• Non ci sono risultati.

I MARCHI IN GENERALE SECONDO IL CODICE DI PROPRIE- PROPRIE-TÀ INDUSTRIALE

La generica categoria dei “segni distintivi”, più volte citata nel capitolo che precede, è uno dei diversi diritti di proprietà industriale tutelati dall’omonimo Codice (D.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, d’ora innanzi: “c.p.i.”), che all’art. 1 ne fornisce un elenco completo, iniziando proprio dal «marchio ed altri segni distintivi».

Non vi è una definizione di tutti i segni distintivi, ma l’art. 22, rubricato

"Unitarietà dei segni distintivi", ne elenca alcuni – ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio di un sito – e conclude con la clausola aperta “o altro segno di-stintivo”, lasciando, così, intendere la non tassatività dell’elencazione. Con buona appros-simazione si può dire che gli altri segni distintivi sono tutti quei segni nei quali il marchio stesso può trovare utilizzo e che, in quanto tali, trovano tutela nel c.p.i.

Proseguendo la disamina del primo articolo del c.p.i. vengono inclusi tra i diritti di proprietà industriale anche «disegni, modelli, invenzioni, modelli di utilità, topo-grafie di prodotti a semiconduttori, segreti commerciali, nuove varietà vegetali», nonché

«indicazioni geografiche» e «denominazioni d’origine», che si affronteranno nel prosieguo del presente lavoro, sempre sulla scorta di quel filo rosso che si è voluto tracciare fin dalle prime pagine, che rappresenta la tutela delle tipicità nell’ottica di una pratica lotta alla con-traffazione.

Focalizzando ora l’attenzione sul concetto di marchio, appare chiaro come esso, insieme alla ditta e all’insegna, rappresenti uno dei segni distintivi dell’impresa e per-tanto sia già possibile distinguerlo, in parte, dal concetto di Made in Italy (trattato nel pri-mo capitolo), in quanto esso indica un’origine, imprenditoriale del prodotto, non propria-mente limitata ad un paese di provenienza. Si vedrà nel dettaglio in seguito che il marchio, inoltre, si differenzia dalle indicazioni geografiche e dalle denominazioni d’origine poiché non pone in evidenza le caratteristiche del prodotto o la sua provenienza geografica, ma svolge originariamente una funzione distintiva , rendendo conoscibile un’impresa e la sua 59

Nella dottrina tradizionale questa era considerata anche l’unica funzione del marchio. Si veda A. VANZET

59

-TI, I marchi nel mercato globale, in Rivista di diritto industriale, Milano, Giuffrè, 2002, 3, parte I, p. 94.

attività produttiva. Tale funzione concilia sia l’interesse dell’impresa titolare, sia quello del pubblico, una tutela predisposta «per entrambi, in relazione al rischio di confusione, al ri-schio cioè che a causa di equivoci sulla provenienza dei prodotti da una certa impresa le scelte dei consumatori possano essere sviate» . Va precisato, infatti, che sebbene la dottri60 -na tradizio-nale fosse orientata a riconoscere al marchio esclusivamente questa funzione distintiva, col conseguente limite che tutelare un marchio volesse dire semplicemente ap-prontare una protezione dello stesso, limitata al rischio di confusione del pubblico circa l'origine, a partire dagli inizi del '900, la dottrina ha cominciato a considerare anche la fun-zione suggestiva del marchio . Oggi il messaggio veicolato dal marchio non è più limitato 61 solo alla indicazione circa l’origine dei prodotti e alla garanzia della provenienza costante nel tempo da un’unica fonte imprenditoriale, dal momento che questa funzione «può dirsi parzialmente superata, poiché il marchio è suscettibile di trasferimento in via separata ri-spetto all’azienda» . 62

Il marchio rimane, oggi, il segno distintivo che meglio di qualunque altro risponde alle finalità di qualificazione e differenziazione e tutela della reputazione dell’im-presa sul mercato, ma, nonostante questa finalità abbia un ruolo cruciale, ve ne sono altre che si aggiungono, come quella di natura comunicativa-informativa e soprattutto quella attrattiva-suggestiva-pubblicitaria , con l’invio di messaggi che evocano la qualità del 63 prodotto. Le funzioni informativa e di tutela della reputazione dell’impresa si ritroveranno con lo stesso significato anche nella categoria delle indicazioni geografiche e delle deno-minazioni d’origine, poiché rappresentano un importante incentivo alla trasparenza e alla pluralità di realtà imprenditoriali sul mercato.

