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Aprendo le prime pagine dell’opera principale di Lorimer, The institutes of the

Law of Nations,78 compare già, attraverso il richiamo ad una sofisticata argomentazione filosofica, la convinzione che il diritto internazionale sia un elemento necessario e fondamentale per la realizzazione della libertà di ogni singolo stato.

Dopo aver scritto, nella prefazione, che il suo obiettivo era quello di porre il diritto internazionale su un migliore e più stabile fondamento rispetto ad un ordinamento giuridico circoscritto al solo diritto positivo, Lorimer definisce quella che dovrebbe essere l’essenza del diritto internazionale:

The law of nature realised in the relations of separate nations.79

La questione però è che la perfetta relazione tra enti razionali separati tra di loro, quando realizzata, è la libertà – la libertà di essere e di crescere in accordo con i propri desideri, in accordo con la peculiare caratteristica che la natura ha accordato ad essi. Dalla formulazione di questo enunciato Lorimer deriva l’idea che il diritto internazionale deve essere pensato come “the realisation of the freedom of separate nations”80. Ma, poiché, continua Lorimer, nessun ente razionale può realizzare la propria libertà in un completo isolamento, il diritto internazionale è la realizzazione della libertà delle separate comunità politiche:

78

Lorimer, James, The institutes of the Law of Nations A Treatise of the Jural Relations of Separate

Political Communities, 2 vol. , Edinburgh, Blackwood and Sons, 1884. 79 Lorimer, The Institutes , I , p. 1.

73

The law of nations is the realisation of the freedom of separate nations by the reciprocal assertion and recognition of their real powers.81

Una più articolata definizione del Diritto Internazionale di Lorimer compare quando l’autore si sofferma sul commento dell’opera di Bluntschli. Nelle pagine del giurista svizzero Lorimer ritrova la classica distinzione tra un universale diritto di natura ed un particolare Jus Publicum Europaeum. Riprendendo questa distinzione, Lorimer afferma che il diritto di natura, in quanto composto da principi e leggi necessarie, fondate sulla natura delle relazioni tra popoli differenti, deve essere ritenuto superiore rispetto alle norme che scaturiscono dai trattati pattuiti tra stati perché, scrive Lorimer, queste norme possono essere considerate come parte del diritto positivo solo nella misura in cui rispettano quei principi e quelle norme che ora Lorimer definisce come “essential laws”:

if the good pleasure of the parties be in conformity with the essential laws, the provisions of the treaty are then no doubt positive law in the fullest sense which the science of jurisprudence attaches to that epithet.82

Quindi, il diritto di natura è il criterio di validità che trasforma le norme pattuite tra gli stati in diritto positivo vigente. Lorimer però non è solo un filosofo intento a definire i principi del diritto, ma è anche un giurista che deve confrontarsi concretamente con l’ordinamento giuridico del XIX secolo, ed in particolare con il ruolo che deve assumere la scienza giuridica internazionale.

Ed infatti, Lorimer aggiunge che le norme che scaturiscono da un trattato hanno una forza vincolante per le parti contraenti che la scienza giuridica non potrà mai conferire. Se, in altre parole, gli stati definiscono una norma in contrasto con il diritto di natura questa norma avrà una validità maggiore di qualunque affermazione della scienza giuridica. Il problema di Lorimer è appunto definire quale debba essere questa funzione. La scienza del diritto internazionale si deve

81 Lorimer, ibid. , p. 3 82 Lorimer, ibid. , p. 86.

74 accontentare di chiarire e definire le norme che emergono dalle relazioni tra gli stati, o deve svolgere anche una funzione etico-morale?

Per comprendere il contesto storico che sotto-intende il ragionamento svolto da Lorimer, dobbiamo fare un piccolo passo a ritroso. Nel 1869 Rolin-Jaequemyns “Revue de droit International et de législation comparée ”. Questa rivista riuniva i più eminenti studiosi europei di diritto internazionale del XIX secolo che, nel 1873, fondarono l’Istituto di Diritto Internazionale83. In una lezione tenuta nel marzo del 1871, Lorimer sottolineò l’importanza del dialogo sempre più stretto che legava questi giuristi:

The desirableness of collective action by personal intercourse, and, if possible, by verbal communication, between the small numbers of person who, in each country, are seriously and continuously engaged in the study and definition of international relations, was admitted on all hands84.

