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PRESTAZIONE DEI SERVIZ

5.3. Il test di valutazione della legittimità delle restrizion

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Appurato che le restrizioni alle libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi sono ammesse soltanto laddove si rispetti la possibilità di derogarvi ai sensi di quanto sancito dall’articolo 52 TFUE, secondo cui “Le prescrizioni del presente capo e le misure adottate in virtù di queste ultime lasciano impregiudicata l'applicabilità delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che prevedano un regime particolare per i cittadini stranieri e che siano giustificate da motivi di ordine pubblico, di

pubblica sicurezza e di sanità pubblica.” , ovvero nel caso in cui 176 siano rispettate le quattro condizioni richieste ai fini della valutazione della legittimità di esse; possiamo adesso soffermarci su quest’ultime ribadendo che la valutazione viene delegata all’autorità nazionale.

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a) Le norme nazionali devono applicarsi in modo non discriminatorio, secondo quanto precedentemente esaminato relativamente alle discriminazioni dirette e indirette.

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b) Le norme nazionali devono essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale:

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Per comprendere che cosa si intenda con il riferimento ai <<motivi imperativi di interesse generale>>, si richiama la definizione contenuta nell’articolo 4 della direttiva relativa ai servizi nel mercato interno , 177

“La Corte di Giustizia, ad esempio, ha ritenuto giustificate le norme nazionali 176

che riservano ad una categoria specifica di professionisti il diritto di effettuare diagnosi e di prescrivere trattamenti sanitari che, in altri Stati membri, sono consentiti anche ad altri professionisti non muniti di analogo titolo di studio.

Inoltre, essa, ha riconosciuto, visto la natura particolare di certe prestazioni, il diritto degli Stati di adottare misure restrittive finalizzate ad evitare che la libertà di prestazione di servizi sia utilizzata dal prestatore la cui attività è interamente o principalmente rivolta verso il proprio territorio, al fine di sottrarsi alle regole a cui sarebbe sottoposto se risiedesse in tale Stato; evitando che la libera prestazione di servizi venga utilizzata in modo da aggirare le regole sullo stabilimento, le quali attraverso il ricorso al principio del trattamento nazionale consentono l’imposizione di restrizioni non ammissibili per il prestatore”. (“Libera prestazione dei servizi nel

diritto comunitario e internazionale: Novità e tendenze giuridiche”, M. Vita (a cura

di), in Diritto internazionale, pubblicato il 2/5/08).

Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 177

secondo cui essi sono “motivi riconosciuti come tali dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, tra i quali: l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica, l’incolumità pubblica, la sanità pubblica, il mantenimento dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, la tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, l’equità delle transazioni commerciali, la lotta alla frode, la tutela dell’ambiente, incluso l’ambiente urbano, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale”.

Proprio nell’evoluzione giurisprudenziale della Corte di Giustizia europea, a partire dal noto caso Schindler, emerge un’analisi accurata della normativa nazionale rispetto alle libertà in esame, con particolare attenzione alle deroghe e/o esigenze imperative che possono restringerla.

La Corte, infatti, ritenne che nell’analisi di questo settore non fosse possibile prescindere da considerazioni di ordine morale, religioso o culturale, attinenti alle lotterie come agli altri giochi d’azzardo in tutti gli Stati membri, né dagli eventuali rischi di criminalità e di frode che essi potrebbero comportare; senza dimenticare che è forte, in questa materia, un’incitazione alla spesa che può avere conseguenze individuali e sociali fortemente dannose.

Tutto questo può giustificare un margine di discrezionalità lasciato alle autorità nazionali per definire le esigenze di tutela dei consumatori e, più in generale, dell’ordine sociale; riconoscendo loro la possibilità di fissare gli obiettivi della loro politica in materia di giochi d’azzardo e

raccolta di scommesse on line e, eventualmente, di definire il livello di protezione perseguito.

Una volta constata l’esistenza di una restrizione alle suddette libertà, per poter riconoscere una giustificazione, sarà necessario soffermarci sull’identificazione di tali motivi e, solo in via sussidiaria, sulla doppia verifica di coerenza e proporzionalità.

La giurisprudenza ha riconosciuto come <<motivi imperativi di interesse generale>> gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione delle frodi e dell’incitazione dei cittadini ad una spesa eccessiva collegata al gioco, nonché di turbative all’ordine sociale in generale.

