• Non ci sono risultati.

IL RUOLO CENTRALE DI UNA QUESTIONE RITENUTA MARGINALE: LA TUTELA DELLE MENZIONI TRADIZIONALI NEL SISTEMA DELLA

PLINA DELLE INDICAZIONI GEOGRAFICHE E IL RAPPORTO CON DISCI-PLINARI DI PRODUZIONE PIU' RESTRITTIVI

Dopo essersi occupati di individuare i principi di fondo sottesi alle pronunce in esame, è bene entrare nel dettaglio di quella che risulta essere la principale questione di diritto sostanziale affrontata e risolta dai giudici di Venezia: le menzioni tradizionali. La questione per i suoi risvolti pratici risulta particolarmente rilevante, soprattutto alla luce del contesto giuridico di recente emanazione in cui si inserisce, che risulta sicuramente in-fluenzato dall'emanazione della nuova OCM unica, il Regolamento n. 1308/2013, sull'or-ganizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e recepito dal Testo unico del vino, che fortemente ha innovato il sistema della produzione vitivinicola e in particolare le rego-le della filiera dei vini di qualità.

Come si è già accennato in precedenza, le menzioni tradizionali figurano tra i segni che possono raccontare la storia di un prodotto, nonché le sue peculiarità dovute a fattori naturali, umani e allo specifico rapporto con un territorio. Tali segni fanno parte del sistema delle indicazioni geografiche che hanno visto la luce proprio a servizio del settore vitivinicolo e mantengono, per questo comparto, una rilevanza di prim'ordine. Infatti, fin dalla loro creazione nel diritto europeo, l'istituto delle menzioni tradizionali ha acquisito

«un particolare rilievo nel contesto della tutela dei vini di un Paese e ciò, si crede, per ri-marcare che la peculiarità del vino dipende non solo dalle sue qualità in un intreccio di profili territoriali e tecnologie particolarmente sofisticate, ma anche da elementi

immateria-li intrisi di storia e di cultura» . In realtà si tratta di segni che, pur non trovando un grande 241 riscontro nella bibliografia dottrinale, evocano tuttavia «una disciplina datata, frutto di una prassi consolidata, attraverso cui è stato esteso a tutto il territorio europeo la protezione accordata a determinate menzioni collegate a specifici vini, alle condizioni previste dalla disciplina dello Stato membro, prevedendo limitazioni e regole di protezione» . La disci242 -plina attuale va ricondotta, in parte, al Regolamento n. 1308/2013 sull'organizzazione co-mune dei mercati dei prodotti agricoli, che agli artt. 112 e ss. ne predispone una definizio-ne, sulla scorta del Regolamento n. 491/2009, che permette al produttore di vino di riporta-re in etichetta i termini DOP e IGP o le corrispondenti menzioni tradizionali nazionali, (mentre le c.d. menzioni specifiche tradizionali sono definite all’art. 118 duovicies) e, in 243 parte, nel Regolamento delegato della Commissione n. 33 del 2019 , che riguarda l'ambi244 -to set-toriale delle domande di protezione di DOP, IGP e menzioni tradizionali e così rinno-va le disposizioni del Regolamento n. 607 del 2009 . Invece nell'ordinamento italiano le 245 disposizioni europee hanno trovato attuazione, prima nel Decreto Legislativo n. 61 del

N. LUCIFERO, La tutela delle menzioni tradizionali dei vini tra principio di unitarietà della denomina

241

-zione di origine e atti di concorrenza sleale: il caso dell’Amarone della Valpolicella, in Rivista di diritto agrario, n.4, 2020, Milano, Giuffrè, p. 189.

Ibidem, p. 186.

242

Si veda la definizione delle menzioni tradizionali data nel Regolamento recante disposizioni specifiche

243

per taluni prodotti agricoli, tra i quali il vino, il n. 491 del 2009 dall’art. 118 duovicies, «l’espressione usata tradizionalmente negli Stati membri, in relazione ai prodotti di cui all’articolo 118 bis, paragrafo 1, per indi-care:

a) che il prodotto reca una denominazione di origine protetta o un’indicazione geografica protetta dal dirit-to comunitario o nazionale;

b) Il metodo di produzione o di invecchiamento oppure la qualità, il colore, il tipo di luogo o ancora un evento particolare legato alla storia del prodotto a denominazione di origine protetta o a indicazione geografica protetta.

Le menzioni tradizionali sono riconosciute, definite e protette dalla Commissione».

Il Regolamento delegato UE della Commissione, il n. 33 del 2019, integra il Regolamento n. 1308/2013

244

per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le restrizioni dell'uso, le mo-difiche del disciplinare di produzione, la cancellazione della protezione nonché l'etichettatura e la presenta-zione.

