• Non ci sono risultati.

Le funzioni delle città metropolitane

CAPITOLO II: LA LEGGE DELRIO

II.I.VIII Le funzioni delle città metropolitane

Le principali funzioni, attribuite dalla legge 56 del 2104 alle città metropolitane, oltre al previsto e già citato subentro di queste nei compiti in precedenza spettanti alle province, sono le seguenti:

1) l’adozione e l’aggiornamento annuale di un piano strategico triennale del territorio metropolitano, il quale rappresenta un atto di indirizzo per l’ente in generale e per l’esercizio delle funzioni dei comuni e delle unioni di comuni, compresi nel territorio metropolitano; vi sono riportate anche le funzioni delegate o assegnate dalle regioni, nel rispetto delle leggi regionali, ove le materie fossero di loro competenza;

2) la pianificazione territoriale generale, che comprenda anche le strutture di comunicazione, le reti di servizi e le infrastrutture appartenenti alla competenza della comunità metropolitana; tale pianificazione serve anche a fissare i vincoli e gli obiettivi dell’attività dei comuni compresi nel territorio metropolitano, nell’esercizio dei loro compiti;

3) la strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, l’organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano; la città metropolitana può anche esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e di procedure selettive (con l’intesa dei comuni interessati);

90 4) la mobilità e la viabilità, mirando ad assicurare una pianificazione urbanistica comunale coerente e compatibile in tutto il territorio metropolitano;

5) la promozione ed il coordinamento dello sviluppo economico e sociale, sostenendo e supportando le attività economiche e di ricerca, innovative e coerenti con la vocazione della città metropolitana, che è delineata nel piano strategico del territorio;

6) la promozione ed il coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano.

Inoltre, sono di competenza delle città metropolitane: il patrimonio, il personale e le risorse strumentali della provincia, a cui ciascuna città metropolitana succede, a titolo universale, in tutti i rapporti attivi e passivi, comprese le entrate provinciali, quando avviene il subentro alla provincia.

Il trasferimento di proprietà dei beni mobili e immobili, a favore della città metropolitana, è esente dagli oneri fiscali.

Al termine di questo nutrito elenco di funzioni, attribuite alle città metropolitane, bisogna comunque ricordare che le attribuzioni spettanti allo Stato ed alle regioni, rimangono affidate a questi enti, come previsto dagli articoli 117 e 118 della nostra Costituzione.

È comunque previsto che, sia lo Stato che le regioni, possano, ognuno per le materie di propria competenza, attribuire ulteriori funzioni alle città metropolitane in attuazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, previsti dall’articolo 118 cost.

Il personale delle città metropolitane vede applicarsi le disposizioni che vigono per il personale delle province, infatti, i lavoratori trasferiti dalle province mantengono il trattamento economico di cui godono, fino al successivo contratto.

Una curiosità ha riguardato il caso Milano, infatti, per garantire il tempestivo adempimento degli obblighi internazionali, già assunti dal

91 Governo e nell’interesse regionale concorrente con il preminente interesse nazionale, la regione Lombardia è subentrata in tutte le partecipazioni azionarie di controllo, detenute dalla provincia di Milano, nelle società, che hanno operato direttamente o per tramite di società controllate o partecipate nella realizzazione e gestione di infrastrutture connesse all’esposizione universale (Expo 2015).

Le modalità con cui si sono rese esecutive le direttive e le disposizioni necessarie a disciplinare il trasferimento di partecipazioni azionarie, in regime di esenzione fiscale, sono state definite con decreto del Ministro per gli affari regionali, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e con il Ministro dei trasporti.

Alla data del 31 ottobre 2015, coincidente con la conclusione della esposizione universale milanese, i citati rapporti di partecipazione sono stati trasferiti alla città metropolitana di Milano, ancora una volta in regime di esenzione fiscale.

Nella parte finale della normativa Delrio possiamo rintracciare ancora qualche elemento di interesse ai fini del presente lavoro.

Un elemento di interesse è la previsione secondo la quale, entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge in questione, le regioni a statuto speciale (Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia) devono adeguare i propri ordinamenti ai principi della legge stessa.

Altro elemento su cui soffermarsi è la non obbligatorietà come ambito territoriale e la non necessaria corrispondenza, per l’organizzazione periferica, delle pubbliche amministrazioni delle città metropolitane e del livello provinciale. Di conseguenza le pubbliche amministrazioni possono riorganizzare la propria rete periferica, andando ad individuare ambiti territoriali ottimali per l’esercizio delle funzioni, non necessariamente prevedendo un livello provinciale o una città metropolitana.

