Nonostante le difficoltà territoriali e le debolezze emerse nel caso di studio, il sistema di protezione SPRAR in Italia rimane la soluzione migliore all'interno del panorama dell'accoglienza. In conclusione, vorrei comunque analizzare le maggiori criticità emerse nel corso della ricerca sullo SPRAR di Palermo Principalmente, queste potrebbero riassumersi in una difficoltà organizzativa e di coordinamento, una difficile governance tra pubblico e privato e una carenza di strumenti efficaci di integrazione.
Come ho potuto osservare anche durante l'osservazione partecipante, il legame del progetto SPRAR all'ente locale consente talvolta un accesso privilegiato negli uffici pubblici, anche come frutto di buone pratiche e di una collaborazione quasi quotidiana tra gli operatori. Ciononostante, non si percepisce un tale coordinamento con tutti gli uffici dove talvolta prevale la discrezionalità degli operatori, come osservato per il caso dell'ufficio anagrafe, che in mancanza di regole chiare e precise fanno prevalere regole di un sottosistema normativo di tipo amministrativo255.
Oltre a un coordinamento in grado di migliorare le prassi esistenti a livello territoriale con tutti gli uffici della pubblica amministrazione è nella stessa rete dello SPRAR che andrebbe migliorata l'organizzazione. Gli operatori dello SPRAR infatti sono di estrazione formativa e culturale diversa e appartengono ad enti gestori del terzo settore assai diversificati. La presenza nella rete SPRAR di enti attuatori con anime e tradizioni diverse necessita ancor più di regole chiare e trasparenti condivise all'interno della rete256. Proprio in virtù di questo si percepisce la
mancanza di un elemento essenziale per una collaborazione sinergica tra attori differenti: il coordinamento da parte dell'ente locale.
Anche se parte delle difficoltà d'indirizzo dello SPRAR possono essere dovute alla mancanza di esperienza in quanto il progetto è attivo a Palermo solo dal 2014, il conflitto e la mancata distinzione di ruoli tra i due uffici comunali coinvolti sembra conseguenza di una impostazione iniziale poco chiara.
La responsabilità dello SPRAR viene data all'U.O. Progettazione Speciale, rimarcando una particolarità italiana nella gestione in materia di immigrazione e asilo; già dal nome dell'ufficio incaricato, infatti, emerge una questione tematizzata sempre come urgenza e affrontata con
255 GJERGJI I., La socializzazione dell'arbitrio. Alcune note sulla gestione autoritaria dei movimenti migratori, in
AA.VV., (2010), Razzismo di stato. Stati Uniti, Europa, Italia, a cura di P. Basso, Milano, FrancoAngeli, p. 445.
256 BATTISTELLA A., (2008), La complessità delle reti sociali, in “Prospettive Sociali e Sanitarie”, n°16, pp.
progetti dedicati ad utenti considerati provvisori. Allo stesso tempo viene riconosciuta la competenza di un altro ufficio comunale, l'U.O. Interventi per Immigrati, Rifugiati e Nomadi, senza però chiarire quale sia il suo ruolo all'interno della rete.
Sebbene le criticità organizzative dello SPRAR panormita siano in parte attribuibili all'inefficienza burocratica tipica della regione Sicilia, va anche ricordato che diverse istituzioni che lavorano in questo ambito sono appesantite dall'onere della gestione degli sbarchi.
Nonostante l'amministrazione comunale si faccia vanto del suo impegno in materia di immigrazione, nella concreta amministrazione dello SPRAR tutti gli enti gestori del progetto lamentano l'assenza dell'ente locale.
Come spesso accade, anche in questo caso la governance tra il settore pubblico e quello privato è caratterizzata da un'incoerenza di base poiché il Comune, ufficialmente titolare del progetto SPRAR, delega in toto la realizzazione del progetto al terzo settore.
Le esternalizzazioni di quasi tutti i servizi sociali in materia hanno causato, negli anni, una perdita di competenze e conoscenze da parte dell'ente locale, come ammette la stessa assistente sociale coordinatrice dell'U.O. Progettazione Speciale. A fronte anche della loro dichiarata incompetenza, gli uffici comunali mantengono con estrema difficoltà il loro ruolo di controllo e governo del progetto, ruolo che principalmente hanno poiché all'interno della rete sono i finanziatori dello SPRAR.
