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I Centri Trasmissione Dati: l’attività di intermediazione in Italia di scommesse gestite da bookmakers stranier

L’EVOLUZIONE DELLA GIURISPRUDENZA

4.2. La giurisprudenza della Corte di Giustizia

4.2.4 I Centri Trasmissione Dati: l’attività di intermediazione in Italia di scommesse gestite da bookmakers stranier

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Il ruolo dei Centri Trasmissione Dati cresce e si rafforza sempre di più. In alcuni casi si tratta di meri Internet point che consentono la connessione ai siti Internet di bookmakers stranieri a pagamento; ma nella maggior parte dei casi, essi danno vita ad una articolata attività di intermediazione, con trasmissione delle puntate e delle relative accettazioni, nonché operazioni di accreditamento delle vincite.

Come può sembrare ovvio, nel primo caso non sono previsti controlli di ordine pubblico ex articolo 88 TULPS per i gestori degli Internet point ed al massimo si prevede il rilascio della semplice autorizzazione dell’Autorità di pubblica sicurezza, a prescindere da qualsiasi autorizzazione o concessione preventiva ; nel secondo caso, invece, i 143 Centri non possono qualificarsi alla stregua di sedi secondarie di bookmakers esteri, operando per loro conto esclusivamente sulla base di accordi commerciali; né tantomeno essere definiti allibratori dal momento che la loro attività consisteva nel limitarsi ad offrire scommesse definite da altri.

Tuttavia non esiste all’interno del nostro ordinamento una disciplina relativa al trattamento normativo cui gli intermediari sono soggetti e la questione rimane ancora aperta e dibattuta.

Tali problematiche hanno interessato i giudici ordinari, ma ancor più quelli amministrativi che portavano avanti due difformi orientamenti sulla qualificazione dei Centri Trasmissione Dati.

In tal caso si rinvia a quanto indicato nel paragrafo 2.3.1. relativo all’apertura di 143

Si trattava di stabilire se essi potessero essere equiparati ai bookmakers e soggetti ai medesimi obblighi imposti loro dalla legge, nonostante la loro attività fosse diversa; ovvero se da questi potessero distinguersi con esclusione nei loro confronti della necessità di una concessione. In linea con il primo punto, emersero pronunce secondo cui l’attività di intermediazione resa in favore di bookmakers stranieri non poteva in alcun modo essere assimilata all’attività di organizzazione di scommesse, dovendo essa essere qualificata alla stregua di una attività di servizio e di intermediazione svolta per conto terzi , escludendo 144 così l’applicazione del trattamento previsto dall’articolo 4 della legge n. 401/89.

L’orientamento opposto si opponeva a qualsiasi distinzione tra Centri Trasmissione Dati e organizzatori veri e propri di scommesse su eventi sportivi esteri , sul presupposto che essi oltre a svolgere attività di 145 natura preparatoria, svolgessero funzioni di coordinamento ritenute essenziali per l’organizzazione delle scommesse . 146

E’ quanto si ricava dalla pronuncia del T.A.R. Liguria, sez. II, 30 gennaio 2003, 144

n. 319 secondo cui tale attività rappresenta “un mero e neutro supporto

dell’organizzazione e gestione di scommesse che si svolgono in territorio britannico”.

Si ricava dalla pronuncia del T.A.R. Valle d'Aosta, 19 luglio 2000, n. 176; ed altre in

145

linea con questa.

T.A.R. Valle d'Aosta, 19 luglio 2000, n. 176. 146

Si richiama anche la pronuncia del Consiglio di Stato, sez. IV, 25 settembre 2002, n. 4905, secondo cui il servizio di intermediazione più che essere assimilabile

all'attività di scommesse, ne costituisce un tratto essenziale, dal momento che la raccolta delle puntate implica il recepimento della volontà dello scommettitore di

Detto così, sembrerebbe potersi ravvisare un’unica organizzazione di cui fanno parte entrambi i soggetti ai quali vengono affidati compiti più o meno essenziali, ma tutti rivolti alla gestione del servizio sotto ad un controllo pubblico permanente che richiede, dunque, la necessità del rilascio della licenza anche per l’intermediatore.

I giudici che sostenevano questo orientamento, ovvero l’applicabilità agli intermediari della disciplina prevista in materia di organizzazione di scommesse, facevano leva sull’esigenza di garantire una compatibilità del trattamento nazionale con i principi dell’ordinamento europeo, ed in particolare la libertà di stabilimento e prestazione dei servizi.

