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L’EVOLUZIONE DELLA GIURISPRUDENZA

4.3. Un passo in avanti: la giurisprudenza più recente

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a) La sentenza Placanica :

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La situazione che dette origine alla causa Placanica ricordava i tratti 153 peculiari dei casi Zenatti e Gambelli precedentemente esaminati.

I soggetti imputati nei procedimenti principali esercitavano un’attività di intermediazione a mezzo Internet presso Centri di Trasmissione Dati, finalizzata alla raccolta di puntate su scommesse sportive offerte

Secondo quanto emerge dalla nota sentenza Gambelli, 6 novembre 2003, 152

C-243/01.

Sentenza della Corte (grande sezione) del 6 Marzo 2007. 153

La sentenza in commento traeva origine dalla riunione di tre cause originate dai rinvii pregiudiziali disposti dai Tribunali di Teramo (C-359/04 e C-360/04) e di Larino (C-338/04) dinanzi ai quali erano imputati, nell’ordine, Christian Palazzese, Angelo Sorricchio e Massimiliano Placanica.

dalla Stanley International Betting Ltd, in violazione della norma cardine di questo settore, ovvero l’articolo 88 TULPS.

Si consideravano responsabili di avere abusivamente svolto, sul territorio nazionale, un’attività organizzata diretta all’accettazione ed alla raccolta per via telematica di scommesse su eventi sportivi calcistici accettate da una società di capitali estera, senza la prescritta concessione, autorizzazione e licenza richiesta dalla normativa domestica, e senza essere in possesso della prescritta autorizzazione del C.O.N.I., nonché del Ministero dell’Economia e delle Finanze (A.A.M.S.), all’uso dei mezzi telematici per la predetta raccolta di scommesse e per la trasmissione telematica delle stesse alla società accettante.

Tuttavia, si trattava di soggetti a cui la normativa italiana aveva, di fatto, impedito una partecipazione alle gare.

Essi, infatti, avevano richiesto la prescritta concessione e, di conseguenza, la licenza di polizia che vennero loro negate.

Ancora una volta emergeva un sistema viziato e risultava illegittimo irrogare sanzioni penali nei confronti di soggetti, di fatto, impossibilitati a partecipare a nuove gare per le relative concessioni; ancora una volta, si apriva così la strada all’interessante dibattito sul tema della compatibilità della normativa italiana, in tema di gioco e scommesse, con i principi in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi.

Con questa pronuncia la Corte cercò di precisare la propria giurisprudenza nel tentativo di chiarire una materia che in Italia era fortemente confusionaria e disorganica.

Essa, riunita in Grande Sezione, dopo aver evidenziato che il sistema delle concessioni costituisce una limitazione della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi, ha stabilito l’illegittimità di alcuni requisiti stabiliti dalla normativa italiana e delle relative sanzioni penali, sottolineando, in particolare, che “uno Stato membro non può applicare una sanzione penale per il mancato espletamento di una formalità amministrativa, allorché l’adempimento di tale formalità viene rifiutato o è reso impossibile dallo Stato membro interessato in violazione del diritto comunitario” . 154

La sentenza di cui sopra ha indubbiamente avuto il merito di dimostrare, una volta per tutte, la sproporzione sussistente nel nostro ordinamento tra il mancato rispetto delle norme a tutela del corretto svolgimento dell’attività di gioco e scommessa e il trattamento sanzionatorio previsto, ovvero la pena detentiva fino a tre anni.

Nel caso specifico, la Corte concentrava la propria attenzione sul sistema italiano di concessioni amministrative, ritenendolo un efficace

E’ quanto si ricava dal punto 69-71 della sentenza in esame. 154

Emerge, dunque, l’applicazione fatta in occasione di questa sentenza, dei principi elaborati nella giurisprudenza Reinks (sentenza del 15 Dicembre 1983, causa C-5/83, Reinks, Raccolta, p. 4233, punti 10-11), secondo cui uno Stato membro non può applicare una sanzione penale per il mancato espletamento di una formalità amministrativa, allorché l’adempimento di tale formalità viene rifiutato o è reso impossibile dallo stesso Stato membro in violazione del diritto comunitario: la Corte ha quindi ritenuto “incompatibile con gli obblighi comunitari ogni previsione

di sanzioni penali nei confronti di soggetti che abbiano esercitato l’attività di raccolta di scommesse in difetto di concessione o di autorizzazione di polizia necessarie per la normativa nazionale, allorché costoro, pur avendole richieste, non abbiano potuto ottenere le dette autorizzazioni a causa di un rifiuto opposto in violazione del diritto comunitario”.

meccanismo per controllare coloro che operano nel settore del gioco e delle scommesse.

