CAPITOLO II: LA LEGGE DELRIO
II.III La sentenza della Corte Costituzionale n 50 del
II.III.II Punti criticati della sentenza
Un profilo della pronuncia da evidenziare, riguarda l'interpretazione riduttiva dell'apporto regionale alla riforma del sistema delle autonomie locali.
La Corte, infatti, attesta come spetti esclusivamente alla legge statale occupare numerosi di quegli spazi, del tessuto costituzionale sull'assetto delle istituzioni territoriali, lasciati liberi, ovvero su cui la Costituzione tace. Le argomentazioni utilizzate hanno assunto carattere prevalentemente "efficientistico"101.
Anche per quanto riguarda l’organizzazione e le modalità di esercizio delle funzioni da parte delle città metropolitane, tuttavia, le argomentazioni della sentenza non sono esenti da problematicità, derivanti soprattutto da una lettura "in astratto" dei meccanismi della riforma.
Si pensi a come la Corte valorizzi la capacità espansiva delle competenze della Conferenza, grazie all'esercizio dell'autonomia statutaria, osservando come lo Statuto venga approvato dalla
100
B. DI GIACOMO RUSSO, direttore scientifico de La nuova Amministrazione italiana, la Corte costituzionale e la legge “Delrio”: quale futuro per le province? (23 ottobre 2015).
101
In questo senso G.M. SALERNO, La sentenza n. 50 del 2015: argomentazioni efficientistiche e neocentralismo repubblicano di impronta statalistica? in Federalismi.it, 7, 2015.
117 Conferenza stessa. La Corte, però, sembra trascurare che il lavoro di redazione dell'atto Statuto spetta in realtà al Consiglio metropolitano, mentre l'intervento della Conferenza, che «adotta o respinge lo statuto e le sue modifiche», si sostanzia solamente in un passaggio privo di capacità emendativa, somigliante più ad un "prendere o lasciare".
Oppure si pensi al riconoscimento della facoltà, per lo Statuto, di optare per l'elezione diretta di Sindaco e consiglieri metropolitani, per la quale si tace sulle "pesanti" condizioni che l'art. 1, comma 22, della legge n. 56 del 2014 pone, come il frazionamento del Comune capoluogo in più Comuni, che risulta difficilmente sostenibile per le Città metropolitane di più ridotte dimensioni102.
L'impressione complessiva è che la Corte abbia sposato una duplice tensione argomentativa, ad un tempo centralistica, quanto alle competenze legislative esclusive statali, ma anche autonomistica, rispetto ai margini che la riforma accorda alle fonti statutarie delle Città metropolitane103.
Il prezzo pagato è una, sostanziale, marginalizzazione delle regioni, che vengono, quasi del tutto, estromesse dal processo di riforma e di istituzione delle Città metropolitane.
Addirittura, per alcuni può sembrare, quasi, una presa d'atto del fatto che, nello scorso venticinquennio, le regioni non siano state in
102
Osserva A. LUCARELLI, La sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 2015. Considerazioni in merito all'istituzione delle città metropolitane, in Federalismi.it, 8, 2015, 6, come l'opzione del legislatore verso meccanismi diversi dall'elezione diretta trova giustificazione, da una parte, nell‟obiettivo originario di caratterizzare la Città metropolitana come «ente amministrativo-gestionale a ridotta vocazione politica», e, dall‟altra, dall‟idea di fondo di garantire il protagonismo del Comune capoluogo di Provincia quale volano delle potenzialità dei restanti Comuni metropolitani, ricorrendo all'immagine della c.d. piramide rovesciata.
103G. MOBILIO, assegnista di Diritto costituzionale presso l‟Università di Firenze, Le città metropolitane non si toccano: la Corte costituzionale si pronuncia sulla legge “Delrio”, Osservatorio sulle fonti, fascicolo 2/2015.
118 grado di sfruttare al meglio le competenze, che la legislazione statale aveva offerto loro, in ordine all'istituzione degli enti metropolitani104.
Mentre la legislazione degli anni '90 responsabilizzava fortemente il livello regionale, la legge Delrio segna una sostanziale estromissione di quest'ultimo, provvedendo ad istituire, ope legis, le nuove Città metropolitane ed a regolarne in gran parte gli aspetti105.