In occasione della sentenza Gambelli, la Corte, nel riconoscere giustificazioni idonee nei confronti di normative di portata molto ampia sul settore del gioco da parte degli Stati membri, indicò espressamente la tutela dei consumatori e dell’ordine sociale.

Trattandosi dunque di scopi del tutto legittimi, come la cura che i concessionari non fossero coinvolti in manovre delittuose o fraudolente, si pose il problema di accertare se l’esclusione tout court di società di capitali fosse idonea a perseguire tale scopo.

A questo punto, entrava in gioco il principio di proporzionalità (di cui ci occuperemo in seguito) e l’esclusione radicale dalla possibilità di ottenere una concessione risultava non proporzionata, così come la previsione del trattamento sanzionatorio . 178

Le motivazioni addotte devono, in ogni caso, essere messe in relazione con la politica portata avanti in materia di giochi e scommesse all’interno del nostro ordinamento, la quale come anticipato in diverse

Sentenza Gambelli, punti 98-99. 178

occasioni è senz’altro una politica di espansione del gioco, di incentivazione di esso e di aumento delle vie di accesso al gioco stesso.

Il richiamo all’obiettivo del contrasto del gioco d’azzardo patologico, tra altri, non sembrerebbe convincente in un contesto come quello italiano, caratterizzato da una politica espansiva nel settore in esame. In definitiva, come si ricava dalla pronuncia della Corte in occasione della sentenza Placanica, il legislatore italiano persegue una politica espansiva nel settore dei giochi d’azzardo allo scopo di incrementare le entrate fiscali, per cui nessuna giustificazione della normativa italiana può essere fatta derivare dagli obiettivi di limitare la propensione al gioco dei consumatori o di limitare l’offerta dei giochi . 179

Decisione che sembra essere ancora attuale in seguito alle modifiche apportate con il decreto “Bersani” il quale piuttosto che aumentare il numero delle concessioni, avrebbe dovuto limitarsi a prevedere una revoca e una ridistribuzione delle vecchie concessioni risalenti al 1999. Esso ha invece contribuito ad incrementare in modo spropositato il settore sotto il profilo qualitativo e quantitativo offrendo ai consumatori italiani maggiori e sempre diverse opportunità di gioco; per non parlare dell’ulteriore incremento dettato dallo sviluppo della tecnologia e di Internet.

Laddove fosse possibile ravvisare un <<motivo di interesse generale>> valido, sarebbe allora necessario continuare il procedimento logico richiesto dal test di valutazione della legittimità delle restrizioni e passare all’analisi della proporzionalità delle misure stesse.

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c) Le misure nazionali devono essere idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo: il test di proporzionalità

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In quest’analisi possiamo partire dal noto caso Anomar, in cui la Corte venne adita dall’associazione nazionale portoghese degli operatori di macchine da gioco, pronunciandosi sulla legittimità di un decreto col quale il governo portoghese si era riservato la gestione dei giochi d’azzardo da svolgersi tramite tali macchine . 180

I giudici di Lussemburgo, specificavano che una riserva statale, come quella prevista in questo caso dalla normativa nazionale, rappresentava un ostacolo alla libera fornitura di servizi sul territorio dell’Unione Europea, purché essa non perseguisse fini di utilità sociale e fosse indistintamente applicabile ai fornitori nazionali e non.

Sebbene l’articolo 52 del TFUE lasciasse un ampio margine di discrezionalità alle autorità nazionali nella scelta dei mezzi da utilizzare per attuare le politiche ritenute più opportune, riconoscendo loro la possibilità di scegliere tra più comportamenti, tutti leciti sotto il profilo europeo, quello più idoneo al soddisfacimento degli interessi primari fissati dal diritto interno; esso non era privo di limitazioni. La legittimità di tali scelte, a parere della Corte di Giustizia europea, doveva essere valutata in base ad un test di proporzionalità mirato ad accertare non solo l’esistenza di un nesso causale tra la misura adottata e l’interesse che lo Stato intende tutelare con essa, ma anche

Sentenza 11 Settembre 2003, causa C-6/01, Associação Nacional de Operadores 180

de Máquinas Recreativas (Anomar) e altri contro Estado português, Racc. p. 8621 ss.

l’inesistenza di misure alternative che possano risultare meno restrittive rispetto a quella adottanda.