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a) Il caso <<Internet caffè s.n.c.>>:

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La giurisprudenza amministrativa si è soffermata più volte sulla questione, alla luce della normativa italiana che, di fatto, impedisce, determinando una disparità di trattamento di non poco rilievo, a coloro che svolgono l’attività di gestione di scommesse sulla base di una concessione rilasciata da uno Stato dell’Unione europea, di gestire scommesse in Italia perché in assenza del titolo rilasciato dallo Stato italiano.

Questo, secondo uno schema logico, preclude la possibilità di ottenere la licenza di polizia anche nell’ipotesi in cui si sia in possesso di tutti i requisiti richiesti richiesti per conseguire tale autorizzazione sia da parte di una società di un altro Paese, sia da parte di soggetti intermediari.

Importante è un caso noto sul quale ha espresso la sua posizione il TAR Abruzzo, L’Aquila . 147

Nel caso di specie, la società “Internet Caffè s.n.c.” stipula con la società inglese Stanley International Betting (SIB) di Londra, un contratto di intermediazione nel settore delle scommesse su manifestazioni sportive. La SIB è regolarmente costituita in Gran Bretagna ed è autorizzata dalle autorità britanniche a gestire l’esercizio di scommesse su avvenimenti sportivi internazionali.

L’attività di intermediazione della ditta, titolare di un Centro Trasmissione Dati autorizzato dal ministero delle Poste per l’uso dei mezzi telematici, consiste nella raccolta di prenotazioni e, dunque, nel ricevere dai clienti direttamente interessati la comunicazione dell’evento sportivo su cui intendono scommettere, con l’indicazione della somma giocata; in un secondo momento si ha la trasmissione di tali dati alla SIB che, verificata la regolarità delle prenotazioni, accetta le giocate e indica al Centro Trasmissione Dati della “Internet caffè s.n.c”. le modalità per il calcolo delle vincite e dei relativi pagamenti che devono essere eseguiti dalla ditta stessa.

Una volta stipulato il contratto, la società “Internet caffè” , provvede 148 a comunicare alla Questura l’avvio dell’attività di intermediazione per conto della SIB e, allo stesso tempo, fa richiesta del rilascio dell’autorizzazione di polizia necessaria secondo quanto stabilito dalla normativa italiana.

Si cita a tal proposito la sentenza 30 luglio 2005, n. 661 del TAR Abruzzo, 147

L’Aquila.

La Internet caffè s.n.c. è titolare di un’autorizzazione generale per l’offerta al 148

In mancanza dei requisiti richiesti dall’articolo 88 del t.u.l.p.s. , il 149 Questore non può far altro che negare l’autorizzazione richiesta, con l’ordine di cessare immediatamente qualsiasi attività di intermediazione per conto della società londinese.

L’attività che viene svolta dal Centro Trasmissione Dati è diversa dall’attività propria dei concessionari, non solo perché il rischio d’ impresa grava sulla società inglese che è uno dei soggetti del contratto di scommessa escludendo che il contratto si concluda tra lo scommettitore e l’intermediario italiano.

Possiamo specificare, infatti, che il contraente dello scommettitore non è il Centro Trasmissione Dati, ma l’allibratore, dunque la società inglese e la ditta italiana svolge solo una funzione di intermediazione. La società “Internet caffè s.n.c.” presenta ricorso impugnando il provvedimento del Questore di divieto di prosecuzione dell’attività di intermediazione nel settore delle scommesse, lamentandone l’illegittimità per contrasto con la normativa europea ed, in particolare,

Si ritiene che vi sia un’assenza dei requisiti richiesti dall’articolo 88 del t.u.l.p.s. 149

dal momento che la SIB non può considerarsi uno dei soggetti concessionari o autorizzati da parte di Ministeri o di altri enti ai quali la legge italiana riserva la facoltà di organizzare e gestire le scommesse. Di conseguenza la “Internet caffè” non è un soggetto incaricato da un concessionario o dal titolare di un’autorizzazione rilasciata da parte di Ministeri o altri enti ai quali la legge italiana riserva la facoltà di organizzare e gestire scommesse nel territorio dello Stato, come richiesto invece dall’articolo stesso.

