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Per riflettere sulle ragioni che spinsero Westlake ad utilizzare sistematicamente il concetto di International Society, dobbiamo iniziare ponendoci il problema del riconoscimento dell’esistenza della società di stati, il quale rimanda naturalmente alla questione della sua origine. Questa questione può ricevere due differenti risposte che si riferiscono a due diversi contesti storici, la transizione dall’Europa medioevale all’Europa moderna e la transizione dalla società internazionale europea alla formazione di un sistema internazionale globale (l’espansione della società internazionale europea).

Nel primo caso il problema dell’origine della società internazionale si pone nei termini della necessità di stabilire se esisteva precedentemente un insieme di norme, principi, valori e consuetudini che formavano un cultura comune all’interno della quale si sono formati i singoli stati, producendo successivamente una differenziazione interna, o se invece il fatto originario sia da ricondurre all’esistenza dei singoli stati, dalle cui interazioni sono sorte quell’insieme di norme, principi, valori e consuetudini che hanno condotto alla formazione della società che racchiude gli stati.

Nel secondo caso invece, quando la questione diventa la formazione del sistema internazionale globale piuttosto che l’origine della società internazionale europea, la questione si pone nei termini delle forze, che oggi identificheremmo nel concetto di interdipendenza, che, superando i confini politici dello stato, uniscono gli stati della terra in un’unica società internazionale aumentandone la dipendenza reciproca.225

225 Sui legami sempre maggiori che uniscono la società internazionale, Westlake scrive:

“The populations of different countries are too closely united by commerce, travel, intermarriage and ever by lines of religion crossing political boundaries, […] permanent diplomatic intercommunion has been forced by European States on Eastern Empires which were unwilling to admit it. […] In this respect the society of states is closer even than a cricket club or a trades union, notwithstanding that these perform collective acts when they enforce their rules by formally expelling recalcitrant members” Chapters on the

161 Seguiamo allora le pagine di Westlake per comprendere come si ponga nelle sue pagine il problema dell’origine della società internazionale. Questa è la terza, ed ultima, History del diritto internazionale che considereremo in questo lavoro. Anche quest’ultima mantiene come punti cardine il concetto di società di stati e l’idea della progressiva moderazione delle relazioni tra gli stati. Se nella History di Wheaton abbiamo visto come il concetto di società di stati era necessariamente legato a quello della communitas christiana, mentre in Walker International Circle diventava un concetto applicabile a differenti contesti storici, nelle pagine Westlake questo concetto assume a tutti gli effetti una prospettiva globale.

Westlake dedica solo una pagina al diritto internazionale nell’Antica Grecia, dove osserva solo come le norme che emersero nell’Ellade non riuscirono a mitigare e limitare in modo efficace gli effetti della guerra, e non giunsero al riconoscimento di un principio di giustizia che dovesse governare tutte le loro relazioni internazionale (which should govern all international relations).

Solo il diritto romano riuscì a superare, continua l’autore, questa ristretta concezione del diritto confinata all’interno dei limiti dell’Ellade, “to teach law to

the world was the especial mission of the Romans”226. I giuristi romani non giunsero però a formulare un vero e proprio diritto internazionale, perché il loro

Jus Gentium si riferiva a quelle norme comuni a tutti i popoli conosciuti e per il

fatto che non esisteva una vera e propria “international society” :

The roman jurists never worked out a system of international law. It is that in their time society there was hardly an international society.227

L’impero romano e quello dei Parti divisero il mondo all’interno del quale le relazioni internazionali potevano essere condotte su un piano paritario, “but the society which is to give birth to law must contain a sufficient number of members for the questions which arise among them too be viewed in a general light”228.

226

Westlake, ibid. , p. 23

227 Westlake, ibid. , p. 24 228 Westlake, ibid. , p. 25.

162 Attraverso questo breve excursus storico Westlake mostra le due caratteristiche che contraddistinguono il suo concetto di diritto internazionale:

1. La dimensione potenzialmente universale, il diritto internazionale deve includere tutti gli stati coinvolti nelle relazioni internazionali; ( Per cui l’Antica Grecia è biasimata per il fatto che i confini della società internazionale erano limitati alla sola Ellade)

2. La necessità che la società internazionale sia composta da una pluralità di stati. (L’antica Roma era un impero che manteneva relazioni paritarie solo con l’impero dei Parti).

Se l’antica Grecia aveva mantenuto la pluralità degli stati, formando però una società internazionale chiusa, l’Impero Romano aveva invece assunto il necessario tratto universale senza però mantenere la pluralità degli stati necessaria per il formarsi di una società internazionale.

