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Cenni di comparazione europea

Un aspetto che, l’uomo comune può tralasciare, nell’analisi sulla utilità delle province e che invece merita di essere approfondito, riguarda il confronto con le altre realtà europee.

Dato che oggi non si può prescindere dal dato comunitario, risulta interessante sapere che in tutti i principali Stati facenti parte dell’Unione Europea è presente il livello di governo intermedio.

Infatti il sistema di “multilevel governance” è stato fatto proprio da Paesi quali: Germania, Spagna, Belgio, Francia, Polonia e Regno Unito (Brexit a parte).

In tutti questi Stati, il livello intermedio di governo gode di protezione istituzionale ed in tutte queste Nazioni, ad eccezione della Spagna dove sono previste elezioni di secondo livello, gli organi di governo sono direttamente eletti dal popolo.

In tutte le province europee, inoltre, esiste un gruppo di funzioni che caratterizzano l’ente di area vasta. I principali ambiti di competenza, che appaiono comuni grosso modo a tutte le province degli Stati presi in considerazione, sono: ambiente (pianificazione, gestione delle acque e dei rifiuti, tutela), sviluppo economico (sostegno alle imprese e politiche per l’occupazione), trasporti (mobilità, infrastrutture e viabilità) e scuola.

Gli enti intermedi di tutti questi Paesi, hanno autonomia fiscale, quindi possiedono entrate tributarie proprie.

61 Risulta in controtendenza, con i dibattiti italiani, il dato di incidenza della spesa delle province sulla spesa pubblica nazionale, infatti le province del nostro Paese sono quelle con l’incidenza minore (1,3% rispetto al 5,4% della Francia o al 4,2% della Germania).

Allora le nostre circoscrizioni provinciali, risultano essere per funzioni e tipologia di governo, in linea con gli altri Stati europei, costando addirittura meno51.

In tutte le Nazioni prese in considerazione, la forma di governo intermedio si è inserita in processi di riforma generali, che procedevano alla redistribuzione dei poteri tra i vari livelli di governo centrali e periferici.

In questa ottica comparatistica, l’Italia potrebbe seguire il modello europeo e provvedere a riformare le province, nel complesso di una riforma armonica, che permetta di rivedere tutti i livelli di governo sub statali.

Le regioni sono chiamate a compiti di integrazione internazionale, i comuni, da parte loro, sono spesso molto piccoli (in modo particolare quelli italiani) e quindi hanno bisogno della funzione di guida, svolta dalla provincia.

In sostanza dalla comparazione europea non emerge una convenienza nella soppressione delle province, ciò che invece sembra opportuno, è la semplificazione del quadro istituzionale dei molti livelli amministrativi locali.

Ci sono enti inutili e costosi, eliminando molte società partecipate o strutture intermedie, non elettive, collocate tra i vari ambiti

51 Per lo studio completo cfr. L‟ENTE INTERMEDIO IN EUROPA- Caratteri istituzionali e politici del governo locale di secondo livello in alcuni paesi europei (Belgio, Francia, Germania Polonia, Regno Unito, Spagna e Italia) a cura del Prof. Carlo Baccetti- DISPO - Dipartimento di Scienza politica e sociologia, Università di Firenze ed inoltre “Ripensare l‟ente intermedio di governo locale. L‟interpretazione dei Presidenti di Provincia” a cura della Prof.ssa Annick Magnier - DISPO - Dipartimento di Scienza politica e sociologia, Università di Firenze.

62 dell’amministrazione locale, si potrebbero veramente eliminare spese “gonfiate” e costosi intrecci di responsabilità, attribuendo queste competenze alle province.

www.indexmundi.com; Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d‟Europa, “Le second niveau des collectivitès locales-Gouvernance intermèdiaire en Europa” (testo provvisorio), aprile 2012, X. Bertrana e H. Heinelt (a cura di), The Second Tier of Local Government in Europe.

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I.XXII Conclusioni

La storia delle circoscrizioni provinciali è dunque, come si è più volte detto sopra, densa di contraddizioni; ciclicamente infatti si sono succedute affermazioni di principio sulla inutilità delle amministrazioni provinciali ma anche di impossibilità di intervenire concretamente, non solo sulla abolizione ma addirittura anche sulla riduzione del numero.

Ciò che sembra più appropriato, anche alla luce dell’esperienza vissuta dall’Unità ad oggi, è rivedere il ruolo da attribuire alle province.

Tale considerazione è fatta propria da grande parte della dottrina, a differenza di molti esponenti politici e di parte dell’opinione pubblica, che invece continuano a schierarsi a favore dell’eliminazione degli enti provinciali.

Fondamentale, ad esempio, tra le funzioni che le province dovrebbero svolgere, è l’azione di coordinamento territoriale, specialmente nei confronti dei comuni; a maggior ragione in Italia, dove ci sono circa otto mila comuni, molti dei quali sono di piccole dimensioni ed hanno quindi difficoltà a gestire determinati servizi in modo efficiente.

Un altro intervento legislativo dovrebbe definire chiaramente i ruoli di ogni ente territoriale ed all’interno degli enti, di ogni organo, al fine di evitare, che ci siano compiti svolti da più organi e funzioni che invece che non vengono garantite da nessuno.

In conclusione, forse, più che abolire le province, potrebbe risultare maggiormente produttivo sopprimere centinaia di enti totalmente inutili (consorzi, società partecipate) che si frappongono tra comuni e province o tra province e regioni, complicando l’architettura istituzionale, senza apportare alcun tipo di vantaggio ai cittadini.

64 Questi enti oltre a creare sovrapposizioni, interferenze, paralisi decisionali ed inefficienze del sistema, sono una delle maggiori cause degli sprechi di denaro pubblico nel nostro Paese.

Questo ragionamento non vuole essere un salvacondotto per le province, ve ne sono alcune sicuramente inutili ed in generale tutte necessitano di essere razionalizzate.

Con l’istituzione delle Città metropolitane, poi, dovranno essere soppresse alcune province ed infine nei casi di regioni di dimensioni particolarmente ridotte, come la Valle d’Aosta, la dimensione regionale può garantire una gestione territoriale efficiente, senza la necessità di istituire province.

La questione delle amministrazioni provinciali è talmente annosa che già Giovanni Giolitti, addirittura nel lontano 1902, in un discorso alla Camera, aveva preso atto dell’estrema difficoltà di riformare le province in Italia: “Il problema di rifare le circoscrizioni dei comuni e delle province è una delle cose più difficili che si possa immaginare perché tocca interessi pecuniari gravissimi”.

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Carte elaborate da F. Crafa sulla base dei

dati del “Sistema

informativo storico delle amministrazioni territoriali” dell‟Istat, in G. Palombelli, L‟evoluzione delle circoscrizioni provinciali dall‟Unità d‟Italia ad oggi, cit., 2012.

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