92 Ciò, che invece risulta obbligatorio, è il perseguimento degli obiettivi complessivi di economicità e di revisione della spesa, nonché di riduzione organizzativa; alla luce di quanto detto, la riorganizzazione deve avvenire secondo piani adottati dalle pubbliche amministrazioni, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge Delrio.

Tali piani devono indicare i risparmi di spesa attesi nel triennio successivo alla riorganizzazione; vengono comunicati al Ministero dell’economia, a quello dell’interno, al Commissario per la revisione della spesa e alle commissioni parlamentari competenti per materia. In caso di mancata presentazione dei piani, da parte delle amministrazioni statali o degli enti pubblici, il Presidente del Consiglio dei ministri deve nominare un commissario per la redazione del piano, anche questa volta senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello stato.

Infine, per assicurare che l’applicazione della legge Delrio sia fedele alla norma e per sostenere gli interventi di riforma da essa previsti, il Ministro per gli affari regionali ha ricevuto il compito di predisporre dei programmi, contenenti le attività con le rispettive modalità operative da seguire.

Tale compito ministeriale, che è stato svolto nell’arco di sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge, ha contribuito al rispetto dei termini previsti nella normativa e alla verifica dei risultati ottenuti.

Anche delle attività di monitoraggio sullo stato di attuazione della riforma sono state previste, su proposta del Ministro per gli affari regionali e d’intesa con la Conferenza unificata.

Tutte queste attività, sono da intendersi come svolte senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

93

II.II Commenti alla norma

Dall’esame della novella risulta, da subito, evidente l’intentio legislatoris di “svuotare” gli organi e le funzioni provinciali, trasformandoli in enti elettivi di secondo grado, in modo da anticiparne la sostanziale soppressione, in attesa di quella formale, da realizzare con il disegno di legge costituzionale che sarà sottoposto a referendum, e di dare finalmente attuazione alle città metropolitane, con l’obiettivo specifico della promozione e gestione integrata dei servizi fondamentali allo sviluppo economico e sociale dell’area vasta53.

L’intervento legislativo, infatti, deriva dalla maturata consapevolezza che la frammentazione di analoghe competenze tra più enti locali, soprattutto nel campo urbanistico e dei servizi del territorio, costituisce un ostacolo allo sviluppo economico e sociale dell’intera area54, unita alla coscienza della inadeguatezza del sistema dei tradizionali poteri locali, ancorati a regimi ad economia chiusa55 ed incapaci di soddisfare interessi plurimi e differenziati senza l’introduzione, a livello superiore, di nuovi organismi di vasta o media area.

La legge n.56/2014, quindi, definisce sia la città metropolitana, che la provincia quali “enti territoriali di area vasta”56, ma, nel

53

Secondo A. POGGI, Sul disallineamento tra il DDL Delrio ed il disegno costituzionale attuale, n.1/2014, 8 gennaio 2014, “le ambizioni di questo ddl travalicano il disegno costituzionale attuale (...), con la conseguenza che se non “seguirà” la riforma costituzionale e non “precederà” quella dell‟organizzazione statale periferica avremo seri problemi”.

54

F. STADERINI, P. CARETTI, P. MILAZZO, Diritto degli enti locali, XIV ed., Padova 2014, 103.

55

Il rilievo è tratto da P. URBANI, Aree metropolitane, in Enc. dir., Agg., V, Milano 2000, 111-112.

56

Per G. MAROTTA ed E. PASTENA (a cura di), Le città metropolitane, Padova 2013, 13-14, nelle province l‟area vasta comprende un territorio solo parzialmente urbanizzato e composto di comuni piccoli o medi, che costituiscono comunità distinte, mentre le città metropolitane identificano un vasto territorio urbanizzato ed integrato, ove i comuni sono strutturalmente connessi tra loro.

94 distinguere le relative funzioni, esalta nella prima, a fronte delle mere finalità istituzionali della seconda, il perseguimento di “ finalità istituzionali generali”. Le province, invece, vedono limitate le loro funzioni all’ambito del coordinamento di area vasta, in tema di pianificazione territoriale, tutela e valorizzazione dell’ambiente, pianificazione dei servizi di trasporto, interventi sulle strade provinciali, attività di programmazione della rete scolastica e gestione dell’edilizia scolastica.

In altri termini, la novella intende, prima facie, far coesistere, in attesa della riforma costituzionale, le istituite città metropolitane con le preesistenti province, che vengono sì ridimensionate, ma restano comunque in vita, a dispetto degli intenti di semplificazione e di risparmio di spesa che avevano animato il legislatore57.