Nel Regolamento n. 607 del 2009 all’art 57, aggiungeva la possibilità, sempre per i vini DOP e IGP, di

245

indicare delle "menzioni tradizionali che si riferiscono all’azienda" che l'Allegato XIII provvede ad elencare e che, per quanto riguarda l'Italia, sono «abbazia, abtei, ansitz, burg, castello, kloster, rocca, schlofl, stift, torre, villa».

2010, poi nell’attuale Testo unico del vino . Proprio all'interno del Regolamento n. 607 246 del 2009 suddetto, all'Allegato XII, si trova la menzione tradizionale "Amarone" che inte-ressa il caso di specie di cui si tratta, definita «menzione storica connessa esclusivamente al metodo di produzione della denominazione della <Valpolicella>» . Ci si trova quindi 247 di fronte ad una menzione che affonda le proprie radici nella storia di un territorio verone-se, particolarmente vocato alla produzione vitivinicola ed in grado di evocare nei consuma-tori un metodo di produzione del tutto peculiare, costituito dall’appassimento delle uve ti-pico della produzione dell’Amarone, che gode di una solida reputazione in tutto il mondo.

Si precisa, ad uso del lettore, che tale menzione tradizionale è stata riconosciuta come DOC con il D.P.R. 21 agosto 1968 e come DOCG con D.M. 24 marzo 2010 da parte del MIPAAF, approvandone in quella data il relativo disciplinare.

I giudici di Venezia – sia di prime cure che di appello – hanno accertato che all'interno della denominazione sociale del consorzio "Famiglie dell'Amarone d'Arte" vi è un uso illegittimo della menzione tradizionale "Amarone della Valpolicella", in violazione dei Regolamenti europei n. 1308/2013 e n. 607/2009 (rispettivamente all'art 113, par. 2, per

La Legge n. 238 del 2016, c.d. Testo unico del vino, all’art. 28, commi 2 e 3, riconduce a delle menzioni

246

specifiche tradizionali italiane i vecchi termini doc, docg, igt, che si possono tuttora utilizzare in etichetta da sole o congiuntamente alla corrispondente espressione europea DOP e IGP, all’art. 31 invece definisce ulte-riori specificazioni che posso essere usate per vini doc o igp, come "classico", "storico", "riserva", "superio-re", "novello", "passito", "gran selezione", "vigna". Interessante poi rilevare che «l'art. 29 del presente Testo unico evidenzia anche la possibilità che nell'etichetta si riporti, per i soli vini DOP, unità geografiche aggiun-tive come Comuni, frazioni o zone amministraaggiun-tive, a condizione che il prodotto sia vinificato separatamente e appositamente rivendicato nella denuncia annuale di produzione delle uve, nonché l'art. 31, comma 10, della stessa legge sulla possibilità di menzionare il toponimo o il nome tradizionale della vigna, purché il vino dop o gip sia stato ottenuto dalla superficie vitata corrispondente al toponimo o al nome tradizionale», si veda a tal proposito la nota n. 48, in A. GERMANO’, EVA ROOK BASILE, NICOLA LUCIFERO, Manuale di legislazione vitivinicola, Torino, Giappichelli, 2019, p. 202. Da ultimo va fatto riferimento al decreto del MI-PAAF del 13 agosto 2012 in tema di etichettatura e presentazione dei vini che nell’Allegato 6 presenta un elenco di "menzioni tradizionali costituenti una dop", dato che è ammessa la menzione semplificata al posto di quella più lunga per designare specifici vini dop italiani.

La descrizione della Menzione storica di Amarone, ai sensi dell’Allegato XII del Regolamento n. 607 del

247

2009, prosegue «E’ impiegata sin dall’antichità per identificare il luogo di origine di questo vino, ottenuto da uve appassite con un metodo di produzione specifico basato sulla completa fermentazione degli zuccheri: si spiega così l’origine del termine <Amarone>. Si tratta di una menzione del tutto particolare e ampiamente conosciuta, in grado di identificare da sola il prodotto». La menzione "Amarone" viene descritta con le stes-se parole all'interno della banca dati "E-Bacchus", gestita dalla Commissione, Direzione Generale per l'agri-coltura e lo sviluppo rurale. Inoltre va precisato che, in sede nazionale, la menzione tradizionale "Amarone della Valpolicella" era stata riconosciuta come DOC con D.P.R. 21 agosto 1968 ed è stata successivamente riconosciuta come DOCG con il D.M. 24 marzo 2010 del MIPAAF che ha anche approvato il vigente disci-plinare di produzione che all'art. 7, comma 1, fa divieto che alla menzione tradizionale sia aggiunta «qualsia-si specificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare di produzione ivi compre«qualsia-si gli aggettivi

