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Cassirer: in difesa del diritto naturale

Diritto naturale e diritti uman

4. Cassirer: in difesa del diritto naturale

Nella conferenza che Ernst Cassirer tenne nel febbraio del 1932 presso la “Juristiche Gesellschatf” di Amburgo, dal titolo Von

Wesen und Werden des Naturrechts24, egli sostenne le ragioni

del diritto naturale continuando «la sua battaglia filosofica e po- litica in difesa della tradizione dell’Illuminismo e della tolleran- za contro le regressioni völkisch e antiuniversalistiche allora di- laganti nell’opinione pubblica tedesca»25.

Ripercorrendo alcune tappe nella vicenda del Giusnaturalismo, Cassirer si schiera contro la teoria della purezza formale del di- ritto, che anche nell’imminenza storica di una violazione siste-

22 Ivi, p. 136. 23 Ivi, p. 140.

24 E.CASSIRER, Von Wesen und Werden des Naturrechts, trad. it., In difesa del dirit-

to naturale, Micromega, 2/2001, pp. 91-115.

25 A. BOLAFFI, Cassirer contro la dottrina pura del diritto, in E. CASSIRER, In di-

matica dei diritti e della legalità26, rinunciava ad appellarsi al

cosiddetto diritto naturale. Nel diritto naturale Cassirer «intrav- vede una sorta di fonte di superiore legittimità, di superlegalità, in ultima istanza in grado di vincolare moralmente un potere po- litico che nascondendosi dietro una legalità solo procedurale nei fatti violi sistematicamente proprio i fondamentali diritti dell’uomo e del cittadino»27.

Cassirer tenne la sua conferenza da storico della filosofia, da storico delle forme della cultura, e non certo da giurista o da storico del diritto, nel pieno di quello che lui giudica un periodo di «revisione del processo che la scuola storica del diritto e il positivismo del XIX secolo hanno intentato contro il diritto na- turale»28.Per Cassirer l’indagine filosofica è ad un tempo dia-

cronica e sincronica, storiografica e sistematica. Essa non deve limitarsi a descrivere l’origine e l’evoluzione dei sistemi di pen- siero, ma «deve piuttosto render chiari i principi sui quali si ba- sano queste successioni di idee e i risultati a cui hanno condot- to»; essa deve non solo mostrare la loro evoluzione storica, ma anche «che cosa abbiano significato e continuino ancora a signi- ficare dal punto di vista sistematico»29.

Se consideriamo il diritto naturale dal punto di vista della storia della filosofia e della storia universale della cultura, anche il suo sviluppo ci appare solo come un sintomo di un movimento molto più complesso, nel quale lo spirito moderno è pervenuto presso se stesso, alla conquista e alla coscienza della sua forma specifica. Esso però non è un singolo episodio nella storia del diritto, e la rinascita delle idee giusnaturalistiche, in vari mo- menti della storia non è «un semplice cambiamento della mo- da». Piuttosto, così come il problema logico dell’unità e della molteplicità del concetto esprime per Platone «”una immortale determinazione del concetto che in quanto tale mai invec-

26 Cassirer fa riferimento alla situazione particolare della Repubblica di Weimar e

più avanti nel testo richiama l’affare Dreyfus.

27 A. BOLAFFI, Cassirer contro la dottrina pura del diritto, cit., p. 92. 28 E. CASSIRER, In difesa del diritto naturale, cit., p. 112.

29 ID, Storia della filosofia moderna, vol. IV, tomo I, Einaudi editore, Reprints, To-

chia”»30, allo stesso modo si può dire del diritto naturale che

esso rappresenta «uno dei necessari momenti fondamentali che costituiscono e creano il concetto del diritto in quanto tale»31.

