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Il caso Johnson v Calvert, 1993

Capitolo 6: La maternità surrogata negli Stati Unit

6.2.2. Il caso Johnson v Calvert, 1993

interest of the child

6.1. Il quadro normativo statunitense

Negli Stati Uniti, il primo accordo di surrogacy “ufficiale” è stato stipulato a metà degli anni’80 quando, per conto della coppia Stern, Mary Beth Whitehead, offrì il proprio utero per far nascere una bambina, conosciuta poi come Baby M180. Lo stesso avvocato che ha mediato questo accordo ha fondato l'Infertility Center, società che organizza centinaia di nascite ogni anno. Il numero dei soggetti che ricorrono a tale pratica in America, da allora, è aumentato esponenzialmente, ma le leggi degli Stati inizialmente erano vaghe o addirittura assenti e i contratti di surrogazione erano legali ma “non rinforzati” (cioè qualora si fosse presentata una difficoltà legale, non si sarebbe potuto richiedere assistenza a livello giudiziario)181.

Dal silenzio del legislatore (e, in larga misura, della giurisprudenza) si evince un argomento in favore della legittimità delle pratiche di

collaborative reproduction, nella misura in cui pare implicare la

sussistenza, in quest’ambito, di un right to privacy, inteso come right to

be let alone, che si traduce in un principio di non ingerenza da parte dei

poteri pubblici sull’autodeterminazione privata182.

180 C. HABERMAN, The question of surrogate motherhood, 23 marzo 2014,

https://www.nytimes.com/2014/03/24/us/baby-m-and-the-question-of-surrogate- motherhood.html

181 The history of surrogacy,

http://www.modernfamilysurrogacy.com/page/surrogacy_history

182 P. PASSAGLIA, La fecondazione eterologa, in www.cortecostituzionale.it, marzo

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Inizialmente le Corti, in mancanza di una legislazione dettagliata, a seconda dei casi giurisprudenziali da affrontare, provvedevano a creare delle regole ma poi, avanti all’espandersi del fenomeno, gli Stati hanno cominciato a regolamentare la materia. Vista la capacità di ogni singolo Stato di dotarsi di una disciplina autonoma nel diritto di famiglia (e non solo), si è creato un quadro eterogeneo e frastagliato e si sono prospettati cinque modi per regolamentare la maternità surrogata: 1) Il legislatore in alcuni Stati la disciplina in chiave restrittiva, come in Europa, la maternità surrogata come ad esempio a New York, dove la legge qualifica come illeciti i contratti di surrogazione a titolo oneroso (compensated surrogacy) mentre restano leciti quelli a titolo gratuito (compassionate surrogacy); in altri stati come Michigan e Indiana, i contratti di surrogazione sono tutti nulli e quelli a titolo oneroso possono portare criminal charge cioè attivazione di rimedi penali; in altri ancora come Washington e Nebraska, la legge disciplina in tutti i suoi aspetti il contratto di compassionate surrogacy garantendo i diritti dei committenti, mentre vieta direttamente e penalmente i contratti a titolo oneroso; in altri Stati, come la Arizona sono previste reazioni penali anche per i contratti a titolo gratuito. A risultati analoghi si arriva in quegli Stati, come la Louisiana, in cui la legge tace e sono le Corti a non garantire alcun diritto ai committenti; 2) Ipotesi in cui in mancanza di una proibizione del legislatore la pratica della surrogazione si ritiene lecita in relazione al generale principio di libertà, anche se, rimangono incerti aspetti di diritto pubblico (come la registrazione degli atti di nascita); così in Montana, Idaho, Wyoming, Iowa, Tennessee, Mississipi, Minnesota, Kansas e Colorado; 3) Casi in cui la legge consente la maternità surrogata a titolo gratuito ma pone limitazioni assicurando l’accesso solo a coppie sposate (come in Virginia o Florida) oppure come in Texas, dove si richiede e si disciplina una apposita previa omologazione giudiziale dell’accordo; 4) In atri Stati la disciplina prevista dal legislatore è permissiva garantendo diritti dei committenti

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anche in caso di conflitti con la gestante come in Illinois o North Dakota; mentre in altri casi sono le Corti a raggiungere i medesimi risultati, come nel Wisconsin; 5) Infine, in alcuni Stati, il fenomeno è massimamente tollerato e viene consentita la gestazione in ogni sua forma (cioè onerosa e gratuita) come in California o Nevada183.