Tale sistema più che ridurre quantitativamente le occasioni di gioco, mirava a canalizzare i giochi autorizzati entro circuiti controllabili, assoggettando ad un controllo gli operatori del settore ed incanalando i consumatori verso vie legali . 155

Per cui la Corte, in occasione della sentenza Placanica, non dubita della legittimità di un regime di autorizzazioni previsto per l’esercizio di alcune attività d’impresa, a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, bensì censurano la previsione di tali controlli o limitazioni a diverse finalità, come quella di assicurare un monopolio o favorire imprese nazionali, o la negazione delle suddette concessioni a soggetti che, in forza del diritto dello Stato di stabilimento, sono dotate delle richieste autorizzazioni.

Ancora una volta, la soluzione sembra da ricercarsi nei motivi che legittimano le restrizioni, i quali devono necessariamente essere considerati meritevoli di tutela, ovvero riguardare l’ordine o la sicurezza pubblica.

Dunque, una normativa restrittiva come quella italiana, per poter essere considerata legittima, deve necessariamente essere giustificata da motivazioni di questo rango.

In questo senso, si spiega l’originario regime monopolistico previsto dall’art. 1 155

del d.lgs. 496/98 il quale assegnava solo ad enti di natura pubblicistica la gestione dell’attività di raccolta di scommesse.

Si noti a tal proposito il contenuto dell’articolo stesso: “L’organizzazione e l’esercizio di giuochi di abilità e di concorsi pronostici, per i quali si corrisponda una ricompensa di qualsiasi natura e per la cui partecipazione sia richiesto il

Ricordiamo, che secondo quanto statuito dalla Corte, questa valutazione spetta ai giudici nazionali i quali devono accertare se la normativa nazionale che vieta l’esercizio di attività di questo tipo in assenza di concessione o di autorizzazione di polizia rilasciate dallo Stato membro interessato, in quanto contrasta con i principi di stabilimento e libera prestazione dei servizi, risponda realmente all’obiettivo di prevenire l’esercizio delle attività nel settore del gioco e delle scommesse per fini criminali o fraudolenti.

L’importanza della sentenza Placanica ha influito anche sugli sviluppi giurisprudenziali emersi in Italia negli anni immediatamente successivi.

La Suprema Corte di Cassazione italiana ha infatti mutato il suo precedente orientamento ed ha recepito i contenuti della stessa nell’affermare che “è fuori dubbio che limiti ingiustificati sono esistenti nei confronti delle società quotate che hanno sede nei Paesi membri e che non hanno potuto partecipare alle gare per l'attribuzione delle licenze in Italia sebbene fossero in possesso delle necessarie forme di autorizzazione che il Paese ove sono stabilite richiede per la gestione organizzata di scommesse in ambito nazionale e europeo . 156

Parimenti, limiti ingiustificati sono esistenti nei confronti delle persone operanti in Italia che sono escluse dal rilascio delle autorizzazioni ai sensi del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 88 per il solo fatto che la richiesta di autorizzazione sia finalizzata all'attività di

La Cassazione appoggiava il principio dell’home-country control, non per 156

permettere a tutti gli operatori autorizzati all’estero di operare in Italia, ma per tener loro indenni da sanzioni penali, ogniqualvolta avrebbero potuto partecipare alle gare per le concessioni, se non fosse stato per la limitazione di fatto prevista dal legislatore stesso.

raccolta delle scommesse per conto delle società quotate e prive di concessione, menzionate al punto che precede” . 157

La sentenza Placanica dichiarava l’incompatibilità con il diritto comunitario del regime concessorio così come originariamente previsto , con la previsione del rinnovo automatico delle concessioni originariamente conferite . 158

Emerge, chiaramente, l’invito al giudice nazionale di disapplicare le misure sanzionatorie a carico dei gestori di tali Centri i quali non abbiano potuto ottenere la concessione e la licenza prescritte . 159

Lo Stato italiano, in primis, avrebbe dovuto adottare i provvedimenti idonei a riparare la propria legislazione, altrimenti le società di capitali avrebbero potuto ritenersi legittimate ad esercitare attività di raccolta

Si veda la pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, sezione terza penale: 157

