

Mosca mentre stava attendendo di essere deportato. Secondo l’ambasciata Georgiana a Mosca, gli sarebbero state negate cure mediche per cinque giorni durante la sua detenzione. Un altro migrante georgiano, Manana Jabelia, è morto di infarto durante la sua prigionia.

396Cfr. Rapporto di Human Rights Watch, Singled Out Russia’s detention and expulsion of

dell’atto. La Georgia aveva inoltre denunciato che i migranti espulsi avevano ricevuto provvedimenti di espulsione in formato standard, identici per tutti i destinatari.

Alle accuse il Governo russo aveva replicato sottolineando che il caso di specie differiva dal caso Čonka c. Belgio, in quanto “le autorità della Federazione Russa non hanno dichiarato di aver attuato espulsioni collettive di soggetti di nazionalità georgiana e non hanno emanato disposizioni in tal senso ai funzionari competenti”397.

Il ricorso sarebbe stato, ad avviso del Governo convenuto, molto più simile al caso Sultani c. Francia, poiché anche la Federazione Russa, al fine di rimpatriare i migranti in Georgia, aveva organizzato voli speciali considerando che i collegamenti aerei tra la Russia e la Georgia erano stati sospesi.

Inoltre, la Russia aveva sottolineato che erano stati “individually examined” tutti i georgiani contro i quali era stata ordinata una procedura di espulsione.

La Corte, dopo aver richiamato la definizione del concetto di “espulsione collettiva” già espressa nel caso Čonka c. Belgio 398, ha chiarito che “il fatto che vari stranieri siano oggetto di decisioni simili non permette, di per sé, di concludere per l’esistenza di una espulsione collettiva quando ciascun interessato ha potuto esporre individualmente dinanzi alle autorità competenti gli argomenti che si opponevano alla sua espulsione”399.

La Corte ha tuttavia sottolineato che tale considerazione non implica che tutte le volte in cui le autorità abbiano effettuato un esame

397Cfr. Georgia c. Russia, cit, par. 166.

398Cfr. Conka c. Belgio, cit, par. 59 in cui l’espulsione collettiva viene definite “as any

measure compelling aliens, as a group, to leave a country, except where such a measure is taken following, and on the basis of, a reasonable and objective examination of the particular case of each individual alien of the group”; cfr. altresì Georgia c. Russia, cit, par. 167.

399Cfr. Georgia c. Russia, cit, par. 167; cfr. Sultani c. Francia, cit, par. 81; cfr. Hirsi e al. c.

ragionevole ed obiettivo del caso individuale, il background in cui è stata attuata l’espulsione non abbia alcun rilievo nella valutazione della fattispecie e nel decidere se essa integri un divieto dell’articolo 4, Protocollo 4.

Per quanto concerne l’ambito d’applicazione della disposizione in esame, la Corte ha osservato che la formulazione della disposizione non si riferisce alla situazione giuridica delle persone interessate, a differenza dell'articolo 1 del Protocollo 7400che è espressamente destinato agli stranieri regolarmente residenti in un territorio.

L’articolo 4, Protocollo 4, così volutamente generico, include nel proprio ambito di applicazione tutti gli stranieri, siano essi regolarmente residenti in un certo territorio o meno.

Tale interpretazione ha trovato conferma anche nei lavori preparatori del Protocollo 4, in cui, secondo quanto confermato dal Comitato di Esperti, gli stranieri ai quali l’art. 4 del citato Protocollo si riferisce non sono solo coloro che risiedono regolarmente in un dato territorio ma anche tutti coloro che non hanno diritto di cittadinanza in un determinato Stato, sia che essi semplicemente attraversino un territorio o risiedano in esso, sia che essi siano rifugiati, apolidi o di nazionalità diversa401.

