Nel 1904, dieci anni dopo CIL, Westlake il primo volume del suo manuale sul diritto internazionale251, dove, già nella prima pagina, ritroviamo il nucleo della sua teoria giuridica:
International Law, otherwise called The Law of Nations, is the law of society of states or nations. […] When International Law is claimed as a branch of law proper, it is asserted that there is a society sufficiently like the state society of men.252
Ritroviamo in questo volume le idee che abbiamo già osservato in CIL. Esiste una generale opinione tra gli stati che approva e legittima certe regole di condotta, non come obblighi morali ma come obbligazioni giuridiche che la stessa società impone ai propri membri. Gli stati rispettano generalmente queste norme non perché temono una sanzione ma perché sono convinti che “that rules are law”253 . L’osservanza di questo diritto internazionale promuove efficacemente la stabilità e la prosperità del mondo:
Those thing being so, states live together in the civilised world substantially as men live together in a state. There is a society of states and a law of that society.254
In questo volume troviamo però anche due nuove idee rispetto alla sua opera precedente, l’accentuarsi della prospettiva globale, e la questione del governo internazionale (international organization).
Per quanto riguarda il primo aspetto, possiamo solo limitarci ad estrapolare dal testo di Westlake alcune frasi ed espressioni che possono far intravedere la sua percezione dei mutamenti che coinvolgevano il mondo europeo della fine del XIX secolo.
251
Westlake, International Law, Peace, Vol 1, 1904 , Cambridge, Cambridge University Press.
252
Westlake, International Law, pp. 1-6.
253 Westlake, ibid. , p. 7. 254 Westlake, ibid. , p. 8.
178 In primo luogo, l’espansione coloniale europea lo induce a confrontarsi con il pensiero giuridico, quello della scolastica spagnola, che dovette riflettere sulla scoperta delle americhe. Ma in riferimento a questo tema, si limita ad osservare che gli europei del XIX secolo compirono un passo paragonabile a quello compiuto nel XIV e XV secolo nella conoscenza del mondo, “But the earlier period was the age of discovery, the later that of exploration”255 104. Esplorazione che portava con sé l’espansione globale dell’ordinamento giuridico internazionale europeo, come abbiamo visto nel paragrafo precedente (in questo volume Westlake riprende le idee già esposte in CIL). Nelle sue pagine troviamo un'altra interessante affermazione che mostra come la sua prospettiva spaziale sia pienamente globale:
If we were discoursing of international affairs to an inhabitants of another planet he might suppose256.
Certo questa espressione risente del clima culturale dell’inizio del ventesimo secolo, basti pensare alle opere di Jules Verne; ma è significativo che per pensare ad un soggetto completamente estraneo alle relazioni internazionali debba ricorrere alla metafora di un abitante di un altro pianeta, segno di un campo internazionale ormai pensato come comprendente l’intera faccia della terra.
La seconda questione è quella rappresentata dal problema di un’organizzazione politica internazionale. Il limite maggiore del diritto internazionale è rappresentato, scrive Westlake, dall’assenza di un organismo internazionale “capable of defining the circumstances for the existence of international law with the precision necessary for a rule”257.
Il fatto è, continua Westlake, che i progetti di pace perpetua della tradizione europea erano stati pensati quando il sentimento del legame con la propria nazionalità era ancora debole, per cui il passaggio di una città da uno stato all’altro
255
Westlake, ibid. , p. 104
256 Westlake, ibid. , p. 108 257 Westlake, ibid. , p. 288
179 non influenzavano né la condotta dello stato né la vita quotidiana degli abitanti del territorio ceduto. Ma ora ogni nazione cristiana è permeata dal senso della propria individualità, e la stessa popolazione si sente molto più legata al proprio stato. Per queste ragioni, non è più possibile mettere in discussione la sovranità e l’indipendenza degli stati ed è quindi necessario rintracciare nuovi modi attraverso i quali governare le relazioni tra gli stati. “Thinkers have turned from schemes of international government to promoting international arbitrations”258.
