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I RAPPORTI DI INTERFERENZA TRA LE INDICAZIONI GEOGRAFICHE E I MARCHI

I rapporti tra le indicazioni geografiche DOP e IGP e i marchi sono da sem-pre motivo di interferenza dato che la relazione tra i due segni è uno degli argomenti mag-giormente dibattuti, ma – come si evince dalle ultime riforme –non ha ancora trovato una soluzione. Il nostro ordinamento, infatti, sulla scorta della normativa europea, ha scelto la

F. ALBISINNI, Strumentario di diritto alimentare europeo, Milano, UTET giuridica. 2020, p. 303.

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Ibid., p. 303.

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A. BRANDONISIO, Il fenomeno dell'Italian Sounding e la tutela dell'agroalimentare italiano, in Cultura

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e diritti, p. 116.

strada dell’autonomia per queste due tipologie di segni, ma così facendo si è creata la ne-cessità di regolare anche i loro rapporti in caso di anteriorità dell’uno rispetto all’altro, in modo da evitare fenomeni di approfittamento indebito o contraffazione. Questa stessa au-tonomia dei due diritti di proprietà industriale si ritrova anche a livello internazionale negli accordi TRIPs. Le indicazioni d’origine, infatti, si è visto che costituiscono un segno mag-giormente complesso rispetto al marchio, o meglio sembrano costituire uno sviluppo ulte-riore dei connotati particolari che identificano quella tipologia di segno intermedia dei marchi collettivi e di certificazione. Sicuramente entrambi i segni hanno fondamentalmente due funzioni: una, informativa-comunicativa e l'altra, volta alla creazione di un’identità-reputazione. Infatti, «oggi tutti i marchi – ed anzi tutti i segni distintivi, comprese le deno-minazioni d’origine, che vanno considerate anch’esse un segno distintivo sui generis – sono tutelati in quanto portatori di un messaggio, che segna i limiti della loro sfera di esclusiva e di cui correlativamente garantiscono la veridicità, e cioè appunto come stru-menti di comunicazione» . 107

Va precisato, però che solo nei marchi la funzione informativa, in parte atte-nuata nei marchi collettivi e di certificazione, si associa in maniera preponderante ad una funzione distintiva che è volta a indicare l’origine imprenditoriale, mentre, diversamente, nelle indicazioni geografiche la funzione informativa si risolve per lo più in una comunica-zione dell’origine territoriale dei prodotti e soltanto in maniera sottesa rimanda a tutti i produttori che soddisfano il disciplinare di produzione. Infatti si deve aggiungere che per quanto attiene alle indicazioni geografiche non è facile individuarne il titolare e la norma-tiva europea ha apportato successive modifiche anche circa il titolare dei controlli, mentre i controlli stessi sono stati estesi dall’ultimo Regolamento anche agli operatori che prepara-no e immagazzinaprepara-no il prodotto a deprepara-nominazione, quindi a tutti gli operatori della filiera . Evidentemente, quindi, i marchi hanno un’ulteriore funzione distintiva e attratti108 -va, che non è presente nelle indicazioni geografiche. Diversamente ciò che solo le indica-zioni geografiche riescono a sottolineare di un prodotto è quel legame virtuoso tra territorio

C.GALLI, I toponimi, tra tutele, volgarizzazione e diritti consolidati, in Il Mulino, 1, 2014, p. 2.

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F. ALBISINNI, Strumentario di diritto alimentare europeo, Milano, UTET giuridica. 2020, p. 292

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e qualità , quest’ultima certificata e garantita dal disciplinare di produzione e sottoposta 109 ai controlli obbligatori previsti da quest’ultimo.

Nei marchi, la lacuna circa la comunicazione del messaggio del legame tra qualità e territorio, è in parte superata con lo strumento del marchio collettivo o di certifi-cazione geografico che intende valorizzare la qualità legata all’origine da una certa zona geografica. La più importante distinzione tra i due segni è costituita dal fatto che le DOP e IGP hanno una natura pubblicistica in quanto il disciplinare soggiace a precise disposi110 -zioni di legge ed è approvato con apposito provvedimento normativo, ovvero il regola111 -mento comunitario di registrazione della DOP e IGP. Inoltre, le indicazioni geografiche, che non possono subire alcuna volgarizzazione, hanno una finalità di tutela di un interesse della collettività, perseguono un interesse pubblico da intendere, quali quelle di ridurre il divario informativo nei confronti del consumatore, tutelare il corretto funzionamento del mercato e occuparsi di prevenzione delle frodi e contraffazioni, ma anche delle finalità so-ciali volte a preservare la cultura e le tradizioni locali. Per mezzo delle indicazioni geogra-fiche viene indotto un maggior sviluppo dei territori rurali con conseguenze economiche positive, in quanto, da una parte, si crea un valore aggiunto per i produttori di beni a de-nominazione e, dall’altra, dei benefici economici per l’intero territorio e per tutti gli opera-tori economici.

