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La validità delle procure

Capitolo terzo : La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di espulsion

3.2 Il caso Hirsi e altri c Italia

3.2.1 La validità delle procure

Innanzitutto è necessario sottolineare che il Governo italiano aveva chiesto, in via preliminare, la cancellazione della causa dal ruolo, contestando la validità delle procure dei ricorrenti, ed auspicando, attraverso tale “tecnica diversiva”241 un risultato analogo a quello ottenuto nel caso Hussun c. Italia (v. paragrafo precedente).

239Cfr. Rapport di Human Rights Watch, Pushed back, pushed around, cit,. Secondo tale

rapporto, In seguito a tali comportamenti sei dei migranti sono stati ricoverati e molti altri hanno avuto bisogno di punti di sutura in testa; Cfr. rapporto del CPT del 28 aprile 2010 cit, paragrafi 18-25.

240Pare degna di essere menzionata la testimonianza di Enrico Dagnino, photoreporter del

giornale francese Paris Match che trovandosi sulla nave Bovienzo, nave della guardia di finanza, proprio la notte dei respingimenti, aveva assistito suo malgrado all’allontanamento dei migranti verso la Libia. Le sue foto testimoniano il dramma di quelle persone che, credendo di essere dirette a Lampedusa, si vedevano ricondurre in Libia dove molti dei quali erano stati e sarebbero nuovamente stati, perseguitati, incarcerati, picchiati, torturati. È dunque comprensibile la riluttanza di quei soggetti ad abbandonare la nave italiana. L’opposizione fu sedata con la forza, i soggetti furono trascinati fuori dalla nave dalle autorità e picchiati con bastoni, quando la resistenza era più forte, prima di essere inseriti in container simili a carri bestiame che li avrebbero ricondotti in carcere; Cfr. anche l’articolo di Parismatch ,L’Italia condannata per i respingimenti dei migranti, comparso sulla rivista Internazionale 12 giugno 2009.

241 Cfr. F. Vassallo Paleologo, Prima e dopo la sentenza Hirsi, cit. e lo stesso autore,

riferendosi alla tecnica del Governo di lamentare l’invalidità delle procure, parla anche di “consueto espediente per sottrarsi al giudizio della Corte europea” Cfr. in senso analogo A. Dembour, Interception-at-sea: Illegal as currently practiced – Hirsi and Others v. Italy, cit, in cui l’autrice definisce “fatal” l’eccezione riguardante la validità delle procure allegata dal Governo, che difatti portò alla cancellazione dal ruolo della causa; Cfr. N. Hervieu,

Interception et refoulement des migrants en haute mer, cit. l’Autore parla di un tentativo da

parte del Governo di disinnescare “désamorcer” il contenzioso, e ripetere il precedente “successo” procedurale ottenuto nel caso Hirsi.

Le irregolarità denunciate dal Governo italiano erano state: l’assenza di indicazione di data e luogo; l’assenza di riferimenti al numero del ricorso; il fatto che le generalità dei ricorrenti consistevano solo nel cognome, nome, nazionalità, in una firma illeggibile e in un’impronta digitale spesso indecifrabile e l’assenza di indicazione delle date di nascita dei ricorrenti.

Il Governo aveva espresso poi dubbi sulla validità delle procure, perché i rappresentanti dei ricorrenti non avevano manifestato le modalità attraverso le quali erano riusciti ad accertare le generalità dei loro clienti.

Anche in questo caso, e forse a maggior ragione dato che l’espulsione era avvenuta in alto mare, vale quanto precedentemente affermato per quanto riguarda il caso Hussun, dato che gli ostacoli di comunicazione tra i rappresentanti ed i migranti erano imputabili proprio allo Stato italiano che aveva proceduto ad allontanare in acque internazionali quei soggetti e a respingerli in Libia, luogo in cui sarebbero stati imprigionati e dove l’esercizio delle libertà fondamentali era fortemente limitato.

Sembra interessante menzionare sul punto la critica di N. Hervieu che ha parlato, in modo molto diretto, di un vero e proprio “sfruttamento”242 da parte delle autorità italiane della situazione di evidente difficoltà vissuta dai migranti respinti, che non avrebbero potuto mantenere costanti contatti con i difensori a causa della ben note condizioni in cui erano costretti a vivere.

I legali dei migranti avevano comunque dimostrato la legittimità delle procure, precisando che i mandati erano stati formalizzati dai

242

Cfr. N. Hervieu, Interception et refoulement des migrants en haute mer, cit, in cui l’Autore si esprime in modo inequivocabile affermando che “le gouvernement défendeur a

donc tenté de contester la solidité des requêtes et donc d’exploiter les difficultés liées à l’évidente mobilité des migrants requérants”.

ricorrenti una volta sbarcati in Libia, presso gli uffici delle organizzazioni umanitarie presenti in diversi centri di trattenimento.

I membri di tali organizzazioni si sarebbero poi impegnati a contattarli e a trasmettere loro le procure affinché avessero potuto firmarle e accettare i mandati.