L'assenza di un attore che indirizzi la rete fa sì che nel passaggio tra il pubblico ed il privato si perdano, o meglio non vengano condivisi, i sistemi di regolazione poiché mancano i necessari meccanismi di coordinamento tra gli attori. Ne consegue che in mancanza di regole e buone prassi condivise, l'aumento dell'incertezza lasci ampi spazi di discrezionalità agli enti attuatori del progetto.
Un altro aspetto problematico che emerge nello SPRAR è la carenza di efficaci misure d'integrazione per richiedenti e titolari di protezione internazionale. Nonostante le politiche d'integrazione possano ricomprendere un'innumerevole ventaglio di misure, a Palermo mancano le basi dell'inclusione sociale, che non può prescindere dalla dimensione lavorativa ed abitativa degli utenti.
Le cause sono da rintracciare sia internamente al progetto territoriale che esternamente al sistema: ostacoli interni sono dati dalla distanza tra gli enti gestori e l'ente locale, così come la mancata ottimizzazione delle risorse territoriali, ma allo stesso tempo fattori esterni come la crisi italiana nel mercato del lavoro e della casa colpiscono i rifugiati così come altre fasce sociali deboli della popolazione257
.
Nel predisporre interventi per gli utenti, gli operatori devono scontrarsi con molteplici criticità imputabili al contesto territoriale nel quale è inserito il progetto, criticità che evidenziano a loro volta le carenze delle misure di welfare state del territorio258.
Proprio per questo motivo lo SPRAR dovrebbe stimolare lo sviluppo di misure attente ai bisogni dei soggetti più deboli che rischiano l'esclusione dal tessuto sociale. In particolare, i servizi sociali del Comune dovrebbero premurarsi di implementare percorsi di sostegno dei rifugiati che escono dal sistema SPRAR, puntando soprattutto sulla dimensione lavorativa e abitativa degli utenti.
L'accesso ai corsi di formazione professionale, ad esempio, dovrebbe essere garantito ad ogni RARU, mentre, come emerge dalla ricerca, non sono stati fatti passi in avanti per superare gli
257 SPRAR, (2010), Sprituni e inturciniati, Esiti dei workshop di riflessione sul tema dell'integrazione sociale dei
richiedenti e titolari di protezione internazionale, a cura di M. Catarci, p. 10.
258 SPRAR, (2010), Sprituni e inturciniati, Esiti dei workshop di riflessione sul tema dell'integrazione sociale
ostacoli burocratici che lo impediscono259. Seppur all'interno di un difficile mercato del lavoro
come quello di Palermo, l'ente locale dovrebbe implementare alcune misure per sostenere l'inserimento lavorativo dei rifugiati o quantomeno non ostacolare quelle che la rete sta cercando di avviare autonomamente260.
259 Mi riferisco in particolare al requisito del diploma di terza media che impedisce alla maggior parte
dei RARU di accedere ai corsi.
260 In riferimento alla discussione che è emersa in seguito alla proposta della rete di scrivere una lettera al
3 L’ACCOGLIENZA IN GERMANIA: IL CASO DI AMBURGO
Wir schaffen das!
261Nel mese di novembre ho trascorso un breve periodo nella città di Amburgo per
osservare da vicino e quindi comprendere meglio quale sia in concreto il sistema d'accoglienza che riserva la Germania ai richiedenti e ai titolari di protezione internazionale. Il capitolo seguente è frutto della rielaborazione delle informazioni raccolte durante il periodo di
osservazione ed in particolare del diario etnografico e delle interviste realizzate ad Amburgo. L'idea iniziale era quella di capire in che modo le politiche sociali gestiscono il percorso d'accompagnamento verso l'autonomia dei rifugiati; mi sono resa conto presto tuttavia che i numerosi centri esistenti rispondono più che altro ai bisogni primari di vitto e alloggio e che – come mi ha scritto in una email un'assistente sociale che ho interpellato- anche nella fase della seconda accoglienza262 «the ability of these centers to build a real path towards integration is
pretty low.»263
Esistono però numerose iniziative di associazioni, ong e privati che volontariamente e in diversi modi sostengono i richiedenti asilo che arrivano ad Amburgo.
261 É una celebre frase pronunciata da Angela Merkel per tranquillizzare il suo paese di fronte al numero crescente
di richiedenti asilo arrivati in Germania dall’estate 2015.
