• Non ci sono risultati.

internazionale.

Dobbiamo ora chiederci quali debbano essere i confini di questo ordinamento giuridico pensato da Lorimer in funzione del principio iscritto nel diritto di natura: il riconoscimento della reciproca sovranità. Per fare ciò dobbiamo innanzitutto comprendere la rappresentazione spaziale del mondo che emerge dalle sue pagine. Nel primo capitolo del secondo libro, il cui argomento è la dottrina del riconoscimento di uno stato, Lorimer distingue tra ciò che definisce “international

recognition” e ciò che definisce “interethnical recognition”. Esordisce scrivendo

che “no modern contribution to science seems destined to influence international politics and jurisprudence to so great an extent as that which is known as ethnology, or the science of races.”95

93

Lorimer, ibid. , pp. 211-212.

94 Lorimer, ibid. , p. 236.

79 E questo perché tali studi pongono Lorimer di fronte al problema delle profonde differenze culturali che dividono il genere umano, da cui deriva l’impossibilità di includere le comunità politiche appartenenti a culture diverse nell’ordinamento giuridico europeo:

It is not possible that separate ethnical groups may, by their very nature, be directed toward political and social ideals so dissimilar as to prevent them from ever following the same lines of progress? May it not be that under these diverse ethnical impulses diverse types of nationality must necessarily grow up, and that these, though permanently dissimilar, may be of equal ethical value of that which our ethnical genius has imposed upon us, and equally entitled to international recognition by us and by other nations of Western Europe? Are we right in measuring the progress of a nation which belongs to a different ethnical group from our own by the approach which it makes to our conceptions of an organised community? Ought we not to distinguish between differences of kind and difference of degree, and, within the lines of natural

law, to measure nations rather by the approach which they make to their own

ideals than to ours?96

Queste domande mostrano la prospettiva di un mondo diviso in diverse culture, ancora unite da un diritto di natura comune al genere umano, in cui, però, il diritto internazionale europeo, fondato su quei valori etici propri solo della sua cultura, deve rinunciare ad ogni pretesa universalistica.

Esistono quindi dei principi etici universali comuni a tutti gli uomini, il diritto naturale, ma, a causa delle profonde differenze culturali che dividono il genere umano è difficile individuare questi comuni principi. Per questa ragione il compito dei giuristi è quello di individuare come questi principi si presentano nelle concrete manifestazioni storiche:

All that the scientific jurist can do, for the present, is to point out the importance which must continue to belong to the absolute and unchangeable ethical element which underlies all the relative forms of its manifestation. His function is to emphasise the distinction between the universal ethical, and the

80

local, even if permanent, ethnical elements which enter into every political and international problem.97

L’individuazione di questi principi generali, che derivano dalla nostra natura e che governano tutte le razze e tutte le nazioni, è necessaria per ottenere un metro comune attraverso il quale giudicare le singole costruzioni politiche e culturali:

No mere accumulation of ethnical facts will help us to an opinion with reference to the claims of a race or a nation to recognition, unless we have an absolute standard by which to measure the ethical results of its political activity; and for this absolute standard we must go back to those laws of our common nature which govern all races and nations alike.98

Per raggiungere questo obiettivo è necessario proseguire nello studio delle diverse culture e delle diverse razze. Ma, fino a che questi studi non saranno abbastanza approfonditi, dobbiamo essere molti cauti nel giudicare culture così lontane rispetto alle nostre:

Ethnology will probably teach us that the ethical ideal may be realised in accordance with the ethnical ideals more diverse than we at present imagine; but, unless we keep this common goal in sight, we shall be in continual danger of mistaking license for liberty, and apologising for crime99.

La ragione per cui Lorimer attribuisce una tale importanza alle differenze culturali deriva dalla comprensione della dimensione globale che la politica internazionale stava proprio in quegli anni assumendo, e l’isola britannica rappresentava un osservatorio privilegiato per cogliere quei mutamenti:

There is no nation for which the subject of race has such momentous importance as for our own, because it is on the views which we form of it that must depend not only our feature attitude to such countries as Russia, China

97

Lorimer, ibid. , p. 98.

