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Sintesi comparatistica

Sintesi comparatistica

Sommario: 8.1. I modelli adottati dagli Stati per la regolamentazione della maternità surrogata – 8.2. La giurisprudenza: verso una affermazione di diritti trananazionali – 8.3. La redazione e trascrizione degli atti di nascita – 8.4. Il best interest of the child come paramount consideration

8.1. I modelli adottati dagli Stati per la regolamentazione

della maternità surrogata

Gli approcci adottati dagli Stati riguardo alla regolamentazione della maternità surrogata sono tre: in alcuni Paesi vige un divieto assoluto di praticare la maternità surrogata (Italia, Francia, Spagna); in altri, la pratica viene vietata solo se esercitata in forma commerciale (Regno Unito e Canada, salve eccezioni a livello di singoli stati come ad esempio il Québec, dove il divieto è assoluto); l’ultimo modello prevede invece che la pratica della maternità surrogata venga ammessa sia in forma altruistica che commerciale (India e Stati Uniti, salvo eccezioni in singoli stati americani come il Michigan e l’Indiana dove il divieto è assoluto) e, in tali casi, è quasi sempre vigente una normativa interna dettagliata.

Da questo quadro possiamo dedurre che, a livello extraeuropeo, la pratica viene non solo regolamentata ma anche tendenzialmente eseguita liberamente mentre a livello europeo, sebbene una minoranza di Stati la ritenga legale226, si stenta ancora ad accettare il fenomeno: la regolamentazione, laddove presente, prevede sanzioni, anche di grave

226 Belgio: la maternità surrogata a titolo gratuito è legale, mentre quella retribuita è

vietata. Tuttavia ci sono poche cliniche che la praticano e le regole per ricorrervi sono molto restrittive; Danimarca: è legale quella gratuita, mentre quella retribuita è vietata; Grecia: La maternità surrogata in forma gratuita è legale dal 2002, ma per accedervi è necessario chiedere l’autorizzazione di un tribunale. Tutte le altre forme sono vietate; Ungheria: Nel paese è vietata la maternità surrogata retribuita ed è consentita solo quella gratuita; Ucraina: La maternità surrogata è legale, sia quella retribuita sia quella non retribuita, ma possono ricorrere alla pratica solo coppie eterosessuali sposate.

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entità di tipo sia civili che penali; ad esempio in Italia all’articolo 12, comma 6 della legge n. 40/2004 si prevede che “chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità, è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro”.

L’Unione europea non ha competenze che le permettono di intervenire direttamente con norme sostanziali nel diritto di famiglia, né la Corte di giustizia può pronunciarsi su tali questioni in maniera diretta227, ma i recenti e sempre più numerosi casi giurisprudenziali presentati dai Paesi membri hanno suscitato l’interesse del Parlamento europeo, tanto che nel 2013 è stato svolto uno studio con lo scopo di fotografare la situazione generale riguardo alla maternità surrogata e di considerare un potenziale intervento dell'UE in tale ambito, giungendo alla conclusione che non c’è un orientamento, una tendenza giuridica condivisa e l’ipotesi di un possibile intervento normativo, riguardo a tale argomento, oltre che altamente improbabile, è sicuramente non risolutivo del problema228.

Alcune tra le sentenze più importanti della corte EDU sono le sentenze

gemelle di Mennesson e Labassée nelle quali la Corte osservò che effetti

negativi del rifiuto a riconoscere il legame di parentela si estende non solo alle coppie che avevano fatto ricorso alle tecniche di maternità

227 Spesso però la Corte di giustizia si è trovata a dover decidere alcuni ricorsi inerenti

a congedi di maternità negati alle madri committenti che avevano avuto un figlio mediante surrogazione di maternità (sentenza C.D. contro S.T., C-167/12). In tale caso la ricorrente inglese lamentava il mancato rispetto della direttiva 85/92/CEE, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti. Ma dall’interpretazione della direttiva derivava che la madre si individua in colei che partorisce, perciò non è possibile concedere il congedo alla donna che abbia fatto ricorso alla surrogazione ma che non sia gestante, C.CAMPIGLIO, Il diritto dell’Unione Europea si confronta con la maternità su commissione, in Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, n. 1/2014, p. 764 - 766

228 Direzione generale delle politiche interne –Diritti dei cittadini e affari costituzionali,

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surrogata, ma anche ai loro figli e impedendo il riconoscimento e l'instaurazione di rapporti giuridici tra i bambini e il loro padre biologico, lo Stato francese aveva oltrepassato il margine consentito di apprezzamento.