Con ciò non esclude la possibilità che in futuro si possa raggiungere l’obiettivo di formare un governo internazionale259, ma la sua realizzazione dipenderà dai progressi che coinvolgeranno la società internazionale nel suo complesso. Questa questione dell’international government la ritroviamo nelle pagine che Westlake dedica al diritto internazionale inerente alla guerra.
International law did not institute war, which it found already existing, but regulates it with a view to its greater humanity.260
Per la prima volta incontriamo l’idea della possibilità che in un futuro si possa costituire un governo internazionale. “If an international government were to arise, […], the employment of force by such government would be comparable to its employment by the ministers of justice within a state”261. Westlake continua scrivendo che finché non si formerà questo governo internazionale la guerra non può essere descritta come una sanzione, e conclude affermando che la verità è che quando scoppia una guerra tutto il diritto internazionale consueto si ritira per essere sostituito da un nuovo diritto il cui obiettivo è quello di limitare i danni legati allo scoppio di una guerra.
La guerra rimane un evento naturale delle vicende umane, almeno finché la divisione in stati non sarà superata da un’organizzazione internazionale, e quindi il
258
Westlake, ibid. , p. 334
259
“I would guard myself against being supposed to imply that the ultimate destiny of civilisation will not be in that direction.” Westlake, ibid. , p. 334.
260 Westlake, International Law, vol. II, War, Cambridge, Cambridge University Press, 1907, p. 3. 261 Westlake, ibid. , p. 5.
180 compito del diritto internazionale è solo quello di fare in modo che gli stati belligeranti possano o risolvere i propri conflitti attraverso procedure giuridiche ad hoc come l’arbitrato internazionale, od almeno, una volta iniziata la guerra, che questi stati rispettino quelle norme il cui scopo è quello di limitare la violenza della guerra, come le norme sulla limitazione degli armamenti e sul rispetto della neutralità. In questo campo la società delle nazioni è riuscita ad apportare significativi miglioramenti limitandone le conseguenze negative.
E continua sottolineando come, rispetto alle civiltà antiche, l’età moderna è riuscita a limitare efficacemente la violenza in guerra. Così con la distinzione tra gli aspetti militari e quelli civili della guerra, così con il principio che discende dalle pagine di Montesquieu “le nazioni devono, reciprocamente, farsi il maggior bene in pace, ed in guerra il minor male, per quanto sia possibile senza danneggiare i propri veri interessi”. Seguendo questo principio, continua Westlake, oggi non è ritenuta legittima alcuna violenza contro individui e oggetti che non risponda a precise esigenze militari.
A war between states is begun because one at least of the parties makes some demand with which the other does not comply, or some complaint of which the other gives no explanation regarded by the first as satisfactory.262
In riferimento allo scoppio della Guerra il diritto internazionale può solo stabilire se tali domande possono essere ritenute legittime e può offrire in cambio lo strumento dell’arbitrato. Se gli stati non accettano questi strumenti, “the want of organization in the world of the states compels the law which was concerned with their dispute to stand aside while they fought the quarrel out, in obedience not to the natural law of the philosophers but to that of the natural historians.”263
Lo scopo della guerra è quello che lo stato ceda alle richieste avanzate dall’altro stato, e queste stesse richieste possono aumentare durante la guerra, richiedendo ingenti indennità per le conseguenze del conflitto. Persino l’estinzione di un altro
262 Westlake, ibid. , p. 52. 263 Westlake, ibid. , p. 53.
181 stato può essere un obiettivo legittimo se si ritiene che questo non possa garantire la continuazione pacifica delle relazioni.
In questo campo il diritto internazionale può fare, scrive Westlake, ben poco, se non in caso di fragrante ed evidente violazione delle norme generalmente riconosciute, dove però il diritto può far sentire la propria voce solo attraverso l’intervento di un terzo stato.
Rimane pur sempre il fatto, continua l’autore, che solo certi mezzi possono essere utilizzati durante un conflitto armato. Per esempio, tutti i popoli con un certo grado di civiltà, non però le popolazioni che vivono ancora in stato selvaggio, hanno proibito l’utilizzo del veleno e di altre azioni fraudolente.264 Se quindi tra le nazioni civili non si deve ricorrere a forme di violenza generalizzata contro le popolazioni degli stati nemici, diverso è il caso delle popolazioni selvagge, dove le gravi violenze possono essere represse solo attraverso spedizioni punitive che hanno come obiettivo l’intera popolazione per la mancanza di una chiara struttura di governo.
