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Rilevamento degli effetti finanziari e amministrativi con fusioni obbligatorie

Nel documento Le fusioni tra Comuni (pagine 152-158)

NUOVI PROGETTI IN ITALIA 4.1 Panoramica generale nella nostra Penisola

4.2.2 Rilevamento degli effetti finanziari e amministrativi con fusioni obbligatorie

Un altro studio è quello realizzato da Rizzi e Zanette (2014, pp.1-25 ) in cui gli autori hanno elaborato un modello per poter valutare ex-ante un progetto di fusione obbligatoria tra Comuni fornendo indicazioni sugli effetti amministrativi e finanziari conseguenti. A differenza di Iommi, che sempre facendo una valutazione ex-ante ha dimostrato che ci possono essere dei risparmi sui costi di funzionamento assumendo solo come fattore la dimensione della popolazione, questo modello vuole rappresentare una sorta di guida per i decisori politici considerando un numero maggiori di variabili nella formulazione delle funzioni di spesa.

La maggioranza degli studi condotti anche all’estero, di cui alcuni esempi sono quelli riportati nel capitolo 3, si sono concentrati nell’esaminare gli effetti delle fusioni già realizzate, dimostrandosi però poco utili per i decisori politici dato che non forniscono soluzioni univoche visti i diversi contesti e tecniche impiegate. In più ogni programma di fusione può essere diverso dagli altri per vari motivi, oltre al fatto che influisce su tutto la natura volontaria od obbligatoria del fenomeno. Ecco quindi la necessità di rispondere con un modello di analisi ex-ante.

Di conseguenza gli autori Rizzi e Zanette hanno elaborato i principi di base su cui si fonda il modello, che sono:

 Una matrice che rappresenti le relazioni spaziali tra i Comuni indicando se questi sono adiacenti o meno;

 Una seconda matrice che rappresenti le caratteristiche socio-economiche di ciascun Comune;

 Una funzione che rappresenti il comportamento delle spese comunali, calcolando la spesa pro-capite attesa di ciascun Comune;

 I criteri di fusione utilizzati dai politici, ossia gli elementi utilizzati per individuare la miglior fusione e contemporaneamente i Comuni da coinvolgere per ottimizzare il risultato;

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 Il metodo per calcolare ex-ante il risultato in termini di riduzione delle spese con la fusione, che è dato sulla base delle spese pro-capite attese, indicate con Ê, dei vari Comuni coinvolti i e j in questo caso, tenendo conto anche dell’ammontare della popolazione, indicata con POP, procedendo poi calcolandovi la differenza con le spese pro-capite attese del nuovo Comune ij risultante:

Sij=ÊiPOPi+ÊjPOPj-ÊijPOPij

Con questi principi di base per calcolare l’impatto finanziario della fusione si è seguita una procedura composta di 5 step che comprendono dapprima l’identificazione, sulla base delle due matrici considerate, di tutte le possibili fusioni; segue che se sono possibili più fusioni si individua quella migliore nel terzo passo, altrimenti la procedura si conclude; nel quarto passo si aggiornano le rispettive matrici considerando il nuovo Comune nato; infine si provvede a calcolare la spesa pro-capite attesa e la riduzione delle spese con il nuovo Comune, per poi sommare alla fine dell’intera procedura tutte le riduzioni di spesa usando il temine ST.

Questo metodo è stato applicato dal punto di vista pratico nella Regione Veneto, su 581 Comuni con caratteristiche datate 2010, in genere, la popolazione media rilevata è di circa 8.500 abitanti, più nel dettaglio il 6,9% ha meno di 1.000 abitanti, il 53,9% meno di 5.000 e il 97% meno di 30.000, segno che conferma un po’ la realtà nazionale indicando la prevalenza di Comuni di piccole dimensioni con elevata frammentazione.

Nel calcolare la funzione di spesa per i Comuni del Veneto si sono prese a riferimento tutta una sere di variabili che vi incidono e che le rendono delle funzioni di spesa specifiche. In primis su tutte la densità della popolazione che dai test ha evidenziato come il comportamento delle spese comunali varia proprio a seconda del numero di abitanti con una riduzione della spesa al suo aumento, altri fattori sono stati i contributi pro-capite, che hanno messo in luce un’elasticità della spesa pari a 0,46, significando che a un aumento dell’1% la spesa aumenta di 1,27€, il reddito pro-capite imponibile con un’elasticità di 0,38 o 0,195 per i Comuni con più e meno di 1.000 abitanti. Altre variabili sono state il numero degli stranieri presenti, la capacità turistica, la dimensione delle famiglie, la zona altimetrica ossia se si tratta di zone montuose o di

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pianura, il tasso di migrazione e di nascite che rispettivamente determinano una diminuzione e un aumento della spesa. Queste sono tutte variabili generali che però sono influenti sulle capacità di spesa dei Comuni perché sono legate prevalentemente alla fornitura dei loro servizi.