Per quanto concerne l’identificazione dei soggetti, essa era stata effettuata dagli uffici dell’HCR di Tripoli.

La Corte aveva pertanto constatato che “tutte le procure acquisite agli atti sono state firmate ed accompagnate da impronte digitali e che i rappresentanti dei ricorrenti hanno fornito, durante tutto il procedimento, informazioni dettagliate in merito allo svolgimento dei fatti e alla sorte dei ricorrenti, con cui hanno potuto mantenere i contatti”243.

La Corte aveva ritenuto le procure dei ricorrenti valide in quanto erano state regolarmente firmate e accompagnate da impronte digitali, ed aveva pertanto rigettato l’eccezione del Governo.

Aveva inoltre chiarito, parzialmente allontanandosi dal suo orientamento precedente, che “né la Convenzione né il regolamento della Corte pongono condizioni particolari quanto alla redazione della procura, né richiedono alcuna forma di certificazione da parte delle autorità nazionali”.

La Corte richiede che “la procura indichi chiaramente che il ricorrente ha affidato la sua rappresentanza dinanzi alla Corte ad un legale e che questi ha accettato il mandato”244.

Per quanto concerne la validità delle procure, nella sentenza Hirsi è possibile dunque rilevare il superamento, almeno parziale, delle criticità della decisione Hussun, e potremmo affermare che in questo caso la

243Cfr. Hirsi e altri c. Italia, cit, par 54. 244Cfr. Hirsi e altri c. Italia, cit, par. 53.

Corte non ha “sprecato”245 la possibilità di chiarire la portata della CEDU e degli articoli 3 e 4 del Protocollo 4 in particolare.

Difatti anche se ha scelto, suscitando numerose critiche246, con votazione di 13 a favore e 4 contro, di cancellare la causa dal ruolo per i due ricorrenti deceduti in circostanze sconosciute nelle carceri libiche, privando pertanto gli eventuali eredi che fossero venuti a conoscenza del ricorso troppo tardi di manifestare la volontà di proseguire la causa e conseguentemente ottenere una riparazione, si è discostata dalla decisione Hussun in più parti.

Innanzitutto, ha motivato la decisione di cancellare dal ruolo i ricorsi dei deceduti, adducendo che le doglianze lamentate coincidevano con quelle degli altri ricorrenti che avevano proseguito il ricorso ed ha concluso pertanto che “alla luce delle circostanze del caso247” non c’erano motivi inerenti al rispetto dei diritti umani per proseguire l’esame del ricorso verso i ricorrenti deceduti.

Parte della dottrina248 ha dedotto da questo inciso la possibilità di ritenere, “a contrario, che, in altre condizioni249” e quindi se le doglianze dei ricorrenti non fossero state le stesse, la Corte avrebbe ritenuto di dover proseguire l’esame del merito del ricorso per esigenze di tutela dei diritti umani in virtù dell’ultima parte dell’articolo 37 par. 1 della CEDU.

La novità più importante rispetto al passato è però che la Corte ha deciso di non cancellare la causa dal ruolo per quei ricorrenti di cui si erano perse le tracce, rimanendo per essi possibile ottenere riparazione.

245 Cfr. N. Hervieu, Interception et refoulement des migrants en haute mer, cit, in cui

l’Autore sostiene che stavolta, cioè nel caso Hirsi, “L’opportunité ainsi offerte à la Cour de

se prononcer sur de telles prétentions n’a cette fois pas été gâchée.”.

246 Cfr. Dembour, Interception-at-sea, cit. 247

Cfr. Hirsi e altri c. Italia, cit, par 58.

248

Cfr. A. Liguori, La Corte europea dei diritti dell’uomo condanna l’Italia per i

respingimenti verso la Libia, cit.

249 Cfr. A. Liguori, La Corte europea dei diritti dell’uomo condanna l’Italia per i

Parte della dottrina250, nonostante abbia espresso apprezzamento per il mutamento d’orientamento della Corte, avrebbe auspicato l’inserimento nella parte finale della sentenza, accanto al risarcimento, anche l’obbligo per il nostro Paese di consentire ai ricorrenti l’accesso pratico ed effettivo ad una procedura d’asilo in Italia e non il mero dovere di “intraprendere tutte le attività possibili per ottenere dalle autorità libiche l'assicurazione che i ricorrenti non saranno né sottoposti a trattamenti contrari all'articolo 3 della Convenzione né rimpatriati arbitrariamente”251.

Altri studiosi, esprimendo apprezzamento, ma ritenendo poco chiari i motivi che hanno indotto la Corte a non cancellare la causa dal ruolo, hanno colto in tale atteggiamento la prova dell’esistenza della “doppia anima della Corte di Strasburgo: da un lato, essa è ancorata al rispetto formale del principio della domanda e dell’azione individuale; dall’altro, invece, mostra una chiara propensione, specie in circostanze in cui si sono lamentate gravi violazioni della Convenzione, a farsi promotrice e garante dell’interesse generale connesso all’ordine pubblico europeo”252.

3.2.2 La giurisdizione dell’Italia e le implicazioni derivanti