264 Nel preambolo della dichiarazione di San Pietroburgo ritroviamo gli stessi principi affermati da
Westlake:
Considering that the progress of civilization should have the effect of allievating as much as possible the calamities of war;
That the only legitimate object which states should endeavour to accomplish during war is to weaken the military forces of the enemy;
That for this purpose it is sufficient to disable the greatest possible number of men;
That this object would be exceeded by the employment of arms which uselessly aggravate the suffering of disabled men, or render their death inevitable;
That the employment of such arms would therefore be contrary to the laws of humanity
Di fronte questa importante ed impegnativa dichiarazione di principio Wetslake commenta che l’unica applicazione di questi principi fu l’impegno reciproco a non utilizzare proiettili di peso minore di 400 grammi con cariche esplosive o infiammabile, difendendo però il principio secondo il quale in nessuna guerra, anche quelle combattute contro i selvaggi, si devono usare quelle armi che produrrebbero una maggiore violenza senza ottenere in cambio alcun vantaggio.
182
All civilised states which are in contact the outer world are, to their great regret, familiar which this expeditions in their frontier wars […]. But no humane officer will burn a village if he has any means of strijking a sufficient blow that be felt only by fighting the men.265
Come abbiamo visto, nelle pagine di Westlake, in conseguenza dell’imperialismo di fine secolo, la questione di disciplinare e regolamentare le relazioni tra gli stati europei che avvengono oltre i confini dello spazio europeo si fa sempre più pressante. Le relazioni, tra comunità politiche e tra cittadini appartenenti a diversi stati, si svolgono sempre più oltre i confini dello spazio occupato dalla civiltà europea ed americana ed il diritto internazionale (europeo) è chiamato a disciplinare queste nuove questioni, che coinvolgono essenzialmente soggetti europei ma che si svolgono all around the world.
Questa espansione europea di fine secolo impone un profondo mutamento nel modo di pensare il diritto internazionale.
In Westlake abbiamo visto come emerge compiutamente l’idea di un ordinamento giuridico che copre uno spazio globale, distinto in tre differenti sfere, quella della società internazionale, quella delle popolazioni semi-civilizzate e quella delle tribù non civilizzate. Si tenga conto del fatto che, come abbiamo già detto, in Westlake ciò che si è espanso non è la società internazionale ma l’ordinamento giuridico internazionale, pensato ora in termini globali.
In questo senso possiamo dire che il diritto internazionale di Westlake è un ordinamento giuridico non ancora compiutamente globale nella misura in cui, anche se l’orizzonte spaziale si estende sull’intero globo, l’ordinamento giuridico rimane pensato come il prodotto della cultura e dei valori europei a cui è affidato il compito di disciplinare le relazioni tra gli stati europei che però ora si svolgono non solo all’interno dello spazio europeo ma nel resto del mondo-globo.
Ma per giungere ad un ordinamento giuridico pienamente globale era necessario invertire l’idea che una determinata comunità-società internazionale, quella europea, fosse all’origine di quella particolare organizzazione politica
183 rappresentata dallo stato, a favore della convinzione che gli stati fossero all’origine della comunità internazionale:
società internazionale (Europa) → Stati → diritto internazionale Stati → comunità internazionale → diritto internazionale
Solo da questa prospettiva, quella del primato statale, era possibile vedere i confini europei come un valico temporaneo, che le continue interazioni reciproche tra gli stati avrebbero progressivamente eroso.
In questo modo, la progressiva inclusione dell’orizzonte europeo portava a modificare gli stessi termini della discussione intorno a quella che noi oggi definiremmo come politica internazionale. Infatti, finché l’orizzonte rimase quello europeo, la contesa si svolse tra unità (l’idea di Impero e i vari progetti per la Pace Perpetua) e pluralismo (sistema di stati), mentre al volgere del secolo, nel momento in cui non si pensò più come necessario il legame con l’orizzonte europeo, la questione dell’organizzazione politica dello spazio internazionale iniziò ad assumere le vesti dell’International Organization.