Esaminando il caso di specie, la Corte ha pertanto concluso, conformemente all’interpretazione fornita dai lavori preparatori dell’articolo 4, Protocollo 4, che la disposizione fosse applicabile indipendentemente dallo status giuridico dei migranti georgiani, a

400Tale articolo recita difatti “Garanzie procedurali in caso di espulsione di stranieri” e si

riferisce all’espulsione di stranieri regolari quando afferma “uno straniero regolarmente residente sul territorio di uno Stato non può essere espulso, se non in esecuzione di una decisione presa conformemente alla legge e deve poter: (a) far valere le ragioni che si oppongono alla sua espulsione; (b) far esaminare il suo caso; e44 45 (c) farsi rappresentare a tali fini davanti all’autorità competente o a una o più persone designate da tale autorità”.

prescindere dalla regolarità o irregolarità del loro soggiorno in territorio russo402.

Dovendo stabilire se le autorità russe avessero effettuato un esame ragionevole ed obiettivo dei singoli casi, la Corte ha analizzato le testimonianze dei migranti deportati e la documentazione allegata dalle organizzazioni internazionali governative e non, che avevano fortemente denunciato la prassi dei respingimenti sommari realizzati dalla Federazione.

La Commissione di Monitoraggio della PACE aveva segnalato che le modalità attraverso le quali erano state realizzate le deportazioni erano state simili in tutta la Federazione Russa.

Nello specifico, i georgiani erano stati fermati per strada con il pretesto di controllare i documenti e, a prescindere dalla validità e regolarità di essi, erano stati condotti presso le centrali delle autorità militari dove erano stati smistati in gruppi e condotti presso i tribunali i quali avevano emanato i provvedimenti di espulsione dalla Russia, in assenza di avvocati e senza procedere ad esami individuali e circostanziati.

Considerando le circostanze citate, la Corte ha ritenuto il caso di specie più simile al caso Čonka, in cui era stata ritenuta integrata la fattispecie vietata dall’articolo 4, Protocollo 4, a seguito di un esame di tutti i fattori indicativi dell’espulsione collettiva che avevano effettivamente consentito l’attuazione dei provvedimenti di respingimento.

La Corte ha rilevato invece poche analogie con il caso Sultani in cui l'autorità competente aveva tenuto conto della situazione personale del destinatario della misura di espulsione, un richiedente asilo di nazionalità afgana, e degli eventuali rischi che avrebbe corso in seguito al respingimento nel suo Paese d’origine.

Per quanto attiene alle deportazioni dalla Federazione Russa, la Corte ha constatato che i tribunali russi avevano emanato migliaia di ordini di espulsione respingendo i cittadini georgiani e, nonostante la formale emissione di provvedimenti di espulsione nei confronti di ciascun cittadino georgiano, considerando il contesto in cui erano avvenute le deportazioni e l’ingente numero di cittadini coinvolti dalle misure dei tribunali, non ha ritenuto plausibile l’esperimento di idonei esami individuali, anteriori all’atto di allontanamento403.

La Corte ha conseguentemente concluso, con 16 voti contro uno, che le deportazioni dei georgiani dalla Federazione Russa hanno integrato la fattispecie vietata di espulsioni collettive.

Sembra interessante esaminare l’opinione dissenziente del giudice Dedov, in relazione alla condanna della Russia per violazione del divieto di espulsioni collettive.

Il giudice Dedov, pur concordando con la definizione del concetto di espulsioni collettive fornita già nella sentenza Henning Becker c. Danimarca, aveva evidenziato che l’espulsione di un gruppo di persone a seguito di una procedura interna non implicava automaticamente che fosse stata attuata un’espulsione collettiva404.

In particolare, il giudice dissenziente contestava la decisione della Corte che aveva ritenuto assente l’esame individuale dei singoli migranti deportati.

403Cfr. Georgia c. Russia, cit, par. 175 in cui la Corte ha dichiarato che “even though,

formally speaking, a court decision was made in respect of each Georgian national, the Court considers that the conduct of the expulsion procedures during that period, after the circulars and instructions had been issued, and the number of Georgian nationals expelled – from October 2006 – made it impossible to carry out a reasonable and objective examination of the particular case of each individual”.

404Cfr. in senso analogo M.A. c. Grecia, ricorso n. 25559/03, marzo 2006 ; cfr. Berisha e

Haljiti c. ex Repubblica jugoslava di Macedonia dec. n. 18670/03, CEDH 2005 VIII ; cfr. Dritsas e altri c. Italia, decisione n. 2344/02, 1 febbraio 2011.

