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Osservazioni conclusive

Nel documento Le fusioni tra Comuni (pagine 134-139)

IN SVEZIA, FINLANDIA, ISRAELE, GERMANIA 3.1 Breve introduzione al capitolo

3.6 Osservazioni conclusive

L’osservazione dei casi esteri riportati, porta inevitabilmente a fare delle considerazioni per capire se i percorsi di fusione implementati possono considerarsi positivi o meno, anche alla luce degli obiettivi inizialmente posti dai governi nazionali che hanno portato poi a realizzarli.

Dei 4 casi esteri trattati ognuno mira a individuare aspetti particolari generati dalle fusioni, ma tutti poi cercano di arrivare alla conclusione se le fusioni realizzate possono essere considerate come un percorso utile per raggiungere l’efficacia e l’efficienza.

Riprendendo cosa si vuole intendere con questi termini si può dire che l’efficacia è la capacità di perseguire gli obiettivi, quindi nel caso delle fusioni gli obiettivi saranno quelli di una migliore offerta nella fornitura dei servizi pubblici rendendoli adeguati alle esigenze dei singoli, una semplificazione nel funzionamento dell’amministrazione locale, raggiungere una crescita della popolazione per contrastare il fenomeno dello

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spopolamento e più in generale una migliore soddisfazione collettiva. L’efficienza è un concetto collegato al primo e consiste nella capacità di perseguire tutti gli obiettivi prefissati attraverso il minimo impiego di risorse anche finanziarie, e un conseguente risparmio sulle spese, quindi cercando di raggiungere anche le economie di scala.

Più dettagliatamente si è visto che la Svezia ha implementato una riforma di fusioni tra Comuni nel 1952 che si presentava con dei caratteri obbligatori, generando così la nascita di nuovi Comuni a seguito di procedure di fusione o per via obbligatoria, o in alcuni casi per via volontaria. Dallo studio realizzato dagli autori Hanes e Wikström, che mirava a capire se sono migliori quelle obbligatorie o volontarie, si è concluso osservando che in generale le fusioni svedesi hanno permesso di contrastare il fenomeno dello spopolamento delle aree con meno abitanti, specialmente dei Comuni più piccoli, perché hanno comportato una crescita della popolazione, ma che un effetto migliore è stato dato da quelle create su base volontaria, cioè da quelle che non hanno avuto l’opposizione al progetto da parte di nessun membro partecipante. In sintesi quindi le fusioni di carattere volontario si sono valutate più efficienti di quelle obbligatorie, perché la loro nascita spontanea dalla volontà popolare ha valorizzato meglio le preferenze e l’affinità naturale delle realtà locali, infatti basta semplicemente osservare che con i processi volontari c’è più motivazione e stimolo nel svilupparli rispetto invece a quelli obbligatori, che vengono più comunemente visti come qualcosa da fare perché imposto.

In Finlandia, invece, si è voluto analizzare se attraverso le fusioni vi sono state delle riduzioni delle spese e quali sono stati gli elementi che hanno aumentato la probabilità di fusione. Si è visto che al di là delle variabili economiche che hanno inciso poco, l’influenza maggiore è derivata dalla dimensione dei membri partecipanti e dalla distanza tra questi. Inoltre la maggior parte delle fusioni realizzate sono state di natura volontaria, perché così i Comuni hanno avuto modo di valutare dal punto di vista pratico se c’era o no la convenienza a fondersi guardando la distanza geografica con gli altri partner e la loro dimensione. Quindi per quelle realtà in cui le condizioni del territorio e le basse distanze tra i membri lo permettevano le fusioni si sono svolte, raggiungendo l’apice negli anni ’70 e poi, dopo un periodo di flessione, sono riprese nel 2005. Il motivo che ha giustificato le fusioni era la necessità sentita dai governi locali di far fronte al crescente numero di compiti e responsabilità loro attribuiti negli ultimi