Per Cassirer, a partire dall’età del Rinascimento è riscontrabile come una sorta di «parallelismo» nelle manifestazioni della cul- tura che ci permette di individuare delle costanti in ambiti disci- plinari differenti. Secondo il filosofo «è sicuramente motivo di rinnovato interesse ricostruire come nel pensiero dei secoli XVII e XVIII una mano muova mille fili, come questi fili segre- tamente procedano e come un colpo interrompa migliaia di le- gami»32. Così, nel 1625 appare l’opera di Grozio, De jure belli ac pacis. La rivelazione, la divinità non è più la fonte del diritto

e dell’eticità. Il diritto di natura non è scritto né sul bronzo né sulla pietra, ma è scolpito nel profondo del cuore di ognuno. Nel 1624 nello scritto De veritate, Herbert di Cherbury formula l’idea di una religione naturale non più fondata solo sulla rive- lazione. La religione non può fondarsi solo sulla rivelazione, perché essendo questa determinata spazialmente e temporal- mente, non si rivolge all’umanità intera. La vera religione tra- scende i limiti spazio-temporali, quindi storici propri di una co- scienza finita, di un popolo determinato, ed è scritta da sempre nell’intimità della coscienza umana, sana e non corrotta. Uno sguardo alla scienza naturale moderna e in particolare all’opera di Galileo, mette in luce come è proprio la battaglia che il sapere scientifico conduce contro la rivelazione, il princi- pio di autorità e le Sacre scritture, che consente la sua definizio- ne come ambito di sapere distinto dalla metafisica, dalla teolo- gia, ecc. Secondo Cassirer, per opera di Galileo e della scienza moderna, «la rivelazione di Dio nella natura venne contrappo- sta, reclamando per essa una verità pari se non addirittura supe- riore, alla rivelazione delle Sacre Scritture»33.

Religione, diritto, scienza, si emancipano dal potere ‒ in un ve- ro e proprio processo di progressiva liberazione dell’uomo e

30 ID, In difesa del diritto naturale, cit., p. 115 31Ibidem.

32 Ivi, p. 102. 33 Ivi, p. 103.

delle forze individuali da cui deriva, come aveva sostenuto Wi- lhelm Dilthey, «una nuova posizione del soggetto conoscitivo rispetto all’effettualità» storico-sociale che si traduce in una «li- bera molteplicità della visione del mondo»34 ‒, sia esso la divi-

nità, sotto forma di rivelazione, di Sacre scritture, sia esso lo Stato e la formulazione delle leggi nel diritto positivo.

Esiste una ragione naturale, e dunque un diritto naturale, che va oltre l’immanenza delle leggi scritte. Queste non esauriscono il diritto, c’è un fine nel diritto naturale che, come il Bene nella

Repubblica di Platone, è eccedente la contingenza, non si esau-

risce nell’esistente. Qual è la fonte originaria del diritto? Per il giusnaturalismo è la ragione umana. La fondazione immanente, giusnaturalistica del diritto doveva sconfiggere due avversari: la dogmatica religiosa, da un lato, l’assolutismo dello Stato dell’altro.

Nell’opera La Filosofia dell’Illuminismo Cassirer afferma che «su questi due fronti si combatte la guerra per i fondamenti del diritto naturale moderno. E la si deve combattere tanto con- tro la concezione teocratica, contro la derivazione del diritto da una volontà divina semplicemente irrazionale, impenetrabile e inaccessibile alla ragione umana, quanto contro lo “Stato Levia- tano»35.

Il giusnaturalismo sostenne l’antica dottrina platonica secondo la quale c’è un diritto al di sopra di qualunque potere umano o divino: «e questo perché e solo nella misura in cui il diritto si fonda non già nella nuda sfera della potenza o della volontà ma in quella della pura ragione»36. Il potere politico trova perciò

sempre il suo «limite insuperabile in quello che questa ragione riconosce come “esistente”, valido e necessario, come vincolan- te in ogni epoca e per tutti i soggetti capaci di volontà»37.

34 W. DILTHEY, Einleitung in die Geisteswsissenschaften. Versuch einer Grundle-

gung für das Studium der Gesellschaft und der Geschichte, in Gesammelte Schriften vol

I; trad. it. Introduzione alle scienze dello spirito. Tentativo di fondazione per lo studio

della società e della storia, Bompiani, Milano 2007, p. 705.

35 E. CASSIRER, Die Philosophie der Aufklärung, trad. it., La filosofia

dell’Illuminismo, La Nuova Italia, Firenze, 1989, p. 331.

