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Cenni storici sullo studio della composizione

Capitolo 2. Tipologie di composti nominali

2.1. Cenni storici sullo studio della composizione

Lo studio della composizione cominciò ad essere approfondito durante l’Ottocento, dopo che il riconoscimento della famiglia linguistica indoeuropea ebbe inaugurato lo studio contrastivo delle lingue: fu questo il momento in cui la nascente germanistica iniziò ad interessarsi alla Wortbildung (Marx 1994: 37). In particolar modo il sanscrito suscitava l’interesse degli studiosi, perché essendo una lingua molto conservativa veniva ritenuto più simile alla ricostruita ‘lingua originaria’ indoeuropea. La morfologia sanscrita contemplava inoltre una gamma molto differenziata di formazioni composte, e per questo lo studio della composizione si serve ancora oggi di termini introdotti dai grammatici

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sanscriti, come ad esempio bahuvrīhi (per indicare i composti possessivi) e dvandva (per i composti copulativi) (Kastovsky 2009: 331).

La Deutsche Grammatik di Jacob Grimm (18261) fu la prima grammatica a contemplare la formazione delle parole nelle lingue germaniche da un punto di vista descrittivo, filologico e comparativo (Marx 1994: 37). Grimm aveva suddiviso i composti tedeschi in eigentliche e uneigentliche Komposita: i primi, i composti propri, sono quelli formati esclusivamente da morfemi lessicali, siano essi radici o temi della radice (root o

stem2); un esempio è l’alto tedesco antico tagalicht, formato giustapponendo taga e licht, ‘luce del giorno’. Al contrario, i composti impropri3 sono quelli il cui primo membro contiene una marca flessiva, che nella maggior parte dei casi è una marca del genitivo; sono uneigentliche Komposita l’alto tedesco antico Donares-tag, il tedesco moderno

Tageslight e il latino Acquaeductus (Olsen 200: 906). Kastovsky (2009: 329) spiega in

diacronia la differenza tra composizione propria e impropria: i composti propri risalgono ad un periodo in cui non si era ancora sviluppata l’inflessione nominale; pertanto, in mancanza di marche flessive per indicare il caso, le funzioni sintattiche venivano espresse attraverso la posizione dei sostantivi nella frase. I composti impropri contengono invece marche flessive, segno della loro origine come univerbazioni di costruzioni sintattiche; dalle desinenze si sarebbero sviluppati in seguito i Fugenelemente del tedesco, cioè gli elementi che talvolta segnano il confine tra i costituenti nelle parole composte (Liebe|s|brief), oggi non più morfologicamente motivati.

Oggi la suddivisione tra eigentliche e uneigentliche Komposita non è più rilevante per un’analisi sincronica, ma ha dato inizio agli studi tradizionali sulla composizione, cioè quelli basati sulle relazioni implicite preposizionali e di caso che sussistono tra i costituenti (Olsen 2000: 905-906). Secondo Wamelink-van Lint (1994: 657) gli studi sulla composizione si possono raggruppare in due grandi filoni: gli studi tradizionali e gli studi formali. Il filone tradizionale classifica i composti in base alle caratteristiche morfologiche e alle funzioni sintattiche dei costituenti, nonché in base alle relazioni semantiche tra i membri; inoltre negli studi tradizionali la composizione viene considerata

1 Grimm, Jacob (1826), Deutsche Grammatik, 2. Theil: Ableitung und Zusammensetzung, Göttingen.

2 Kastovsky (2009: 323) indica la radice (root) come ció che non è ulteriormente analizzabile, come touch- in untouchables; e il tema (stem) come ciò che rimane di una parola una volta tolte le marche flessive,

untouchable nello stesso esempio.

