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Il principio di Sussidiarietà e le Leggi Bassanin

Nel 1997, anche in conseguenza delle pressioni provenienti dall’ Unione Europea, si comincia ad affrontare seriamente il tema del principio di sussidiarietà.

Si assume tale principio come guida nell’organizzazione dei pubblici poteri, come già sancito dal Trattato CE per l’ordinamento giuridico comunitario.

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Facevano parte del Comitato i professori: Ettore A. Albertoni, Giovanni Bognetti, Romano Cajelli, Gian Franco Ciaurro, Vittorio Di Ciolo, Giuseppe Franco Ferrari, Serio Galeotti, Francesco Gentile, Massimo Severo Giannini, Pietro Grilli di Cortona, Aldo Loiodice, Alberto Martinelli, Carlo Mezzanotte, Sergio Ortino, Ettore Rotelli, Nazareno Saitta.

46 Sono, quindi, molte le funzioni che vengono trasferite agli enti locali ed alle regioni, tramite il decreto legislativo n. 112 del 1998, che prima erano invece di competenza dell’ amministrazione centrale.

Le Province in tale contesto svolgono un ruolo fondamentale, in quanto naturali destinatarie di molti compiti in precedenza svolti dall’amministrazione centrale a livello periferico; tra gli esempi da poter fare ci sono: la difesa dell’ambiente, la tutela e la valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche, la viabilità e i trasporti, l’istruzione ed i servizi sociali, la formazione professionale, l’occupazione, l’organizzazione dello smaltimento dei rifiuti e il coordinamento di opere nel settore economico, commerciale e turistico.

Le leggi di riferimento sono: la n. 59 del 15 marzo 1997 (Bassanini I), la n. 127 del 1997 (Bassanini bis) e la n. 181 del 1998 (Bassanini ter).

Con la prima legge Bassanini si delegava il Governo ad emanare decreti legislativi che potessero consentire alle regioni ed agli enti locali di svolgere funzioni amministrative nel rispetto dei criteri direttivi seguiti dalla legge stessa.

La legge Bassanini bis, approfondisce il ruolo territoriale delle province come enti a fini generali e rappresentativi delle comunità di cui sono espressione, ma anche come fondamentali enti di snodo tra i comuni da una parte e le regioni e lo Stato dall’altra.

Le riforme Bassanini, così definite in ragione del loro principale ideatore Franco Bassanini, hanno aumentato gli aspetti autonomistici (tentando di incidere su quella abitudine statale di legiferare troppo nelle periferie e delle regioni di essere restie a conferire deleghe agli enti locali) ed hanno impostato nuovi assetti organizzativi per comuni e province.

Inoltre è stato aumentato il potere rappresentativo del Presidente della Provincia, rafforzandone così la figura istituzionale.

47 Tramite tali leggi vengono anche riformulate alcune norme contenute nella legge 142 del 1990.

Infine il decreto legislativo n. 96 del 1999, indica una serie di compiti amministrativi da trasferire dalle regioni alle province, valorizzando, ancora una volta, il decentramento.

Il nuovo assetto sarebbe dovuto essere completato dal riassetto della maglia territoriale dei governi locali di area vasta, con l’eventuale nascita delle città metropolitane (Torino, Milano, Genova, Venezia, Bologna, Roma, Firenze, Napoli, Bari) e l’istituzione di nuove province.

Un ruolo di coordinamento, proposta e indirizzo viene assegnato alle regioni.

I criteri che si individuano per la revisione delle circoscrizioni provinciali e per l’istituzione delle nuove province riguardano l’adeguatezza territoriale ed una soglia minima di popolazione, 200 mila abitanti, ed infine la non necessaria istituzione degli uffici periferici dello Stato nelle nuove province.

Inizialmente la delimitazione territoriale delle aree metropolitane coincide con quella delle province corrispondenti, le funzioni verranno assegnate al nuovo ente.

I comuni acquistano un ruolo di primo piano, sono infatti interpellati sulla loro volontà di far parte del nuovo ente e possono anche scegliere di passare ad un’altra provincia.

La Città metropolitana è un organo di governo che svolge le funzioni amministrative in tutta l’area metropolitana, assorbendo la Provincia ed il Comune capoluogo, lasciando però ai comuni metropolitani tutte le funzioni di rappresentanza e di prossimità, secondo il rispetto del principio di sussidiarietà.