Con riferimento alle censure sollevate dai ricorrenti riguardo i momenti concertativi, la Corte le ha rigettate, considerando tali momenti realizzati. Nel fare ciò ha dichiarato la cessata materia del contendere, forse in modo un po’ anomalo, visto che questo tipo di pronunce vengono solitamente utilizzate in ipotesi differenti (intervenuta abrogazione, sostituzione o modificazione delle disposizioni impugnate aventi carattere satisfattivo) e a condizione che queste siano rimaste medio tempore inattuate o non abbiano prodotto effetti106.
Quindi, la natura satisfattiva delle sopravvenienze dovrebbe derivare da modifiche a livello normativo e non dalla attuazione di
104
Sull'incapacità delle Regioni di sfruttare, in questi anni, le proprie competenze in tema di semplificazione dell'autonomia locale infra-regionale, P. CARETTI, Alcune considerazioni sulle più recenti linee di riforma dell‟ente-provincia.
105
Si pensi solamente alla legge n. 142/1990 (artt. 17 e 18), che affidava alla Regione il compito di definire la perimetrazione dell'area metropolitana, riordinare le circoscrizioni territoriali dei Comuni interni, proporre al Governo i decreti legislativi con cui istituire le Città metropolitane, scegliere le funzioni da affidare ai nuovi enti. Per un'analisi della legislazione statale sulle Città metropolitane che si è succeduta negli ultimi venticinque anni, cfr. A. BRANCASI, P. CARETTI, Il sistema dell‟autonomia locale tra esigenze di riforma e spinte conservatrici: il caso della Città metropolitana, in AA.VV., Scritti in onore di Giuseppe Palma, I, Giappichelli, Torino, 2012.
106
Giunge ad osservare A. STERPA, Un "giudizio in movimento": la Corte costituzionale tra attuazione dell'oggetto e variazione del parametro del giudizio, in Federalismi.it, 8, 2015, 5, come o l‟accordo ha preso atto delle competenze dei rispettivi legislatori, ed allora non dovrebbe esservi cessazione della materia del contendere ma semplice conformità delle norme statali e dell‟Accordo alla Costituzione, oppure l‟accordo «ha introdotto elementi che interferiscono sulle pretese di giustizia delle Regioni e quindi il riparto costituzionale delle competenze legislative e le modalità di declinazione dell‟art. 118 della Costituzione sono state “condizionate” dall‟accordo».
119 disposizioni impugnate, che non può sanare l’illegittimità costituzionale di una norma.
Si arriverebbe a dover sostenere che, le regioni ricorrenti, per veder scrutinate le proprie censure, non avrebbero dovuto sedersi al tavolo della Conferenza, in questo caso avrebbero, però, tenuto un comportamento tale da poter essere valutato come lesione del principio di leale collaborazione, in quanto si sarebbero rifiutate di raggiungere un accordo con lo Stato.
In alcune parti della sentenza, poi, la Corte, sembrerebbe suffragare la legittimità di certe disposizioni della legge Delrio in relazione allo stato di attuazione in cui si trova la relativa disciplina. Così avviene, ad esempio, in rapporto alla previsione della coincidenza fra Sindaco metropolitano e Sindaco del Capoluogo di Provincia.
Per quanto riguarda le censure proposte per presunte violazioni dell’articolo 133 Cost. forse, la Corte avrebbe potuto confrontarsi con le garanzie previste da tale articolo. Garanzie che prevedono che le comunità locali non debbano subire decisioni unilaterali o calate dall’alto, da parte della maggioranza parlamentare, già affermate dalla stessa Corte, nella sentenza n. 220 del 2013107.
Restano perplessità sul fatto che, le garanzie, previste dall’articolo citato, debbano valere, solamente, nel caso di modificazioni singole e non anche nelle ipotesi di riordino generale, come quella prevista dalla legge 56.
Inoltre, questa necessità dovrebbe esser ancor più sentita, poiché, con la propria giurisprudenza, la Corte, ha aperto a diversi procedimenti per l'istituzione, la soppressione di Province e gli
107 Sentenza n. 220/2013, Corte costituzionale, “sin dal dibattito in Assemblea costituente è emersa l‟esigenza che l‟iniziativa di modificare le circoscrizioni provinciali – con introduzione di nuovi enti, soppressione di quelli esistenti o semplice ridefinizione dei confini dei rispettivi territori – fosse il frutto di iniziative nascenti dalle popolazioni interessate, tramite i loro più immediati enti esponenziali, i Comuni, non il portato di decisioni politiche imposte dall‟alto”.
