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Introduzione: il quadro di riferimento e l’idea

Istituzioni e multilevel-governance per lo sviluppo sostenibile

1. Introduzione: il quadro di riferimento e l’idea

“Sviluppo”, “istituzioni”, “governance” rappresentano termini ed euristiche che ricorrono, in modo crescente e tra loro sempre più sovrapponendosi (ad esempio: istituzioni e/ per lo sviluppo, governance dello sviluppo, istituzioni e governance ecc.) nella teoria e politica economica a partire dai primi anni ’90, e cioè da quando l’economia dello sviluppo – nata nel periodo postbel- lico con Rosenstein-Rodan, Hirschman, Myrdal ed altri ancora - inizia a riconquistare il “core” della disciplina rispetto alla posi- zione di “periferia” degli anni 70 e 80, si differenzia, più o me- no esplicitamente e criticamente, dall’economia della crescita e, più di recente, attiva nessi di causalità bidirezionali e non uni-

Professore di Microeconomia, Macroeconomia e Programmazione economica del-

lo sviluppo presso l’Università di Salerno; membro del comitato scientifico del Celpe e dell’Ogepo, Università di Salerno e della collana La pace in dialogo - Collana di studi e ricerche sul Mediterraneo di Aracne Editrice; referee di testi economici per case editrici nazionali; responsabile scientifico del progetto “Donne, Politica e Istituzioni” e di pro- getti cofinanziati dal FSE; autore di saggi su epistemologia economica, su disegua- glianza di genere e sviluppo, su modelli organizzativi e innovazioni per l’economia so- ciale

Dottoranda in Human Rights, Society and Multi Level Governance presso

l’Università di Padova, è coordinatrice del comitato accademico del Premio Valeria So- lesin e Ambasciatrice di Pace per l’Institute for Economics and Peace. Ha ricoperto ruo- li di coordinamento per organizzazioni internazionali quali Banca Mondiale e Medici Senza Frontiere in zone di crisi nella Repubblica Democratica del Congo. Nel 2014, come borsista per la Pace della Fondazione Rotary International, ha conseguito alla Du- ke University un Master of International Development Policy.

voci tra crescita economica e sviluppo umano. Krugman1 sug-

gerisce questa metafora di “core” e “periferia” non tanto ai fini di una tassonomia dell’economia e politica dello sviluppo, quanto per tematizzarne finalità rispetto alla dimensione delle realtà complesse che questa branca dell’economia intende spie- gare dando conto, appunto, della specificità dei contesti reali e delle loro implicazioni in sede di policy design e di policy im-

plementation. Sul piano della riflessione metodologica, i sud-

detti termini connotano, in primo luogo, un campo specifico, tanto positivo quanto normativo, dell’economics ‒ che costrui- sce il piano epistemologico ‒ con riferimento e di frequente con un’ottica comparativa cross-temporale, ad una o più economy, che delimita il piano ontologico di quell’economics. In secondo luogo: sviluppo, istituzioni e governance ricorrono come canoni interpretativi (il livello epistemologico) e come oggetto di stu- dio (il livello ontologico) nelle altre scienze sociali che sono in- teressate sia a spiegare i processi di cambiamento nelle condi- zioni di vita insieme ovvero i loro ostacoli e fallimenti, sia a fondare la legittimità e desiderabilità dei loro correttivi. In ogni caso, si ipotizza come “dato” un mix di abilità e potere econo- mico e politico a là Acemoglu, di opportunità e libertà a là Sen, e di diritti e regole di scelta a là North, che caratterizza, nel complesso, le condizioni iniziali – ontologicamente ed episte- mologicamente complesse appunto, delle condizioni di vita multidimensionali delle persone.

Oltre al livello ontologico e a quello epistemologico, si indivi- dua un livello normativo (political economy), che mette in evi- denza i valori – soggettivi e/o condivisi, negoziati e/o conflig- genti – e, a monte, i canali della loro emersione, comunicazione e partecipazione e/o la loro fondazione filosofica, con l’intento di orientare la ricerca all’azione e, auspicabilmente, alla sua va- lutazione2. E non solo: la crescente pluralità ed eterogeneità di

1

P. KRUGMAN

,

What’s New about the Economic Geography?, “Oxford Review of Economic Policy”, 14 (2), pp. 7-17.

