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Il caso svedese: l’impatto delle fusioni sulla crescita della popolazione

Nel documento Le fusioni tra Comuni (pagine 109-114)

IN SVEZIA, FINLANDIA, ISRAELE, GERMANIA 3.1 Breve introduzione al capitolo

3.2 Il caso svedese: l’impatto delle fusioni sulla crescita della popolazione

Quindi lo scopo di questi casi studio sarà quello di verificare, anche attraverso l’applicazione di alcuni modelli, se la realizzazione dei progetti di fusione ha permesso di conseguire gli obiettivi di efficacia ed efficienza.

3.2 Il caso svedese: l’impatto delle fusioni sulla crescita della

popolazione

Lo studio del caso della Svezia si riconduce al lavoro realizzato da Hanes e Wikström (2010, pp. 57-70) ed è collegato a un altro studio realizzato dagli stessi autori

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nel 200864 in cui hanno analizzato la riforma delle fusioni municipali realizzata nel 1952 a opera del governo svedese, osservandone gli effetti in tema di crescita delle entrate e di popolazione nel periodo dal 1953 al 1959. Questo più recente studio mira a comprendere gli effetti conseguiti dalle fusioni realizzate nel periodo dal 1953 al 1959 sulla crescita locale su un campione di dati di 1.005 municipalità, per vedere se sono più efficienti le fusioni a carattere volontario rispetto a quelle obbligatorie.

Una domanda che ci si pone è perché la riforma dei confini locali con le fusioni dovrebbe creare maggior efficienza e realizzare una crescita locale, la risposta ricade nell’ipotesi che servizi pubblici migliori svolgono una funzione attrattiva per risiedere in una certa zona comportando perciò un aumento della popolazione e di conseguenza un aumento delle entrate locali, quindi attraverso le fusioni ci si augura che si possano realizzare economie di scala ed internalizzare le esternalità inter-giurisdizionali, rendendo efficiente il settore pubblico locale nella fornitura dei servizi pubblici e innescando così un circolo virtuoso.

Bisogna osservare che la riforma del 1952 in Svezia è stata compiuta grazie alla crescita del settore pubblico verificatasi in seguito alla decentralizzazione fiscale e si presentava con dei caratteri fortemente obbligatori perché la presenza di un importante numero di piccoli Comuni veniva considerato non più sostenibile, si arrivò, di conseguenza, all’opposizione da parte di alcuni Comuni agli obblighi introdotti, rilevando che nel 66% dei nuovi Comuni nati tra il 1953 e il 1959 si realizzarono fusioni di tipo obbligatorio perché almeno un componente aveva dimostrato la sua contrarietà al progetto di fusione. Tuttavia essendo questa riforma imposta dallo Stato le resistenze locali erano già state preventivate, di conseguenza il carattere obbligatorio proveniente dall’alto e la mancanza di poter esercitare il diritto di veto con la sola possibilità di esprimere un commento sulla decisione di fusione, hanno permesso di superare questo l’ostacolo colpendo la maggioranza dei governi locali.

Lo scopo del governo, concretizzato nella riforma, era quello di realizzare delle fusioni tra i piccoli Comuni per migliorare la loro amministrazione, la fornitura dei servizi pubblici attraverso il raggiungimento delle economie di scala e realizzare un aumento della popolazione. Su quest’ultimo aspetto gli autori nel 2008 hanno

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riscontrato che le fusioni hanno avuto un impatto positivo contrastando il declino demografico delle piccole municipalità e generando un aumento di popolazione, i risultati della riforma hanno dimostrato che da 2.498 municipalità originarie si arrivò attraverso le fusioni a contarne 1.037, poco più della metà.

Ora, per capire se in tema di efficienza sono migliori le fusioni obbligatorie o volontarie si è partiti costruendo un modello e stimando due diverse equazioni che indicano rispettivamente la crescita delle entrate (y) e della popolazione (n). Si sono stimate due equazioni distinte perché uno degli scopi è quello di mettere in relazione la riforma delle fusioni con i movimenti della popolazione:

y=f(Y, N, z, a) n=g(Y, N, z, a)

Le componenti di tali equazioni rappresentano:

Y, il livello iniziale di entrata;

N, il livello iniziale di popolazione;

z, comprende le caratteristiche che vanno a influire sui tassi di crescita come le spese pro-capite pubbliche locali, le sovvenzioni statali pro-capite, una parte della popolazione con età compresa tra 0-15 anni, un’altra con oltre 65 anni di età, una parte di popolazione impiegata nel settore agricolo, un’altra parte impiegata nell’industria, una parte di popolazione impiegata con età tra 16-65 anni, e una parte degli impiegati con lavoro fuori Comune e infine variabili simile per le città, i sobborghi e le contee;

a, indica un vettore di due variabili descrittive dei Comuni che sono stati integrati tramite fusione che indicano rispettivamente se la municipalità è nuova o meno e se si è formata su base volontaria o no, il fatto che sia nata in forma volontaria indica che nessun Comune partecipante ha opposto resistenza alla fusione promossa dal governo nazionale, quindi il fatto che la fusione si sia compiuta con l’opposizione di anche una sola municipalità qualifica la fusione come obbligatoria e come già accennato tra le fusioni realizzate attraverso la riforma del 1952 nel 66% dei casi almeno un Comune ha opposto resistenza.