120 interventi sui relativi perimetri, a patto che vi fosse una compensazione con equivalenti forme di partecipazione.
Nel passaggio in cui la Corte giustifica la democraticità dell’elezione di secondo grado del Consiglio metropolitano, essa va a sottintendere una molteplicità di livelli di sovranità popolare. Veniva lamentata dalle regioni ricorrenti la mancanza di democraticità derivante dall’elezione, di diritto, del sindaco del comune capoluogo, come sindaco della città metropolitana, il quale era, in sostanza, imposto ai cittadini degli altri comuni appartenenti al nuovo ente metropolitano; altro punto era il Consiglio metropolitano con grande potere decisionale, ma, non rispondente né al corpo elettorale né alla Conferenza metropolitana; si chiedeva anche che, data la politicità delle funzioni degli organi metropolitani, queste dovrebbero essere affidate ad organi politicamente responsabili verso la comunità di riferimento. In sostanza, non si tratta, banalmente, della elezione di secondo grado di organi politici, ma proprio della possibilità per i cittadini, appartenenti ai comuni diversi dal capoluogo, di partecipare al momento elettorale108.
Non basta il riferimento della Corte all’elezione di secondo grado del Presidente della Repubblica, autorevole dottrina, infatti, ha, più volte, chiarito la differenza tra un’elezione indiretta ed un’elezione di secondo grado, il caso del Capo dello Stato rientrerebbe nella prima accezione, a differenza degli organi cui si discute nella legge Delrio109.
108
A. SPADARO, La sentenza cost. n. 50/2015. Una novità rilevante: talvolta la democrazia è un optional, in Rivista AIC, 2, 2015. La Corte, inoltre, non affronta anche un altro profilo, che è quello della reciproca autonomia fra organi previsti all'art. 114 Cost., ovvero dell'autonomia che deve sussistere tra gli stessi enti decentrati, e quindi tra il Comune e la rispettiva Provincia o Città metropolitana; cfr. G.M. SALERNO, La sentenza n. 50 del 2015: argomentazioni efficientistiche e neo-centralismo repubblicano di impronta statalistica?, in Federalismi.it, 7, 2015, 14.
109
L. ELIA, Una formula equivoca: l'elezione indiretta del Presidente della Repubblica, in Giur. cost., 1968, 1533 ss., che sottolinea come l'elezione indiretta sia «compiuta da un corpo elettorale elettivo, o rectius, formato da un'assemblea
121 Circa l’argomento riguardante la Carta europea dell’autonomia locale, la Corte ritiene che questo documento sia da considerare non vincolante, ma, di mero indirizzo. Ciò che appare in contrasto con tale ricostruzione è che sul piano internazionale, l’Italia, è vincolata da tutte le disposizioni della Carta europea, in quanto non ha usufruito della possibilità, pur accordata dall’articolo 12 della stesso documento, di non impegnarsi al rispetto di alcuni paragrafi110.
Inoltre, va ricordato, come, in un’altra occasione, la Corte, nello specifico il suo Presidente, aveva, in risposta alle richieste del Monitoring Committee del Congress of Local and Regional Authorities, chiarito che la Carta europea dell’autonomia locale essendo “atto di diritto internazionale recepito con legge ordinaria nell’ordinamento interno” non possa che ricadere “nell’alveo della previsione del primo comma dell’articolo 117 Cost. che impone al legislatore statale e regionale il rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali”111
.
elettiva», mentre nell'elezione di secondo grado «si hanno elettori primari ed elettori scelti ad hoc, secondari».
