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L’EVOLUZIONE DELLA GIURISPRUDENZA

4.2. La giurisprudenza della Corte di Giustizia

4.2.3. Una svolta importante: il caso Gambell

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Il tema oggetto di analisi è tornato alla ribalta in occasione della pronuncia della Corte di Giustizia europea del 6 Novembre 2003, in relazione al caso Gambelli , che si innesta in quel filone 132 giurisprudenziale comunitario che ha trattato la problematica relativa alla compatibilità delle normative nazionali in materia di gioco con le disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento ed alla libera prestazione di servizi.

Tale pronuncia rappresenta, senza dubbio, un momento di svolta rispetto a quanto emerso fino al caso Zenatti.

I giudici di legittimità, al tempo, ritennero di poter trovare delle giustificazioni alla normativa domestica, sebbene essa fosse colma di

Pronuncia della Corte di Giustizia europea del 6 Novembre 2003, causa

restrizioni alle libertà fondamentali. Esse dovevano andarsi a ricercare nell’esigenza di tutelare l’ordine sociale, anche attraverso una riduzione delle occasioni di gioco, cui lo stesso regime concessorio sarebbe stato finalizzato.

Si ignorava, tuttavia, che il sistema introdotto dal legislatore italiano, in realtà, andava ad aprire sempre più la strada ad un fitto esercizio della raccolta di scommesse sportive, con tutti i pericoli che questo comportava.

In questo modo, il legislatore riusciva a ricorrere ad un escamotage di non poco rilievo occultando dietro a presunte finalità di rango superiore l’interesse ad aumentare gli introiti di natura fiscale che tali attività avrebbero prodotto.

Riconoscere delle possibili giustificazioni alle restrizioni previste in ambito nazionale significava così favorire la diffusione e l’esercizio del gioco, in forte contraddizione con le motivazioni che il legislatore stesso aveva posto alla base delle sue scelte in senso fortemente restrittivo.

Sembrava rompersi la coerenza emersa in relazione ai casi precedenti e si sentiva la necessità di tornare sul punto.

L’aspetto innovativo che desta interesse è dettato dalla qualificazione giuridica dell’attività dei Centri Trasmissione Dati, fino ad allora reputati dalle Corti come sedi meramente deputate a prestare servizi di collegamento con imprese operanti all’estero, quasi in funzione intermediaria tra scommettitori ed allibratori.

Cominciò ad emergere la possibilità che tali Centri dovessero considerarsi alla stregua di vere e proprie sedi secondarie di bookmakers costituiti ed autorizzati in altri Stati membri e che quindi,

la normativa italiana potesse rappresentare un ostacolo alla libertà di stabilimento che il Trattato riconosce, oltre che alle persone fisiche, anche a quelle giuridiche ai sensi dell’articolo 54 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea . 133

La Corte, in occasione della decisione Zenatti, aveva messo in conto che anche tale libertà potesse risultare inficiata dalle scelte del legislatore italiano, ma mai si pronunciò sulla questione.

Nel caso specifico, si avrebbe un ostacolo alla libertà di cui sopra ogni qualvolta un operatore abilitato ad organizzare scommesse nello Stato d’origine intendesse stabilire una sede secondaria in Italia.

Il bookmaker straniero che intendeva intraprendere la propria attività in territorio italiano si vedeva imputare una violazione dell’articolo 88 del TULPS.

L’operatore, alla luce di quanto previsto dalla normativa interna, si sarebbe visto costretto a conseguire una concessione per poter organizzare scommesse in Italia, partecipando alle gare previste per l’assegnazione.

Come già anticipato nel capitolo relativo alle libertà previste dal Trattato, 133

l’articolo dispone quanto segue: “Le società costituite conformemente alla

legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l'amministrazione centrale o il centro di attività principale all'interno dell'Unione, sono equiparate, ai fini dell'applicazione delle disposizioni del presente capo, alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri.

Per società si intendono le società di diritto civile o di diritto commerciale, ivi comprese le società cooperative, e le altre persone giuridiche contemplate dal diritto pubblico o privato, ad eccezione delle società che non si prefiggono scopi di lucro.”.

In realtà, è proprio nei regolamenti previsti all’interno del nostro ordinamento per l’assegnazione delle concessioni, che può essere ravvisato un vizio.

Fino alla modifica apportata dalla Legge finanziaria per il 2003 , 134 infatti, essi avevano di fatto escluso la partecipazione di società quotate e le relative gare si erano svolte nel 1998 riconoscendo un’abilitazione della durata di sei anni, automaticamente rinnovabile al termine di detto periodo.