Oltre alla generale funzione economico-sociale sul mercato, il marchio adempie alle esigenze informative del consumatore, al quale garantisce la possibilità di ri-conoscere con immediatezza l’impresa produttrice in cui riporre fiducia, traendo un

G. GHIDINI, Profili evolutivi del diritto industriale, Milano, Giuffrè, 2015, p. 124.

60

A. VANZETTI, I marchi nel mercato globale, in Rivista di diritto industriale, Milano, Giuffrè, 2002, 3, parte

61

I, p. 94.

M. NICOLAI, Il vino tra tutela e logiche della commercializzazione, in Diritto e giurisprudenza agraria,

62

alimentare e dell’ambiente, 2006, p. 637.

G.SENA, Il diritto dei marchi, Milano, Giuffrè, 2007, p. 65: «Questa funzione strumentale del marchio che

63

gode di rinomanza è giuridicamente protetta da una normativa (artt. 12.1f, 20.1c, e 22.2 c.p.i.; artt. 4.3, 4.4a e 5.2 dir; artt 8.5 e 9.1c reg. m.c.) che prescinde, non solo dalla confondibilità in concreto fra prodotti, servi-zi e fonti d’origine, ma anche dalla identità o affinità per categorie merceologiche, in astratto».

taggio in termini di riduzione dei costi di ricerca e comparazione della moltitudine di pro-dotti che gli vengono offerti. Nel settore agroalimentare la funzione informativa e attrattiva del marchio è, oltretutto, particolarmente efficace nell’orientare la scelta del consumatore, in quanto il messaggio pubblicitario viene principalmente veicolato dall’etichetta, che rie-voca la qualità di un prodotto già sperimentato o la reputazione di un’impresa produttrice che il consumatore riconosce. Chiaro è che questo ruolo informativo e attrattivo del mar-chio, come spiega correttamente una parte della dottrina, è frutto dell’integrazione con «al-tre informazioni autonomamente comunicate» , (pubblicità, indicazioni apposte sul pro64 -dotto, rapporti contrattuali ecc.), che coadiuvano il marchio nel fornire informazioni sull’o-rigine e qualità del prodotto e fanno acquistare al marchio stesso un significato con cui si comunica al consumatore «la specie, la qualità, la destinazione, il valore, la fonte di origi-ne, la provenienza geografica e altre caratteristiche del bene o servizio, in altre parole, un messaggio» . Nell’etichetta di un prodotto agroalimentare, infatti, avrà un ruolo fonda65 -mentale il marchio, in quanto messaggero sintetico e immediato di informazioni univo-che . Il marchio si fa quindi intermediario nel dialogo tra imprenditore e consumatore e la 66 sua particolare funzione attrattiva lo trasforma in un collettore di clientela, in base alla no-torietà con cui è percepito dai consumatori . 67

A conclusione della disamina delle funzioni relative al marchio e, ritornando a requisiti che maggiormente potrebbero interessare il settore agroalimentare, va puntualiz-zato che esso non adempie ad una funzione di «costanza qualitativa» , dal momento che 68 l’imprenditore, titolare del marchio rimane libero di modificare le caratteristiche qualitati-ve dei propri prodotti, pur utilizzando lo stesso marchio, nel contraddistinguere i prodotti.

L’uso del marchio e la sua funzione comunicativa e informativa sono stati oggetto di una serie di disposizioni del c.p.i., al fine di evitare che l’informazione comuni-cata fosse equivoca, non veritiera, decettiva, oppure in generale contraria all’interesse dei concorrenti e dei consumatori. In primis va detto che chiunque può registrare un marchio e

G.SENA, Il diritto dei marchi, Milano, Giuffrè, 2007, p.50.

64

Ibid., p. 51.