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anni, questo aspetto però ha rappresentato un’arma a doppio taglio ai fini delle conclusioni dello studio realizzato da Moisio e Uusitalo, perché si è constatato che anche a distanza di 10 anni dalla fusione per le principali voci di spesa non ci sono state delle diminuzioni delle spese nemmeno per i loro valori pro-capite anzi, si sono registrati proprio degli aumenti ad accezione della voce dell’amministrazione generale. Il motivo è da ricondurre al fatto che le crescenti responsabilità hanno incentivato i Comuni a fondersi su base volontaria per beneficiare anche delle sovvenzioni statali, ma al contempo i Comuni non si sono sentiti stimolati a essere più efficienti riducendo le risorse impiegate e quindi anche le spese perché consapevoli che potevano sempre contare sugli aiuti statali. Anzi i piccoli risparmi ottenuti per la categoria dell’amministrazione generale sul totale delle spese comunali comprendenti il welfare, l’assistenza sanitaria, l’amministrazione generale e l’educazione, sono stati utilizzati per altre spese aumentando anche il livello di debito grazie alla mancanza, in Finlandia, di regole precise a riguardo dell’indebitamento degli enti locali, una delle cause di questa situazione possono essere anche i processi politici che hanno impedito il raggiungimento degli accordi. Quindi, una cosa che insegna il caso finlandese è l’osservazione anche dei processi politici per assicurare la buona riuscita delle fusioni, lo studio ha dimostrato che dal lato dei servizi pubblici forniti, come il welfare, i servizi scolastici e l’assistenza sanitaria, vi è stata efficacia, perché vi è stato un loro miglioramento, ma se si vuole valutare l’efficienza questa non vi è stata, dato che le spese sono aumentate e non si è cercato di ridurle.

Diversamente da quanto osservato in Finlandia, l’analisi condotta da Reingewertz sulle fusioni in Israele che aveva lo scopo di osservare anche in questo caso il cambiamento delle spese, ha rilevato che anche qui vi è stato, innanzitutto, un importante ruolo della politica nello svolgimento delle fusioni, portando anche a pensare che la riforma realizzata nel 2003 abbia avuto dei contenuti di obbligatorietà. Dal punto di vista dei risultati riscontati nello studio, si è concluso che le fusioni tra Comuni sono state efficaci ed efficienti, perché ci sono stati segni di un miglioramento nei servizi forniti, dato il forte risultato sul tasso di migrazione attiva verso il Comune, alla luce del fatto che i Comuni in Israele forniscono molti servizi tra cui la raccolta dei rifiuti, l’illuminazione, le acque di scolo, la manutenzione stradale e parte del welfare. Inoltre le fusioni hanno comportato una riduzione delle spese municipali di circa il 9% e

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quindi vi sono basi solide per affermare che si sono realizzate anche le economie di scala.

Il motivo per cui in Finlandia e in Israele si sono registrati due risultati così diversi a riguardo delle spese, probabilmente è legato alla normativa statale e regionale sulle fusioni. Infatti in Finlandia si è visto che proprio la mancanza di rigide regole sull’indebitamento degli enti locali ha comportato una loro propensione alla non efficienza, invece in Israele dato che la riforma sulle fusioni aveva ottenuto l’appoggio del Ministro dell’Interno, che è colui che si occupa dei governi locali, con tutta probabilità questa riforma è stata affiancata a una revisione e miglioramento della normativa sulla tematica e quindi i risultati poi si sono manifestati con una complessiva efficacia ed efficienza nella fornitura dei servizi e nella riduzione delle spese dei nuovi Comuni.