3 La traduzione di eigentliche e uneigentliche Komposita in ‘composti propri’ e ‘impropri’ si trova in Marx (1994: 39).

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un processo analogico, che forma parole imitando il modello di altre parole. La sola analogia può spiegare la struttura di parole già esistenti, ma non può dar conto dei processi mediante i quali si formano nuovi composti: negli studi tradizionali non si distingue tra composti lessicalizzati e composti produttivi, e non si ricercano precise regole di formazione che siano produttive; per questo tali approcci vengono definiti ‘non formali’4. Negli studi del filone formale si cerca invece di formulare regole rigorose per la formazione delle parole composte, presupponendo che sussistano strutture sintattiche soggiacenti; quindi l’inglese oil well ‘pozzo petrolifero’ è formalizzato come risultato di trasformazioni successive che trovano la loro origine nella frase ‘the well yields oil’ (Lees 19605). L’aspetto problematico degli studi formali è l’impossibilità di recuperare quei predicati che nel composto rimangono impliciti: il predicato to yield, nell’esempio, può essere completato soltanto da un parlante che conosca già il significato della parola oil

well. Per questo venne introdotto un insieme limitato di ‘recoverably deletable predicates’ (Levi 19786), creando così un modello di formazione di parole generativo e semantico: generativo poiché presuppone regole di formazione trasformazionali a partire dalla sintassi, semantico perché inserisce nelle regole generative anche elementi lessicali, cioè i suddetti predicati7. Tuttavia l’insieme di predicati non potrà mai dare conto di tutti i composti possibili, quindi si cominciò a dubitare dell’esistenza di un elenco di predicati veramente esaustivo, tornando a proporre modelli descrittivi basati anche sulle caratteristiche semantiche e le funzioni sintattiche dei costituenti, più vicini agli studi tradizionali8 (Wamelink-van Lint 1994: 658).

Secondo Motsch (1994: 5022) gli studi formali trasformazionali hanno caratterizzato gli anni settanta e ottanta, basandosi sull’influenza dei principi della sintassi sulle formazioni lessicali. Nel frattempo si è affermato un altro approccio, quello lessicale, che vede al contrario sintassi e morfologia come due ambiti separati della grammatica con

4 Secondo Wamelink-van Lint un esempio di studio tradizionale è Marchand, Hans (1969), The Categories

and Types of Present-day English Word Formation: a Synchronic–Diachronic Approach, Beck, Munich;

penso che per l’italiano si possa annoverare in questo filone Tollemache (1945).

5 Lees, Robert B. (1960), The Grammar of English Nominalizations, Indiana University, Research Center in Anthropology, Folklore, and Linguistics (citato da Wamelink-val Lint 1994:59).

6 Levi, Judith N. (1978) The Syntax and Semantics of Complex Nominals, New York, Academic Press (citata da Wamelink-van Lint 1994: 658).

7 Per una storia degli approcci trasformazionali e lessicalisti alla composizione, si veda Ten Hacken (2009).

8 Un esempio a questo proposito si trova in Bauer, Laurie (1978), The Grammar of Nominal Compounding

with Special Reference to Danish, English and French, Odense, Odense University Press (citata da

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regole totalmente diverse; la formazione delle parole è un procedimento morfologico (così Jackendoff 19759). Dagli anni ottanta si tende a riconoscere le affinità tra i due ambiti morfologico e sintattico; i principi che governano le parole e le frasi sono simili. In questa prospettiva si colloca lo studio di William (1981) che ha introdotto il concetto di Righthand Head Rule, segnando un momento importante nello studio dei composti (Wamelink-van Lint 1994: 658). Come si è visto (al punto 1.3.1.), questa regola è stata ridimensionata di molto e ora si può dire che valga generalmente solo per alcune lingue, tra cui quelle germaniche (Booij 2009: 203). Questi studi post-lessicalisti comprendono anche il contributo di Dawning (197710, contenente il noto esempio dell’apple-juice seat), che ha mostrato come la pragmatica svolga un ruolo non trascurabile nella composizione, poiché la formazione e l’interpretazione dei composti dipendono in modo preponderante dal contesto (Wamelink-van Lint 1994: 658). L’importanza del contesto nei composti è stata rivalutata anche dallo studio di Heringer (1984), in cui la parola Fischfrau è stata interpretata in almeno 12 modi diversi a seconda della situazione contestuale: ‘Frau, die

Fisch verkauft’, ‘Frau, die kühl wie ein Fisch ist’, e così via.