Cass. pen., sez. III, 28 marzo 2007, n. 16928; secondo cui “L’attività organizzata

per l’accettazione, la raccolta e la gestione delle scommesse, effettuata per conto di società quotate aventi sede in altro Stato membro UE da soggetti esclusi dal rilascio delle autorizzazioni di cui all’art. 88 del TULPS per il solo fatto che l’attività venga svolta per conto di società con azionariato anonimo, e che per tale ragione non hanno potuto partecipare alle gare per l’attribuzione delle licenze sebbene in possesso delle necessarie autorizzazioni per la gestione organizzata di scommesse in altro Stato membro, non può integrare il reato di cui all’art. 4 della legge 13 febbraio 1989, n. 401, che conseguentemente va disapplicato, in quanto in contrasto con i principi di libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi.”. In

senso conforme,si veda Cass. pen., sez. III, 27 aprile 2007, n. 25170.

Nel tentativo di eliminare questo aspetto viziato dal nostro ordinamento, si veda 158

il decreto “Bersani”, convertito in legge n. 248/2006; il quale aveva previsto l’assegnazione di nuove concessioni per l’esercizio di scommesse su eventi sportivi, introducendo gare ad evidenza pubblica per la scelta dei concessionari.

La disapplicazione operava solo nei confronti di coloro che fossero stati esclusi 159

di scommesse in Italia senza concessione o licenza di polizia, senza il pericolo di incorrere in una sanzione.

L’obiettivo dovrebbe essere quello di ridistribuire le concessioni o introdurre nuove gare permettendo agli intermediari che ne erano stati esclusi un reinserimento nei canoni della legalità.

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b) La sentenza Costa e Cifone:

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In seguito alle ripetute pronunce della Corte di Giustizia che avevano dichiarato la normativa italiana incompatibile con il diritto di stabilimento e la libera prestazione dei servizi, il legislatore aveva profondamente modificato la materia con il decreto “Bersani” , 160 prevedendo l’apertura di settemila nuovi punti vendita, determinandone il numero massimo per comune e stabilendo la distanza minima fissa rispetto a quelli già presenti sul territorio . 161 Il caso Costa e Cifone rappresenta l’ultimo tassello nell’ambito dei 162 casi italiani riguardanti il gioco d’azzardo ed offre alla Corte una nuova opportunità per precisare la sua già ampia giurisprudenza in materia di gioco in Italia, ribadendo l’incoerenza della legislazione italiana rispetto ai principi di stabilimento e prestazione dei servizi.

Dl del 4 Luglio 2006, n. 233, convertito nella legge 4 Agosto 2006, n. 248. 160

Dai nuovi punti per le scommesse furono escluse le corse dei cavalli. Il motivo 161

di questa esclusione non è chiaro, ma si ricollega al momento storico in cui il maggior richiamo è dato dagli eventi sportivi legati alle competizioni calcistiche nazionali ed europee.

Sentenza della CGUE, quarta sezione, del 16 Febbraio 2012, nelle cause riunite 162

La domanda di pronuncia pregiudiziale posta dalla Corte di Cassazione ai giudici di legittimità nasce dai procedimenti penali a carico dei signori Costa (causa C-72/10) e Cifone (causa C-77/10).

Il primo caso faceva riferimento alla richiesta della Procura presentata il 20 Ottobre 2008 al Tribunale di Roma, in ordine alla condanna del signor Costa, al tempo gestore di un Centro trasmissione Dati a Roma in virtù di un contratto stipulato nel maggio 2008, per la violazione di cui all’articolo 4, comma primo e 4 bis, della legge n. 401/89 per avere esercitato illegalmente, senza essere in possesso della necessaria concessione e autorizzazione di polizia, un’attività organizzata di accettazione o raccolta di scommesse sportive per conto di una società estera con trasmissione a quest’ultima di dati per via telematica, svolgendo in tal modo il ruolo di intermediario in favore della suddetta società che, senza la necessaria concessione, accetta le scommesse.

Il Giudice delle indagini preliminari, con una decisione resa il 27 Gennaio 2007, ha ritenuto di dover disapplicare la normativa italiana in linea con quanto precedentemente pronunciato dalla Corte di Cassazione; pertanto, ritenendo la legislazione italiana in materia in contrasto con i principi previsti all’interno del Trattato, ha dichiarato di non doversi procedere contro il signor Costa perché il fatto non è più previsto come reato.