Con questo non stiamo affermando che questi autori stessero già pensando alla questione dell’organizzazione politica dell’intero globo; l’orizzonte rimaneva quello europeo, ma ora si poneva la questione della possibilità dell’espansione dell’ordinamento europeo all around the world.
In questa direzione, come abbiamo visto, il primo passo fu compiuto, anche se solo a livello teorico, dall’opera di Lorimer, ma il passaggio definitivo fu compiuto dall’opera di Oppenheim, come vedremo nel prossimo paragrafo.
185
Capitolo VIII.
La Società formata dagli stati. Lassa, L. Oppenheim (1858 –
1919)
Lassa Oppenheim nacque vicino a Francoforte nel Maggio nel 1858 e morì a Cambridge poco dopo la conclusione della Prima Guerra Mondiale nell’ottobre del 1919. Prima di giungere in Inghilterra condusse i suoi studi sul diritto penale, divenendo professore universitario in questa materia nella città di Friburgo e, successivamente, Basilea. Nel 1895 si trasferì in Inghilterra dove iniziò una nuova carriera nell’ambito del diritto internazionale. Il 31 dicembre del 1900 divenne cittadino britannico e, dopo aver insegnato alla
London School of Economics, pubblicò nel 1905/6 i due volumi del suo International Law. Grazie alla raccomandazione di Westlake, nel 1908 divenne
professore di Diritto Internazionale all’Università di Cambridge.
Già nella prima pagina del suo “International Law”266, nel momento in cui deve definire il diritto internazionale, vediamo la rilevanza che in Oppenheim riveste il primato attribuito agli stati (civilizzati):
Law of nations or international law is the name for the body of customary rules which are considered legally binding by civilised states in their intercourse which each other267. [corsivo mio]
186 Nemmeno nelle pagine di Oppenheim abbiamo però l’idea di un diritto internazionale come diritto pubblico esterno, nel senso di un ordinamento giuridico che riceve la sua legittimità solo nella misura in cui si esprima la libera adesione del singolo stato. Subito dopo aver scritto che il diritto internazionale è costituito dall’insieme delle norme che sono ritenute vincolanti dagli stati civilizzati aggiunge:
Law is a body of rules for human conducts within a community which by common consent shall be enforced by external power.268
Ritroviamo qui lo stesso ragionamento, ubi societas ibi jus, che abbiamo visto nelle pagine di Westlake. Scrive Oppenheim, ovunque si formi una comunità primitiva vediamo che alcune delle sue norme si applicano solo alla coscienza dell’individuo, altre norme invece sono imposte attraverso il consenso generale della comunità. Nel primo caso parliamo di legge morale, nel secondo di diritto, indipendentemente dal fatto che vi sia un tribunale in grado di imporre una sentenza.
In altre parole, potremmo scrivere che ovunque si formi una comunità, tra individui o gruppi di individui, si devono stabilire delle regole di condotta che favoriscano le interazioni reciproche, mantengano l’ordine e garantiscono la stabilità. Quando queste regole sono imposte dalla comunità agli individui che la compongono, allora ci troviamo di fronte alla formulazione, per quanto primitiva, di un diritto.
Continua Oppenheim, da questo processo iniziale, le comunità primitive, attraverso una lunga serie di trasformazioni, giungono allo stato moderno in cui la funzione giuridica e legislativa è delegata a determinati organi, ma, sottolinea l’autore, anche in questo caso le norme giuridiche discendono, attraverso la rappresentanza parlamentare, dalla comune volontà della comunità269.
267
Oppenheim, International Law, p. 1.
268 Oppenheim, ibid. , p. 2. 269 Oppenheim, ibid. , pp. 6-8.
187 Tre allora sono le caratteristiche che deve possedere un ordinamento giuridico per essere definito come tale:
I. Una comunità.
II. Un insieme di norme di condotta.
III. Il consenso generale della comunità sul fatto che queste norme debbano essere imposte da un potere esterno270.