La Corte ha dunque dichiarato che il diritto dei minori al rispetto della loro vita privata era stato violato ex art. 8 CEDU, mentre non ha ritenuto necessario esaminare il reclamo dei ricorrenti ai sensi dell'articolo 14. La Francia è stata condannata a pagare un risarcimento a ciascuno dei figli a titolo di danno non patrimoniale, oltre a costi e spese processuali; altra importante sentenza è la Paradiso e Campanelli c. Italia, dove la Corte Europea rilevò inizialmente come il mancato riconoscimento da parte dei Giudici italiani dell’atto di nascita legalmente costituito in Russia incidesse sull’identità personale del minore e nel caso di specie fosse stata violata la relazione familiare de facto instaurata tra i due genitori committenti ed il bambino ma, nel 2017 è stato effettuato un cambio radicale rispetto al precedente orientamento: secondo la Grande Camera, i motivi che hanno mosso le autorità italiane, fondati essenzialmente sulla considerazione dell’illegalità della condotta dei ricorrenti e sull’urgenza di adottare soluzioni adeguate al minore, erano pertinenti all’obiettivo perseguito cioè la difesa dell’ordine e la protezione dei minori.

Nel dicembre 2015, in occasione della redazione della Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo e sulla politica dell’Unione europea, il Parlamento ha bocciato un emendamento che, facendo riferimento all’esigenza di sviluppare “chiari principi e strumenti legali internazionali per affrontare le questioni relative alla maternità surrogata allo scopo di prevenire l’abuso di diritti umani come lo sfruttamento delle donne e il traffico di bambini”, spingeva per

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l’approvazione di una regolamentazione della maternità surrogata229. Il

mancato consenso su questo punto dimostra però, ancora una volta, che esula dai compiti delle istituzioni europee l’approvazione di un tale strumento, in quanto necessariamente si andrebbero a toccare ambiti in cui vige piena discrezionalità in capo agli Stati membri.

La maternità surrogata è oggetto di studio anche da parte della Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato: il gruppo di esperti sulla maternità surrogata istituito dalla Conferenza dell’Aja chiede però più tempo per arrivare a un rapporto conclusivo sul tema. Tra gli ultimi rapporti abbiamo quelli del febbraio 2016 e febbraio 2017 e sono denominati “Report of the expert’s group on the parentage/surrogacy

project”.

A seguito della riunione di febbraio 2016 il Gruppo ha diffuso uno studio230 sulle questioni legate alla legge applicabile, alla giurisdizione

e al riconoscimento di atti emessi all’estero, ma ha constatato che la complessità delle problematiche connesse alla maternità surrogata e le diversità di approccio nella regolamentazione da parte degli Stati richiedono un ulteriore approfondimento e una prosecuzione dei lavori. Nel rapporto sono analizzate le regole di diritto internazionale privato operanti nei diversi ordinamenti (anche se in molti Paesi mancano norme ad hoc) con particolare riguardo all’operatività del limite dell’ordine pubblico, che determina incertezze sullo status legale dei bambini e fa sorgere rischi di sfruttamento delle donne. L’approccio, come risulta anche dall’analisi della giurisprudenza di diversi Stati e da alcune novità legislative, è molto variabile, con inevitabili conseguenti incertezze sul riconoscimento dei certificati di nascita e sullo status dei

229 Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014 e sulla

politica dell'Unione europea in materia (2015/2229(INI)) in http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubref=-//ep//text+report+a8-2015- 0344+0+doc+xml+v0//it

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minori e dei genitori231; il gruppo di esperti ha riconosciuto che l’assenza di uniformità di leggi o di approcci rispetto alla surrogacy può comportare difficoltà nella trasmissione e nel riconoscimento degli

status, incidendo negativamente sulle posizioni dei minori e sulle loro

famiglie. Inoltre, “the Group was of the view that work should continue

and at this stage consideration of the feasibility should focus primarily on recognition” ed infatti, nel report del febbraio 2017, si nota che è su

questo punto che il Gruppo concentra l’attenzione.