Passando ad analizzare la tutela delle DOP e IGP, come prevista dal Rego-lamento UE n. 1151/2012 all’art. 13, par. 1, lett. a, si nota come questa venga estesa ad ogni impiego, diretto o indiretto, del nome registrato per prodotti non registrati – anche se il segno è usato soltanto per indicare l’ingrediente di un prodotto non registrato – qualora si verifichi un indebito sfruttamento della notorietà del nome protetto o qualora si tratti di prodotti comparabili , da intendersi come prodotti simili e fungibili, senza spingere la 112 protezione fino ai prodotti affini, dal momento che le indicazioni geografiche si limitano a

C.GALLI, Marchi collettivi, marchi di certificazione, marchi individuali ad uso plurimo e denominazioni

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geografiche dopo le novità normative del 2019, in Il Diritto Industriale, n.1, 2020, p.100

F. ALBISINNI, Strumentario di diritto alimentare europeo, Milano, UTET giuridica. 2020, p. 292

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Art.4 del Regolamento europeo n. 510/2006.

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La definizione di tale aggettivo è stata data dalla Corte di giustizia con la sentenza 14/07/2011, cause riu

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-nite C-4/10 e C-27/10, dove la Corte ha inteso come prodotti comparabili quelli che presentano caratteristi-che oggettive comuni, soddisfando occasioni di consumo identicaratteristi-che, sono distribuiti attraverso le stesse reti e soggetti a regole di commercializzazione simili.

certificare la qualità di quella categoria di beni la cui produzione è regolata nel disciplina-re . L’art. 13, par. 1, lett. b, tutela poi le indicazioni geografiche da qualsiasi usurpazione, 113 imitazione o evocazione, anche se l’origine vera dei prodotti o servizi è indicata e anche se il nome protetto è una traduzione di quello usato indebitamente, oppure è accompagnato da espressioni quali stile, tipo, metodo, alla maniera, imitazione o simili. Un’ulteriore prote-zione per le indicazioni geografiche è fornita dall’art. 13, par. 1, lett. c, in termini di con-trasto a qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa a provenienza, origine, natu-ra e qualità essenziali del prodotto sull’etichetta o nella pubblicità o sui documenti del pro-dotto. Infine, all’art. 13, par. 1, lett. d, con una formula di chiusura si aggiunge che le indi-cazioni geografiche sono protette contro qualsiasi pratica che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto. Inoltre, sempre l’art. 13 del Regolamento, questa volta al par. 2, sembra dare prova della peculiarità della protezione conferita alle indicazioni geografiche, prevedendo che non possano decadere per sopravvenuta volgariz-zazione, ossia per sopravvenuta genericità a causa dell’attività o inattività del suo titolare, come invece accade per i marchi secondo l’art 13, comma 4 c.p.i. Le tutele approntate dal-la normativa europea contro l’uso ingannevole per il consumatore e contro lo sfruttamento indebito della reputazione della denominazione sono infine state accolte all’interno del-l’art. 30 c.p.i., il quale aggiunge alla presente protezione anche quella fornita daldel-l’art. 2598 c.c. che sanziona l’uso ingannevole delle indicazioni geografiche ai sensi della concorrenza sleale . 114

Più precisamente però l’attenzione all'interferenza tra marchi e DOP e IGP si è consolidata grazie alla disposizione dell’art 14 del Regolamento europeo. Le casistiche previste dalla norma sono due: nel primo caso si stabilisce cosa accade alla domanda di registrazione di un marchio in seguito alla presentazione della domanda di riconoscimento di una DOP o IGP; nel secondo caso si regola la relazione tra un marchio precedentemente registrato o precedentemente utilizzato in buona fede e il successivo riconoscimento di una DOP o IGP. Nella prima fattispecie si prevede che la domanda di registrazione di un mar-chio pervenuta successivamente al riconoscimento di indicazioni geografiche sia respinta e

M. RICOLFI, Marchi di servizio, non registrati e collettivi, in P. Auteri, G. Floridia, V. Mangini, G. Oli

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-vieri, M. Ricolfi, R. Romano, P. Spada, Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Torino, Giappichelli, 2016, p. 178.

