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FOCUS SUL RUOLO DI LEGITTIMATO ATTIVO DEL CONSORZIO DI TU- TU-TELA DELLA VALPOLICELLA, COME SOGGETTO PREPOSTO

ALL’ORGA-NIZZAZIONE E ALLA SALVAGUARDIA DELLE DENOMINAZIONI D’ORIGI-NE DEI VINI VALPOLICELLA, AMAROD’ORIGI-NE E RECIOTO

Passando ora ad analizzare la questione più prettamente processuale – i.e. la legittimazione attiva del Consorzio di Tutela della Valpolicella – è opportuna una breve introduzione su quali siano i ruoli e le competenze di questo ente. Va infatti precisato, che il Consorzio di Tutela della Valpolicella, nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, si qualificava come ente costituito nel 1970, che all'inizio era delegato dal MIPAAF alla tutela delle denominazioni protette dei due vini "Valpolicella" e "Recioto della Valpolicel-la", che nel 2000 ha visto estendere le proprie attribuzioni anche alla tutela delle denomi-nazioni "Valpolicella Ripasso" e "Amarone della Valpolicella", e che ad oggi rappresenta l'80% dei viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori della filiera, per tutte e quattro le deno-minazioni che salvaguarda.

Dal momento che ai sensi dell'art. 17 del D. Lgsl. N. 61/2010 – contempo-raneo ai fatti in oggetto, oggi sostituito dall'art. 41 del Testo unico del vino – spetta al MI-PAAF costituire e riconoscere un Consorzio di Tutela per ogni denominazione, risulta de-terminante nel caso in oggetto il Decreto ministeriale 25 gennaio 2013, che investe il Con-sorzio di Tutela della Valpolicella delle funzioni di protezione della denominazione con compiti consultivi e regolamentari, di assistenza alla valorizzazione del prodotto e collabo-razione col MIPAAF, nonché di coopecollabo-razione con altri enti al fine di salvaguardare la de-nominazione da eventuali violazioni. Si configura così il contemperamento delle differenti anime del Consorzio che nasce, da un lato, come ente di diritto privato a cui si aderisce su base volontaria e dall'altra, come struttura al servizio della collettività con specifiche fi263 -nalità pubbliche delegate dal Ministero e con un’organizzazione strutturata per riunire di-versi gruppi di interesse, secondo lo schema europeo proprio degli organismi interpro264

Si tratta infatti di un soggetto che segue le regole dell'istituto predisposto dall'art. 2602 c.c.

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Un Consorzio, come struttura collettiva interprofessionale, riunisce infatti viticoltori, vinificatori, imbot

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-tigliatori. Si veda anche l’art. 157 del Regolamento 1308/2013, OCM unica, che prevede per tutti i settori agricoli la possibilità di realizzare organizzazioni interprofessionali.

fessionali. Il Consorzio di Tutela infatti uniforma e controlla la denominazione, confor-mando, ad uno stesso disciplinare, l'attività di tutte le imprese consorziate, o meglio di tutte le aziende di una determinata zona di origine comprese quelle non associate, qualora, come nel caso di specie in oggetto, il Consorzio dimostri una rappresentanza maggiore al 40%

dei viticoltori e maggiore al 66% della media della produzione di vigneti certificati con indicazioni geografiche negli ultimi due anni . Si tratta di quel principio costituito dal 265 rapporto biunivoco tra partecipazione e attribuzioni di competenza che può scorgersi anche sottinteso a quella risalente sentenza di merito del T.A.R. del Lazio che riconosce che le 266 attività di tutela delle denominazioni, dove siano legittimamente affidate in base alla legge, non possono che essere indirizzate erga omnes nei confronti delle intere categorie interes-sate alla produzione o commercializzazione di origine e debitamente ricompeninteres-sate.