La procura ha poi presentato ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, ritenendo, da un lato, che la nuova normativa introdotta con il decreto “Bersani” dovesse esser considerata conforme al diritto dell’Unione europea; dall’altro, che la Stanley International Betting Ltd non ha

partecipato volontariamente alle nuove gare organizzate a seguito dell’intervento del 2006 . 163

Il secondo caso aveva riguardo al decreto con cui il Gip presso il Tribunale di Trani chiedeva il sequestro preventivo del locale e delle apparecchiature del signor Cifone, allora gestore di un Centro Trasmissione Dati a Molfetta, in provincia di Bari, per violazione dell’articolo 4, comma 4-bis e 4-ter, della legge n. 401/89 e degli

Si ricorda che nel 1999 fu indetta in Italia una gara per aggiudicare 1000 163

concessioni per la commercializzazione di scommesse su gare sportive per un periodo di 6 anni, prorogabile per altri 6. Conformemente alle disposizioni relative alla trasparenza dell’azionariato allora in vigore, le società operatrici che, come la Stanley, erano quotate su mercati regolamentati furono escluse dalle gare.

Per ovviare a tale sistema, fu apportata una prima modifica con la legge 27 Dicembre 2002, n. 289 (articolo 22, comma 11), permettendo a tutte le società di capitali, a prescindere da quale fosse la loro forma giuridica, di partecipare alle gare pubbliche nella menzionata materia.

Una seconda modifica avvenne con il decreto “Bersani”, precedentemente esaminato, con cui furono pubblicati due nuovi bandi di gara per l’aggiudicazione di nuove concessioni.

Nonostante il suo interesse a partecipare a queste nuove gare del 2006, la Stanley vi rinunciò dopo aver chiesto all’AAMS chiarimenti relativi alle condizioni di gara (era previsto un capitolato d’oneri comprendente otto allegati, il quale subordinava la partecipazione alla gara alla costituzione di una garanzia bancaria provvisoria e all’impegno di costituire una garanzia bancaria definitiva a copertura degli obblighi derivanti dalla concessione) e allo schema di convenzione che sarebbe nato tra i futuri concessionari e l’Amministrazione, ex articolo 23 del decreto (si veda la nota 145) .

Nonostante ciò i signori Costa e Cifone chiesero la relativa autorizzazione di polizia per svolgere l’attività di intermediari di scommesse.

articoli 106 e 132, primo comma, del decreto legislativo n. 385 del 1983 . 164

In sede di impugnazione, il Tribunale di Bari, confermò il provvedimento di sequestro unicamente per il reato di cui all’articolo 4 della legge dell’89, ovvero per avere svolto l’attività in assenza di concessione o di autorizzazione dell’AAMS e senza autorizzazione di pubblica sicurezza.

Nel 2008 fu presentato ricorso in Cassazione, lamentando l’incompatibilità della normativa italiana rispetto al diritto europeo nella misura in cui prevedeva limiti alla collocazione dei nuovi punti

Testo Unico Bancario. 164

vendita e stabiliva ipotesi gravemente discriminatorie di decadenza delle concessioni . 165

Dunque la domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda le due cause riunite nell’ambito dei procedimenti penali a carico dei signori Costa e Cifone, in qualità di gestori di Centri Trasmissione Dati contrattualmente legati all’impresa britannica, per la violazione della normativa italiana prevista nella materia (come indicato sopra).

La Corte di Cassazione, nel caso specifico, constatò l’esistenza di dubbi riguardo all’interpretazione dell’estensione della libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi e nell’eventualità che esse potessero risultare ostacolate dalla normativa italiana, sospese i due procedimenti rimettendo la questione alla Corte di Giustizia europea.

L’articolo 23 del decreto “Bersani” ne prevede la decadenza, nelle seguenti 165

circostanze:

-Quando, nei confronti del concessionario, del legale rappresentante o degli amministratori del concessionario, siano state adottate misure cautelari o provvedimenti di rinvio a giudizio per tutte le ipotesi di reato di cui alla legge 19 Marzo 1990, n.55, nonché per ogni altra ipotesi di reato suscettibile di far venire meno il rapporto fiduciario con l’AAMS; nel caso di violazioni gravi ovvero reiterate delle norme vigenti che disciplinano i giochi pubblici, ivi compreso il mancato rispetto della normativa vigente da parte di soggetti terzi incaricati dal concessionario per lo svolgimento di servizi connessi alla raccolta del gioco sportivo a distanza. (punto2).