Si trattava, dunque, di porsi il quesito in ordine alla possibilità di restringere il campo di applicazione della libertà di stabilimento ed applicare una sanzione penale ad un operatore straniero sprovvisto di licenza, laddove fosse la normativa stessa ad aver impedito l’acquisizione.

In concreto, il procedimento oggetto della pronuncia Gambelli è stato introdotto con una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta ai giudici di Lussemburgo dal tribunale di Ascoli Piceno . 135

Il Tribunale del capoluogo marchigiano era stato adito per il riesame del decreto con il quale il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Fermo aveva disposto il sequestro di numerosi Centri di Trasmissione Dati, che le indagini svolte dal pubblico ministero dimostravano operare in violazione dell’articolo 4 della legge n. 401/89.

In quest’occasione le disposizioni nazionali vengono analizzate sotto l’aspetto della libertà di stabilimento, diversamente da quanto emerso finora.

Legge 289/2002. 134

Con ordinanza 30 marzo 2001, pervenuta in cancelleria il 22 giugno successivo. 135

La Corte di Giustizia fino a questo momento aveva infatti esaminato la problematica delle lotterie, dei giochi d’azzardo e scommesse su eventi sportivi, solo dall’angolo visuale della libera prestazione di servizi. Il caso trae origine da un procedimento penale a carico del sig. Piergiorgio Gambelli ed altri per violazione del sistema sanzionatorio previsto dall’articolo 4 della legge n. 401/89, riguardo alla riserva in favore dello Stato o di altro ente concessionario per la raccolta e la trasmissione di scommesse.

Nello specifico, le risultanze investigative avevano accertato l’esistenza di <<un’organizzazione, diffusa e capillare, di agenzie italiane>> collegata via Internet con l’allibratore inglese Stanley International Betting Ltd , di Liverpool, di cui fa parte Gambelli e le 136 altre più di 100 persone, che si occupa(va) della <<raccolta [in Italia] di scommesse (…) riservate allo Stato per legge . 137

Secondo quanto si ricava dal punto 10 della sentenza della Corte di Giustizia

136

europea in esame, la Stanley International Betting Ltd è una società di capitali

britannica, registrata nel Regno Unito, che svolge l’attività di allibratore.

Essa è autorizzata ad esercitare tale attività da una licenza ai sensi della legge Betting, Gaming and Lotteries (legge inglese sulle scommesse, i giochi e le lotterie), rilasciata dalla città di Liverpool con facoltà di svolgere tale attività nel Regno Unito e all’estero. […]

La società britannica organizza e gestisce le scommesse, individua gli eventi e le quote, assume il rischio economico ed opera anche in virtù di raccolte telefoniche e telematiche.

La società paga nel Regno Unito le tasse previste (tassa sulla scommessa, imposta sul valore aggiunto, tassa sulle società), oltre che le tasse e i contributi sugli stipendi e le relative vincite.

La società è soggetta a controlli rigorosi, sia di carattere interno che da parte di società private di revisione nonché da parte dell’amministrazione fiscale. (Cit.).

L’impresa britannica operava all’interno del mercato italiano mediante la stipulazione di accordi relativi all’istituzione di Centri Trasmissione Dati con operatori economici aventi sede in Italia, i quali così diventavano intermediari per scommesse su eventi sportivi. Tali Centri, ai sensi dell’ordinanza di rinvio, mettevano a disposizione degli utenti i mezzi telematici per accedere all’allibratore, raccoglievano e registravano le intenzioni degli scommettitori trasmettendole a Liverpool.

Dunque, veniva contestato agli indagati di aver posto in essere una condotta illecita, consistente nella gestione di tali agenzie che effettuavano attività di raccolta di scommesse così articolata:

- il giocatore comunicava al responsabile dell’agenzia italiana l’evento su cui intende scommettere e indica la somma giocata; - l’operatore inviava a mezzo Internet gli estremi della richiesta di

accettazione della giocata al bookmaker straniero;

- quest’ultimo inviava conferma dell’accettazione in tempo reale; - il giocatore, al quale veniva comunicata l’accettazione della

scommessa, effettuava il pagamento del corrispettivo dovuto;

- l’agenzia inoltrava quest’ultimo al bookmaker straniero su apposito conto estero.

Tali condotte e tali modalità di ricezione e trasmissione delle scommesse furono considerate contrarie al regime del monopolio sulle scommesse sportive e quindi valutate come una violazione dell’articolo 4 della legge n.401/89.