"extra", "fine", "scelto" e similari», così da scoraggiare usi illegali della menzione come atti di confusione, imitazione o evocazione.

il primo e agli all’art. 40, par. 2, per il secondo), nonché in violazione delle disposizioni interne contenute nei D. Lgs. n. 61/2010 e n. 297/2004 (precisamente all'art. 26, comma 248 1, per il primo e art. 5, comma 1, per il secondo), nonché un'illegittima separazione della menzione "Amarone" dal toponimo «Valpolicella», «elementi costitutivi e distintivi di una denominazione protetta» , che secondo il Regolamento n. 607/2009, (all'art. 19, par 3, da 249 interpretarsi in combinato disposto con l'Allegato XII, parte B) non vanno scissi. I giudici di prime cure, seguiti dai giudici della Corte d’Appello avevano ricondotto l’impiego della menzione all'interno dei segni distintivi della società consortile come un utilizzo inganne-vole, contrario all’ampia protezione adottata dagli ordinamenti comunitario e interno a tu-tela di tali segni, salvaguardati da «qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla natura, alle caratteristiche o alle qualità essenziali del prodotto, usata sulla confezio-ne o sull’imballaggio, confezio-nella pubblicità o sui documenti relativi al prodotto di cui trattasi».

Secondariamente, in un altro punto della decisione i giudici di entrambi i gradi contestano un ulteriore comportamento della società consortile in contrasto con il regime di tutela della menzione storica di "Amarone", anche se in questo caso ricondotto al violazione della più ampia categoria denominazione d'origine protetta. Questo rilievo ha portato alla declaratoria di nullità del marchio per contrasto con la legge e, in particolare, con gli artt. 102 - 103 del Regolamento n. 1308/2013 e con l'art. 20 del D. Lgisl. n.

61/2010, (oggi trasfuso nell'art. 44 del Testo unico del vino), in quanto registrazione conte-nente una denominazione di origine protetta, in violazione del disciplinare di produzione è meritevole di annullamento e, allo stesso tempo, in violazione di alcuni dei requisiti di uti-lizzo della denominazione, che va protetta dall’utiuti-lizzo, da parte di soggetti diversi dal Consorzio , di «qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, 250 all’origine, alla natura o alle qualità essenziali del prodotto usata sulla confezione o sul-l’imballaggio, nella pubblicità o sui documenti relativi al prodotto vitivinicolo in

Il D. Lgsl. n. 297/2004, all'epoca dei fatti, vietava, all'art. 5, l'uso della denominazione protetta nella de

248

-nominazione sociale di un'organizzazione diversa dal consorzio di tutela. Così è poi stato ribadito dall'art. 26, comma 2, del D. Lgsl. N. 61/2010 e attualmente dalla legge 238/2016, il Testo unico del vino. Si veda a tal proposito la sentenza n. 4333/2019 della Corte d'Appello di Venezia, sul caso in oggetto, alla pagina 8.

Si tratta del testo dell’art. 19, par. 3, del Regolamento 607/2009.

249

Il divieto di utilizzo di una denominazione da un soggetto diverso dal Consorzio di Tutela era sancito

250

nell’art. 26 del D. Lgsl. n. 61/2010 e attualmente è disciplinato all’art. 74, comma 9 della L. 238/2013.

esame» e da «qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore il consumatore sulla 251 vera origine del prodotto» . 252

Infatti, la tutela della denominazione di origine e delle menzioni tradizionali si realizza su due principali bisettrici: la prima nei confronti di illecite appropriazioni da parte di soggetti esterni ed interni alla filiera che ne facciano un uso scorretto, la seconda diretta a far rispettare il disciplinare di produzione, come regolamentazione unitaria e rigi-da della denominazione stessa . Il disciplinare di produzione è infatti quello strumento 253 che conforma l'insieme dei produttori ad una certa regola e che, nel caso di cui si tratta, è particolarmente rilevante per il suo art. 7 che vieta ogni accostamento, specificazione o semplicemente impiego della denominazione diverso rispetto a quanto in esso prescritto.