2 Cfr. M.F. BYSKOV M.F., Democracy, Philosophy, and the Selection of Capabili-

spiegazioni non riflette solo le lenti teoriche e gli strumenti me- todologici originariamente differenti tra le varie discipline. Essa riflette anche e soprattutto la varietà di livelli e gli oggetti reali dell’analisi – e riflette, quindi, la selezione e le relazioni sugge- rite e confermate tra variabili e tra “fatti” regolarmente osservati e spiegati: e ciò, sia nell’ambito di singole discipline (l’economia prevalentemente), sia nel confronto aperto tra l’economia prevalentemente e una o più altre discipline sociali. Esempi di tali differenze sono i livelli reali a cui si riferisce l’analisi condotta e il cambiamento desiderato, vale a dire se aggregato, intermedio, individuale ovvero: se il processo di cambiamento si attiva (e, quindi, si osserva e si spiega e cor- regge) a partire da una data struttura macro, focalizzandosi su alcuni elementi costitutivi (ad esempio la dotazione di risorse, la specializzazione settoriale produttiva, l’assetto istituzionale, la composizione della popolazione, la cultura dominante, le regole per la distribuzione del potere politico). O se, inoltre, conta il li- vello meso, catturato dalla qualità delle relazioni di mercato e non di mercato pure per la soddisfazione di bisogni fondamen- tali e da bisogni mutevoli e per la fruizione di beni meritori, e/o descritto da una densità di comportamenti innovati tra settori e domini di attività, e correlati a indicatori di sviluppo umano raggiunti in ottica egualitaria all’interno di una popolazione. O se, infine, si ricostruisce l’emergenza di comportamenti innova- tivi, in domini e settori differenti ma sovrapposti di attività, per seguirne la loro persistenza ed evoluzione a seconda dell’attivarsi, oppure no, di meccanismi e canali di imitazione,

enforcement e diffusione.

Nel complesso, spiegare e correggere la varietà dei sentieri di sviluppo – e, quindi, la distribuzione buona o cattiva, persistente o volatile dei loro benefici – vuol dire selezionare le determi- nanti profonde dei processi di cambiamento, decodificare la va- rietà anche non attesa dei loro legami, rappresentare e valutare i loro outcome nei termini delle soluzioni di equilibrio multiple e, in prospettiva di lungo periodo, la loro resilienza ovvero abilità

trasformativa e rigenerativa. Garofalo et al.3 ne suggeriscono

ermeneutiche pluridisciplinari, e ciò facendo riferimento più o meno tematizzato alla ben nota e ormai condivisa visione della cosiddetta “nuova economia dello sviluppo” proposta da Ray 4,

che può essere antropologicamente fondata e finalizzata attra- verso un crescente lavoro di fertilizzazioni tra analisi ed ap- procci alla frontiera di discipline diverse e, talvolta, apparente- mente non limitrofe. All’interno di questo percorso aperto di ri- flessione – e di riflessione per valutare, comparare ed agire – si colloca l’idea di questo lavoro: alla luce della suddetta metafora di Krugman: essa tiene insieme i tre termini ‒ sviluppo, istitu- zioni e governance ‒ declinandoli come “sviluppo umano soste- nibile”, qualità delle istituzioni e della governance (ad esempio: nessi di regole formali e informali, governance multilivello). E ciò, in una visione, analitica e politica, che si discosta dalla vi- sione ortodossa della crescita che genera effetti automatici di “traboccamento” sulla popolazione indipendentemente dal con- testo iniziale (materiale e immateriale) e dalla formazione dei bisogni e obbiettivi nonché dalla rappresentanza, sociale e ne- goziata, degli interessi. Le istituzioni e la governance – vale a dire le regole formali e informali del gioco di attori diversi e “come il gioco è giocato” da e tra questi attori differenti – ser- vono ad attivare e sostenere nel tempo, appunto, questo proces- so di cambiamento che non genera automaticamente effetti vir- tuosi e benefici condivisi.

E questa è, com’è noto, l’evoluzione diacronica sia dell’economia dello sviluppo (cfr. § 2), sia della politica e poli- cy dello sviluppo che passa dai Millennium Development Goals (MDGs nell’acronimo inglese o Obiettivi di Sviluppo del Mil- lennio, OSM in italiano) ai Sustainable Development Goals (SDGs: Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibili; OSS in italiano) (cfr. §§ 3 e 4). In sintesi, la suddetta conquista del “core” della teoria economica può essere ricostruita ed enfatizzata intorno (e

3 M.R.GAROFALO M.R.(a cura di),Per uno sviluppo umano integrale. Confronti in-

terdisciplinari, Natan Edizioni, Roma 2016.

