1.2 Il diritto d'asilo in Italia
1.2.1 Un Paese di transito e le deroghe alla riserva geografica (1945-1989)
A seguito della riorganizzazione politica degli Stati dell'Est e dei Balcani sotto il controllo dell'Unione Sovietica nel secondo dopoguerra49 in Italia, trovano rifugio 120000 persone,
assistite dapprima dall'UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration) e poi dall'IRO50 (International Refugee Organisation)51.
Alla fine del 1951, con lo scioglimento dell'IRO, il governo italiano, in collaborazione con ACNUR52 e altre organizzazioni non governative, si occupa dell'assistenza di circa 10000
rifugiati; solo nel 1957 il Ministero degli Interni assume la responsabilità in proprio per i richiedenti asilo, fino a quel momento gestita a livello internazionale.
Nel 1954 anche il Governo italiano ratifica la Convenzione di Ginevra sullo statuto dei rifugiati, decide però di firmare l'accordo internazionale avvalendosi di una riserva che pone una limitazione geografica, ragion per cui in Italia, fino al 1990, possono chiedere asilo solo le persone provenienti da paesi europei.
Questa riserva, come vedremo più avanti, si mostra ben presto un vincolo troppo stretto e in più occasioni il Governo italiano si trova costretto a ricorrere a misure straordinarie per derogare dalla limitazione geografica.
Quasi tutte le persone arrivate in questo periodo vengono reinsediate dall'Italia in altri paesi come il Canada, gli Stati Uniti, l'Australia e la Nuova Zelanda, che, contrariamente all'Italia, sono in grado di accoglierli attraverso programmi di resettlement53.
49 I dati si riferiscono al periodo dal 1945 al 1952.
50 L'UNRRA è l'Amministrazione delle Nazioni Unite per l'assistenza e la riabilitazione, fino al 1947 si è occupata
di aiutare le popolazioni danneggiate dalla guerra mentre l'IRO è un'agenzia delle Nazioni Unite specializzata nella gestione dei rifugiati.
51 C. HEIN, (2010), Op. cit., p. 33.
52 Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, equivalente a UNHCR. 53 Reinsediamento.
«Dagli anni Cinquanta sino agli anni Ottanta, in parte per la limitazione geografica, ma anche per la presenza di una forte emigrazione, l'Italia si percepisce e viene percepita dai potenziali richiedenti asilo più che altro come un paese di transito»54. In questo periodo, anche gli europei,
che avrebbero avuto la protezione secondo la Convezione di Ginevra, non presentano domanda d'asilo in Italia, poiché sono consapevoli della mancanza di adeguati programmi d'integrazione. Le stime sul numero di rifugiati di questi anni dimostrano ampiamente questo fenomeno, infatti alla fine del 1989 i rifugiati sono solo 11500 a fronte delle circa 238000 domande d'asilo o di accoglienza transitoria presentate dal secondo dopoguerra.
La caratteristica dell'Italia quale Paese di transito per i rifugiati durante tutto il periodo della contrapposizione dei due blocchi, non è un fatto casuale ma obbedisce «a una precisa logica e a una specie di tacito accordo internazionale»55. Durante la Guerra Fredda la fuga dai Paesi del
blocco sovietico viene considerata segno di opposizione ai governi comunisti. Questo cosiddetto “voto coi piedi” si traduce in una buona accoglienza, giustificata da motivi squisitamente politici da parte degli Stati che si oppongono all'Unione Sovietica. Un ruolo importantissimo, come vedremo più avanti, è quello della Germania Ovest, luogo di rifugio per tutti coloro che fuggono dalla Repubblica Democratica Tedesca (RDT). In questo contesto l'Italia, come anche l'Austria e la Jugoslavia, sono territori di primo asilo per chi scappa da Est, ma «D'altra parte, era chiaro a tutti come nessuno di questi paesi di primo arrivo fosse in grado, per motivi politici, economici e sociali, di assumersi la responsabilità di una permanenza prolungata dei rifugiati»56.
54 C. MOLFETTA, Il diritto d'asilo in Italia. Una lunga storia: dal «dis-sistema» dell'accoglienza ai tentativi di
sistema degli ultimi anni, in AA.VV., (2015), Quale sguardo sui migranti forzati? L'esperienza dell'ambulatorio del Policlinico di Palermo, a cura di M. Affronti e M. Monti, Bologna, Pendragon, p. 23.
55 C. HEIN, (2010), Op. cit., p. 35. 56 Ibidem.
Le persone arrivate in Italia, che attendono il reinsediamento in un altro Paese, non hanno il permesso di lavorare e per loro diventa importante per sopravvivere ricevere vitto e alloggio e necessitano altresì di misure d'accompagnamento nel disbrigo delle pratiche burocratiche.
Alcuni dei richiedenti asilo, o meglio dei “richiedenti il re-insediamento”57, trovano alloggio nei
CAPS, i Centri di Assistenza Profughi e Stranieri58. Altri invece vengono accolti presso istituti
religiosi, soprattutto in prossimità della capitale.
L'attesa, legata all'espletamento della procedura di resettlement, è spesso lunga e può arrivare anche a due anni59. All'interno di questi centri alcune associazioni si occupano di accompagnare
le persone sul territorio, di fornire loro corsi di lingua inglese o di aiutarli nella preparazione delle interviste che devono sostenere presso le Ambasciate dei paesi di reinsediamento.