M. C. BALDINI, P. BERTA, Il vino e i marchi, Asti, Edizioni OICCE, 2016, p. 154.

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i marchi, eventualmente registrati per errore, siano annullati, con una chiara affermazione della prevalenza delle indicazioni geografiche. Diversamente nella seconda fattispecie il marchio precedente al riconoscimento di una indicazione geografica può continuare a sus-sistere, in concomitanza all’indicazione geografica, purché non incorra in nullità o deca-denza, . Un tempo era previsto al paragrafo 3 dell’art. 14 un’eccezione alla possibilità di 115 registrazione delle indicazioni geografiche soltanto qualora questa inducesse in errore il consumatore sulla verità di un prodotto contrassegnato da un marchio, omonimo e per un prodotto dello stesso tipo, molto conosciuto e quindi notorio con un’ampia reputazione e una lunga durata di utilizzazione sul mercato . A prescindere dall’abrogazione di questo 116 paragrafo dell’art. 14, è chiaro che tra i due segni distintivi, indicazioni geografiche e mar-chi, non vi sia una relazione di parità, la quale porterebbe a regolarne i rapporti secondo il principio di anteriorità, bensì di prevalenza delle indicazioni geografiche sui marchi, ma con l’eventuale possibile coesistenza delle due protezioni . 117

Per concludere con un bilancio tra gli interessi, in vista di un’eventuale scel-ta tra i vari segni a garanzia della qualità, sembra preferibile, viste le peculiarità del settore dell’agroalimentare, la registrazione di un’indicazione geografica, la quale, sebbene abbia un iter amministrativo piuttosto lungo e costoso, permette di ottenere uno strumento in grado di creare valore economico e sociale nel lungo periodo, dando l’opportunità a quanti rispettino il disciplinare di avere una tutela, che quanto meno in ambito europeo, è ricono-sciuta e controllata in tutti i paesi, anche in quelli di mera commercializzazione, senza con-tare poi che si tratta di una tutela inesauribile, differentemente dalla tutela decennale, poi rinnovabile, stabilità per i marchi. Sicuramente per mettere in atto un sistema

Tale eccezione è prevista all’interno dell’art.14, paragrafo 2 che richiama all’art.6, paragrafo 4.

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L’abrogazione del paragrafo 3 dell’art. 14 del Regolamento n. 1151/2012 è frutto della controversia da

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-vanti al Panel, ossia da-vanti all’organo giurisdizionale di risoluzione delle controversie in sede di Organizza-zione mondiale del commercio, c.d. OMC o WTO, nella quale l’Australia e gli USA contestavano la compa-tibilità dell’art. 14 del Regolamento comunitario che parlava di <rischio di confusione del consumatore>, rispetto all’art. 16 dell’Accordo TRIPs che parlava di <rischio di indurre in errore il consumatore>. Il Panel conclude che, tra i due, il rischio di confusione è più ampio e che ciò limiterebbe la successiva registrazione dei marchi in un maggior numero di casi e che ciò è incompatibile con l’Accordo TRIPs, sebbene lo stesso art. 17 del TRIPs riporti esplicitamente la possibilità del Membri di prevedere delle eccezioni alla regola di cui all’art. 16.

Si veda nota n. 43 in A. GERMANÒ, La disciplina dei vini dalla produzione al mercato, (in F. ALBISINNI), Le regole del vino. Atti del Convegno (Roma 23-24 novembre 2007), Milano, Giuffrè, p 36.

C.GALLI, Marchi collettivi, marchi di certificazione, marchi individuali ad uso plurimo e denominazioni

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geografiche dopo le novità normative del 2019, in Il Diritto Industriale, 1, 2020, p.100.

te virtuoso rispetto all’attuale, a prescindere dall’impegno alla registrazione di indicazioni geografiche, impegno che vede il nostro Paese ai primi posti in Europa, è necessario in-crementare la comunicazione istituzionale, da parte di tutti gli enti della pubblica ammini-strazione e non solo da parte dei Consorzi di tutela, al fine di informare il consumatore cir-ca tutti i valori che si celano dietro un simbolo quale quello di DOP e IGP. Inoltre, alla luce dell’attuale livello di globalizzazione dei fattori della produzione, i prodotti tipici, quali in primis quelli agroalimentari, così fondati su di un elemento di localizzazione forte, necessi-teranno sempre più di «una tutela ‹global›, cioè di una tutela che operi non solo nei Paesi di origine, ma anche sugli altri mercati nei quali questi prodotti vengono esportati, dove assai spesso non esiste un diritto sui generis analogo a quello concesso in Europa su deno-minazioni d’origine e indicazioni geografiche» . 118

2.5 DISCORDANTI STANDARD DI TUTELA TRA NORMATIVA EUROPEA