La California è lo Stato che risulta più permissivo alla realizzazione della pratica, anche se i costi sono più elevati di altri Stati. In alcuni Stati vengono date più tutele giuridiche, ma la pratica subisce delle limitazioni; ad esempio, in Florida si richiede che sia l’ovulo che lo sperma, o entrambi, provengano direttamente dai genitori committenti ed anche per il perfezionarsi del contratto deve pervenire una dichiarazione da parte di un medico apposito, il quale deve dichiarare che la madre committente non possa portare a termine la gravidanza. Allo stesso tempo la Florida mette dei forti limiti alla retribuzione della madre surrogante e si impongono delle limitazioni alla donna surrogante che infatti deve sottostare a delle visite mediche prenatali obbligatorie. Affinché venga riconosciuto uno status legale di genitore, gli intended

parents, dopo la nascita del bambino, devono fare una richiesta alla

Corte e mostrare che i requisiti richiesti e stabiliti siano stati regolarmente rispettati. La Florida permette solo alle coppie sposate di stipulare un contratto di surrogazione, non permettendo invece il ricorso alla pratica alle coppie omosessuali (sebbene tale divieto sia stato ritenuto incostituzionale). Simile alla Florida vi è anche lo Utah, quindi si prevede che siano genitori committenti sposati ed uno di essi deve aver partecipato alla formazione del patrimonio genetico del bambino. Si richiede un percorso psicologico a tutte le parti partecipanti e anche che il compenso dato alla surrogata sia ragionevole; lo Stato richiede che o i genitori committenti o la surrogante siano residenti da almeno 90

183 M. NISTICÒ, La gestazione per altri: brevi considerazioni a partire dall’esperienza

statunitense, Quaderni della Rassegna di diritto civile diretta da Pietro Perlingieri, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, luglio 2017, p. 371 - 374

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giorni nel territorio dello Stato dove viene stipulato il contratto. Nel Texas e nella Virginia esistono degli statuti governativi molto dettagliati e permettono il riconoscimento legale della surrogazione ma, come per la Florida e lo Utah, regolano la pratica ma ne limitano l’accesso. Mentre il Delaware e il New Hampshire, come la California, legalizzano i contratti di surrogazione senza imposizione di limiti e sempre come in California permettono ai genitori committenti di ottenere un ordine prenatale dalla Corte, che va a determinare la parentela legale del bambino prima ancora che questo sia nato. Per quanto riguarda il Nevada, questo Stato legittima i contratti di maternità surrogata ma non permette che sia emesso un ordine prenatale, tanto che i genitori committenti diventano genitori solo con la nascita del bambino. Alcuni stati come Massachusetts, Maryland e Wisconsin, hanno bisogno della decisione della Corte per legalizzare i contratti, dal momento che non ci sono statuti governativi e nemmeno regolamenti che vanno a limitare la fattispecie o a porre limitazioni che neghino l’accesso a particolari persone. Mentre l’Arkansas, Connecticut e il Tennessee hanno invece delle leggi che facilitano la surrogazione sebbene non prendano nessuna posizione circa la legalizzazione del contratto di surrogazione. Ciò ha sollevato dei notevoli problemi nei casi in cui la madre gestante volesse recedere dal contratto. Nel New Jersey, il contratto, una volta stipulato, porta con sé un unico problema, cioè individuano nella gestante e nel suo compagno i genitori legali del bambino. Queste leggi possono permettere però, prevedendo la richiesta di adozione da parte della madre committente, di modificare una parte sostanziale dell’accordo di surrogazione184.