Come già accennato, in questa prima fase, a causa della riserva posta alla Convenzione di Ginevra, l'Italia si trova in diverse occasioni, sulla base di decisioni politiche, a derogare dalle limitazioni geografiche poste precedentemente.
Il primo caso, nel 1973, riguarda il colpo di stato di Pinochet quando l'ambasciata italiana diventa luogo di rifugio per numerosi dissidenti politici. Grazie all'impegno dei diplomatici presenti in quel momento a Santiago, ben 609 cileni riescono ad ottenere i documenti e a partire per l'Italia dove viene loro riconosciuto lo status di rifugiato secondo la Convenzione di Ginevra60.
Un altro evento importante da ricordare è quello già citato della prima operazione di ricerca e salvataggio da parte della Marina Italiana che nel 1979 si spinge nel lontano mare indocinese per
57 Ibidem.
58 I CAPS erano tre: quello di Capua in Campania, quello di Latina in Lazio e quello di Patriciano in Friuli, al
confine con la Jugoslavia.
59 Infatti «dal 1952 al 1990 funziona una sola Commissione in Italia per l'analisi delle domande d'asilo, la
Commissione paritetica di eleggibilità (CPE) con sede a Roma» in C. MOLFETTA, (2015), Op. cit., p. 23.
portare in salvo una parte dei 3336 rifugiati vietnamiti, cambogiani e laotiani che in quel periodo giungono in Italia.
Nel 1973 alla fine della guerra del Vietnam, a causa della crisi provocata dall'invasione del Vietnam del Sud da parte del regime comunista del Nord, centinaia di migliaia di persone fuggono dal Paese. Solo nel 1979 però la notizia di questi profughi s'impone platealmente all'opinione pubblica occidentale grazie a Jean-Paul Sartre che sostiene la loro causa di fronte al presidente della repubblica francese D'Estaing. La Caritas e numerose associazioni italiane, per lo più di stampo cattolico, si stanno già da tempo mobilitando per accogliere i vietnamiti e chiedono al Governo di concedere a queste persone il diritto d'asilo, in deroga alla norma che limitava geograficamente la provenienza dei richiedenti asilo. Ancora una volta, la normativa risulta inadeguata a rispondere alla situazione e dopo mesi di pressioni il Governo concede con una misura ad hoc i visti d'ingresso a più di 3000 indocinesi. Fu così che l'allora Presidente del Consiglio, Andreotti invia tre navi della marina militare per le operazioni di salvataggio dei “boat people”61.
É la prima volta che l'Italia, un paese ancora visto da tutti come terra d'emigrazione, si confronta con una situazione del genere: viene quindi istituito il primo tavolo tecnico per coordinare l'accoglienza dei rifugiati arrivati in Italia dove siedono il Ministero degli Esteri, il Ministero degli Interni, il Ministero della Sanità insieme a organizzazioni di volontariato e organismi ecclesiali come la Caritas. I rifugiati, dopo un iniziale periodo nel campo profughi di Latina, gestito dal Governo tramite operatori dell'UCEI62, vengono accolti e ospitati da parrocchie,
associazioni e istituti religiosi con il coordinamento della Caritas e della Croce Rossa Italiana63.
61 Noti con questo nome perché cercavano di salvarsi su imbarcazioni di fortuna;900 dei 3336 indocinesi che
entrarono in Italia furono salvati dal naufragio.
62 UCEI, Ufficio Centrale dell'Emigrazione Italiana, predecessore dell'attuale Fondazione Migrantes. 63 Furono accolti 2600 rifugiati grazie alla disponibilità di oltre 80 diocesi in tutto il territorio nazionale.
L'assoluta unicità e innovazione dell'operazione è data dalla presenza di delegazioni ufficiali italiane che vanno nei campi profughi, in Malesia e Thailandia, per individuare alcune migliaia di vietnamiti che vengono portati in Italia. Si mette in atto un vero e proprio corridoio umanitario, che oggi sembra impensabile, per portare in salvo profughi vietnamiti.
L'accoglienza non si limita alla concessione di uno status giuridico o di un alloggio per i nuovi arrivati poichè essi vengono sostenuti anche grazie all'attivazione di corsi di lingua italiana, di corsi professionalizzanti per gli adulti e con un immediato inserimento scolastico per i minori. Inoltre, come spesso accade nelle situazioni di crisi umanitaria il coinvolgimento della società civile ha giocato un importante ruolo nell'accoglienza e nel percorso d'integrazione di queste persone.
Da queste prime esperienze possiamo già vedere come il terzo settore abbia da sempre e talvolta continui ad avere in Italia una funzione complementare, se non suppletiva rispetto agli interventi del Governo.
Passeranno ancora dieci anni prima che l'Italia tolga la regola della limitazione geografica per i richiedenti asilo; nel frattempo il Governo farà altre due eccezioni, concedendo nel 1982 lo status di rifugiato a piccoli gruppi di afghani in fuga dopo l'invasione dell'URSS e tra il 1987 e il 1989 ad alcuni Curdi e Caldei iracheni.
In questi anni l'articolo 10.3 della Costituzione italiana che recita «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge» rimane del tutto inefficace in mancanza di una legge d'attuazione dello stesso. Alcuni singoli parlamentari avanzano proposte di legge in materia d'asilo, proposte che però non vengono mai messe all'ordine del giorno dei lavori parlamentari. Ma del resto l'Italia
all'epoca non è ancora dotata di una legge in materia d'immigrazione64 considerandosi più che
altro Paese d'emigrazione e di transito.