Non è casuale, infatti, che la gestazione parlamentare della legge58 è iniziata all’indomani della sentenza della Corte costituzionale n. 220 del 19 luglio 201359, che ha dichiarato incostituzionali i commi 57A. MASARACCHIA, Le città metropolitane “succedono” alle province, in Guida al diritto, dossier n.3, maggio-giugno 2014, 41 ss., osserva che la città metropolitana è l‟ex provincia, o meglio la provincia di prima alla quale è stato cambiato il nome, ed all‟uopo richiama il termine “succedono”, di cui all‟art.1 comma 16 della legge, per evidenziare come le città metropolitane, a partire dal primo gennaio 2015, siano destinate a prendere il posto delle province soppresse di fatto, anche se nominalmente mantenute in vita, per aggirare gli ostacoli di compatibilità costituzionale in attesa della riforma del titolo V della Costituzione.

58

Il disegno di legge A. C. 1542 è stato presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri Letta, dal ministro dell‟interno Alfano, dal ministro per gli affari regionali e le autonomie Delrio e dal ministro delle riforme costituzionali Quagliariello in data 20 agosto 2013.

59

Corte cost., 3-19 luglio 2013, n.220, in Giur. cost., 2013, 3157 ss., con note di N. MACCABIANI, Limiti logici (ancor prima che giuridici) alla decretazione d‟urgenza nella sentenza della Corte costituzionale n.220 del 2013, e di G. SAPUTELLI, Quando non è solo una “questione di principio”. I dubbi di legittimità non risolti della “riforma delle Province”. Vedi anche i commenti di A. SEVERINI, La riforma delle Province, con decreto legge, “non s‟ha da fare”, in Rivistaaic.it, luglio 2013, G. DI COSIMO, Come non si deve usare il decreto legge, e M. MASSA, Come non si devono riformare le Province, entrambi in Le Regioni , n.5-6/2013, rispettivamente 1163 ss. e 1168 ss.

95 14,15,16, 17, 18, 19, 20 e 20 bis dell’art.23 del decreto legge 6 dicembre 2011, n.201 (c.d. decreto “Salva Italia”), convertito, con modificazioni, dall’art.1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n.284, e gli artt.17 e 18 del decreto legge 6 luglio 2012, n.95 (c.d. decreto della “Spending review”), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.135, con cui il legislatore, in via di urgenza, aveva drasticamente ridimensionato le province e le loro funzioni60, stabilendo, tra l’altro, accorpamenti territoriali, trasformando gli organi provinciali in organi elettivi di secondo grado, prevedendo l’eliminazione della giunta provinciale e sopprimendo le province più estese, previa loro sostituzione con le nuove città metropolitane, istituite ex lege.

Con la decisione 220/2013, la Corte censura la violazione dell’articolo 77 Cost. per “palese inadeguatezza dello strumento decreto-legge a realizzare una riforma organica e di sistema”.

Però, la Corte, in tale occasione, nonostante richiami la procedura di cui all’articolo 133, comma 1, Cost. per il riordino generale degli enti locali, fa intendere che la legge costituzionale è necessaria soltanto per sopprimere le province, o, anche per eliminarne la garanzia

60 Con l‟art.23 del decreto legge n.201/2011 era stata disposta una incisiva riduzione delle funzioni provinciali, limitate esclusivamente a meri compiti “di indirizzo e di coordinamento delle attività dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale e regionale, secondo le rispettive competenze”(comma 14). Veniva altresì disposta l‟eliminazione della giunta provinciale (comma 15), l‟elezione di soli dieci consiglieri provinciali da parte dei consigli comunali(comma 16) e del presidente della provincia da parte del consiglio provinciale nel proprio seno (comma 17). Infine, veniva disposto il trasferimento dallo Stato e dalle Regioni ai Comuni, entro il 31 dicembre 2012 e fatte salve le funzioni di cui al comma 14, delle “funzioni conferite dalla normativa vigente alle Province, salvo che, per assicurarne l‟esercizio unitario, le stesse siano acquisite dalle Regioni, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza” (comma 18). Il tutto “in un‟ottica chiaramente prodromica rispetto alla loro soppressione”: così V. ONIDA, Parere sui profili di legittimità costituzionale dell‟art.17 del d.l. n.95 del 2012, convertito in legge n.135 del 2012, in tema di riordino delle Province e delle loro funzioni, in Federalismi, 25 settembre 2012, 2.

96 costituzionale, se si dovesse prescindere dalla iniziativa comunale prevista e dal parere obbligatorio, ma non vincolante, della regione.

Potrebbe sembrare allora che una legge ordinaria, come la n. 56 del 2014, possa eliminare il carattere direttamente rappresentativo delle province e delle città metropolitane, aggirando i vincoli costituzionali in materia, in attesa della riforma costituzionale dell’intero sistema delle autonomie locali.