Tra i fattori che hanno influito positivamente nelle fusioni si sono individuati: la cooperazione tra enti locali posta in essere precedentemente come una sorta di prova di

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convivenza in vista di una possibile integrazione futura, le localizzazioni geografiche e la distanza tra i Comuni, fattori storici e culturali, la topografia dei territori.

Mentre i fattori che hanno generato la grande opposizione delle municipalità, per ipotesi degli autori, possono essere dovuti al motivo che il governo nazionale possa aver trascurato degli aspetti ritenuti importanti dai governi locali generando un clima di conflittualità, oppure che abbia ritenuto irrilevanti certe loro esigenze, queste due casistiche sono segni utili per esprimere che anche a livello di governo locale vi è una eterogeneità di preferenze, da notare che anche gli stessi fattori culturali e geografici, l’orientamento politico e la composizione del parlamento locale o il numero di Comuni nel nuovo insieme possono rappresentare altri elementi di contrasto dei governi alla fusione.

L’analisi degli autori è partita individuando due gruppi di confronto di cui il primo comprende tutti i Comuni aventi le stesse caratteristiche prima della riforma e il secondo con tutti i Comuni che post la riforma avevano le stesse caratteristiche. Poi si è focalizzata l’attenzione per lo sviluppo dell’analisi empirica sul primo gruppo, e al suo interno si è provveduto a suddividere le municipalità in sotto-gruppi, detti anche campioni, in base all’entità media della popolazione riferita all’anno 1951, si è perciò individuato il primo campione con tutti quei Comuni con popolazione media inferiore ai 2.000 abitanti escludendone le nuove municipalità formate aventi più di 2000 abitanti per restringere il campione, il secondo campione riguarda i Comuni con popolazione tra 2.000 e 3.500 abitanti anche in questo caso, dato che si vogliono osservare le fusioni che coinvolgono i Comuni di queste dimensioni, si è ristretto il campione escludendo le nuove municipalità nate con popolazione inferiore a 2.000 abitanti, infine si è individuato un terzo campione residuale comprendente i Comuni con entità della popolazione media tra 3501 e 7000 ma poche fusioni in questo campione sono state obbligatorie, quindi si è deciso di focalizzare l’analisi sono sui primi due campioni escludendo il terzo.

Alla luce di queste classificazioni si sono raccolti dati per 1.005 Comuni, tra il 1953 e il 1959, su un totale di 1.037 e in aggiunta anche dati per 2.498 Comuni nel 1951, successivamente le stime si sono sintetizzate con i dati della seguente tabella 3.1:

113 Tabella 3.1: Risultati delle stime OLS per sottogruppi con le variabili dipendenti rappresentate da i) crescita media del reddito, ii) crescita della popolazione con i

valori di t tra parentesi

Fonte: Amalgamation impacts on local growth: are voluntary municipal amalgamations more efficient than compulsory amalgamations?, a cura di Hanes Niklas e Wikström Magnus, 2010, tabella 1, p. 64

Come si può notare il risultato più importante riguarda l’effetto delle fusioni tra Comuni sulla crescita della popolazione, non tanto sulla crescita delle entrate dato che secondo gli autori sembra che le fusioni vi influiscano poco alla luce anche del fatto che non hanno riscontrato nessun effetto rilevante.

Per osservare i dati riscontrati sulla crescita della popolazione con la riforma del 1952 si nota che l’effetto più importante riguarda le piccole municipalità e l’impatto positivo che queste hanno, il motivo può ricadere nel fatto che attraverso la fusione dei piccoli Comuni si ha avuto modo di contrastarne lo spopolamento. Tuttavia gli autori nel loro studio del 2008 avevano notato che in alcuni casi particolari, come per esempio un’isola o aree popolate in modo sparso, le loro caratteristiche erano tali da non permettere la loro fusione con altre aree e inoltre il loro confronto con le municipalità fuse, questo si ha avuto modo di osservarlo specialmente per i Comuni inferiori a 2.000 abitanti. Quindi per confermare che l’effetto positivo sulla crescita della popolazione era

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dovuto proprio al fatto che si era realizzata una fusione, gli autori hanno provveduto a escludere dal campione i Comuni costituenti isole o aree con popolazione sparsa e si è confermato che il risultato positivo permaneva.

In più emerge che l’effetto sulla popolazione è maggiore con le fusioni realizzate su base volontaria rispetto a quelle obbligatorie, infatti la crescita della popolazione è di circa un terzo maggiore, probabilmente questo risultato serve per ribadire l’importanza dell’ascolto della volontà locale quando si prendono decisioni di riforma locale.

Per concludere, questo studio ha evidenziato che le fusioni volontarie possono essere considerate più efficienti di quelle obbligatorie alla luce degli effetti sulla crescita della popolazione, segno questo, di come sia importante considerare le preferenze e l’affinità naturale delle diverse realtà locali, infatti negli anni successivi alla riforma del 1952 molte fusioni realizzate, probabilmente quelle su base obbligatoria, si sono sciolte, a causa di alcuni disaccordi nati già all’inizio e poi sfociati nel corso della breve vita della fusione.

3.3 Gli effetti sulle spese pubbliche delle fusioni tra Comuni in

Nel documento Le fusioni tra Comuni (pagine 109-114)