Proprio sul tema della rappresentatività dei Consorzi si fonda anche quella ulteriore competenza, che in forza dell'art. 41, comma 4, del Testo unico del vino, demanda al Consorzio la possibilità di agire in tutte le sedi giudiziarie e amministrative, per la tutela e la salvaguardia della DOP, IGP e di tutti gli interessi e diritti dei produttori. Lo stesso principio è poi stato ribadito da un'altra pronuncia, questa volta da parte del Tribunale di Brescia , che in tempi più recenti, e quasi contemporanei al caso di tutela della DOCG 267 dell'Amarone in annotazione, ha nuovamente accertato la legittima pretesa di un Consorzio al pagamento, da parte di un'azienda non consorziata, di costi sostenuti per l'esplicazione di attività a vantaggio della denominazione e dell’intera collettività dei produttori che utiliz-zano la denominazione, come prevede l'attuale art. 41, comma 7 del Testo unico del vino.

A tal proposito nuovamente va considerato che ciò induce «ad una prima riflessione sul sistema di ripartizione dei costi in relazione alle funzioni erga omnes espletate dal

A. GERMANO’, EVA ROOK BASILE, NICOLA LUCIFERO, Manuale di legislazione vitivinicola, To

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-rino, Giappichelli, 2019, pp. 125- 126. Si veda anche l'art. 41, comma 4, del Testo unico del vino.

Si veda la sentenza n. 3407 del 18 aprile 2007 del T.A.R. del Lazio.

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Si tratta della sentenza n. 142 del 19 gennaio 2019, del Tribunale di Brescia. « Il presente giudizio di op

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-posizione, quindi, oltre a rientrare pacificamente nella giurisdizione del giudice ordinari cui appartengono le controversie aventi ad oggetto "indennità, canoni o altri corrispettivi", risulta anche certamente ammissibile e validamente instaurato, non presupponendo un preliminare giudizio di accertamento sulla legittimità delle tariffe generali», si veda a tal proposito il terzo punto dello svolgimento del processo relativo alla sentenza in oggetto, dove i giudici accennano alla riconduzione della somma dovuta al Consorzio come "quasi tributo", quindi di competenza del giudice ordinario, non di quello amministrativo.

zio che rileva anche sul piano della giurisdizione» , ossia rileva agli effetti della natura 268 giuridica del contributo obbligatorio. Inoltre il fatto che la natura sinallagmatica della pre-stazione patrimoniale obbligatoria sia la risposta all’effettivo compimento di attività del Consorzio è la prova del particolare rapporto biunivoco che lega la percentuale di parteci-pazione delle imprese al Consorzio e le attribuzioni di competenze per la collettività , tra 269 le quali si annovera anche l'attribuzione di competenza alla vigilanza su eventuali violazio-ni e il ricorso all’autorità giudiziaria per la loro iviolazio-nibizione. Dai precedenti rilevati si può trarre l’orientamento, ormai consolidato, sul ruolo fondamentale dei Consorzi, destinatari di una responsabilità generale , i quali si confermano preposti alla protezione dell’inte270 -resse superiore e collettivo riconducibile al territorio come "canone di identità", che non si esaurisce in un mero dato geografico, ma si identifica nell’insieme dei produttori locali e si valorizza nel mercato attraverso "i segni del territorio" . 271

Ritornando al caso di specie veronese, suscita riflessioni il fatto che questo peculiare ruolo di vigilanza, affidato dal legislatore ai Consorzi, inteso come attribuzione di competenza, da parte del MIPAAF, in attività di verifica delle produzioni e di vigilanza su indicazioni scorrette e ingannevoli circa l’origine, la natura e qualità del prodotto , 272 viene, in parte, disconosciuto dalle convenute "Famiglie dell'Amarone d'Arte", che lamen-tano la carenza di legittimazione attiva del Consorzio sulla base del rilievo che il Decre-to del 2013, con cui era staDecre-to conferiDecre-to l'incarico erga omnes, sarebbe staDecre-to viziaDecre-to da 273 violazione di legge ed andava disapplicato, con la motivazione che il Consorzio non dispo-neva dei requisiti di cui all'art. 17 del D. Lgsl. N. 61 del 2010, dato che mancava il

N. LUCIFERO, I Consorzi di tutela dei vini e le funzioni erga omnes: estensione delle regole e contributi

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obbligatori, in Rivista di diritto alimentare, 1, 2019, A.I.D.A., Roma, p. 38.