Nel marzo 2018, il Consiglio ha convenuto che il gruppo di esperti dovrebbe tenere altre due riunioni. La quarta riunione dovrebbe concentrarsi sulle norme del diritto internazionale privato generale sulla parentela legale, vale a dire, a) approfondire la discussione in merito alle norme di legge applicabili uniformi per la genitorialità, b) analizzare ulteriormente la possibilità di riconoscere o accettare documenti pubblici stranieri che registrano una parentela legale, c) perfezionamento delle possibili disposizioni sul riconoscimento delle decisioni giudiziarie straniere.

La quinta riunione dovrebbe incentrarsi specificamente sugli

international surrogacy arrangements (ISA) e considerare sia la

fattibilità dell'applicazione delle norme di diritto internazionale privato generale sulla parentela legale (che saranno discusse nella quarta riunione) sia l'eventuale necessità di norme aggiuntive e di salvaguardie per i casi di ISA232.

Come detto dalla Conferenza dell’Aja, i tempi ancora non sono maturi per l’approvazione di uno strumento internazionale relativo alla maternità surrogata, e questo significa che probabilmente continuerà ad essere fondamentale il ruolo dei giudici. Inevitabilmente, dunque, si

231 Maternità surrogata al centro dei lavori della Conferenza dell’Aja, 4 marzo 2016

in http://www.marinacastellaneta.it/blog/maternita-surrogata-al-centro-dei-lavori- della-conferenza-dellaja.html

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continuerà a rendere pronunce giurisprudenziali contrastanti tra loro, incapaci, soprattutto nei sistemi di civil law, di creare orientamenti univoci.

8.2. La giurisprudenza: verso una affermazione di diritti

transnazionali

Le fonti esterne influenzano il modo di essere dell’ordinamento interno e, in particolare, è il sistema di diritto internazionale privato che cerca di svolgere una funzione protettiva dei diritti umani; così facendo, le fonti esterne innestano processi di ravvicinamento dei valori di riferimento e, conseguentemente, anche la circolazione internazionale di modelli familiari che si affiancano a quelli tradizionali.

A fronte di processi evolutivi di nuovi valori e diritti “sovranazionali” che tendono a interferire con principi etici interni, si riscontrano timori di contaminazione dell’ordinamento nazionale ed esautoramento dei poteri delle autorità statali, come ad esempio riguardo alla questione che interessò lo Stato spagnolo nella sentenza della Audiencia provincial de

Valencia n. 949/201, sul controllo che un'autorità nazionale poteva

esercitare su un documento straniero che certificasse un fatto che risultava lecito nel Paese di destinazione e vietato nel Paese d'origine: secondo i giudici, l’ordine di trascrizione, attenendo unicamente alla tenuta dei Registri di Stato Civile, non avrebbe precluso ogni ulteriore azione volta ad accertare lo status dei minori, che resta attività di competenza dell’autorità giudiziaria statale, unica capace di pronunciarsi in via definitiva al riguardo.

E’ opportuna una riflessione anche su un altro aspetto: la surrogazione, come visto, assume una dimensione internazionale e sorgono questioni di conflitti tra ordinamenti nei rispettivi valori di riferimento. In particolare, là dove gli interessati costituiscano un valido rapporto di

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filiazione all’estero, hanno trovato difficoltà alla richiesta, in un momento successivo rispetto alla costituzione, del riconoscimento nello Stato di cittadinanza o in quello in cui risiedono abitualmente. Si noti che, dal punto di vista dell’ordinamento statale, non si tratta di verificare se sussistano i presupposti per accertare e costituire direttamente nello Stato un rapporto di filiazione che trae origine da maternità surrogata, perché l’esito sarebbe ovviamente negativo in Italia e nei Paesi che vietano in assoluto tale tipologia di maternità. A prescindere dalle implicazioni penali, si potrebbe affermare, in casi del genere, che la normativa interna sia da concepirsi quale disciplina di applicazione necessaria ed esclusiva, suscettibile di impedire a priori il rinvio a leggi straniere, neanche prendendo in considerazione lo status filiationis costituito all’estero.