La dottrina ha cercato di individuare, nello specifico, i passi che la Corte di Giustizia percorre nel portare a termine questo accertamento. In primo luogo la misura deve risultare idonea al raggiungimento degli obiettivi che si prefigge o a tutelare gli interessi che intende proteggere; deve poi risultare strettamente necessaria, cioè coincidente con quella meno restrittiva delle libertà tra le misure ugualmente idonee al raggiungimento degli scopi voluti; e da ultimo, non deve risultare eccessiva, quanto agli effetti prodotti, rispetto ai suoi obiettivi, ed è questo il test di proporzionalità in senso stretto . 181

Soltanto attraverso questo meccanismo si riesce ad individuare, tra le tante soluzioni possibili, quella più equa, ragionevole ed adeguata, e quindi più idonea ad inserirsi nell’ordinamento giuridico in modo “socialmente e moralmente accettabile” . 182

Tutto questo viene confermato esaminando la dottrina relativa alla sentenza Gambelli , dalla quale emerge che la Corte, dopo aver 183 nuovamente condannato la normativa italiana, in linea con quanto affermato in occasione del caso Anomar secondo cui una normativa

Si veda a questo proposito, J. H. Proportionality Revisited, in LIEI, 2000, p. 239 181

ss.

Perelman C., Logica giuridica, nuova retorica, Milano 1979, p.205 (cit. in 182

Gioco, diritto, diritto al gioco: libertà fondamentali dell’ordinamento comunitario e disciplina delle scommesse in Italia, G. M. Ruotolo (a cura di) ).

Campegiani C., Pati C., Il sistema di monopolio statale delle scommesse e la sua 183

compatibilità con la normativa comunitaria in materia di libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi, in Giust. Civ., 2004, I, p. 2529 ss.

nazionale che sanzioni penalmente la raccolta, l’accettazione e la trasmissione di scommesse da parte di soggetti privi di una licenza rilasciata dallo Stato membro interessato rappresenta una restrizione alle libertà in esame, lasciava però ai giudici nazionali il compito di verificare se tale normativa potesse superare il test di proporzionalità. Passando ad analizzare il contesto della sentenza Costa e Cifone, la previsione della clausola di decadenza di una concessione di gioco 184 quando nei confronti del concessionario, del legale rappresentante o degli amministratori del concessionario siano state adottate misure cautelari o provvedimenti di rinvio a giudizio non è considerata di ostacolo alle libertà sancite dal Trattato soltanto nell’ipotesi in cui si faccia riferimento ad ipotesi di reato espressamente collegate all’attività di gioco e chiaramente definite; altrimenti, avremmo un trattamento sproporzionato rispetto al caso specifico.

Per cui, sulla base delle conclusioni dell’Avvocato generale, potremmo arrivare a dire che gli articoli del Trattato relativi alle menzionate libertà non siano di ostacolo ad una normativa nazionale che permetta di offrire esclusivamente le tipologie di giochi ricomprese in un elenco o in un catalogo, sanzionando con la decadenza della concessione l’offerta di qualsiasi altro gioco, purché i criteri adottati dall’autorità amministrativa per la redazione dell’elenco siano basate su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, e possano essere oggetto di un rimedio giurisdizionale; esse non ostacolano neanche una normativa domestica che preveda la decadenza della concessione nei

Si rimanda alla nota 166 per il contenuto dell’articolo 23 del decreto “Bersani” 184

confronti di responsabili di fattispecie criminose legate all’attività di gioco (come detto sopra).

Abbiamo, in questo modo, concluso l’analisi dell’iter logico che deve essere percorso dalle autorità europee, in primis, e nazionali di conseguenza, per poter accertare quando la normativa nazionale debba essere considerata illegittima alla luce dei principi sanciti in ambito europeo e, se del caso, quando essa possa divenire legittima alla luce di giustificazioni di interesse generale . 185

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Possiamo spostare l’attenzione su un noto caso riguardante il diritto portoghese. 185

La Corte di Giustizia europea, con la sentenza 8/09/09, causa “Santa Casa” c-42/07, sembra confermare l’orientamento emerso dalle pronunce precedenti.

Nell’analizzare la compatibilità della normativa portoghese in materia di gioco d’azzardo rispetto all’articolo 49 del Trattato, ha constatato che essa configura, di fatto, una restrizione alla libera circolazione dei servizi nell’Unione europea; ma ha, tuttavia, riconosciuto una giustificazione, nell’esigenza di preservare l’ordine pubblico e combattere la criminalità.