Ibid., p. 45.

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Ibid., p. 40.

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F. ALBISINNI, Il territorio come regola? Segni del territorio e mercato, in Diritto agricoltura, 1999,

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Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, p. 154.

N. LUCIFERO, I Consorzi di tutela dei vini e le funzioni erga omnes: estensione delle regole e contributi

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obbligatori, in Rivista di diritto alimentare, 1, 2019, A.I.D.A., Roma, p. 42, con particolare riguardo alla pre-cisazione fatta dall'autore circa il ruolo dei Consorzi erga omnes, che vantano al loro interno dei veri e propri

«agenti vigilatori» in grado, all’occorrenza, di accertare illeciti penali e amministrativi.

Si tratta del Decreto 25 gennaio 2013 (GU 32 del 7 febbraio 2013).

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to di uno stato valido per vizio del quorum nell'approvazione. In secondo luogo, la società consortile contestava anche la legittimazione del Consorzio a richiedere al giudice provve-dimenti inibitori all'uso della denominazione, dato che tale potere sanzionatorio sarebbe riservato solo al MIPAAF, il quale, a detta loro, non sembrava intenzionato ad azionarli.

Infine, gli storici produttori suddetti eccepivano anche la legittimazione del Consorzio al-l'azione di nullità del marchio registrato presso l'UIBM.

Di fronte a tali doglianze il Giudice di primo grado, opponendo tre elementi di contestazione, dichiara infondata l'eccezione sulla legittimazione attiva del Consorzio:

- per mancata impugnazione nei termini della delibera del Consorzio di cui i convenuti adducevano il vizio del quorum, posto per giunta il fatto che a fronte di un eventuale vizio di quorum può essere richiesta la mera annullabilità, non la nullità, della delibera e che tale richiesta è proponibile solo dai consorziati assenti alla seduta oppure, quantomeno, dissenzienti od astenuti rispetto alla votazione,

- per l'impossibilità di chiedere al giudice una disapplica-zione incidentale degli atti amministrativi illegittimi , visto che non si 274 tratta di contestazioni riguardanti diritti che si lamentano lesi, ma si ri-chiede la disapplicazione di un decreto che conferisce incarichi erga omnes al Consorzio,

- per la legittimità dell'interesse del Consorzio a difendersi da quella che è una lesione sul piano "civilistico", integrata dell'uso im-proprio della denominazione tutelata e da comportamenti vietati dalla legge e dal disciplinare, quali «abusi, atti di concorrenza sleale, contraf-fazioni, uso improprio delle denominazioni e comportamenti comunque vietati» , poiché l’azione in oggetto non riguarda l'esercizio di poteri 275

Si tratta del potere riconosciuto al giudice ordinario in base all'art. 4, comma 1, della L. n. 2248 del 1865.

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Si veda la sentenza n. 2283/2017 del Tribunale di Venezia, a pagina 4.

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sanzionatori che, tra l'altro, sarebbero, in ogni caso, almeno oggetto di potestà concorrente con il MIPAAF.

Le argomentazioni del Tribunale ripercorrono la normativa, presentata in precedenza, facendo riferimento alle attribuzioni di competenza del Consorzio, tra le quali quella della legittimazione ad agire, riconosciuta sin dalla L. n. 526 del 1999, all’epoca dei fatti garantita sulla base dell’art. 17 del D. Lgsl. N. 61 del 2010, e oggi contemplata nel-l’art. 41, comma 1, lett. c del Testo unico del vino.