184 M. FIELD, Compensated Surrogacy, Washington Law Review, Vol. 89:1155, 2014,

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6.2. La giurisprudenza

La giurisprudenza americana risulta copiosa ed eterogenea, quindi in questo elaborato si prendono in esame tre casi che possono essere definiti come pilastri fondamentali per i giudici americani e non solo. Sebbene risalgano agli anni novanta, queste pronunce tutt’oggi vengono richiamate nelle sentenze dei giudici.

Particolarmente rilevante è lo storico caso Baby M che costituisce la prima pronuncia americana riguardante la pratica della surrogacy; questo caso è divenuto un vero e proprio simbolo degli aspetti controversi e dei problemi che possono sorgere a seguito di un processo di maternità surrogata, in quanto, la signora Whitehead, subito dopo il parto, si pentì di aver stipulato quel contratto, tentando (inutilmente) di tenersi la bambina.

6.2.1. The case of Baby M, 1987

Elizabeth e William Stern nel 1985 decisero di rivolgersi al Centro di sterilità di New York. Grazie a queste procedure, nei dieci anni precedenti erano già nati più di 500 bambini negli Stati Uniti. Nel centro raccomandarono loro come soluzione al problema la tecnica di inseminazione artificiale eterologa. Dopo un attento studio delle possibili candidate, la scelta cadde su Mary Beth Whitehead, una casalinga di 29 anni, sposata e madre di due figli. La coppia Stern ebbe vari incontri con lei, dopo i quali William Stern firmò con Mary Beth Whitehead un contratto, nel quale quest'ultima si impegnava a portare a termine la gravidanza e si impegnava anche a non stabilire con la bambina legami affettivi e a consegnarlo dopo il parto. Come compenso per tutto ciò, gli Stern le avrebbero versato 10.000 dollari alla nascita, dopo avere ricevuto la tutela legale del neonato. La coppia Stern avrebbe pagato, inoltre, 7.500 dollari al Centro di sterilità

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di New York per i servizi prestati.

La gravidanza trascorse regolarmente e il 17 marzo 1986 Mary Beth diede alla luce una bambina (chiamata durante tutto il corso del processo con il nome di «Baby M»), alla quale mise il nome di Sara, mentre gli Stern la chiamarono Melisa. La signora Whitehead tenne la bimba in casa per tre giorni, trascorsi i quali la consegnò alla coppia Stern ma il giorno seguente alla consegna, la signora Whitehead e sua sorella tornarono dagli Stern e, con il loro consenso, portarono di nuovo a casa la bambina. Gli Stern credettero che si trattasse di una cessione temporale, ma la settimana seguente la signora Whitehead telefonò agli Stern per dir loro che aveva deciso di tenere la bambina. Il 5 maggio gli avvocati della famiglia Stern si recarono dal giudice Sorkow e, senza notificarlo previamente ai Whitehead e senza dar loro la possibilità di rispondere, chiesero al giudice di concedere al signor Stern l'immediata custodia della bambina. Il giudice ordinò l'immediata consegna della

bambina alla custodia del signor Stern

Lo stesso giorno gli Stern si presentarono di persona in casa dei Whitehead con cinque agenti di polizia e con l'ordine di custodia. Il giorno seguente la famiglia Whitehead fuggì dallo Stato con Baby M. Alla fine di luglio, la polizia della Florida fece irruzione in casa dei genitori della signora Whitehead, si impossessò della bambina, che fu affidata alla custodia della signora Stern. I Whitehead ritornarono nel New Jersey e nel settembre tentarono di avere di nuovo la custodia di Baby M. In risposta alle sue domande, il giudice Sorkow confermò, nella sua sentenza del 31 ottobre, quanto aveva disposto il 5 maggio circa la custodia della bambina. A suo parere il contratto era eseguibile e la custodia doveva essere concessa al signor Stern in ragione del best

interest della bambina. Affermava che i diritti genitoriali della signora

Whitehead erano terminati e concedeva a Elizabeth Stern l'adozione

della bambina.