98 Lorimer, ibid. , p. 98-99 99 Lorimer, ibid. , p. 99.

81

and Japan, but the ultimate destiny which we attempt to shape for our great Indian empire.100

E’ interessante notare come Lorimer si interroghi sul futuro dell’India, quando scrive che, poiché l’intera soggezione di questa razza non potrà essere a lungo mantenuta dalla nazione inglese, anche se sarebbe desiderabile, scrive l’autore, è molto probabile che ci troveremo di fronte al graduale sviluppo “of some oriental form of political organization hitherto unknown to the history of politics”101. Continua quindi scrivendo che la costruzione di una tale organizzazione politica dipenderà dalla capacità di superare le superstiziosa osservanza delle pratiche tradizionali della cultura indiana brahamanica e buddista. Anche se la realizzazione di questo obiettivo è complicata dalla presenza della religione islamica:

But however great may be the influence of the ties of race on the development of cosmopolitan or political relations, it is obvious that they do not bind communities together to the extent of enabling them to assert jural rights or to discharge jural obligations. We cannot recognise Slavs or Celts or Teutons simply as such . The analogy between the person and the State may not be very close, but when we come to deal with ethnical groups, we drift away from it altogether; and it is only when, by the action of historical and geographical factors, these have crystallised into political bodies, that they come within the scope of a treatise on the law of nations.102

Possiamo ora schematizzare il ragionamento di Lorimer:

1. Politica mondiale: il futuro dell’Inghilterra dipende, anche, dal futuro dell’impero indiano;

100

Lorimer, ibid. , p. 99.

101 Lorimer, ibid. , p. 100. 102 Lorimer, ibid. , p. 101.

82 2. le differenze culturali tra Gran Bretagna e India sono tali che

è difficile pensare che si costituisca un modello di organizzazione politica simile a quello europeo;

3. l’alternativa è rappresentata dal formarsi di una qualche forma orientale di organizzazione politica non ancora conosciuta dalla storia;

4. questa possibilità può essere ostacolata dall’influsso della cultura tradizionale e della religione islamica;

5. ma, per quanto sia grande l’influenza delle diverse razze, con la loro peculiare affinità con le differenti religioni e culture tradizionali, la loro influenza non produce di per sé l’ordinamento giuridico internazionale;

6. solo quando, all’interno di un gruppo etnico, si forma un sistema di stati, si può costituire un diritto delle nazioni.

Le differenze culturali sono quindi un elemento fondamentale dell’ordinamento giuridico, e da questa distinzione discende il riconoscimento dell’esistenza di tre sfere in cui il mondo, ora compiutamente globale, è diviso:

As a political phenomenon, humanity, in its present condition, divides itself into three concentric zones or spheres – that of civilised humanity, that of barbarous humanity, and that of savage humanity.103

Da questa distinzione Lorimer deriva tre diverse categorie giuridiche relative al riconoscimento: plenary political recogition, partial political recognition e natural

or mere human recognition. Per quanto riguarda il primo aspetto, il pieno

riconoscimento politico si estende a tutti gli Stati europei, insieme alle loro colonie, nella misura in cui siano popolate da discendenti europei; e da quegli stati del Nord e del Sud America che hanno rivendicato la loro indipendenza dall’Europa.

83 La seconda sfera comprende la Turchia e gli antichi stati dell’Asia che non sono caduti sotto il dominio europeo, come il Siam, la Persia, la Cina e il Giappone. La terza sfera invece si estende a tutto il resto dell’umanità,”though here we ought, perhaps, to distinguish between the progressive and non-progrssive races”104. L’ambito in cui operano direttamente i giuristi ricade, naturalmente, nella prima sfera, “but inasmuch as jural progress consists not merely in perfecting the relations which arise within the sphere of political recognition, but in its gradual expansion, he is brought into continual contact with the external spheres, and must take cognisance of the relations in which civilised which surround them”.105

Nella prospettiva di Lorimer, al giurista spetta il compito di accertare il grado raggiunto dai popoli appartenenti alle nazioni barbare e selvagge, ed il compito di valutare se ogni singola razza ha un carattere progressivo o meno.

Lorimer, infatti, pensa che la possibilità di espansione della prima sfera, ed in conseguenza dell’ordinamento giuridico internazionale, dipenda dalle caratteristiche delle singole razze, affermando che alcune, come quella turca, non sono in grado di raggiungere quel grado di civiltà necessario per osservare le norme del diritto internazionale:

In the case of the Turks we have had bitter experience of the consequences of extending the rights of civilisation to barbarians who have proved to be incapable of performing its duties, and who possibly do not even belong to the progressive races of mankind. […] The subordinate position into which they are rapidly sinking, seems to be that for which nature designed them.106

Per quanto riguarda il Giappone, invece, scrive che, se quello stato continuerà il suo attuale progresso, dovrà essere messa in discussione la stessa ragione per cui non è oggi incluso nella prima sfera. Se, quindi la formazione di un ordinamento giuridico dipende dal cristallizzarsi di diverse entità politiche, possiamo ora aggiungere che non tutte le razze possono raggiungere questo scopo. Dobbiamo

104

Lorimer, ibid. , p. 102.