4 D. RAY, What’s New in Development Economics?, “The American Economist”,

tra) molte dimensioni del livello epistemologico-ontologico- normativo dell’economia dello sviluppo. Se ne richiamano, in questa sede, solo alcune: (i) la contaminazione tra frontiere e di- scipline – per il valore intrinseco e non strumentale dello svi- luppo umano‒; (ii) la sovrapposizione dei tre pilastri ‒ per ob- biettivi economici, sociali e ambientali in un’ottica intra ed in- tergenerazionale5; (iii) il nesso tra policy e politics – per il peso

del potere rispetto all’universalismo etico dello sviluppo umano e sostenibile6.

Il lavoro è articolato nel modo seguente: il §2 ripercorre sche- maticamente il dibattito, interno all’epistemologia economica, oltre il cosiddetto “imperialismo economico “ in economia e muovendosi a favore di una “razionalità pratica” in economia (intesa come economics ed economy) e lo riferisce, in particola- re alla teoria e politica dello sviluppo, antropologicamente cen- trato, in cui conta la multidimensionalità delle condizioni di vita a partire dai valori delle persone nel ciclo di vita e in ottica in- tergenerazionale, dalla complessità dei contesti macro e meso di appartenenza e dei domini meso e micro di scelta, e dalle loro non lineari, e non facilmente decodificabili, relazioni e sovrap- posizioni. Il § 3 presenta una panoramica sullo stato di avanza- mento dei paesi del Mediterraneo riguardo all’Obiettivo di Svi- luppo Sostenibile 16 (OSS16), dedicato alla Pace, alla Giustizia e al ruolo delle Istituzioni per lo sviluppo di lungo periodo di un’area caratterizzata da elevata eterogeneità. In particolare, un’analisi comparata sui progressi fatti su tale obiettivo sarà svolta considerando lo studio dello Human Development Index (HDI, Indice di Sviluppo Umano, ISU in italiano), del Global

5 Cfr. S. ANAND, A. SEN, Human Development and Economic Sustainability,

“World Development”, 2000, 28 (12), pp. 2029-204.

6 Cfr.: D. NORTH,D.ACEMOGLU,F.FUKUYAM , D.RODRIK D. (eds), Governance,

Growth, and Development Decision making, The World Bank, Washington 2008; S.

FUKUDA-PARR S., From the Millennium Development Goals to the Sustainable Devel-

opment Goals: shifts in purpose, concept, and politics of global goal setting for devel- opment, “Gender & Development”, 2016, 24; (1), pp. 43-52; J.D.SACHS, From Millen-

nium Development Goals to Sustainable Development Goals, “Lancet”, 2012, 379, pp.

Peace Index (GPI nell’acronimo inglese o Indice di Pace Globa- le in italiano) e del Positive Peace Index (PPI o Indice di Pace Positiva, IPP in italiano) per la regione e singoli paesi. Il § 4 analizzerà le attuali opportunità e minacce di carattere economi- co, politico e sociale per l’area del Mediterraneo, alla luce delle riflessioni sul modello di sviluppo sostenibile e sue teorie eco- nomiche e in riferimento ai recenti sviluppi nella regione ri- guardanti lo stato di avanzamento e miglioramento dei paesi in relazione a i) processi di pace, ii) al livello delle istituzioni e iii)di governance nazionale e transnazionale, riferimenti cardini per una visione sia di policy design che di policy implementa-

tion mirata al raggiungimento dei target dell’SDG16 per il Me-

diterraneo. Il § 5 conclude suggerendo alcune prospettive di ri- cerca futura, focalizzandosi sul livello microeconomico in cui emergono, si modificano e si consolidano molteplici forme or- ganizzative ibride ed eterogenee: se queste attivano e sostengo- no legami di scambio a livello settoriale, sociale e territoriale, si connotano come design e performance di multi-level governan-

ce intesa per l’implementazione di obbiettivi “aperti” per lo svi-

luppo umano sostenibile: ciò in coerenza con la visione teorica proposta da Anand e Sen 7.E’ ciò, inoltre, nella discussione di policy avviata da organismi internazionali già dalla fine anni

’80 – e documentata prevalentemente da World Bank Deve- lopment Report e da United Nations Development Report in anni vari ‒ a supporto dello sviluppo di aree/gruppi in ritardo e/o in condizione di povertà, assoluta o relativa, a partire dall’idea secondo cui la qualità di un assetto istituzionale, e del rispettivo modello di governance, gioca alla stregua d una “condizione” per lo sviluppo, se non in taluni casi persino come un criterio necessario di condizionalità per la concessione di aiuti.

2. Elementi per un framework epistemologico alternativo