I Centri che furono oggetto di ispezioni e di sequestri nel procedimento penale principale, avevano rapporti contrattuali con la Stanley ed in tal

modo essa ha dato vita ad un’intera rete per l’offerta e l’accettazione di scommesse sportive nel territorio italiano.

Possiamo dunque dire che l’impresa britannica si sia stabilita in Italia. Conformemente alla sentenza della Corte nella causa Factortame , 138 uno stabilimento consiste nell’esercizio effettivo di un’attività

Sentenza della Corte di Giustizia europea del 19 giugno 1990, causa C- 213/89 138

Factortame Ltd e altri.

Essa riaffermò il principio del primato del diritto comunitario sulle disposizioni legislative nazionali.

La pronuncia, infatti, affermava la legittimità del provvedimento provvisorio adottato dall’Alta Corte di Giustizia inglese, che aveva provveduto a disapplicare la normativa nazionale in attesa della soluzione fornita dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee in merito alla controversia avente per oggetto norme comunitarie.

Il caso era stato sollevato da alcune compagnie marittime mercantili, molte delle quali controllate da soggetti spagnoli, che invocavano una revisione del British Merchant Shipping Act del 1988 in merito alle modalità di iscrizione ai registri marittimi inglesi. Nella legislazione britannica relativa ai battelli per l’esercizio della pesca, per l’immatricolazione era necessario che i proprietari, armatori o utilizzatori del battello, fossero cittadini britannici oppure società costituite in Gran Bretagna.

Tutto ciò era in aperto contrasto con il principio di uguaglianza del trattamento nazionale previsto dall’art. 43 del Trattato CE in tema di diritto di stabilimento. I ricorrenti affermavano che tali disposizioni erano discriminatorie per le navi non inglesi e ledevano il loro diritto di stabilimento sancito dal trattato istitutivo della Comunità europea. Essi richiedevano, quindi, la sospensione dei provvedimenti in questione e l’adozione di provvedimenti provvisori in attesa della soluzione del caso.

Tale richiesta, accettata dalla sezione dinanzi alla quale era stato sollevato il caso, fu rigettata dalla Corte d’Appello e dalla Camera dei Lords; queste ultime affermavano infatti l’impossibilità di sospendere norme nazionali per applicare norme temporanee che tutelassero diritti sanciti dal trattato.

economica per una durata di tempo indeterminata, mercè l’insediamento in pianta stabile in un altro Stato membro.

Secondo quanto poi si ricava dalla definizione del campo di applicazione della libertà di stabilimento, operata dalla Corte nella causa C-205/84 , un’impresa che abbia in un altro Stato membro una 139 presenza permanente, è soggetta alle disposizioni del Trattato relative al diritto di stabilimento e ciò anche se questa presenza non ha assunto la forma della succursale o dell’agenzia, bensì si concreta in un semplice ufficio, gestito da personale dell’impresa, o da una persona indipendente, ma incaricata di agire in permanenza per conto dell’impresa alla stessa stregua di un’agenzia.

Il tribunale di Ascoli Piceno, in altri termini, rilevava la contraddizione delle scelte adottate dal legislatore italiano, volte ad espandere la pratica dei giochi d'azzardo, da un lato, e a comprimere lo spazio d'esercizio delle libertà fondamentali, dall'altro.

Il giudice del rinvio, sostenne la tesi secondo cui il diritto europeo riconosceva all’impresa inglese il diritto di aprire centri o stabilimenti negli Stati membri dell’Unione europea, i quali mettono a disposizione degli utenti il percorso telematico in favore dell’allibratore.

Il giudice osservò inoltre che le persone indagate avrebbero sviluppato una vera e propria attività economica ed avrebbero fornito nei confronti dell’impresa straniera un servizio.

Sentenza della Corte di Giustizia europea del 4 December 1986. 139

Commission of the European Communities v Federal Republic of Germany. (Freedom to provide services - Insurance).

Dunque, l’istanza di riesame pervenuta al giudice del rinvio solleverebbe pregiudiziali questioni di compatibilità delle norme nazionali con il diritto europeo.

Così, diffidando dal principio enunciato nella sentenza Zenatti, sostenne l’esigenza di esaminare il problema della compatibilità tra disciplina interna e diritto europeo secondo un’altra ottica, non avendo riguardo alla sola circolazione dei servizi, ma anche alla libertà di stabilimento, ex articoli 49-55 del TFUE.