La delimitazione dell’area metropolitana potrebbe non coincidere con la provincia, in tal caso si procede alla ridefinizione delle

48 circoscrizioni delle province vicine e l’area metropolitana viene considerata come il territorio di una nuova provincia.

Le regioni avrebbero dovuto provvedere al riordino delle circoscrizioni comunali delle aree metropolitane entro diciotto mesi dalla delimitazione dell’area, il Governo invece aveva a disposizione una delega di 24 mesi per provvedere alla costituzione delle autorità metropolitane.

Questa riforma avrebbe dovuto spingere verso due direzioni fondamentali: dotare le aree metropolitane di governi differenziati per poter rispondere alle varie esigenze dei diversi territori e spingere ad una migliore razionalizzazione delle circoscrizioni provinciali in modo tale da gestire l’evoluzione territoriale e la crescita demografica38

. Per oltre venti anni dalla riforma del 1990 la situazione delle città metropolitane non è stata chiarita; mentre la maglia territoriale provinciale ha subito una seconda rottura sostanziale, a seguito dell'attuazione della delega per l'istituzione delle otto nuove Province di: Verbano-Cusio-Ossola, Biella, Lecco, Lodi, Rimini, Prato, Crotone, Vibo Valentia.

La Provincia di Forlì viene rinominata Forlì-Cesena39.

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Cfr. UPI - CUSPI, Atlante statistico delle Province italiane, Roma, 2011: la carta e il grafico riprodotti in questo paragrafo sono tratte dal saggio di Rossella Salvi, Storia e demografia delle Province italiane 1861 – 2011.

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I decreti attuativi della delega contenuta nell‟art. 63 della legge 142/90: “63. Delega al Governo per la prima revisione delle circoscrizioni provinciali. [1. Ai fini della prima applicazione dell'articolo 16 ed in attuazione dell'articolo 17, il Governo è delegato ad emanare, nel termine di due anni dalla entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per la revisione delle circoscrizioni provinciali e per la istituzione di nuove province conseguenti alla delimitazione territoriale delle aree metropolitane effettuata dalla regione. 2. Il Governo è altresì delegato, entro lo stesso termine, ad emanare decreti legislativi per l'istituzione di nuove province, compatibilmente con quanto stabilito al comma 1, per tutte le aree territoriali nelle quali, alla data del 31 dicembre 1989, è stata già avviata la formale iniziativa per nuove province da parte dei comuni ed è già stato deliberato il parere favorevole da parte della regione (Biella, Crotone, Lecco, Lodi, Prato, Rimini e Verbania), ovvero il parere favorevole venga deliberato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge...] La delega è stata attuata soltanto nella parte relativa all‟istituzione delle 8 nuove province (comma 2) mentre non è stata attuata per

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I.XV La Commissione D’Alema

Il 1997 è anche l’anno della terza Commissione bicamerale per le riforme costituzionali della storia italiana, la Commissione D’Alema.

Numerose le proposte prese in esame riguardanti il principio di sussidiarietà per la ripartizione delle funzioni amministrative e legislative tra comuni, province, regioni e stato.

Tra le più varie interpretazioni suggerite per l’articolo 114 della Costituzione, dai vari parlamentari, si può trovare quasi ogni orientamento: alcuni propongono di considerare la provincia come ente pari ordinato agli enti territoriali, compreso lo Stato, altri ne propongono una subordinazione alla regione ed infine c’è chi ripropone l’abolizione dell’ente provinciale.

Dopo molto lavoro, il relatore D’Onofrio presenta una relazione con il testo conclusivo della Commissione.

Secondo tale testo l’articolo 55 della Costituzione avrebbe dovuto definire la Repubblica nel seguente modo “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Regioni e dallo Stato”; proseguendo, il secondo comma dello stesso articolo affermava che le province come i comuni e le regioni sono enti autonomi con poteri propri e proprie funzioni.

Il progetto per l’articolo 56 prevede che ci sia una specifica motivazione per le leggi statali e regionali, che disciplinando materie di propria competenza legislativa, vadano ad attribuire funzioni amministrative, per la loro attuazione, alla Provincia, alla Regione o allo Stato.

