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3.3 All’interno dei centri ad Amburgo

3.3.2 Centro di Wilhelmsburg

Il 25 novembre ho appuntamento in un altro centro di seconda accoglienza, questa volta nel quartiere di Wilhelmsburg, nella zona sud di Amburgo. Impiego all'incirca mezz'ora per raggiungerlo con i mezzi pubblici, è più vicino rispetto al centro di Jugendparkweg, ma è situato in una zona conosciuta per essere abitata per lo più da immigrati e da persone molto povere. Per questo motivo, ma anche perché il quartiere ha parecchio spazio libero negli ultimi mesi si stanno allestendo sempre più centri per rifugiati in questa zona.

Nel centro gli alloggi sono “palazzine” formate da container disposti su due piani, al piano di sopra si accede tramite una scala di ferro esterna, la capienza totale delle diverse palazzine è di 150 persone.

Anche gli uffici degli operatori sono nei container; appena entro la persona con la quale ho appuntamento mi fa accomodare nel suo ufficio e mi spiega che purtroppo si prospetta una giornata molto frenetica e teme saremo presto interrotti perché sono in arrivo 35 nuovi ospiti. Ancor prima che io possa chiederglielo l'operatore mi spiega che ogni centro ad Amburgo è gestito in modo diverso, F&W lascia discreti spazi d'autonomia nello svolgimento del lavoro, quindi la qualità dell'accoglienza dipende in gran parte da chi gestisce la struttura.

Una delle regole che lui e la sua collega si sono dati, ad esempio, è quella di lasciare sempre aperta la porta dei loro uffici, in modo che le persone alloggiate nel centro siano incoraggiate a rivolgersi a loro in caso di bisogno, infatti durante il nostro colloquio veniamo interrotti

numerose volte per questo motivo.

Poco dopo il mio arrivo dobbiamo sospendere l'intervista poiché sopraggiungono alcuni dei nuovi richiedenti asilo; da un pulmino scendono una ventina di persone, vengono accompagnate nel container in cui saranno alloggiati e qua, ancora in piedi e con le valigie307 in mano, vengono

date le prime informazioni grazie all'aiuto di una mediatrice di lingua araba.

«Sometimes arriving here they get upset because they hope to have something more similar to a real home in the second accommodation while we have just containers!» mi spiega l'operatrice, ma i richiedenti in arrivo quel giorno sono stati trasferiti da Schnackenburgallee308, il centro

ZEA più grande della città, nonché quello più criticato per le pessime condizioni d'accoglienza e «this is better than Erstaufnahme309310A Whilhelmsburg ogni palazzina ha una cucina e per 14

persone sono previsti due bagni; nonostante le case siano in realtà dei container, lo standard d'accoglienza è più alto.

I due operatori insieme a due mediatrici fanno entrare a gruppi (o per nucleo familiare) i nuovi arrivati nei loro uffici per i colloqui iniziali; in questo caso le porte vengono chiuse e solo dopo 3 ore di attesa posso ricominciare a parlare con l'operatore.

Mi spiega che le mediatrici di lingua araba vengono due volte alla settimana, mentre una mattina viene una mediatrice serba che li aiuta a comunicare con i richiedenti provenienti da paesi dell'ex-Jugoslavia. Questi ultimi sono circa la metà delle persone ospitate, mentre la restante metà proviene in buona parte dalla Siria. Le mediatrici arabe sono pagate da una ong, mentre la mediatrice serba non viene pagata «but they can give me the public transport tickets and I can give them the money back...at least it's a sign!» dice l’operatore rammaricato.

Mi domando che comunicazione possa esserci tra gli operatori e gli ospiti in altri centri di F&W dove non è presente nessun mediatore: «some centres don't have it, some workers say that they don't need it» continua l’operatore, e come dimostra anche la mia intervista nel centro di

Jugendparkweg capita talvolta che gli operatori non parlino neanche inglese.

Fördern und wohnen gestisce anche gli alloggi per i senzatetto, «every place like this is

supposed to have homeless people, too», ma aumentando il numero di rifugiati la società che

308 Qui nell'estate sono state allestite anche numerose tende, dove in 25 metri quadrati vivono 16 persone. 309 Centro di prima accoglienza

gestisce gli alloggi ha deciso di differenziare il più possibile l'accoglienza e “piccoli”311 centri

che stanno allestendo in questo momento ospitano solo richiedenti asilo come chiarisce durante l’intervista: «places up to 200 people don't take homeless, because it's a totally different work!». Anche questo operatore mi spiega che il loro non è un vero e proprio lavoro sociale, motivo per cui lui lavora per F&W pur avendo una laurea in scienze motorie! Dice anche che lui e la sua collega «we both want to do as much social counselling as we can do but there's too much logistic stuff, organising stuff and most of the time we are already blocked».

La sua collega inoltre lavora part-time in struttura per rispettare la proporzione che prevede un operatore ogni 80 richiedenti asilo, per cui il tempo che gli operatori mettono a disposizione degli ospiti non è mai sufficiente.

Generalmente le persone chiedono il loro aiuto quando devono comunicare in tedesco, «they definitely need support whit the offices so I call the doctor because there are problems with the health insurance, I send an e-mail, I write a letter or I send a fax for them, I ask to the social office why the people are not getting money...this is the greates social work we do here, we don't have time and also in our job description it is called counselling by linking» chiarisce

l’intervistato. Non sono gli operatori a farsi carico dei bisogni dei richiedenti asilo, ma si occupano di mettere in relazione gli ospiti del centro con le istituzioni che hanno il compito di assisterli, nonché di far conoscere le associazioni che volontariamente organizzano attività di supporto ai rifugiati.

«There are some rules in our job but there's a lot of freedom» mi spiega ancora l’operatore «one of the most important point in the job description for example is keeping the social peace in the shelters, at the centre so in practical way it meas we have to keep running inside and outside in a functional way and in a network way».

Per fare al meglio il suo lavoro l'operatore che lavora da soli cinque mesi in quel centro sta cercando di costruire una forte rete comunicativa con gli attori del territorio che vogliono collaborare con loro: il tempo e i soldi sono sempre pochi e l'unica possibilità è farsi conoscere dalle associazioni di volontariato. Per questo motivo l'operatore partecipa alle riunioni dei comitati di quartiere e delle organizzazioni di volontariato per far conoscere la struttura d'accoglienza e spiegare di cosa hanno maggiormente bisogno gli utenti. Inoltre per poter

organizzare qualche attività all'interno del centro, soprattutto per i numerosi bambini che vi sono ospitati, gli operatori di questa struttura sono sempre alla ricerca di qualche sponsor privato. Per questo tipo di attività infatti hanno un budget di venti euro all'anno per ogni persona ospitata e con questi soldi cercano di organizzare almeno una festa durante il periodo estivo e di rimborsare il materiale che i volontari comprano per svolgere le attività.

Nonostante la cronica mancanza di tempo, l'operatore del centro di Wilhelsburg mi dice che capita talvolta che i richiedenti asilo che sono usciti dalla struttura e che ora vivono in

appartamento si rivolgano ancora a lui per chiedere aiuto: «there are still coming, once a month or more...they need our help because it's the first time they have a private apartment in

Germany!». Contrariamente all'impostazione del sistema d'accoglienza che considera i richiedenti asilo già in grado di vivere senza assistenza sociale dopo il periodo della prima accoglienza, anche dopo anni passati negli alloggi di seconda accoglienza alcuni rifugiati hanno bisogno di sostegno.