L’idea romana dello Jus Gentium, paragonabile alla nostra concezione di un diritto internazionale privato, giunse fino al medioevo. L’emergere dell’idea moderna del diritto internazionale poteva emergere, continua Westlake, solo nel momento si fosse superata l’idea dell’unità dell’impero romano, e questo primo passo fu compiuto da Isidoro di Siviglia nelle cui pagine si giunge ad una formulazione dello Jus Gentium più vicina all’attuale concetto di diritto internazionale229.

Ma solo con Suarez si giunge a chiarire correttamente la necessaria distinzione tra lo jus naturale, le norme comuni a tutti gli uomini e dettate dalla retta ragione, e lo

Jus Gentium, che scaturisce dalle relazioni tra gli stati.

Dopo aver citato il famoso passo dell’unità quasi politica che racchiude gli stati, Westlake critica Suarez per la sua volontà di fondare il diritto internazionale sull’unità morale e quasi politica del genere umano perché “no international

229

“Jus gentium est sedium occupatio, aedificatio, munitio, bella, captivitates, servitutes, postliminia, foedera, pacis, induciae, legatorum non violandorum religio, connubia inter alienigenas prohibita”. Westlake, ibid. , p. 25.

163 society had ever been of that extent, even if we suppose only the civilized part fo mankind to be intended”230.

Ecco allora perché W. apprezza le pagine di Grozio in cui, secondo l’autore, si arriva al riconoscimento dei concreti limiti della società internazionale, e quindi del diritto internazionale, quando Grozio, dopo aver descritto lo Jus Gentium come quel diritto che riceve il proprio carattere obbligatorio di tutte o molte nazioni, aggiunge questo “molte” perché difficilmente, se si esclude il diritto naturale, può essere trovato un diritto comune a tutte le nazioni.

In questo modo, Westlake ritrova nella distinzione moderna del diritto internazionale in diritto di natura e diritto positivo, pattuito e consuetudinario, la definizione dei confini della società internazionale cristiano-europea, confini che si ritrovano nelle pagine di Ayala in cui Westlake ritrova il riferimento agli antichi e lodevoli costumi che erano stati introdotti tra i cristiani231.

Se quindi a Suarez doveva essere attribuito il merito di aver fondato il diritto internazionale sulla società internazionale, l’idea cioè di una “human society” che trascendesse i confini degli stati e che necessitasse di un diritto per governarla232, rimaneva comunque l’errore di aver pensato ad una società internazionale che unisse l’intero genere umano.

E’ qui evidente come influisca sul pensiero di Westlake quella che potremmo definire come una prospettiva globale, dove l’universalità non è pensata, nel senso della ricerca dei principi comuni al genere umano, ma deve essere concretamente esperita, nel senso di un diritto internazionale che disciplini le relazioni di tutte le comunità politiche in cui è diviso il genere umano. Quando Suarez parla del genere umano non pensa ad un ordinamento giuridico internazionale, e quindi una società internazionale, che unisca, per esempio, gli stati cristiani con quelli dell’Islam, ma

230 Westlake, ibid. , p. 27 231

Westlake, ibid. , p. 28.

232

“But as put on record with a master’s hand the existence of a necessari human society transcending the boundaries of States, the indispensableness of rules for that society, the insufficiency of reason to provide with demonstrative force all the rules required, and the right of human society to supply deficiency by custom enforced as law.” Westlake, ibid. , pp. 27-28

164 pensa piuttosto ad alcuni singoli istituti giuridici internazionali comuni ai diversi popoli. Quando invece Westlake riprende quelle stesse pagine non vede più il riferimento al contesto politico internazionale europeo nella transizione tra il medioevo e l’epoca moderna, ma vede piuttosto la questione che si stava ponendo in quegli anni, il concreto formarsi di un ordinamento giuridico internazionale globale.

Il diritto internazionale poteva quindi sorgere solo nel momento in cui si fosse superato il sistema feudale e l’ideale dell’unità politica e spirituale della communitas christiana. Nel momento in cui Ayala, nel 1581, affermava che la guerra giusta non dipendeva dalle cause che l’avevano provocato ma dal modo in cui era stata condotta, si confermava l’idea che i principi non avessero alcun superiore che potesse definire la “justa causa”. Il pensiero di Ayala era il segno del progressivo formarsi di una società internazionale in Europa:

The labour of Grotius […] was produced at the moment when the international society for which it was to serve was assumine the form which a little later was consecrated by the peace of Westphalia.233

Questa coincidenza non era casuale, continua Westlake, perché di fronte all’erosione del potere della Chiesa Cattolica e dell’Impero si poteva intravedere l’emergere di una società composta da stati indipendenti.