Viene introdotta una novità importante, la possibilità di ricorso alla Corte Costituzionale per i comuni e le province contro le leggi regionali e statali lesive delle rispettive competenze amministrative.

quanto riguarda la delimitazione delle aree metropolitane e la revisione delle circoscrizioni provinciali (comma 1).

50 Inoltre gli atti delle province non sarebbero più stati sottoposti a controlli preventivi di legittimità o di merito.

Le regioni si vedono attribuire il potere di istituire nuove province o di mutare la denominazione o i confini di quelle già esistenti, con la modifica dell’articolo 66.

Viene costituzionalizzato il sistema delle conferenze di collaborazione tra Stato ed enti locali40.

L’articolo 89 del progetto di revisione contiene una delle modifiche principali, riguardante la modifica del Senato, fondamentale per fornire un assetto “federale” all’ordinamento41

.

La Commissione riceve anche il contributo dei presidenti dell’ANCI e dell’UPI; Panettoni, presidente dell’UPI, si schiererà a favore del mantenimento delle province ma si dirà anche fautore di una

40Articolo 76: “La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, i Comuni, le Province e le Regioni è formata da ministri, sindaci e presidenti di Province e di Regioni. Promuove intese ai fini dell‟esercizio delle rispettive funzioni di governo e svolge le altre funzioni previste dalla legge. La Conferenza è presieduta dal Primo ministro, da un ministro da questi delegato ovvero dal vicepresidente, eletto tra i rappresentanti dei Comuni, delle Province e delle Regioni. È convocata dal Primo ministro, anche su richiesta del vicepresidente”.

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“Il Senato della Repubblica in sessione speciale è integrato da consiglieri comunali, provinciali e regionali eletti in ciascuna Regione in numero pari a quello dei relativi senatori. La legge stabilisce i criteri per l‟elezione dei consiglieri in modo da assicurare una equilibrata rappresentanza degli enti interessati. I collegi elettorali sono formati rispettivamente da componenti dei consigli comunali, provinciali e regionali, sulla base dei voti espressi per l‟elezione dei consigli stessi. La sessione speciale è convocata per l'esame dei disegni di legge relativi a: a) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni e Province; b)coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; c) tutela di imprescindibili interessi nazionali nelle materie attribuite alla competenza legislativa delle Regioni; d) autonomia finanziaria di Comuni, Province e Regioni, conferimento di beni demaniali alle Province, alle Regioni e allo Stato”. L‟art. 135 del progetto, infine, statuiva che “La Corte costituzionale è composta da venti giudici. Cinque giudici sono nominati dal Presidente della Repubblica; cinque giudici sono nominati dalle supreme magistrature ordinaria e amministrativa; cinque giudici sono nominati dal Senato della Repubblica; cinque giudici sono nominati da un collegio formato dai rappresentanti di Comuni, Province e Regioni che integrano il Senato della Repubblica in sessione speciale”.

51 redistribuzione delle competenze legislative tra Stato e Regione e di quelle amministrative tra Provincia e Comune. Secondo Panettoni ogni ente dovrebbe essere in grado di rappresentare la propria comunità e per farlo al meglio, le funzioni di ogni organo dovrebbero essere differenziate per quantità e qualità, come accade in molti paesi europei, come Francia e Germania.

Anche Mercedes Bresso, allora presidente della Provincia di Torino, esponendo il suo punto di vista, si schiera a favore del mantenimento delle province, le quali a suo parere rappresentano un livello di governo essenziale, in cui gli italiani sono abituati ad identificarsi. La forte identità delle province, sempre secondo l’ex presidente della provincia di Torino, si sarebbe dovuta accompagnare ad una razionalizzazione degli enti di livello intermedio, che invece stavano proliferando pericolosamente, a danno dell’efficienza amministrativa.

Il progetto della Commissione D’Alema, probabilmente più completo rispetto ai precedenti, giunge effettivamente all’esame del Parlamento.

Alla Camera viene discusso ed approvato, il 25 febbraio 1998, l’articolo 55 del progetto di riforma, con l’aggiunta però delle città metropolitane tra gli enti di cui la Repubblica è costituita.