65

C. GALLI, Funzione del marchio e ampiezza della tutela, Milano Giuffrè, 1996, pp. 54 e 111 ss.

66

M. NICOLAI, Il vino tra tutela e logiche della commercializzazione, in Diritto e giurisprudenza agraria,

67

alimentare e dell’ambiente, 2006, p. 637.

G. SENA, Il diritto dei marchi, Milano, Giuffrè, 2007, p.50.

68

la richiesta di registrazione, che ha carattere costitutivo del diritto esclusivo, va inoltrata all'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, c.d. UIBM. Inoltre, dato che la registrazione del marchio presso l’UIBM conferisce un diritto di esclusiva, l’ordinamento limita, con l'art. 7 c.p.i., gli elementi che possono essere oggetto di registrazione come marchio alle «parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche», purché tali segni ab-biano capacità distintiva e possano essere rappresentati nel registro con chiarezza.

L'UIBM, a fronte di una richiesta di registrazione di marchio che non rispetti i requisiti di cui all'art. 7 c.p.i., può rigettare la domanda per mancanza di idoneità del segno e di conse-guenza mancanza di una condizione di validità del marchio stesso. L’art. 8 prevede poi il divieto di registrazione dei ritratti di persona, senza il consenso dell’interessato, il divieto di registrare nomi di persona diversi da quello del richiedente, se atti a lederne la fama e il decoro, nonché il divieto di registrare segni notori senza il consenso del titolare.

Inoltre la richiesta di registrazione deve avere ad oggetto un marchio nuovo e in grado di distinguere i prodotti e servizi di un’impresa da quelli di un’altra. Il Codice 69 prevede, infatti, all’art. 12 il rispetto del requisito della novità del segno per cui si intenda chiedere la registrazione, pena la prevista nullità del segno identico o simile. Oltre al giu-dizio di novità, poi, il marchio scelto dall’impresa dovrà anche superare un giugiu-dizio di identità – valutando se i segni e i prodotti di un altro titolare siano i medesimi di cui si ri-chiede la registrazione – e, infine, un giudizio di confondibilità, che risulta, in realtà, anche assorbente rispetto a quello di identità ed è volto a esaminare se la registrazione del mar-chio è richiesta per prodotti, che seppur diversi, siano comunque affini od omogenei . So70 -litamente tali operazioni si eseguono tramite delle ricerche di anteriorità che vengono rea-lizzate con l’aiuto di banche dati informatiche e prescindono dall’accertamento dell’utiliz-zo effettivo del segno distintivo, registrato previamente all’invio della domanda di registra-zione da parte del successivo richiedente. Va, infatti, precisato che una registraregistra-zione di un marchio inidoneo o la registrazione in malafede, ossia sapendo di violare un diritto altrui,

La capacità distintiva del marchio è utilizzabile sia per prodotti che per servizi. Si anticipa qui un ulteriore

69

elemento di differenziazione rispetto alle indicazioni geografiche e denominazioni d’origine, dal momento che queste ultime possono riferirsi soltanto a dei prodotti.

Ibid., p. 55-57.

70

porta ad una nullità assoluta del segno distintivo. Lo stesso dicasi nel caso dell’art. 13 del Codice, secondo il quale l’invalidità del marchio colpisce anche quei segni privi di caratte-re distintivo che sono «di uso comune nel linguaggio corcaratte-rente o negli usi costanti del commercio» e quelli «esclusivamente costituiti da denominazioni generiche o descrittive che ad essi si riferiscono».

In realtà, nella prassi commerciale, frequentemente vengono utilizzati segni di uso comune, ma la loro registrazione sarà ammessa solo qualora non abbiano una rela-zione lessicale e concettuale immediata col prodotto che contrassegnano. Ad esempio, an-che il marchio indicante un nome geografico sarà valido soltanto se non riferito alla reale provenienza geografica del prodotto, o meglio varrà, nel solo caso in cui il nome geografi-co sia geografi-conseguenza di un acgeografi-costamento frutto della fantasia. Per quanto attiene alla segeografi-conda categoria di segni sopracitata, va segnalato che la pratica commerciale è solita combinare espressioni generiche e descrittive che possono designare tutti quegli elementi quali «la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio», che se utilizzati in via esclusiva porterebbero, secondo l’art.13 c.p.i., all’invalidità del segno. Il segno frutto della combinazione di questi elementi risulte-rà, in ogni caso, un marchio debole, dove il diritto di esclusiva sarà protetto soltanto limita-tamente ad una imitazione servile identica o comunque molto vicina al segno registrato.