Inoltre, ai sensi dell’articolo 4 bis della legge 13 dicembre 1989, n.401, come introdotto dalla legge n. 388/2000, le sanzioni penali previste dall’articolo stesso sono applicate a chiunque, privo di concessione, autorizzazione o licenza ai sensi dell’articolo 88 del T.u.l.p.s., svolge in Italia qualsiasi attività organizzata al fine di accettare o raccogliere o comunque favorire l’accettazione o in qualsiasi modo la raccolta, anche per via telefonica o telematica, di scommesse di qualsiasi genere da chiunque accettate all’estero.

con i principi della libera circolazione dei servizi e libertà di stabilimento.

La ricorrente chiede, dunque, la disapplicazione degli articoli 88 del t.u.l.p.s. nonché dell’articolo 4 della legge n. 401/89, e di tutta quella normativa interna che prevede una riserva di gestione di scommesse o concorsi pronostici su eventi sportivi allo Stato e ai suoi concessionari. Si chiede, in secondo luogo, che gli atti di causa siano inviati alla Corte di Giustizia europea per far sì che questa prenda in esame la compatibilità tra la normativa italiana e quella europea, evitando difformi applicazioni del diritto europeo da parte dei giudici italiani. Con il ricorso, si chiede anche la sospensione del giudizio, previa conferma dell’ordinanza cautelare, in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea e, in ultimo, che sia sollevata la questione di illegittimità costituzionale dell’articolo 4 della legge n. 401/89 e dell’articolo 88 del t.u.l.p.s. , in relazione agli articoli 3,10, 150 11, 24 e 41

della nostra Costituzione , con conseguente sospensione del giudizio. 151 Il Collegio ritiene di dover disattendere le ultime tre richieste sulla base dei motivi che seguono.

In riferimento alla richiesta di rinvio degli atti alla Corte di Giustizia europea e alla subordinata richiesta di sospensione del giudizio, si ritiene superfluo adire ulteriormente il giudice europeo che ha emesso sentenze chiare ed esaustive che permettono al giudice nazionale di pronunciarsi.

Si legga il contenuto degli articoli presi in considerazione:

151

Articolo 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. […]”.

Articolo 10: “ L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.

La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. […].

Articolo 11: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”.

Articolo 24: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.

La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.

Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.

La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.”. Articolo 41: “L'iniziativa economica privata è libera.

Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.”.

Deve essere allo stesso modo disattesa la richiesta di remissione degli atti alla Corte Costituzionale essendo dubbia la rilevanza delle eccezioni di incostituzionalità.

Ciò premesso, il Collegio accoglie il ricorso annullando il provvedimento del Questore, previa disapplicazione della normativa interna ritenuta in contrasto con i principi comunitari.

Nel fare questa scelta, necessariamente, sono state prese in considerazione alcune argomentazioni che è opportuno prendere in esame per avere una visuale completa della questione e delle ragioni che rendono la normativa interna in materia di scommesse, in contrasto con la normativa europea.

In primis, sebbene indirettamente, la normativa italiana viene qualificata come misura << equivalente >> a restrizione alla libera circolazione; si tratta, infatti, di una normativa non direttamente discriminatoria in quanto applicabile indistintamente a cittadini italiani e cittadini di altri Stati membri, ma idonea a produrre un effetto discriminatorio indiretto.

Essa, come possiamo ribadire, impedisce a coloro che svolgono un’attività di gestione di scommesse, sulla base di una concessione rilasciata da uno Stato membro, di gestire scommesse in Italia se non si è in possesso dell’apposito titolo rilasciato dallo Stato italiano.

In secondo luogo, si nota l’impossibilità, in questo specifico contesto, di prendere in considerazione le cosiddette cause di giustificazione. La normativa in esame, non può così essere giustificata dallo scopo di tutelare i consumatori, prevenire il crimine, contrastare le frodi, nonché contenere i fenomeni di ludopatia; poiché le misure restrittive

risultano inidonee o comunque sproporzionate al raggiungimento degli scopi perseguiti.

Secondo quanto rilevato dal Tar Abruzzo, misure così limitative della libertà d’impresa non sono coerenti con l’indirizzo politico legislativo dello Stato italiano improntato in un senso fortemente espansivo del gioco; per cui non è giustificato il richiamo all’esigenza di impedire infiltrazioni criminali.

Il sistema italiano sembra, piuttosto, incentrato sulla tutela dell’interesse << fiscale >> dello Stato che, dunque, come chiarisce la Corte di Giustizia dell’Unione europea , non può essere considerato 152 un motivo imperativo di interesse generale.

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