Per mostrare il legame tra società internazionale e diritto internazionale, Westlake, in poche pagine, rilegge il medioevo in funzione del concetto di società internazionale. Ai suoi occhi, il medioevo rappresenta il processo, lento e difficile, attraverso il quale, dopo la morte di Carlo Magno, si formano centri di potere autonomi visti come i precursori della futura società internazionale. Westlake scrive che le città del mediterraneo “formed for themselves a real International Society, though limited in its scope, with the consequence that within the range of that scope they possessed well understand and enforceable rules. But the example was unique in the middle ages, and while it illustrates the dependence of

165 International Law on the existence of certain conditions, it throws a stronger light on the absence of that time in the rest of Europe of any regulated society of independent states.”234.

Solo quando si giunse a stipulare la pace di Westphalia nel 1648 “the ground had been well prepared for an international society, such a society had indeed been gradually emerging”235.

Questa società internazionale, ormai formatasi compiutamente, rimase però priva, continua Westlake, fino al Congresso di Vienna, di una “international

organization” che disciplinasse le relazioni tra gli stati.

La storia del diritto internazionale di Westlake è quindi la storia del progressivo formarsi della società internazionale, limitata in Grecia, assente a Roma, incerta nel Medioevo e compiutamente affermata in epoca moderna, fino a giunger alla formazione di una prima international organization per disciplinare le relazioni tra gli Stati.

Si comprende allora perché la storia del diritto internazionale si arresti a Pufendorf, presentando un capitolo interlocutorio su Bynkershoek, Wolff e Vattel, anche se in realtà si era già conclusa con Grozio, perché dopo di lui è ormai iniziata l’età moderna e la società internazionale si è ormai compiutamente formata, e, quindi, il problema del diritto internazionale diventa, secondo Westlake, la disputa intorno ai principi che compongono questo ordinamento, per cui non è più necessario seguire il dispiegarsi del diritto ma è sufficiente limitarsi ai principi contemporanei che lo compongono:

“It is not necessary to pursue our historical sketch further. Indeed, if carried further, it could only display the operations of those general tendencies and principles of which we have seen the origin”236

234 Westlake, ibid. , p. 53. 235 Westlake, ibid. , p. 55. 236 Westlake, ibid. , p. 77.

166 Il capitolo successivo, coerentemente con quanto aveva scritto precedentemente, si intitola “I principi del diritto internazionale” e si apre con l’affermazione di questi tre postulati:

1. “The society of states, having European civilization, or the international society, is the most comprehensive form of society among men, but it is among men that it exists. States are its immediate, men its ultimate members”237. Gli obblighi e i diritti degli stati che compongo la società internazionale sono gli obblighi e i diritti degli uomini che li compongono.

2. Il consenso della società internazionale verso le norme che prevalgono al suo interno è il consenso degli uomini, che sono i membri ultimi di questa società. Per dimostrare la validità di una norma è sufficiente dimostrare che “the general consensus of opinion within the limits of European Civilization is in favour of that rule”238

3. The consent of the international society […] is normally binding on the consciences of matter arising within the society and transcending the state tie, as state law is normally binding on the consciences within that tie. Such consent therefore normally determines the mutual duties and rights of the states in which men are grouped. This is so because the international society is not a voluntary but a necessary one, and the general consensus of opinion among its members is the only authority that can make rules for it.239

Mentre il primo punto ribadisce l’idea che la società internazionale sia costituita, in ultima analisi, dagli uomini che vivono all’interno dei singoli stati, ll secondo e terzo principio sono fondamentali perché enucleano un’idea che era rimasta molto spesso implicita negli autori precedenti. Ci riferiamo alla convinzione che

237

Westlake, ibid. , p. 78.

238 Westlake, ibid. , p. 78. 239 Westlake, ibid. , p. 78.

167 l’efficacia del diritto internazionale dipendesse dalla coscienza degli uomini posti alla guida dei singoli Stati, perché qualunque diritto, per essere efficace, deve adeguarsi “to the character and circumstances of the men who have to observe it. Hence the social nature of man, and his material and moral surroundings in the regions and at the time in question, are the ultimate source of international law, in the sense that they are the cause why any rules of international law exist, and that they furnish a test with which any particular rules of that law must comply on pain of not being durable rules”240.

Come abbiamo già scritto, il concetto di società internazionale assume non più solo i tratti di un’unità che racchiude gli stati, ma l’idea di una vera e propria società, nel senso di valori, norme, principi, usi e costumi che uniscono gli uomini che partecipano di quella società organizzata politicamente in Stati. In altre parole, la definizione delle norme che compongono l’ordinamento giuridico internazionale deve riferirsi alla stessa cultura che contraddistingue la società internazionale. Dopo aver descritto i principi del diritto internazionale, nel VII capito di CIL Westlake deve affrontare il problema di definire le caratteristiche proprie dei soggetti, gli stati, membri della società internazionale, e le loro relazioni reciproche. Per definire le qualità che contraddistinguono una comunità politica come membro a tutti gli effetti della società internazionale, individuati naturalmente nell’uguaglianza e nell’indipendenza (la reciproca sovranità), Westalake cita le tipologie che caratterizzano quello che egli stesso definisce il sistema (di stati) europeo:

First those which are sovereign and independent constitutionally as well as internationally, such as France and the United Kingdom; Secondly, those which other states accept in their dealings with them as being sovereign and independent, although they may be nominally hampered by a weak constitutional tie241.