105 Lorimer, ibid. , p. 102. 106 Lorimer, ibid. , p. 102-103.

84 allora chiederci quali siano i criteri in funzione dei quali uno stato può essere ammesso nell’ordinamento giuridico internazionale, Lorimer individua due presupposti costruiti intorno al concetto di reciprocità:

1. The will to reciprocate the recognition which it demands; 2. The power to reciprocate the recognition which it demands.107

Non è qui necessario seguire l’argomentazione giuridica di Lorimer, ma piuttosto è importante considerare il valore che l’autore attribuisce al concetto di reciprocità. Se il riconoscimento può avvenire solo ove uno stato possa riconoscere l’altro come eguale108, e se questa qualità accomuna tutti gli stati cristiani, Lorimer si pone il problema di comprendere se solo gli stati cristiani sono in grado di raggiungere questo obiettivo:

Does our belief in Christianity, as the only true revealed religion, bind us to exact the same belief from all other nations, as a condition, sine qua non, of their admission to the international rights which spring from political existence?109

La sua convinzione è che, mentre l’universalismo della religione cristiana e la separazione tra politica e religione permettono il riconoscimento della reciprocità, le altre religioni, in particolare l’Ebraismo e l’Islam sono invece accomunati dall’intolleranza nei confronti dei popoli appartenenti a religioni diverse dalla propria.

107 Lorimer, ibid. , p. 109.

108 Eguale nel senso di appartenente alla stessa sfera, perché in realtà Lorimer pensa che all’interno della

cerchia degli stati civilizzati vi debba sussistere una gerarchia tra i diversi stati, con le sue parole, una differenza di gradi tra di essi: “Even within the sphere of plenary political recognition, States are no more equal to each other, in the absolute sense, than their citizen are equal . They differ in powers, and consequently in rights; and the recognition which they are entitled to claim from each others is proportioned to their powers and rights”. Lorimer, ibid. , p.103

85 Indipendentemente dalle argomentazioni che l’autore svolge contro le religioni non cristiane110, il nostro interesse è quello di comprendere come Lorimer concili queste differenze culturali, pensate come insuperabili ed incompatibili con i principi dell’ordinamento giuridico europeo, con la percezione dell’espansione della società internazionale. L’argomentazione di Lorimer si svolge in questi termini:

1. Il principio su cui si fonda il riconoscimento è la reciprocità, (si ricordi che per Lorimer la disciplina del riconoscimento è il principio primo dell’intero ordinamento giuridico, derivando dal diritto naturale). 2. La reciprocità è possibile solo ove sia riconosciuto e diffuso il principio

della tolleranza.

3. Le religioni non cristiane, in particolare l’ebraismo e l’Islam, non riconoscono il principio della tolleranza.

110

“What we have said of Christianity is altogether reversed when we turn to the religions which claim to rest exclusively on direct revelation. Even if such revelation, in other respects, were coincident with Christianity, it would conflict with it in this very element of exclusiveness. The postulate of each such religion is that it is the only channel thorough which God ha communicated His law. It repudiate anthropology as a source of knowledge altogether. The God within man is silenced by the God without him. Man becomes a mere listener to external commands which all must obey, but which are addressed only to the faithful; and, even to them, not directly, but only trough a prophet, off whose mission others, at all events, have no evidence beyond his own assertion. The system of ethics, and consequently of jurisprudence, which results from such a religion is bounded by the theocracy which it establishes. Unless this theocracy become universal, God’s law can neither be know or vindicated; and, if it becomes universal, the recognition by it of any other is, eo ipso, shut out” Lorimer, ibid. , p. 118.

Poco oltre parla del carrattere “unspeculative” delle razze di origine semitica (120-121), e come conseguenza di questo tratto peculiare, continua Lorimer, non hanno mai prodotto un organismo politico di alcuna particolare importanza. O ancora, in riferimento alla popolazione turca: “The Turks, as a race, are probably incapable of the political development which would render their adoption of constitutional government possible.” P 123 In riferimento invece alla religione musulamana: “To talk of the recognition of Mahometan States as a question of time, is to talk of nonsense. Unless we are all to become Mahometans, that is a time which Mahometanism itself tells us can never come. We are thus driven to assume towards it the same uncompromising attitude which presents to us.” Lorimer, ibid. , p. 124.