In realtà, come la prassi evidenzia, si pone piuttosto il problema di valutare se sia possibile riconoscere, nel foro, il rapporto di filiazione validamente costituito in uno Stato terzo e, se del caso, procedere alla trascrizione dell’atto di nascita nei pubblici registri di stato civile. Alle corti nazionali sono state sottoposte poi questioni “nuove” recentemente, attinenti all’emersione di diritti nuovi. Una delle più interessanti riguarda la tutela di diritti che le donne committenti richiedono ai giudici, pretendendo di essere equiparate alle gestanti, sebbene non abbiano dovuto portare a termine una gravidanza. I casi sono ad esempio quello di una donna spagnola che nel 2012 aveva presentato un reclamo scritto, datato 21 dicembre 2011, per veder riconosciuto il diritto ad ottenere il congedo di maternità e il diritto a ricevere un sussidio economico e quello di una donna committente indiana che nel 2015 richiese la concessione di congedo di maternità al suo datore di lavoro dopo essere diventata madre attraverso la maternità surrogata. Da questi casi emerge un segno del tentativo di “normalizzazione” del fenomeno, equiparandolo alla maternità tradizionale, ma gli Stati non sono ancora pronti perché nelle fonti di

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diritto interno è assente qualsiasi riferimento e nei casi in cui venga riconosciuta tutela, è solo frutto di una interpretazione delle fonti internazionali da parte dei giudici.

8.3. La redazione e trascrizione degli atti di nascita

In relazione al riconoscimento della parentela legale stabilita all'estero indicata all’interno degli atti di nascita, gli Stati operano una netta distinzione a seconda che si tratti di un rapporto riconosciuto in un documento pubblico straniero (ad es. certificato di nascita, un riconoscimento volontario) o di una decisione giudiziaria straniera. Il significato di "riconoscimento" può variare: in alcuni casi, il certificato di nascita può essere fatto valere solo come prova delle constatazioni di fatto dell'autorità estera, mentre in altri casi ci può essere pieno riconoscimento del rapporto giuridico.

Riguardo ai documenti, la disciplina è eterogenea: in qualche Stato, un certificato di nascita straniero (o il rapporto giuridico ivi registrato) può essere riconosciuto automaticamente, mentre in altri, solo se determinate condizioni siano soddisfatte, ad esempio previste nel diritto internazionale privato; in alcuni Stati, un certificato di nascita straniero può essere riconosciuto (a volte con l'operazione indicata dalla legge) solo se è valido secondo la legge applicabile nello Stato. In molti altri Stati, soprattutto in quelli che vietano la maternità surrogata, la legge è applicata de novo per determinare la parentela senza considerare il certificato di nascita straniero (anche se il contenuto del certificato di nascita può essere invocato come prova dei fatti ivi registrati). In relazione alle decisioni giudiziarie straniere, tuttavia, c'è molta più omogeneità negli approcci di riconoscimento negli Stati.

Gli Stati conservano un potere di regolazione sul piano interno (in virtù della dottrina del margine di apprezzamento) e possono vietare (anche

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penalmente) la maternità surrogata; al contempo, non sono però in grado di opporsi al riconoscimento di status acquisiti all’estero a favore di stranieri o di propri cittadini, quando tale esito comporti violazioni dei diritti del minore. L’avvenuta nascita (e dunque l’esistenza) del minore si configura come fatto giuridicamente rilevante che impone l’adozione di un’ottica protettiva prioritaria indirizzata al soggetto più debole. Sarebbe difficile immaginare, ad esempio, che una filiazione riconosciuta in Francia potesse essere priva di effetti giuridici in altri Stati membri dell’Unione ove il nucleo familiare si trasferisse fruendo delle regole sulla libertà di circolazione delle persone.

Rimane fondamentale il dato biologico per il riconoscimento del rapporto di filiazione come nel caso sia di Mennesson che di Labassée, dove la relazione genetica tra i bambini e uno dei genitori era apparentemente il punto centrale per le due decisioni della CEDU. Come effettivamente la successiva sentenza della Grande Camera di

Paradiso e Campanelli v. Italia dimostra, là dove manca il legame

genetico, la Corte è più lenta a trovare una violazione dell'articolo 8 CEDU. Il tema della veridicità dello status filiationis viene richiamato anche dalla sentenza della Corte costituzionale italiana del dicembre 2017, anche se qui si è ritenuto che si dovesse bilanciare il favor minoris con il favor veritatis233.