In realtà, però, la Corte non dice nulla rispetto alla legittimità di un riordino globale degli enti territoriali, mediante legge ordinaria, in deroga alla procedura prevista dall’articolo 133, comma 1, Cost.

Il monito della Corte, allora, è diretto al legislatore affinché questo predisponga un nuovo assetto degli enti locali, utilizzando la legge ordinaria, ridimensionando le funzioni delle province nelle more della loro prevista abrogazione, tramite legge costituzionale61.

Importante dottrina si è interrogata sulla configurabilità o meno di un ente territoriale costitutivo della Repubblica, ex art. 114 Cost., quale la città metropolitana o la provincia, che non sia direttamente rappresentativo delle comunità locali.

Posto che lo Stato può regolare gli organi fondamentali degli enti locali e la loro elezione ex art. 117, comma 2, lett. p, Cost.62, resta

61

ERIK FURNO, professore associato di diritto pubblico, Università degli studi di Napoli “Federico II”, Il nuovo governo dell‟area vasta: Province e Città metropolitane alla luce della c.d. legge Delrio nelle more della riforma costituzionale degli enti locali, Osservatorio Città metropolitane, in Federalismi, 21 gennaio 2015.

62

Occorre ricordare che, secondo attenta dottrina, la potestà istitutiva delle città metropolitane rientrerebbe nella competenza legislativa residuale delle Regioni ex art.117, comma 4, Cost. Vedi al riguardo M. CECCHETTI, Sui più evidenti profili di possibile illegittimità costituzionale del d.d.l. AS 1212 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), in Federalismi.it, n.3/2014, 5 ss. Per A. LUCARELLI, Prime considerazioni in merito all‟istituzione della Città Metropolitana, in Federalismi.it, ottobre 2012, 2, n.4, “occorre osservare che a differenza dell‟istituzione delle province, di competenza statale (art.133, comma 1, Cost.) e dei comuni, di competenza regionale ( art.133, comma 2 Cost.), la Costituzione in ordine al potere di istituzione delle città metropolitane non dispone nulla. E‟ evidente che tale potere non può essere ricondotto alla competenza legislativa statale in materia di legislazione elettorale, organi di

97 controverso se la Costituzione imponga che l’organo fondamentale (il consiglio) sia eletto direttamente dal corpo elettorale, oppure se consenta che possa essere eletto indirettamente dai consigli comunali.

Come, esattamente rilevato, da attenta dottrina, il punto è se sia “democratica una forma di governo in cui nessun organo è eletto direttamente ovvero in cui un organo è eletto direttamente, ma gioca un ruolo marginalissimo nei processi decisionali dell’ente”63.

Secondo alcuni studiosi64, il nuovo assetto dato agli enti territoriali violerebbe l’articolo 114 Cost., che prevede, al primo comma, l’equiparazione tra città metropolitane, province e gli altri enti costitutivi della Repubblica; lo stesso articolo, al secondo comma,

governo e funzioni fondamentali, di cui all‟art.117, comma 2 lett. p) Cost.”. Contra, G. M. SALERNO, Sulla soppressione-sostituzione delle Province in corrispondenza all‟istituzione delle città metropolitane. Profili applicativi e dubbi di costituzionalità, in Federalismi.it, n.1/2014, 8 gennaio 2014, 12, secondo cui la competenza legislativa statale ex art.117, comma 2, lett. p), Cost. “risulterebbe irrimediabilmente tronca, se non sostanzialmente muta, se non vi fosse anche e nel medesimo tempo quella di determinare le modalità di istituzione, mutamento e soppressione delle Città metropolitane”.

63

O. CHESSA, La forma di governo provinciale nel DDL n.1542: profili d‟incostituzionalità e possibili rimedi, in Federalismi.it, n. 25/2013, specie 10, ove prosegue, affermando che “la vera questione è se sia legittimo che tutti gli organi decisivi siano a elezione indiretta o se invece non sia necessario che almeno un organo decisivo sia a elezione diretta”.

64

O. CHESSA, op. cit., 11, richiama il principio della rappresentanza politica democratica sulla base del seguente sillogismo :”Se la Repubblica italiana deve essere democratica e se, ai sensi dell‟art.114, la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato, allora per la proprietà transitiva ciascuno degli enti costitutivi deve essere a sua volta democratico, cioè organizzato al proprio interno in modo da rispecchiare il principio di sovranità popolare”; C. PADULA, Quale futuro per le Province? Riflessioni sui vincoli costituzionali in materia di Province, 374, che parla di un vincolo costituzionale in merito al carattere politico-rappresentativo dei consigli provinciali; S. CIVITARESE MATTEUCCI, La garanzia costituzionale della Provincia in Italia, in AA.VV., Scritti in onore di G. PALMA, Napoli 2012, vol. I, 575 ss., specie 587-588, ed i contributi contenuti in AA. VV., Le autonomie in cammino. Scritti dedicati a G.C. DE MARTIN, Padova 2012.