110Firmata a Strasburgo, nell‟ambito del Consiglio d‟Europa, il 15 ottobre 1985, e ratificata dalla legge 30 dicembre 1989, n. 439. Su tale documento, in generale, cfr. F. MERLONI, La tutela internazionale dell‟autonomia degli enti territoriali. La Carta europea dell‟autonomia locale del Consiglio d‟Europa, in Scritti in onore di Giuseppe Palma, I, Giappichelli, Torino, 2012, 789 ss. Più specificatamente, in merito alla compatibilità della legge n. 56/2014 con la Carta, v. C. PADULA, L‟autonomia: un principio di scarso valore? La Carta europea dell‟autonomia locale e le recenti riforme degli enti locali (legge "Delrio" e d.l. 95/2012), relazione al Convegno annuale del Gruppo di Pisa, Il valore delle autonomie: territorio, potere, democrazia, Bergamo, 6-7 giugno 2014, reperibile in www.gruppodipisa.it. 111
Prosegue il Presidente della Corte, come «nonostante la mancanza di precettività delle sue disposizioni, la Carta si pone come parametro idoneo ad orientare l‟attività sia del legislatore, al quale non dovrebbe essere consentito dettare discipline con essa contrastanti, sia dell‟interprete, tenuto ad applicare la normativa vigente in conformità con i disposti della Carta medesima». Cfr. "L‟applicazione in Italia della „Carta europea dell‟autonomia locale‟. Questioni formulate dalla delegazione del Congress of Local and Regional Authorities del Consiglio d‟Europa per l‟incontro con la Corte costituzionale del 3 novembre 2011", a cura di M. BELLOCCI, R. NEVOLA, ottobre 2011.
122 Tornando all’elezione indiretta degli organi metropolitani, la Corte giustifica tale modalità anche alla luce dei possibili “meccanismi alternativi che permettano di assicurare la reale partecipazione dei soggetti portatori degli interessi coinvolti”. È facile identificare questi meccanismi nella cessazione della carica di consigliere metropolitano qualora “venga meno il munus” a livello comunale. La prima tornata elettorale, però, ha messo in evidenza come sia più la rappresentanza di tipo politico ad essere privilegiata rispetto a quella di tipo territoriale, lasciando, così, i comuni di più ridotte dimensioni privi di rappresentanti in seno al Consiglio metropolitano.
In sostanza, ciò che i critici della sentenza n. 50 del 2015 mettono in evidenza è che le regioni restino un po’ schiacciate tra la legislazione statale e l’autonomia statutaria delle Città metropolitane.
La legislazione regionale ne esce limitata, dovendosi occupare di allocazione delle funzioni e delle relative risorse e di variazioni del territorio metropolitano.
L’aver calato dall’alto un soggetto istituzionale forte non rappresenta un buon preludio per un rapporto di efficace collaborazione tra i vari enti locali.
Va, certamente, detto che un’eventuale declaratoria di incostituzionalità avrebbe interrotto un processo di riforma già ben avviato e necessario per l’Italia, però, la Corte avrebbe potuto giustificare in modo esaustivo certe prese di posizione, addirittura in taluni casi sembra aver eluso alcune delle censure sollevate.
Nella Relazione introduttiva della legge Delrio, la Città metropolitana avrebbe dovuto rappresentare “un livello di governo di area vasta, chiaramente collocato in una visione funzionale più ad una razionale e coerente organizzazione dell’attività dei comuni insistenti sul territorio che non ad un livello di democrazia locale espressione
123 della comunità metropolitana”112
. La visione, qui prospettata, dell’ente metropolitano, come servente i comuni, avrebbe sicuramente suscitato minori reazioni negative se fosse stata mantenuta.
I nuovi enti, di sicuro, possono colmare alcune lacune della riforma, adottando proprie fonti statutarie o propri regolamenti, diretti a migliorare i rapporti tra i vari livelli locali di governo.
Ad un’analisi più attenta, però, sembra che la Corte non avesse come punto di riferimento tanto il testo costituzionale vigente, quanto la legge costituzionale “Renzi-Boschi”. In particolare, l’articolo 31 del capo IV, ridetermina l’articolo 117 ed affida allo Stato la competenza legislativa esclusiva su “ordinamento, legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni e Città metropolitane; disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni”.
Tale pronunciamento, ante litteram, della Corte, rischia di non trovare fondamento, neanche per il futuro, nella lettera costituzionale, se il referendum confermativo del prossimo 4 dicembre non dovesse essere approvato.
Sta di fatto che questo indirizzo giurisprudenziale sembrerebbe aprire le porte a forme di intervento statale estremamente incisive, a evidente discapito dell'autonomia regionale113.
112
Camera dei Deputati, XVII Legislatura, n. 1542, Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni.