Vedi Zeit Online (2015), Im Auge des Orkans, Zeit Online, 20 settembre 2015, http://www.zeit.de/2015/38/angela- merkel-fluechtlinge-krisenkanzlerin/seite-4
262 Il concetto di “seconda accoglienza”, che sarà chiarito meglio più avanti, è diverso da come viene inteso in
Italia.
263 Email ricevuta da un'assistente sociale, ricercatrice presso l'Haw Hamburg, Università di Scienze applicate di
Il numero di richiedenti asilo arrivati in Germania nel 2015 non è mai stato così alto dal secondo dopo guerra.264 Il crescente numero di sfollati che tentano di raggiungere l'Europa
tramite i Balcani, il continuo peggioramento delle situazione in Siria e la decisione tedesca di non applicare più il regolamento di Dublino nei confronti dei siriani,265 ha accresciuto
enormemente l'arrivo di richiedenti asilo nella Repubblica Federale di Germania.
Il 12 novembre arrivo alla stazione centrale di Amburgo, Hauptbahnhof Hamburg e mi fermo ad osservare l'immenso viavai di gente che arriva e parte. Vedo che alcune persone indossano una pettorina colorata e si muovono frettolosamente tra i binari dei treni, mentre altre vestite nello stesso modo entrano ed escono dalla stazione. Capisco in poco tempo che sono volontari e che sono lì per assistere i migranti che arrivano col treno. Gruppi più o meno grandi seguono queste figure colorate: c'è chi si dirige fuori dalla stazione, chi resta dentro e si fa spiegare quale treno prendere e chi ha bisogno solo di qualche informazione. Provo a parlare con qualche volontario: due ragazzi molto giovani si fermano ad ascoltarmi, ma purtroppo non parlano inglese...avranno meno di 18 anni e dal cartellino che hanno sulla pettorina capisco che, oltre al tedesco, parlano l'arabo e li vedo allontanarsi in direzione di alcune famiglie siriane. Sempre dentro la stazione, in un atrio vicino alla porta principale, altri volontari hanno predisposto un info point dedicato ai richiedenti asilo dove si accalcano tantissime persone in modo disordinato. Poco più in là altrettante persone, tra cui tanti bambini e ragazzi, aspettano seduti accanto a qualche bagaglio.
Inizio a pensare che queste persone siano solo di passaggio e che non intendano presentare domanda d'asilo in Germania.
Uscendo dalla stazione vedo che è stato allestito un accampamento d'emergenza: numerose persone si accalcano in direzione di quattro o cinque grossi tendoni, i volontari forniscono loro
264 Secondo i dati ufficiali nel 2015 sono arrivati in Germania 1.100.000 richiedenti asilo.
qualcosa di caldo da mangiare, acqua e bevande. Un piccolo container è stato adibito a studio medico e uno dei tendoni funge da asilo per i bambini. «Noi passiamo un po' di tempo con i bambini più piccoli, fino a 6 anni»,266 mi spiega una delle maestre che lavora dentro la tenda. Mi
dice anche che loro sarebbero impiegati presso un asilo della città, ma che al momento il dirigente li ha mandati a lavorare lì, «tutti gli altri che vedi invece, anche i medici che visitano, sono tutti volontari!»267 La maestra mi indica un grosso palazzo di fronte alla stazione e mi dice
che quella struttura è completamente inutilizzata al momento. «Dicono che ci trasferiranno lì con i bambini, perché fra poche settimane sarà troppo freddo per rimanere all'aperto»,268 ma non sa
dirmi nulla di più sulla situazione.
I volontari sembrano molto indaffarati per cui provo a chiedere qualche informazione ad alcuni vigilanti della stazione; due di loro, che scopro essere d'origini siciliane, mi raccontano che la situazione «va avanti così da tre mesi ormai. Le persone che vengono assistite qui sono solo di passaggio, rimangono giusto qualche ora, mentre aspettano il treno per proseguire verso la Danimarca»269; la gestione dei richiedenti che arrivano in stazione è lasciata in mano ai
volontari, perché queste persone non vogliono rimanere in Germania, «stanno qui un paio di notti al massimo e poi ripartono, se arriva invece qualcuno che vuole chiedere asilo viene indirizzato ai centri di registrazione.»270
Ma, come capirò meglio nei giorni successivi, i volontari ad Amburgo non si occupano solo di assistere i rifugiati in transito.