A differenza, di quanto avvenuto in riferimento ai casi italiani, con la sentenza di cui sopra, il giudice europeo non delega la valutazione all’autorità nazionale e sembra, piuttosto, aver autorizzato una restrizione alla libertà in oggetto, purché non apertamente discriminatoria.

Si ricorda che in Portogallo, il gioco d'azzardo è soggetto al principio generale di divieto e lo Stato si riserva la possibilità di autorizzare, secondo il regime che ritiene più idoneo, l'esercizio dei giochi, da parte di un ente statale o di un ente direttamente dipendente dal medesimo, o di concedere la gestione di tali giochi ad enti privati a scopo lucrativo o meno, mediante gare d'appalto effettuate secondo la normativa prevista dal codice di procedura amministrativa.

In Portogallo l’esercizio dei giochi d’azzardo sotto forma di lotterie, lotto e scommesse sportive è attribuito alla Santa Casa, che al passo con gli sviluppi tecnici, a partire dal 2003, è autorizzata alla distribuzione dei propri prodotti su supporto elettronico, nello specifico, su Internet, vietando l’utilizzazione di tali

CONCLUSIONI

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Al termine di questo lavoro, siamo in grado di fare alcune considerazioni riguardo ad un fenomeno di grande attualità.

La legislazione italiana in materia di giochi e scommesse, pur sembrando a prima vista contraria ai principi stabiliti dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, con particolare riguardo alla libera prestazione di servizi ed alla libertà di stabilimento, può in realtà, risultare pienamente legittima in quanto essa si propone non tanto di contenere la domanda e l’offerta del gioco, ma di canalizzarla entro circuiti controllabili nel tentativo di prevenire la degenerazione criminale.

La giurisprudenza della Corte di Giustizia europea ha, in più occasioni, ribadito la legittimità del sistema concessorio italiano purché sia giustificato da motivi di interesse generale e risponda ai criteri di proporzionalità valutati dal giudice nazionale.

Non rileva tanto la misura restrittiva in sé, quanto le ragioni che spingono gli Stati membri ad adottarla e gli obiettivi che essi perseguono.

Attraverso diversi spunti di riflessione, si sono risolti i dubbi relativi alla contraddittorietà tra un sistema interno fortemente restrittivo spinto dalla volontà di proteggere l’ordine pubblico e la politica espansiva portata avanti nel settore dei giochi d’azzardo per ovvie ragioni di natura fiscale.

Tale politica, pur contraddicendo lo scopo sociale di limitare la propensione al gioco, è tuttavia coerente con quello di evitarvi infiltrazioni criminali e, dunque, si considerano quali <<motivi di

interesse generale>>, la tutela dei consumatori e la prevenzione delle frodi e della criminalità.

Nell’analisi è emerso chiaramente come la normativa italiana abbia dovuto adeguarsi agli sviluppi tecnologici della società contemporanea, prestando particolare attenzione ai rischi legati alla diffusione del gioco d’azzardo attraverso la rete Internet.

Accanto al fenomeno dei Centri trasmissione Dati si è così affiancato il caso dell’offerta diretta via web che ha causato non poche conseguenze economico-giuridiche ed ha smentito la convinzione che Internet fosse un terreno libero, riconoscendo agli Stati la possibilità di introdurre discrezionalmente, ma pur sempre nel rispetto della proporzionalità e del divieto di discriminazione, le barriere necessarie per evitare fenomeni fraudolenti ed abusivi.

In un settore, come quello del gioco d’azzardo, fortemente pericoloso; si sente la necessità di un intervento netto che garantisca una tutela effettiva dei singoli consumatori.

A riguardo, si cita una recentissima raccomandazione sui servizi di 186 gambling on line con cui la Commissione Europea esorta gli Stati membri ad adottare dei principi per i servizi di gioco d’azzardo on line e per la pubblicità responsabile e la sponsorizzazione di tali servizi, nel tentativo di raggiungere un alto livello di protezione dei consumatori, dei giocatori e dei minori.

In particolare, gli obiettivi dei principi sono la tutela della salute di essi e la riduzione al minimo dell’eventuale danno economico che può derivare dal gioco d’azzardo compulsivo o eccessivo.

La raccomandazione del 14/07/14 venne annunciata in occasione del piano di 186

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