113
G. MOBILIO, op. cit., Le città metropolitane non si toccano: la Corte costituzionale si pronuncia sulla legge “Delrio”, Osservatorio sulle fonti, fascicolo 2/2015.
124
II.IV
Tappe
di
avvicinamento
alla
riforma
costituzionale
Prima della legge costituzionale Renzi-Boschi, altre leggi sono intervenute nel solco tracciato dalla legge 56/2014, come, ad esempio, la legge di stabilità 2015.
La norma, la n.190 del 2014, impone alle province alcuni divieti come: quello di acquisire personale tramite incarichi di consulenza o con l’istituto del comando, quello di effettuare spese correnti per assumere personale a tempo indeterminato ed ha statuito una diminuzione della dotazione organica pari al 50% della spesa sostenuta per il personale di ruolo (dedito a funzioni fondamentali e non), alla data di entrata in vigore della legge Delrio (8 aprile 2014)114.
La legge 56 ha previsto che, entro 90 giorni dalla sua entrata in vigore, si individui il personale che rimane assegnato agli enti di area vasta e quello che invece viene posto in mobilità115.
Le risorse umane collocate in mobilità devono essere assegnate alle regioni e agli enti locali, conservando, comunque, la posizione giuridica ed economica già maturata.
Il decreto legge n.78 del 19 giugno 2015, recante: “Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali”, poi convertito dalla legge n.125 del 2015, è anch’esso consequenziale alla legge Delrio, in particolare contiene norme per il ricollocamento del personale delle province.
Si prevede, la disapplicazione delle misure di sanzione consistenti nel divieto di assunzione ed il trasferimento del personale delle
114
Per le Città metropolitane la riduzione della dotazione organica stabilita dalla legge di stabilità 2015 è del 30%.
115
Le procedure di mobilità, da definire tramite decreto ministeriale, devono essere stabilite entro 60 giorni dall‟entrata in vigore della legge di stabilità. Decreto adottato il 14 settembre 2015 “Criteri per la mobilità del personale dipendente a tempo indeterminato degli enti di area vasta dichiarato in soprannumero, della Croce rossa italiana, nonché dei corpi e servizi di polizia provinciale per lo svolgimento della funzione di polizia municipale”.
125 province presso l’amministrazione in cui presta servizio, per quei lavoratori in posizione di distacco o comando presso altra pubblica amministrazione116.
Viene, inoltre, introdotto un meccanismo sanzionatorio per quelle regioni che, entro il 30 ottobre 2015, non abbiano approvato le leggi per il trasferimento delle funzioni non fondamentali delle province, definite dall’Accordo Stato-regioni. La sanzione comporta un versamento, da parte della regione inadempiente, alle province ed alle città metropolitane, delle somme necessarie all’esercizio delle funzioni non trasferite, da quantificare con decreto del Ministro dell’Interno.
Altra tappa, che si interpone tra la legge Delrio e la legge Renzi- Boschi, è la legge n.208 del 2015 recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2016”.
Nei commi della legge 208 dedicati alla questione delle province, si distinguono le regioni che alla data di entrata in vigore della legge “non hanno provveduto a dare attuazione all’accordo tra Stato e regioni” da quelle che “hanno adottato in via definitiva la legge attuativa ma non hanno completato il trasferimento delle risorse”. In entrambi i casi viene nominato un commissario, il quale deve adottare gli atti necessari per rendere effettivo il trasferimento delle funzioni non fondamentali delle province (nel primo caso), oppure deve operare d’intesa con il presidente della regione (nel secondo caso). Il commissario non ha diritto al compenso, si avvale delle varie strutture delle amministrazioni pubbliche e deve essere nominato entro trenta
116 La previsione del ricollocamento si trova al comma 2 dell‟articolo 4: “Il personale delle province che alla data del 31 dicembre 2014 si trova in posizione di comando o distacco presso altra pubblica amministrazione, è trasferito, previo consenso dell'interessato, presso l'amministrazione dove presta servizio, a condizione che ci sia capienza nella dotazione organica e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque ove risulti garantita la sostenibilità finanziaria a regime della relativa spesa”.
126 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità (primo gennaio 2016).
Da evidenziare che, alla data del primo gennaio 2016, tutte le regioni ordinarie hanno provveduto ad approvare normative di attuazione della legge 56 del 2014.