Difatti, mentre risulta evidente l’assenza di un esame ragionevole dei singoli individui nel caso Hirsi o nel caso Čonka, non sembrava ragionevole raggiungere tale conclusione nel caso di specie.

Il Governo ricorrente non avrebbe dimostrato, ad avviso del giudice dissenziente, la proposta di richieste d’asilo o di protezione internazionale, come invece era avvenuto nel caso Čonka, al contrario le decisioni di espulsione avrebbero provato che i casi di ciascun ricorrente georgiano erano stati sottoposti ad un esame ragionevole ed obiettivo da parte dei tribunali russi.

Inoltre, il giudice Dedov aveva sottolineato che il Governo georgiano aveva sostenuto che 4 persone erano in possesso di documenti regolari ma alcuna copia di tali documenti era stata allegata.

Sembra pertanto inverosimile ritenere che i tribunali russi potessero aver concluso che i migranti in possesso di regolare documentazione fossero illegalmente residenti, considerando inoltre che è necessario, conformemente alla giurisprudenza della Corte, presumere la buona fede dei giudici russi.

Tutta la documentazione allegata dal Governo russo dimostrerebbe inoltre che le autorità di polizia e le autorità giudiziarie avevano meticolosamente esaminato l’insieme delle circostanze individuali di ciascun georgiano respinto.

Il giudice Dedov aveva ritenuto pertanto che la Corte di Strasburgo non avesse valutato la documentazione pertinente in modo imparziale poiché era impossibile credere, a suo avviso, che i giudici russi avessero emanato le ordinanze di espulsione, legittimate meramente dalla nazionalità georgiana dei ricorrenti.

Una simile conclusione condurrebbe a dubitare dell’indipendenza, imparzialità e professionalità della magistratura russa.

A sostegno dell’indubitabile professionalità e competenza dei tribunali, il giudice Dedov aveva affermato: “mi piacerebbe che fosse

dimostrato che un magistrato russo possa espellere uno studente regolarmente iscritto in un’università russa, o un professionista di alto profilo recatosi in Russia per collaborare con specialisti della Federazione. (…) Non è stata allegata alcuna prova del malfunzionamento della giustizia russa, ma chiunque può trovare migliaia di esempi di georgiani che soggiornano regolarmente e trovano successo professionale in Russia”405.

Considerando che nel 2006 più di 58000 persone erano state respinte, l’espulsione di 4.500 georgiani non avrebbe potuto condurre, ad avviso del giudice Dedov, a concludere che la procedura seguita nel caso di specie non avesse offerto le garanzie sufficienti che provavano l’esperimento di esami reali e differenziati per ciascun georgiano rimpatriato.

Il giudice aveva concluso pertanto di non poter condividere il metodo utilizzato dalla Corte e l’esito del giudizio, poiché la Corte EDU “avrebbe bisogno di fondare la propria decisione su esempi concreti e circostanze tangibili per giustificare tale conclusione. Il riferimento a migliaia di ordinanze emanate dai tribunali (che contano su un organico di circa 30000 giudici) o ad una «politique coordonnée » (che denoterebbe l’assenza di imparzialità dei magistrati) non è conforme ai criteri stabiliti dalla giurisprudenza della Corte”406.

Dato atto della posizione del giudice dissenziente, resta il fatto che, pur ammettendo le peculiarità dei respingimenti appena citati rispetto ai casi considerati nei capitoli precedenti, la decisione della Corte rappresenta una sostanziale conferma dell’orientamento assunto a partire dal caso Hirsi e del significato del divieto in esame.

405

Cfr. opinione dissenziente del giudice Dedov, nella sentenza Georgia c. Russia, cit. traduzione dell’autrice.

406 Cfr. opinione dissenziente del giudice Dedov, nella sentenza Georgia c. Russia, cit.

La fattispecie vietata dall’articolo 4, Protocollo 4 sembra difatti assumere connotati sempre più precisi ed inconciliabili con le interpretazioni che talvolta alcuni Stati europei cercano di attribuire alla disposizione.