Un altro elemento da considerare è la presenza, con la fusione, delle economie di scala connesse all’adeguatezza delle regole fiscali e amministrative. Gli autori hanno infatti dimostrato che spesso l’aumento della popolazione porta a beneficiare di economie di scala, ossia di una riduzione delle spese pro-capite, ma se vi sono norme fiscali e amministrative adeguate alla nuova struttura che però non danno molta flessibilità, si potrebbe generare un effetto compensativo che porta a diseconomie istituzionali che generano un aumento delle spese pro-capite. In più la fusione tra due Comuni come semplice media tra i partecipanti indica che la fusione volontaria, a volte, può non portare tutti i Comuni a beneficiare delle economie di scala se le loro spese pro- capite ex-post sono superiori, in tal caso un Comune rifiuterebbe la partecipazione al progetto non rendendo possibile il concludersi della fusione, la cosa invece sarebbe evitata con la fusione di tipo obbligatoria che gli autori hanno deciso di considerare proprio per evitare tale problematica, tuttavia non si esclude che tale modello possa essere applicato anche per valutare gli effetti di un progetto di fusione volontaria, ma per semplicità di analisi si è deciso di svilupparlo partendo da 4 possibili criteri obbligatori di fusione.

Tra i principi di base del modello si sono menzionati i criteri da seguire nel realizzare le fusioni, qui se ne sono considerati 4 di cui i primi 2 guardano le caratteristiche dei Comuni, quali la popolazione che deve essere inferiore a 5.000 abitanti affinché vi sia l’obbligo, in più la politica A1 indica che i Comuni sono costretti a fondersi con il proprio vicino più piccolo; nella A2 l’obbligo vige per quelli che con il proprio vicino hanno le stesse o simili caratteristiche socio-economiche; nella politica di tipo B1 invece si guarda a realizzare fusioni che massimizzino la riduzione delle spese, ST, senza guardare le dimensioni dei Comuni purché questi siano vicini; nella B2 si

predilige che con la fusione tutti i Comuni, tra loro limitrofi, abbiano ex-post una minor spesa pro-capite. In quest’ultimo caso questo potrebbe rendere la fusione meglio accettata dai Comuni, anche se, affinché questo si possa realizzare volontariamente bisogna valorizzare, tra le altre cose, anche gli aspetti culturali e le preferenze.

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Dati tutti questi presupposti, i risultati riscontrati a riguardo degli effetti finanziari e amministrativi simulati sono riportati nelle tabelle 4.4 e 4.5 sottostanti.

Partendo dagli effetti finanziari, rappresentati nella tabella 4.4, il risparmio totale della spesa, ST, con le 4 politiche va da un minimo di 24.377.000 milioni di euro con la

politica A2 a un massimo di 48.489.000 milioni con la B1, che rispetto alla situazione presente nel 2010 rappresentano rispettivamente una diminuzione di 0,67% e 1,33% delle spese. Le politiche A2 e B2 sono quelle che portano la minor riduzione della spesa complessiva con lo 0,67% e 0,85%, perché danno importanza agli interessi locali, riferendosi alla scelta dei membri che presentano le caratteristiche più simili e a prediligere le fusioni che ad entrambi garantiscano le minori spese pro-capite, mentre la politica B1 non guarda tutto ciò e di conseguenza ottiene il risparmio maggiore con 1,33% corrispondente a 48.489.000 milioni di euro. Inoltre con la politica A1 che si basa semplicemente sulla regola che devono fondersi i Comuni più piccoli con altri Comuni vicini, si ottiene una riduzione di 1,12% delle spese totali, corrispondente a 40.687 milioni di euro che è il secondo importo in ordine di grandezza. Questo porta a pensare che il fatto di non privilegiare aspetti quali gli interessi locali porta ad avere i risultati maggiori, infatti anche osservando il valore attuale della riduzione totale della spesa annua su un periodo di 20 anni, a un tasso di attualizzazione del 3%, si ha il valore maggiore con la politica B1 con 721.389 milioni di euro, segno che i progetti di fusione secondo questa politica sono adeguati perché permettono di coprire anche i costi di transizione legati al passaggio da Comune singolo a Comune fuso.