Infine il caso tedesco, grazie allo studio condotto da Bönisch et al., ha confermato quanto ormai è comune nei temi degli studi condotti sulle fusioni osservando anche i casi esteri precedenti. Questa affermazione è giustificata perché anche in quest’ultima Nazione si è voluto comprendere quali sono le forme comunali più efficienti, alla luce della suddivisione esistente in una particolare area che è la Sassonia-Anhalt. Più nello specifico si è valutato se sono più efficienti i Comuni con forma centralizzata o quelli decentralizzati che ricorrono alle associazioni comunali, nel fornire i servizi pubblici e conseguire le economie di scala, quindi anche qui si è voluto capire se l’organizzazione comunale è stata efficace ed efficiente. Si è valutata la capacità dei fattori produttivi impiegati di trasformarsi in resa osservando anche le spese dei Comuni, per giungere ai risultati relativi l’efficienza tecnica e di scala nel campione analizzato, rilevando così che i due aspetti sull’efficienza si sono realizzati assumendo anche dei valori importanti, cosicché i Comuni possono ridurre i fattori impiegati senza intaccare in senso negativo la resa. Inoltre è emerso che sono più efficienti i Comuni con un popolazione di circa 8.000 abitanti e che anche l’organizzazione e la struttura dei Comuni è un fattore importante ai fini dell’efficienza, perché tra le tre strutture presenti in Sassonia, una si è dimostrata più efficiente delle altre e corrisponde a quella delle associazioni tra Comuni con un basso numero di membri partecipanti, in cui quello di maggiori dimensioni mette a disposizione degli altri la propria struttura amministrativa per lo svolgimento delle funzioni delegate all’associazione. Il motivo che giustifica questa maggior efficienza è

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probabilmente da ricondurre al numero di membri, perché finora si è sempre detto che le fusioni portano nella maggioranza dei casi ad efficienza, ma non si è mai parlato dell’importanza del numero dei membri, infatti creare Comuni troppo grandi può ostacolare il coordinamento e il controllo tra tutte le parti, specialmente se queste sono anche geograficamente lontane tra loro, quindi il tutto va ad incidere negativamente nell’efficienza. Ecco allora che probabilmente la ragione per cui una tra le tre tipologie è migliore delle altre è perché concilia sia la forma associativa, sia un numero contenuto di membri, che il favorevole posizionamento geografico di questi, elementi questi che devono essere senza dubbio valutati in sede di progettazione delle fusioni.

Alla luce di quanto emerso all’estero, si può concludere che, in generale, i fattori che possono incidere sulla buona riuscita di un progetto di fusione sono principalmente:

 migliorare il contenuto della normativa in modo che questo sia di semplice comprensione e al contempo in grado di stabilire dei limiti ragionevoli sull’indebitamento, per permettere ai nuovi Comuni di operare senza sentirsi troppo vincolati ed evitare di peggiorare la situazione rispetto all’assenza della fusione;

 considerare gli aspetti relativi anche all’influenza della politica;

 realizzare progetti di fusione considerando le dimensioni dei membri partecipanti, il loro numero, gli aspetti organizzativi del nuovo Comune, la composizione del territorio e soprattutto la distanza geografica tra le parti per non ostacolare così il coordinamento.

Si tratta comunque di fattori generali, inoltre, i risultati emersi dall’osservazione dei casi esteri riportati sono comunque specifici delle realtà analizzate e legati ai metodi usati nell’analisi, quindi questi non possono essere generalizzati a tutti i casi di fusione tra Comuni avvenuti anche in altre nazioni. Di conseguenza, questi pochi fattori indicati possono rappresentare una semplice guida di riferimento per orientare le valutazioni da fare e migliorare la realizzazione dei progetti.

Invece se si vogliono esaminare i risultati complessivamente riscontrati da questi studi per cercare di concludere se sono migliori le fusioni obbligatorie o volontarie questo non si può dire, perché i risultati rilevati non sono stati uniformi ma, al contrario, giustamente influenzati dalle realtà prese a riferimento, quindi non si può formulare una conclusione univoca sotto questo aspetto.

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CAPITOLO 4. LE FUSIONI TRA COMUNI GIA’ REALIZZATE E I

NUOVI PROGETTI IN ITALIA

Nel documento Le fusioni tra Comuni (pagine 134-139)