36 ID., In difesa del diritto naturale, cit., p. 99. 37 Ibidem.

Così, la legge, nel suo significato originario di legge naturale, non può coincidere con ciò che è semplicemente e arbitraria- mente stabilito come legge. La legge, il diritto, dice ancora Cas- sirer, «non è semplicemente la quintessenza di ciò che è pre- scritto o stabilito ma è ciò che originariamente prescrive (das

ursprünglich-Setzende), è “norma normante”»38. Il diritto natu-

rale è sovraordinato e antecedente a quello statale, «lo Stato dà realtà al diritto ma è in grado di fare ciò solamente nella misura in cui lo presuppone nel suo significato originale, nel suo senso e nella sua pura possibilità»39.

I detrattori del diritto naturale, in nome della realtà concreta e storica dello Stato e degli ordinamenti, contestano al diritto na- turale di essere fondamentalmente estraneo, astratto. Cassirer, però, oppone alla presunta astrattezza del diritto naturale le bio- grafie dei giusnaturalisti. In particolare, le vicende biografiche di Grozio dimostrano l’assurdità della tesi che avrebbe voluto separare a tutti i costi teoria del diritto e prassi.

Con la sua opera principale Grozio «volle opporsi alla disinvol- tura con la quale venivano iniziate le guerre e alla ferocia con la quale venivano combattute»40. Nei suoi scritti è possibile rin-

tracciare principi che nulla hanno perduto della loro forza e del loro significato: primo tra tutti il fatto che la guerra deve sempre essere combattuta secondo le modalità del diritto. «Il principio ‒ scrive Grozio ‒ “inter arma silent leges” riguarda solo le leggi civili espressamente concepite per la pace e ad esse proprie ma non invece le leggi eterne valide per ogni epoca»41.

Il Giusnaturalismo, piuttosto che rifugiarsi nell’astrazione, è prassi concreta del diritto e delle leggi. Esso rappresenta un momento di quello spirito del XVIII secolo caratteristico di un’epoca dominata dalla fiducia nella scienza e nella capacità della ragione di determinare la realtà anche nel campo della po- litica e della morale. Il suo più grande risultato è stato senza

38 Ibidem. 39 Ivi, p. 101. 40 Ivi, p. 105. 41 Ibidem.

dubbio quello di ispirare le Dichiarazioni dei diritti dell’uomo e

del cittadino.

Al di là del riscontro storico, «poiché la coscienza pubblica non si appaga mai solo col diritto scritto, essa si fa guidare anche da parametri differenti, da quelli che trae dalle leggi non scritte, bi- sogna, dunque, esser grati al diritto naturale, anche a prescinde- re dal giudizio specifico che di esso si voglia avere, per esser stato pervaso da tale timore nei confronti delle “leggi non scrit- te” e per averlo profondamente inculcato nella scienza giuridi- ca»42.

Conclusione

Nel 1977 in occasione del conferimento del premio Lessing ad Amburgo, Jean Améry, l’autore dell’opera Un intellettuale ad

Auschwitz, tenne un discorso in cui difendeva le tesi

dell’Illuminismo contro i nuovi irrazionalismi43. Per Améry

«l’ottimismo umanitario dell’Illuminismo»44, il riconoscimento

del valore immutabile della libertà, della ragione, della giustizia e della verità «è l’unica ragione che abbiamo di fare storia e con essa, il solo autentico compito dell’uomo: conferire senso a ciò che è insensato»45. E se c’è un «obbligo intellettuale e sociale di

questo momento»46 esso è il richiamarsi all’Illuminismo classi-

co e, secondo me, alla possibilità del diritto oltre il diritto scrit- to.

Del resto, scrive ancora Améry nonostante la valenza gnoseolo- gica della questione della verità, «nella prassi quotidiana sap- piamo come distinguerla dalla menzogna», allo stesso modo che la nostra richiesta di giustizia prescinde da ogni filosofia del di- ritto. Così,

42 Ivi, p. 115.

43 J. AMERY, L’Illuminismo come “Philosophia perennis”, Micromega, 5/2001,

pp. 257-269.

44 Ivi. p. 268 45 Ibidem. 46 Ibidem.

cosa sia la libertà lo sa chiunque abbia vissuto nell’illibertà. Che l’uguaglianza non sia un mito ne sa qualcosa chi fu vittima dell’oppressione. La realtà è sempre più saggia della filosofia che, im- potente, vuole rispecchiarla. Per questo l’Illuminismo non è una co- struzione dottrinaria priva di connessioni, ma il continuo rischiarante colloquio che dobbiamo fare con noi stessi e con gli altri.47

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