-Nonché qualora il concessionario commercializzi, in proprio od attraverso società in qualsiasi modo ad esso collegate, sul territorio italiano o anche attraverso siti telematici situati al di fuori dei confini nazionali, giochi assimilabili ai giochi pubblici, ovvero ad altri giochi gestiti da AAMS, ovvero giochi vietati dall’ordinamento italiano. (punto 3).

-La revoca o la decadenza della concessione comporta l’incameramento della cauzione costituita dal concessionario a favore dell’AAMS, fermo restando il diritto di richiedere il risarcimento del danno ulteriore. (punto 6).

Essa è chiamata a verificare se gli articoli 49 e 56 del TFUE ostino ad una normativa, quale quella italiana introdotta con le modifiche apportate con il decreto “Bersani”.

Il giudice del rinvio si interroga sulla compatibilità con il diritto dell’UE della tutela che per certi aspetti il nuovo regime, nel prevedere una distanza minima da rispettare per i titolari di nuove concessioni, offre alle posizioni commerciali acquisite al termine della gara del 1999.

Come emerso dalla sentenza Placanica, spettava all’ordinamento giuridico nazionale stabilire modalità procedurali che garantissero la tutela degli operatori illegittimamente esclusi al tempo delle prime gare; obiettivo che poteva raggiungersi revocando e ridistribuendo le vecchie concessioni, o prevedendo nuove gare.

Soluzioni queste che potrebbero essere considerate entrambe idonee a rimediare la situazione preesistente, permettendo agli operatori precedentemente esclusi di poter operare nel mercato alle stesse condizioni previste per quelli già esistenti.

Tuttavia, ciò non può dirsi raggiunto, nel caso in cui le posizioni commerciali acquisite dagli operatori esistenti ricevano, di fatto, ulteriori vantaggi concorrenziali.

Si giunge al medesimo risultato: rafforzare gli effetti dell’esclusione illegittima dalle gare del 1999, con una nuova violazione degli articoli

previsti dal Trattato in tema di stabilimento e libera prestazione di servizi . 166

Nel risolvere questo interrogativo, la Corte ritiene di dover disattendere le conclusioni dell’Avvocato generale il quale aveva fatto esplicito richiamo al caso Blanco Perez in cui era stato statuito che un regime di distanze minime tra farmacie doveva necessariamente essere considerato alla stregua di una misura coerente e sistematica per la tutela della salute delle persone, evitando una eccessiva concentrazione di esse nelle zone commercialmente più attive, a svantaggio delle zone rurali.

Nel caso sub specie infatti, ad avviso della Corte, non rientrava in alcun modo in gioco la tutela della salute delle persone.

Essa, dunque, focalizza la propria attenzione su altri aspetti, in particolare sui criteri che devono essere seguiti dall’amministrazione pubblica durante l’iter che porta al riconoscimento della concessione, quali la parità di trattamento e la trasparenza . 167

Secondo tali principi, da un lato, “tutti gli operatori devono esser messi nella condizione di avere uguali opportunità” e dall’altro, i criteri di adozione devono essere “oggettivi, non discriminatori e noti

La soluzione adottata dal legislatore nazionale, non può essere tale da rendere in 166

pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico europeo. Secondo il principio di effettività, quindi, la scelta del diritto nazionale (aggiudicazione di nuove concessioni in aggiunta a quelle preesistenti) non deve produrre lo stesso effetto di esclusione illegittima di alcuni operatori.

Pur senza dover dar vita ad una pubblica gara, il suddetto obbligo di trasparenza 167

impone all’autorità concedente di garantire, ad ogni potenziale offerente, un livello di pubblicità adeguato, tale da consentire l’apertura della concessione alla concorrenza nonché il controllo dell’imparzialità delle procedure di attribuzione.

in anticipo, così da circoscrivere il potere discrezionale delle autorità nazionali”.

Ad avviso della Corte, dunque è facile riscontrare una discriminazione tra gli operatori esistenti dal 1999 e quelli a cui i futuri bandi erano rivolti, dal momento che ad essi era impedito di stabilirsi nelle zone a più alta densità commerciale in quanto già occupate.

Dalle parole della Corte nella sentenza Costa e Cifone, emerge quanto segue:

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Gli articoli 49 e 56 del TFUE, nonché i principi di parità di trattamento e di effettività, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a che uno Stato membro, il quale abbia escluso, in violazione del diritto dell’Unione, una categoria di operatori dall’attribuzione di concessioni per l’esercizio di un’attività