L’art. 14, infine, vieta la registrazione di «segni contrari alla legge, all’ordi-ne pubblico ed al buon costume», ma anche di segni decettivi, ossia «segni idoall’ordi-nei ad in-gannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi», e infine la registrazione di segni «il cui uso costituirebbe violazione di un altrui diritto di autore, di proprietà industriale o altro diritto esclusivo di terzi». Pro-babilmente i segni decettivi rappresentano quella categoria, di segni vietati, che maggior-mente può essere oggetto di una sentenza di nullità o decadenza del marchio nel settore agroalimentare. Si pensi, ad esempio, al marchio che descriva caratteristiche del tutto estranee al prodotto alimentare per il quale è stato registrato, come potrebbe accadere nel caso di ingannevole indicazione di proprietà benefiche, piuttosto che ipocaloriche o diete-tiche di quel prodotto. Infine, va detto, che la decettività può verificarsi in un momento

successivo alla registrazione del marchio e dare vita a una decadenza di esso; è ricompresa, infatti, tra le casistiche di illiceità sopravvenuta che, ai sensi dell’art. 26 c.p.i., porta alla decadenza del marchio. Si rimanda al terzo capitolo del presente elaborato per l'analisi più accurata dell'azione di decadenza e le casistiche in cui il marchio può considerarsi decadu-to . 71

Si chiude questa velocissima panoramica con una riflessione sulla fonda-mentale importanza del marchio nel settore del food. Pur essendo l’industria standardizzata in grado di fornire al consumatore prodotti dalle caratteristiche esterne molto simili tra loro, la vera differenziazione qualitativa di un prodotto agroalimentare viene alla luce ne-cessariamente in seguito all’acquisto, ossia quando il prodotto verrà testato nel gusto, non-ché valutato in ottemperanza alle scelte nutrizionali e ai canoni di sicurezza alimentare del consumatore. A fronte di ciò risulterà quindi essenziale per il consumatore riconoscere, sul-l’etichetta di prodotti tra loro simili, la presenza di un marchio, che rimandi ad un produtto-re, il cui prodotto è stato già provato dal consumatore che ne ha riconosciute caratteristiche di qualità meritevoli di fiducia. Da ciò deriva che i marchi, o comunque le indicazioni con-tenute nell’etichetta dei prodotti agroalimentari hanno un'importanza tale da far acquisire a questi prodotti l’appellativo di "beni fiducia" o credence goods . Probabilmente, poi, gli 72 effetti della conversione e fidelizzazione dei consumatori su di un determinato prodotto contribuiscono fortemente a far sì che il produttore stesso investa nella propria reputazione con un’ampia promozione e, allo stesso tempo, sia maggiormente incentivato a mantenere costante nel tempo una certa qualità del prodotto, con beneficio per la sicurezza alimentare, per uno stabile livello di concorrenza fatto di pluralità di produttori e di prodotti che si di-stinguano per le loro diverse caratteristiche. Il marchio avrà perciò, prima di tutto, una fun-zione concorrenziale per le imprese, stimolando le aziende a variegare la loro offerta e, in secondo luogo, una funzione di richiamo per il consumatore, operando come collettore di clientela in grado di orientare nella scelta. Queste due finalità del marchio si può affermare che siano cresciute di pari passo rispetto alla progressiva globalizzazione dei mercati e, per dirlo con le parole di un lungimirante giurista dell’inizio del XXI secolo, proprio

Infra, capitolo III.

71

A. BRANDONISIO, Il fenomeno dell'Italian Sounding e la tutela dell'agroalimentare italiano, in Cultura

72

e diritti, p. 107.

tuazione della tutela del marchio ha permesso alle aziende occidentali di «difendersi dalla potenziale concorrenza del lavoro a buon mercato di una certa parte del mondo» . 73

2.2 FOCUS SULLA PROTEZIONE FORNITA DAI MARCHI COLLETTIVI E