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adducendo che un contratto non si può risolvere, anche se si riferisce alla custodia vitalizia di un bambino. Secondo lui i contratti di maternità surrogata devono essere rispettati, e sono giudizialmente esigibili come

qualsiasi altro.

A questa sentenza la signora Whitehead fece ricorso di fronte al tribunale superiore della contea di Bergen, presieduto anch'esso dal giudice Sorkow. Il dibattimento si tenne tra il 5 gennaio e il 13 marzo 1987 e il giudizio ebbe due parti: la prima si occupò della legalità dei contratti di maternità surrogata, la seconda del problema concreto di Baby M. Rispetto a questo secondo punto, il tribunale doveva decidere sulla petizione della coppia Stern che si ratificassero i suoi diritti come genitori e che le si concedesse definitivamente la custodia di Baby M. La nuova sentenza, emanata dal giudice Sorkow il 7 aprile 1987, considerava la maternità di surrogata come un procedimento lecito e legale, benché tanto nuovo e stupefacente che non poteva essere giudicato sulla base delle leggi esistenti. Rispetto all' altro tema, quello di Baby M, sostenne che il problema di base era il migliore interesse della bambina, e di conseguenza confermò la custodia alla coppia Stern, i quali avrebbero protetto, a suo parere, i suoi best interests. Infine, il caso arrivò al tribunale supremo dello Stato del New Jersey, che lo risolse il 3 febbraio 1988. La sentenza fu decisa all'unanimità e redatta dal suo presidente. Il tribunale supremo negava la liceità della maternità surrogata e affermava che nel caso di Baby M la questione riguardante la custodia si doveva risolvere cercando il miglior interesse della bambina, dovendo tener conto delle profonde relazioni che si stabiliscono tra madre e figlio per questo, si ritenne opportuno che la bambina dovesse continuare a vivere con coloro con i quali era stata fin dai primi giorni di vita. Il tribunale riteneva dunque che per il rispetto del migliore interesse della bambina si doveva negare la custodia alla madre naturale, Mary Beth, dato che due anni dopo il parto, era divorziata dal primo marito e si era risposata, concedendo dunque Baby

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M alla coppia Stern. A Mary Beth si concedeva, tuttavia, il diritto di visita. D'altra parte questa terza sentenza non si limitava a decidere sulla legalità del contratto, come le due anteriori, ma entrava nel fondamento etico della questione, equiparando la maternità di surrogata alla vendita dei bambini e dichiarandola illegale nello Stato del New Jersey185.

6.2.1. Il caso Johnson v. Calvert, 1993

Nel caso Johnson v. Calvert del 1993, una coppia di genitori committenti decise di concludere un accordo di maternità surrogata con una donna che si sarebbe limitata a portare avanti la gravidanza, instauratasi successivamente all’impianto di un embrione ottenuto con i gameti della coppia; la stessa donna, che inizialmente aveva promesso che avrebbe, alla nascita del bambino, consegnato lo stesso ai genitori committenti rinunciando a qualsiasi diritto su di lui, cambiò successivamente idea minacciando di tenerlo con sé. La coppia adì, dunque, l’autorità giudiziaria chiedendo che il loro diritto alla genitorialità sul minore nato, a seguito della conclusione del contratto di maternità surrogata, venisse espressamente riconosciuto. La Corte Suprema Californiana, oltre a sancire la validità del contratto e la sua non contrarietà rispetto all’ordine pubblico, affermò che, nonostante ai sensi della section 7000 del Civil Code, il ruolo di madre naturale venisse attribuito alla donna che fosse risultata geneticamente legata al nato e che avesse dato alla luce lo stesso, nel caso in cui non vi fosse stata contemporaneità tra le suddette due condizioni, il giudice avrebbe dovuto fare leva sul concetto di volontà di procreare, riconoscendo la genitorialità legale e naturale in capo alla coppia committente, e affermando, dunque, che la sola intenzione delle parti, manifestata attraverso la conclusione del contratto e il consenso prestato per

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accedere alle procedure mediche necessarie, bastava per poterli considerare i genitori naturali e legali del minore186.