Lo stesso Rolin parlava della necessità di riunire i giuristi esperti di diritto internazionale attraverso la fondazione del suddetto istituto per migliorare e rafforzare “the regularisation of international relations”85. Il primo articolo dell’Istituto affermava che l’obiettivo era quello di favorire il progresso del diritto internazionale, divenendo l’organo della coscienza legale del mondo civilizzato86. Alla luce di questi avvenimenti, dobbiamo leggere la tesi avanzata da Lorimer, che possiamo scomporre in quattro proposizioni:

1. Esiste un diritto superiore alle norme pattuite nei singoli trattati, le quali per diventare parte, a pieno titolo, del diritto positivo devono adeguarsi a queste essential laws;

83 Si veda: Koskenniemi, Martti, The Gentle Civilizer of Nations, The Rise and Fall of International Law

,1870-1960; Cambridge, Cambridge University Press, 2002.

84

Lorimer, Studies National and International, Being Occasional Lectures delivered in the University of Edinburgh, 1864-1889, Edinburgh, Green and Sons, 1890; p. 78.

85 Citato in Lorimer, ibid. , p. 79; si veda Koskenniemi, ibid. , pp. 39-42. 86 Koskenniemi, ibid. , p. 41.

75 2. il compito della scienza giuridica è quello di definire le norme che

compongono questo diritto superiore;

3. ma le norme individuate dalla scienza giuridica hanno una forza vincolante inferiore rispetto alle norme dei trattati;

4. perciò, il compito dei giuristi è quello di mostrare l’illegittimità delle norme dei trattati che violano le “essential laws” in modo tale che esse vengano progressivamente abbandonate dagli stati.

Per Lorimer, quindi, lo studio del diritto positivo non è sufficiente. La scienza giuridica deve svolgere una funzione etico-morale, la quale può essere efficace solo se è collegata e sostenuta dall’opinione pubblica. Infatti, scrive l’autore, le norme che si possono derivare dalla ragione in riferimento ad una specifica e determinata circostanza, spesso, possono essere definite solo in termini di probabilità. In altre parole, in riferimento ad un caso specifico possiamo solo affermare che è molto probabile che quella determinata norma sia secondo

ragione. A questa probabile conclusione Lorimer attribuisce il nome di opinione.

Quando troviamo un generale accordo intorno ad una particolare conclusione possiamo affermare che ci troviamo di fronte ad una diffusa e compiuta opinione; quando, infine, questa convinzione è così diffusa e forte da diventare una consuetudine comune, tale consuetudine diventa parte del diritto positivo riuscendo così ad ovviare alla necessità di un potere legislativo87. E’ evidente che qui Lorimer sta descrivendo le caratteristiche del diritto consuetudinario, che

87 “From the narrow scope of our vision and the shifting character of the scene presented to it by human

affairs, the conclusions of reason with reference to the means by which ends or objects, even when determined, may be realised in special circumstances, seldom rises above probability. To these probable conclusions we give the name of opinions or convictions, as opposed to traditions, which we accept on the authority of others, or prejudices, which are imposed on us by our own imperfections. When a decided preponderance of evidence is recognised as existing in favour of a particular conclusion, we arrive at what is called a ripe opinion, and a ripe opinion we behold the proximate source of positive law. Nay, when opinion is so strong and fixed as to declare itself in the form of custom, we have seen that it becomes the immediate spring of action, and by asserting for itself the character of positive law, obviates the necessity for legislation”. Lorimer, ibid. , p. 87.

76 costituisce, scrive l’autore, la gran parte del diritto internazionale. In questo senso, il ruolo dei giuristi è quello di influenzare l’opinione pubblica in modo da modificare le norme del diritto vigente tra le nazioni. La scienza giuridica deve essere il foro della coscienza legale del mondo civilizzato, come recitava il primo articolo dello statuto dell’Istituto di Diritto Internazionale.