98 sancisce l’autonomia65

degli stessi enti, legata al principio di elezione diretta degli organi di governo degli enti locali66.

Allora, la legge 56 risulterebbe in contrasto con il principio democratico, ma anche con quello autonomistico67.

65

Antica dottrina da tempo ricollegava il principio autonomistico di cui all‟art.5 Cost. al principio della sovranità popolare sancito dall‟art.2 della Costituzione. Infatti, secondo l‟espressione di G. BERTI, Art. 5, in G. BRANCA, Commentario della Costituzione. Principi fondamentali, Bologna-Roma 1975, 277 ss., specie 286 - 288: “L‟autonomia diventa espressione di un modo di essere della Repubblica, quasi la faccia interna della sovranità dello Stato”. Ed ancora: “Al fondo dell‟idea di autonomia vi è sempre un principio di autogoverno sociale ed ha senso introdurre una autonomia sul piano istituzionale in quanto sia sicuro che essa serve a vivificare la partecipazione sociale, a rendere effettiva cioè la libertà dei singoli e dei gruppi sociali, come presenza attiva nella gestione di amministrazioni comuni (...)”. Anche C. ESPOSITO, Autonomie locali e decentramento amministrativo nell‟art.5 della Costituzione, La Costituzione italiana. Saggi, Padova 1954, 80 ss., esalta il principio autonomistico, ritenendo che le autonomie locali “costituiscono per i cittadini esercizio, espressione, modo d‟essere, garanzia di democrazia e di libertà”. Per M. S. GIANNINI, Autonomia. Teoria generale e diritto pubblico, in Enc. dir., IV, Milano 1959, 356 ss., specie 365, gli enti locali derivano il proprio indirizzo politico-amministrativo non dallo Stato, ma dalla comunità, di cui costituiscono enti esponenziali.

66

Nel solco delle teorizzazioni di BERTI, C. ESPOSITO e GIANNINI, altri Autori anche prima della riforma del titolo V della Costituzione ricollegavano l‟art.5 Cost. con il principio della sovranità popolare ex art.2 Cost. Vedi, ad esempio, A. PUBUSA, Sovranità popolare e autonomie locali nell‟ordinamento costituzionale italiano, Milano 1983; G. C. DE MARTIN, L‟amministrazione locale nel sistema delle autonomie, Milano 1984; E. ESPOSITO, Provincia (diritto amministrativo), cit., 808, ricorda “il vincolo per il quale la tutela ed il grado accordati dalla Costituzione agli enti territoriali escludono che della provincia possa farsi un ente non retto da criteri partecipatori e tanto meno un ente sottratto alla regola del suffragio popolare”.

67

Secondo B. CARAVITA DI TORITTO, Abrogazione o razionalizzazione delle Province?, in Federalismi.it, n.18/2006, 20 settembre 2006, l‟autonomia “impedisce la costruzione della Provincia come ente di secondo grado (e quindi la riduzione della politicità dell‟ente)”. P. CARETTI, Sui rilievi di incostituzionalità dell‟introduzione di meccanismi di elezione indiretta degli organi di governo locale, in Astrid-Rassegna, n.19/2013, 11 novembre 2013, e G.C. DE MARTIN, Il disegno autonomistico disatteso tra contraddizioni e nuovi scenari problematici, in Le Istituzioni del federalismo, n.1/2014, 21 ss. Anche L. VANDELLI, La Provincia italiana nel cambiamento: sulla legittimità di forme ad elezione indiretta, in Astrid- online.it, 8 ottobre 2012, 8-9, sostenitore della legittimità dell‟elezione di secondo grado degli organi provinciali, riconosce che la rappresentanza, seppur indiretta, deve comunque essere idonea a dare espressione alla collettività locale in quanto “il legame tra l‟organizzazione di governo dell‟ente locale e la collettività insediata nel

99 D’altra parte si collocano i sostenitori dell’elezione indiretta68

, i quali affermano che città metropolitane, province e unioni di comuni esprimano, non la rappresentanza dei cittadini del territorio, ma quella delle relative comunità rappresentate dai loro amministratori. Secondo tale posizione, possono coesistere senza problemi, enti che fondano la loro rappresentatività sull’elezione diretta dei cittadini, con enti