Per precisione espositiva, si ritiene opportuno ricordare che tale conformità al disciplinare è poi, a livello europeo, stabilita anche dall’art. 102 del Regolamento 1308/2013, che come si è visto, prescrive l’annullabilità del marchio contenente una denominazione, con un’e-spressione che secondo i giudici «risulta chiara nel collegare l’annullamento del ‹marchio›

contenente una DOP alla circostanza della non conformità al corrispondente disciplinare» e che va intesa come riferita al marchio e non al prodotto, come sostenuto 254 dagli appellanti. Infatti, proprio ai sensi dell'art. 94 del Regolamento 1308/2013, la doman-da di protezione di un nome, quale denominazione, va anzitutto corredoman-data doman-da un disciplina-re di produzione dei vini (che detti caratteristiche analitiche, disciplina-requisiti organolettici, even-tuali pratiche enologiche specifiche, i confini della zona di produzione e le rese per ettaro) e proprio il rispetto di tali regole negoziate all'interno di una collettività, come può

Si tratta dell’art. 103, par. 2, lettera c, del Regolamento n. 1308/2013.

251

Si tratta dell’art. 103, par. 2, lettera d, del Regolamento n. 1308/2013.

252

N. LUCIFERO, La tutela delle menzioni tradizionali dei vini tra principio di unitarietà della denomina

253

-zione di origine e atti di concorrenza sleale: il caso dell’Amarone della Valpolicella, in Rivista di diritto agrario, 4, 2020, Milano, Giuffrè, p. 190.

Si veda la sentenza n. 4333/2019, pagina 16, dove si acclara che l’art. 102 del Regolamento n. 1308/2013

254

richiede una conformità del marchio al disciplinare, e non invece del prodotto vitivinicolo al disciplinare, conformità quest’ultima in alcun modo messa in dubbio dal Consorzio di Tutela che in un passaggio precisa quanto le storiche realtà vitivinicole facenti parte della società consortile siano da sempre ottimi produttori di un vino di qualità, rispettoso del disciplinare di produzione.

re quella del Consorzio di Tutela, può garantire il principio di unitarietà della denomina255 -zione, che si esprime come un solo sistema produttivo, sottoposto ad appositi controlli da parte di autorità indipendenti . 256

Proprio in riferimento ad ulteriori specificazioni accostate alla denomina-zione, un leit motiv più volte ricorrente, che fa da cornice alle due sentenze in oggetto, è rappresentato dal rilievo che le condotte poste in essere dalla società consortile si trasfor-mino tutte in un tentativo di connotare il proprio vino Amarone "d'Arte", come diverso e qualitativamente superiore, rispetto a quello prodotto dagli altri produttori del Consorzio della Valpolicella. Una specificazione di questo tipo viene infatti interpretata dai giudici con un significato laudativo e ingannatorio per il consumatore, dato che, le "Famiglie del-l'Amarone d'Arte" intendevano così dimostrare di rispettare regole tecniche sulla produzio-ne, maggiormente rigorose, al fine di ottenere un prodotto dalle qualità superiori, come si evince dalle allegazioni degli attori sul tenore del "Manifesto dell'Amarone d'Arte" e come in sede d'Appello si acclara a seguito di un'ampia disamina semantica del termine "d'arte".

Infatti il collegio in Appello si dice contrario alla valutazione dell'EUIPO, che su richiesta del Consorzio di Tutela, non ha provveduto all'annullamento del marchio europeo dato che la specificazione "Amarone d'Arte" non sarebbe stata «sufficientemente chiara e specifica per dar luogo a un inganno effettivo o a un rischio sufficientemente grave d'inganno del consumatore» . Invece il giudice della Corte d'Appello chiarisce che il termine "d’arte", 257 oltre ad avere il significato neutro di «capacità di agire e di produrre, basata su un partico-lare complesso di regole» – come sostenuto dalla società consortile – configura anche 258

Si veda che esistono anche IGP o DOP che non possiedono una struttura associativa quale quella del

255

Consorzio.

N. LUCIFERO, La tutela delle menzioni tradizionali dei vini tra principio di unitarietà della denomina

256

-zione di origine e atti di concorrenza sleale: il caso dell’Amarone della Valpolicella, in Rivista di diritto agrario, 4, 2020, Milano, Giuffrè, pp. 191- 192, dove si legge «Pertanto, le eventuali misure restrittive o mi-gliorative della qualità del vino che si vogliono apportare non possono essere espressione di una minoranza che agisce individualmente rispetto al Consorzio di tutela, ma deve necessariamente muovere da una modifi-ca apportata al disciplinare di produzione in conformità all’art. 36 T.U vino. Ciò implimodifi-ca necessariamente un livello di autonomia minore per i singoli produttori, ma giustifica quel principio di unitarietà della denomina-zione, di cui si è detto, che è alla base delle produzioni di qualità. Ciò non significa che taluni produttori non possano apportare del proprio know how al processo produttivo de loro vino, ma questo si deve sempre collo-care nel sistema definito dall’insieme di regole tecniche previste dal disciplinare di produzione».