A riprova del peculiare ruolo del Consorzio che riflette, come già detto, l’in-teresse superiore e collettivo della tutela della denominazione e che porta con sé una serie di attribuzioni di competenze, tra le quali anche quella di vigilanza e salvaguardia delle DOP dalle violazioni, col conseguente esercizio delle relative azioni in giudizio, il giudice di prime cure si addentra anche in un’analisi più minuziosa della questione della legittima-zione attiva del Consorzio. L’oggetto di trattalegittima-zione si spinge a confermare le precedenti considerazioni come fondamento anche della legittimazione del Consorzio a reagire in sede giudiziale, anche per atti di slealtà concorrenziale, in quanto giustificata non solo dal-la normativa sulle attribuzioni del Consorzio, appena richiamata, ma anche suldal-la base del-l’art. 2601 c.c. che permette all’ente, che rappresenta delle categorie professionali, di agire per reprimere gli atti di concorrenza sleale che pregiudicano gli interessi di queste.

Sul punto però, si rende indispensabile per il giudice puntualizzare la diffe-renza tra quest’ultima azione volta a reprimere la concordiffe-renza sleale e la diversa ed even-tuale domanda diretta alla condanna generica al risarcimento, che come previsto dall’art.

2600 c.c. spetta solo al singolo, con conseguente carenza di legittimazione per il Consorzio di Tutela della Valpolicella. Da ultimo, invece, il Tribunale riconosce nuovamente la legit-timazione del Consorzio, in questo caso, in riferimento alla domanda di nullità del marchio nazionale registrato dalle "Famiglie dell’Amarone d’Arte", sulla base dell'art. 122, comma 2, c.p.i. che, come si è visto in precedenza, permette di esercitare le azioni di nullità del marchio «per la sussistenza di diritti anteriori oppure perché l’uso del marchio

costitui-rebbe violazione di un altrui diritto di autore, di proprietà industriale o altro diritto di ter-zo» , soltanto al titolare dei diritti anteriori e ai suoi aventi causa o aventi diritto. 276

Il nodo interpretativo che si pone però al vaglio del giudice e che viene ri-solto magistralmente attraverso un’analogia è costituito dal fatto che la titolarità dei marchi collettivi anteriori "Amarone" e "Amarone della Valpolicella" non si trovino in capo al Consorzio, bensì siano privative di proprietà della Camera di Commercio di Verona, c.d.

C.C.I.A.A. L'impasse viene infatti affrontato ricorrendo all'analogia tra i marchi e i diritti afferenti alle denominazioni d'origine che possono essere ugualmente ricompresi nell'am-pia categoria di "diritti anteriori" stabilita dall'art. 122 c.p.i., con la lettura in combinato disposto tra tale articolo e l'art. 29 c.p.i., così che il Consorzio di Tutela risulta legittimato anche all'azione di nullità del marchio che violi la normativa delle denominazioni e i rela-tivi disciplinari.

Dalla sequenza di repliche, appena esposte, sul tema della legittimazione attiva emerge, ancora una volta, il ruolo centrale e strategico del Consorzio di Tutela che oltre ad affermarsi, come si è già avuto modo di riscontrare, nelle funzioni di organizzazio-ne, regolamentazione e valorizzazione della produzione di vini di qualità a denominazioorganizzazio-ne, è indirizzato anche verso la conservazione dell'unitarietà della denominazione stessa da eventuali iniziative contrarie da parte di produttori della zona interessata dalla denomina-zione che necessitano un intervento a difesa, in sede giudiziaria. Sotto questo secondo rag-gio di interventi, si è messo in luce come un diretto interesse alla difesa della denomina-zione da usurpazioni è la normale conseguenza di quella moltitudine di attribuzioni dell'en-te, tra le quali anche quelle di carattere più squisitamente conservativo che si rivolgono alla salvaguardia della denominazione, al mantenimento del vantaggio competitivo degli asso-ciati e alla difesa della reputazione del territorio e del suo prodotto.

Si riporta un estratto dell’art. 122, comma 2, c.p.i., da cui emerge come si tratti di un’azione di nullità

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relativa e non estesa nella legittimazione al «chiunque vi abbia interesse», prevista dal comma 1 del medesi-mo articolo.

4.4 L’AZIONE DI CONCORRENZA SLEALE NEL RAPPORTO TRA