La Corte di giustizia non qualificò i Centri di Trasmissione Dati come forme di stabilimento secondario , ma ad ogni modo, sostenne che la 140 correlata libertà fosse pregiudicata oltre che dalle sanzioni penali

Secondo quanto si ricava dal punto 85-88 della sentenza Gambelli, dalle 140

osservazioni dei partecipanti al procedimento principale, emerge che il server per le offerte, le accettazioni e lo svolgimento delle scommesse si trova a Liverpool e i centri svolgono una mera attività di intermediazione.

Per il compimento di tali servizi ausiliari, si può supporre la presenza di un’impresa sul territorio di un altro Stato solo se sussiste una dipendenza della struttura dall’impresa alla stessa stregua di un’agenzia. Nel caso di mere attività di intermediazione oppure di meri luoghi di raccolta delle scommesse dovrebbe pertanto ricorrere anche un vincolo esclusivo o almeno un collegamento preponderante con l’organizzatore.

Qualora tuttavia l’attività di intermediazione per conto dell’organizzatore delle scommesse, fosse solo una delle attività, sarebbe difficile supporre l’esistenza di un incarico in permanenza , a vantaggio dell’impresa, di operare come un’agenzia, perché l’intermediario in un caso del genere, a seconda delle condizioni contrattuali, può liberamente decidere di svincolarsi dalla collaborazione. Non esisterebbe dunque una dipendenza dall’impresa principale.

Date queste circostanze si suppone che i Centri Trasmissione Dati non siano stabilimenti secondari dell’impresa Stanley, ma che questi centri operino nell’ambito della libera prestazione dei servizi.

previste nei confronti di chi svolgesse attività abusiva di intermediazione, pur essendo autorizzato ad operare in altro Stato membro; anche dalle norme che di fatto escludevano gli operatori stranieri dalle gare per l'assegnazione delle concessioni.

Infatti, sebbene si trattasse di misura indistintamente applicabile a tutte le società di capitali, a prescindere dal fatto che avessero sede in Italia o in altro Stato membro, la Corte ha affermato che, laddove l’assenza di operatori stranieri tra i concessionari nel campo delle scommesse in Italia sia dovuta al fatto che la stessa normativa italiana in materia di bandi non riconosce alle società quotate nei mercati regolamentati la possibilità di ottenere concessioni; tale normativa costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento.

In particolare, il giudice del rinvio si soffermò su due ordini di questioni. Da un lato, ritenne di doversi interrogare sulla rilevanza dell’apparente discrasia tra una normativa interna di rigoroso contenimento dell’attività di accettazione delle scommesse sportive da parte di imprese estere ed una politica di segno opposto di forte espansione del gioco e delle scommesse che lo Stato italiano persegue sul piano nazionale con finalità di raccolta erariale.

Dall’altro lato, occorrerebbe interrogarsi sul rispetto del principio di proporzionalità, <<fra l’intensità estrema del divieto (repressione penale)>>, scelta dal legislatore nazionale e <<la rilevanza dell’interesse interno protetto>> che <<va a sacrificare le libertà attribuite ai singoli dal Trattato>> . 141

Si ricava dal punto 19 della sentenza Gambelli di cui sopra. 141

E’ proprio su questo ultimo aspetto che emergeranno, nell’analisi conclusiva relativa al test di proporzionalità delle misure adottate, gli elementi innovativi della sentenza in esame.

Quest’ultima ha cercato di ovviare agli elementi di criticità emersi fino a quel momento in relazione alla qualificazione dei Centri Trasmissione Dati, alla luce delle modifiche normative introdotte con la legge n. 388/2000.

Si trattava di accertare se la concessione richiesta per l’organizzazione delle scommesse su eventi sportivi soggetti al controllo del CONI, fosse necessaria anche per i Centri Trasmissione Dati i quali non si dedicavano all’organizzazione di scommesse, ma alla sola trasmissione di esse.

Come indicato precedentemente, la legge finanziaria 2001 aveva modificato le due norme centrali di questa materia.

In primis, aveva riformulato l’articolo 88 TULPS, ammettendo al rilascio della licenza di polizia i soggetti concessionari o autorizzati all’organizzazione di scommesse e, rendendo possibile ai privati, anche persone giuridiche, l’organizzazione di scommesse mediante affidamento in concessione.

In secondo luogo, provocò una modifica dell’articolo 4 della legge n. 401/89, introducendo i commi 4-bis e 4-ter, soffermandosi sull’evoluzione telematica e telefonica fortemente incisiva sulla materia . 142

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Per una lettura del contenuto delle disposizioni normative, si rinvia al capitolo 2 142

4.2.4 I Centri Trasmissione Dati: l’attività di intermediazione in