Si veda la sentenza n. 4333/2019, pagine 17-18.

257

Si veda la sentenza n. 4333/2019, pagina 17.

258

altre accezioni, dove il termine viene usato come significativo di «un prodotto artistico e non semplicemente del rispetto delle regole e tecniche di determinate attività umane» . 259

Oltre alla parentesi semantica, la tesi dei giudici è avvalorata anche dal testo dell’art. 7, comma 2 del disciplinare di produzione, il quale esplicitamente consente l’uso di indicazioni geografiche riferite a nomi, ragioni sociali, marchi privati o di consorzi,

«purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno l’acquiren-te». Nel caso di specie, oltretutto la Corte d'Appello rileva, con un'ulteriore precisazione, che, il divieto dell’uso delle indicazioni è integrato sia dall'utilizzo di espressioni dal signi-ficato laudativo, sia dalla predisposizione di segni ingannevoli per il consumatore; divieti in entrambi i casi integrati dalla specificazione "d'Arte". 260

Va rilevato, però, che la questione che tra tutte risulta, ad avviso di chi scri-ve, a maggior ragione dirimente, è contenuta in uno dei passaggi finali della sentenza d’appello, laddove i giudici si trovano a dovere replicare che il precedente riguardante il caso del Taleggio DOP stagionato nelle grotte di Valsassina, invocato a difesa dagli appel-lanti per contestare la nullità del marchio , non è in tutto corrispondente al fatto oggetto 261 della controversia riguardante la DOCG Amarone. In questo caso, come già precisato so-pra, ci si trova in effetti di fronte ad una fattispecie diversa, dato che la specificazione della stagionatura in grotta non era esplicitamente vietata dal disciplinare di produzione del Ta-leggio DOP, diversamente dalla specificazione laudativa dell’Amarone che è una violazio-ne dell’art. 7, comma 2 del relativo disciplinare. Inoltre, come ribadiscono ulteriormente i giudici, al fine di fugare ogni dubbio, mentre la specificazione circa una certa stagionatura descrive una particolare tecnica di produzione del formaggio, lo stesso non accade per quanto riguarda l’aggettivazione "d'Arte" di un vino, che appare «l’evocazione di una non meglio precisata sua natura di vino "d'Arte" in ossequio a un disciplinare che si assume

Ibidem, p. 17.

259

Si veda la sentenza n. 4333/2019, pagina 19 dove si precisa che la valenza ingannatoria della specifica

260

-zione aggiuntiva laudativa è integrata anche a prescindere dal’interpretaione del riferimento alla conformità del disciplinare dato che il consumatore di fronte al marchio laudativo è indotto ritenere di trovarsi di fronte a un Amarone di qualità superiori e a pagare un prezzo superiore.

Si veda la sentenza n. 4333/2019, pagina 14, dove viene illustrato il terzo motivo di appello della società

261

consortile che replica alla dichiarazione di nullità del marchio predisposta dal Tribunale di Venezia.

diverso e più restrittivo di quello stabilito per la d.o.c.g., ma senza alcuna verifica ufficiale o controllo indipendente» . 262

Il vero nodo dirimente, ad avviso di chi scrive, è costituito proprio da questo ultimo pas-saggio, dove i giudici rammentano che, a prescindere da quanto prescritto dalle varie nor-mative affrontate e in particolare dal disciplinare, la questione controversa può essere risol-ta seguendo la prospettiva di osservazione dei principi cardine su cui è costruirisol-ta l’intera materia dei marchi e più in generale dei diritti di proprietà industriale, a fronte della quale risulta in ogni caso illegittimo l’accostamento di una menzione tradizionale ad una specifi-cazione che non viene garantita, controllata, o più in generale comprovata, come si è visto necessario per il regime dei segni di qualità, a partire dai marchi collettivi, per poi passare ai riformati marchi di certificazione fino ad arrivare alle indicazioni geografiche, compren-sive di DOP, IGP, STG e menzioni tradizionali.

Per concludere nel caso concreto in oggetto si assiste ad un illegittimo im-piego della menzione Amarone, unita alla specificazione "d'Arte", all’interno della deno-minazione sociale e nel marchio della società consortile e tale condotta è stata considerata illegittima in quanto contraria:

- al divieto di utilizzo della denominazione o di parte di essa (ad es. Amarone) da parte di un soggetto diverso dal Consorzio, con l'effetto di

- al divieto di utilizzo della denominazione o di parte di essa (ad es. Amarone) da parte di un soggetto diverso dal Consorzio, con l'effetto di