233 Nella sentenza n. 272 del 18 dicembre 2017 Corte afferma: “Non si può

contrapporre al favor veritatis il favor minoris, dal momento che la falsità del riconoscimento lede il diritto del minore alla propria identità. Non ignora questa Corte che il perseguimento della verità del rapporto di filiazione può costituire causa di grave pregiudizio per il minore, che può essere costretto, talvolta anche dopo molti anni, ad un repentino allontanamento dall'ambiente familiare nel quale è stato inserito, eventualmente anche con frode. Tale effetto tuttavia non deriva dalla pretesa incostituzionalità della norma censurata, la quale, si è detto, intende tutelare il diritto alla verità del rapporto di filiazione, ma è per lo più connessa ai tempi di durata delle varie fasi e dei gradi del giudizio di impugnazione, durante i quali si possono consolidare legami affettivi, difficilmente rimovibili. A tali situazioni ben può porsi rimedio con il ricorso ad altri strumenti, tipici di tutela del minore, quali l’adozione in casi particolari, di cui all’art. 44 lettera c) della legge n. 184 del 1983, molto spesso applicati dai Tribunali per i minorenni. In tal modo si rispetta l’esigenza di verità del

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La stessa Corte costituzionale ha sottolineato l’immanenza dell’interesse del minore nell’ambito delle azioni volte ad una eventuale rimozione del suo status filiationis, non negando affatto la possibilità di valutare l’interesse: è stato riconosciuto infatti che la verità biologica della procreazione costituisce una componente essenziale dell’identità personale del minore, la quale concorre, insieme con altre componenti, a definirne il contenuto. Pertanto, nell’auspicare una tendenziale corrispondenza tra certezza formale e verità naturale, si è riconosciuto che anche l’accertamento della verità biologica fa parte della complessiva valutazione rimessa al giudice, alla stregua di tutti gli altri elementi che, insieme ad esso, concorrono a definire la complessiva identità del minore e, fra questi, anche quello, potenzialmente confliggente, alla conservazione dello status già acquisito; afferma la suprema Corte che vi sono casi nei quali la valutazione comparativa tra gli interessi è fatta direttamente dalla legge, come accade con il divieto di disconoscimento a seguito di fecondazione eterologa mentre in altri il legislatore impone, all’opposto, l’imprescindibile presa d’atto della verità biologica.

8.4. Il best interest of the child come paramount

consideration

Dall’analisi del best interest of child nei singoli Paesi, emerge come negli ordinamenti di common law la questione della custody e della tutela e definizione dello status giuridico del minore nato da surrogazione è valutata in modo indipendente dal profilo sia della validità dell’accordo di maternità surrogata, sia dell’attribuzione della genitorialità (paternità e maternità); ogni decisione al riguardo si basa infatti sul principio del best interest of the child. Si pensi alla soluzione

rapporto di filiazione, riconosciuta dal nostro ordinamento, e nel contempo si tutelano i legami affettivi instaurati dal minore, che potrebbe restare nella famiglia nella quale si è formata e si è sviluppata la sua personalità, acquisendo lo stato di figlio adottivo”.

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dell’ordinamento inglese, la decisione resa nel celebre caso inglese Baby

Cotton, e sicuramente a quella della Supreme Court of New Jersey nel

caso Baby M del 1988 dove si affermò che la questione riguardante la custodia della bambina si doveva risolvere cercando il miglior interesse della stessa, dovendo tener conto delle profonde relazioni, anche se non biologiche, che si stabiliscono tra madre e figlio per questo, si ritenne opportuno che la bambina dovesse continuare a vivere con coloro con i quali era stata fin dai primi giorni di vita, cioè i genitori committenti. Invece, negli ordinamenti di civil law, va osservato che non c’è la medesima unanimità e continuità nella ricerca del best interest of the

child; alcuni fra detti ordinamenti, non riuscendo sempre a porre quale