Per quanto riguarda gli effetti amministrativi, questi sono riprodotti nella tabella 4.5 e si riferiscono all’impatto della fusione con le 4 politiche dal punto di vista della conduzione amministrativa con il nuovo Comune, per osservare tali risultati si guardano principalmente gli aspetti relativi:

 il numero totale dei Comuni che, rispetto a quanto rilevato nel 2010 corrispondente a 581 Comuni, diminuisce in tutti i 4 casi, ma più precisamente si raggiunge una riduzione massima del 43,9% con 255 Comuni con la politica A2, a un minimo di 19,3% con la politica B2 che corrisponde a una riduzione di 112 Comuni, seguito poi dal secondo valore più basso di B1 con 204 Comuni in meno;

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 il numero di persone coinvolte nelle fusioni collegato alla riduzione del numero di Comuni, si può osservare che le persone coinvolte rispetto alla popolazione totale all’anno 2010 che ammonta a 4.937.854, sono massimo 1.618.067 con la A2, che sarebbe circa il 32% e minimo di 617.655 con la B2 ovvero il 12,5%;

 la dimensione media della popolazione dei Comuni in tutti i casi questa aumenta rispetto a quella presente nel 2010 di 8.498,9, ma soprattutto con la politica A2 raggiunge un massimo di +78,2% con 15.146,8 abitanti, mentre la politica B2 aumenta in misura inferiore a tutti i casi raggiungendo un +23,9% corrispondente a 10.528,5 abitanti, seguito dal 54,1% di B1 che è 13.097,8 abitanti;

 il numero dei nuovi Comuni nati va da massimo 130 con l’A2, a minimo 76 con la B2, seguito da 108 di B1.

I dati riscontrati da B1 e B2 in tutte le voci degli effetti amministrativi sono più inferiori delle altre, probabilmente perché si tratta di progetti che per gli obiettivi che si prefiggono basati sulla riduzione delle spese, sono più articolati e di conseguenza più difficili da progettare e realizzare riportandone così risultati meno notevoli. Invece la politica A2 ha dato risultati maggiori delle altre sugli effetti amministrativi perché per principio si basa sul semplice accorpamento di Comuni piccoli e molto simili tra loro, questo ha portato a maggiori fusioni, giustificando la maggior riduzione del numero di Comuni, il coinvolgimento del maggior numero di persone, generando anche nuovi Comuni dalla popolazione media più grande rispetto a quelli presenti in gran parte del Veneto. Per contro però, questi dati non sono sinonimo che questo tipo di fusione sia più conveniente delle altre, basti pensare a cosa potrebbe accadere nell’amministrare tanti piccoli Comuni fusi in uno unico, con una popolazione formata da tante persone.

Mettendo insieme i risultati ottenuti su entrambi i fronti da tutte le 4 politiche, si nota che il criterio che vince su tutti gli altri è quello che guarda alla massimizzazione della riduzione delle spese senza considerare le dimensioni dei Comuni, quindi si tratta della politica B1. Quindi, la regola su cui una probabile legge di riforma statale sulle fusioni obbligatorie potrebbe basarsi dicendo che tutti i piccoli Comuni al di sotto dei 5.000 abitanti dovrebbero fondersi, presenta degli elementi di incertezza a riguardo della convenienza della loro realizzazione, invece i progetti che non danno priorità alla

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dimensione ma alla riduzione massima delle spese, valutandone la reale possibilità, sarebbero migliori, escludendo così alcuni progetti di fusione che coinvolgono Comuni con meno di 5.000 abitanti semplicemente perché per loro non è conveniente.

Tabella 4.4: Effetti finanziari riscontrati in quattro politiche di fusione

Fonte: The Effects of a Compulsory Municipalities’ Amalgamation Policy: an Ex-Ante Approach Applied to the Veneto Region, a cura di Rizzi e Zanette, 2014, tabella 3, p. 19

158 Tabella 4.5: Effetti amministrativi riscontrati in quattro politiche di fusione

Fonte: The Effects of a Compulsory Municipalities’ Amalgamation Policy: an Ex-Ante Approach Applied to the Veneto Region, a cura di Rizzi e Zanette, 2014, tabella 4, p. 20

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