240 Westlake, ibid. , p.81. 241 Westlake, ibid. , p. 81.

168 Il riferimento alla storia europea permette quindi a Westlake di individuare le caratteristiche dello stato, sovranità nel senso di eguaglianza e indipendenza, e di distinguere tra le grandi potenze e quelle minori. La novità non risiede certo in queste caratterizzazioni, ma nel fatto che qui la questione non è più quella di individuare la posizione di un determinato stato nel sistema di diritto pubblico europeo, ma quella di ricorrere alla storia europea per individuare i tratti che contraddistinguono l’ordinamento giuridico della società internazionale:

SOCIETA’ → DIRITTO

INTERNAZIONALE INTERNAZIONALE

↓ ↑

(Europa)

Il fatto è che, anche se la storia europea fornisce ancora i criteri per definire le caratteristiche della società internazionale, i suoi confini non corrispondono più,

necessariamente, con quelli dell’Europa politica, per cui il concetto di società

internazionale si adatta meglio, rispetto a quello di sistema europeo, al fatto dell’espansione dell’ordinamento giuridico. L’Europa è società internazionale, ma la società internazionale non è più necessariamente europea.

Possiamo allora chiederci quali sono gli stati membri di questa società internazionale, di cui il diritto internazionale è l’insieme di regole riconosciute. “First – scrive Westlake – all European States” i quali, dopo la pace di Westphalia formano un sistema di stati. Con il trattato di Parigi del 1856 l’Impero Ottomano “is admitted to partecipate in the advantages du droit public et du concert

Européens”242.

In secondo luogo, “All American States”. Questi, diventando indipendenti dagli Stati europei, sono membri necessari per il futuro sviluppo della società internazionale, quanto gli stessi stati europei. “That they not form part politically

169 of the European system is due to the fact that, an account of geographical situation, they do not desire to do so”243.

In terzo luogo, gli altri Stati cristiani nelle altri parti del mondo, come la Liberia o le Isole Hawaii.

Queste tre categorie rappresentano l’insieme delle comunità politiche unite in una vera e propria società, nel senso di un insieme di uomini uniti da norme, valori, principi, usi e costumi.

Nelle pagine di Westlake si pone però, in modo più sistematico rispetto agli autori precedenti, sia la questione della relazione con gli stati appartenenti a società, nel senso di civiltà, differenti sia la questione della loro possibile inclusione nell’ordinamento giuridico internazionale.

Il presupposto del ragionamento di Westlake è che gli europei e gli americani formano una società, differente rispetto alle altre popolazioni, che ha dato vita ad un diritto internazionale che regola le relazioni tra le differenti comunità politiche e tra i cittadini appartenenti a differenti stati:

The international law with which we are concerned having arises among the former of the two classes of populations here contrasted, it is based on the possessions by states of a common and in that sense an equal civilisation.244

Il problema però è che queste relazioni, tra comunità politiche e tra cittadini appartenenti a diversi stati, si svolgono sempre più oltre i confini dello spazio occupato dalla civiltà europea ed americana ed il diritto internazionale (europeo) è chiamato a disciplinare queste nuove questioni. Non è un caso che, nella sua opera principale, Westlake dedichi il I cap. alla definizione generale del diritto internazionale, i successivi quattro alla storia (europea) del diritto internazionale, il capitolo VI e VII alla definizione dei principi dell’ordinamento giuridico, il

243 Westlake, ibid. , p. 82. 244 Westlake, ibid. , p. 103.

170 capitolo successivo, solo quindici pagine, all’applicazione del DI in Europa, mentre il capitolo IX, sessanta pagine, è dedicato alle conquiste coloniali, e l’ultimo capitolo all’Impero Britannico dell’India. E’ netta la contrapposizione tra le quindici pagine dedicate alle vicende europee e le novanta dedicate alle vicende che coinvolgono il resto del globo.

Già nel secondo capitolo dedicato alla definizione dei principi del diritto internazionale (cap. VII), aveva introdotto la questione delle relazione con gli stati appartenenti ad altre civiltà. In questo capitolo scriveva che, poiché gli europei e gli americani formano una classe a parte rispetto alle altre popolazioni, non possono sentirsi garantiti dall’amministrazione della giustizia svolta dagli altri stati. Da questa differenza nell’amministrazione della giustizia discendeva la necessità che gli stati, appartenenti a questo più elevato livello di civilizzazione, potessero intervenire per far rispettare questi principi di giustizia:

The common civilisation then […] contains the principle that the institutions, whether of government or of justice, which the inhabitants of a state find