86 Da questo ragionamento conclude che “to talk of the recognition of Mahometan States as a question of time, is to talk of nonsense. Unless we are all to become Mahometans, that is a time which Mahometanism itself tells us can never come. We are thus driven to assume towards it the same uncompromising attitude which presents to us”.111 Questa barriera, che per l’autore è contemporaneamente culturale, religiosa politica e razziale, rimane insuperabile per Lorimer, e questo nonostante la sua percezione di quei mutamenti dell’orizzonte spaziale, dall’Europa al Globo, che stavano coinvolgendo la politica internazionale europea:

[…] and it is a problem, unhappily, which presents itself not only to the whole of Europe inn Eastern question, but to the Russians and to us in Asia, and to the French in North Africa, in each case on a prodigious scale.112

Possiamo quindi ricapitolare la struttura teorica della riflessione politico-giuridica di Lorimer:

1. L’istituto giuridico del riconoscimento, 1.1. si fonda sul principio della tolleranza,

1.2. questo principio deriva dal dovere proprio di ogni ente morale di riconoscere la propria esistenza e quella altrui;

2. l’istituto giuridico del riconoscimento è il fondamento dell’intero ordinamento giuridico internazionale;

3. da questo istituto discendono le norme e le regole che devono disciplinare le relazioni tra gli stati;

4. le norme ed i trattati che emergono dalle relazioni tra gli stati, attraverso le consuetudini o i trattati, devono essere sottoposte ad un

111 Lorimer, ibid. , p. 124 112 Lorimer, ibid. , p. 124

87 esame di coerenza rispetto alle norme che discendono dal principio su cui si fonda l’ordinamento giuridico.

E’ importante sottolineare come lo stesso principio iniziale che determina la validità delle norme dell’ordinamento giuridico è il criterio attraverso il quale si determinano i confini dello stesso ordinamento. Questo principio è legato alla percezione di una comune società che trascende i confini nazionali, ma in una prospettiva differente rispetto alle pagine di Wheaton. Per il giurista americano, il legame tra una comune civiltà e il diritto internazionale si esprimeva nell’idea di una moralità internazionale, da cui discendevano i principi e le norme che formavano l’ordinamento giuridico internazionale. In Lorimer, invece, questa idea di un’unità culturale politica e morale, di una dimensione unitaria che racchiude i singoli stati, presente come Western Civilisation, Western Europe, Christianity, o persino nei termini di razza ariana, muta nel riconoscimento di un comune principio posto a fondamento dell’ordinamento (1.1). E’ in questo cambiamento che si realizza la possibilità dell’espansione dell’ordinamento giuridico.

In altre parole, il primo passo verso la possibilità di un’espansione si realizza nel momento in cui l’idea di una comune civiltà, nel senso di un insieme di norme, usi, costumi e valori, si astrae in un principio generale. Nel caso di Wheaton, nelle cui pagine il fondamento dell’ordinamento giuridico dipende da una comune moralità

internazionale, il diritto internazionale rimane necessariamente cristiano-europeo

(in funzione dell’estensione di questa comune cultura da cui discende la moralità); nel caso di Lorimer, dove il fondamento del diritto internazionale dipende da un principio astratto, i confini non dipendono più dalla cultura-civiltà in cui è sorto questo principio, ma dalla diffusione dello stesso principio. Altre culture-civiltà potrebbero riconoscere questo principio ed essere inclusi a pieno titolo nell’ordinamento giuridico internazionale, in cui cristiano ed europeo può iniziare ad essere messo tra parentesi.

In questo secondo caso, il passo successivo è rappresentato dal problema di comprendere se questo principio universale, che gli europei hanno compreso per primi, può essere conosciuto anche da altre civiltà-culture. E’ evidente che la

88 prospettiva rimane fortemente eurocentrica, ma la dimensione spaziale non è più necessariamente europea. Potremmo parafrasare Chabod, descrivendo questo cambiamento come il passaggio dall’Europa come Mondo al Mondo come Europa (cioè letto attraverso i valori europei).

Per questa ragione, Lorimer, dopo aver definito il principio posto a fondamento del diritto, si chiede se la tolleranza sia un principio che può essere compreso e rispettato solo dagli stati appartenenti a quella dimensione unitaria. Lorimer non individua una risposta univoca per questo problema. In certe pagine sembra che la tolleranza sia solo limitata alla razza ariane, in altre, escludendo categoricamente l’Islam, sembra supporre la possibilità che ulteriori sviluppi di altre civiltà possano ampliare i confini dell’ordinamento giuridico. Il fatto è che per Lorimer la questione dell’espansione è ancora una questione teorica, che discende dalla sua filosofia del diritto di natura. Non si percepisce ancora l’irrompere dell’imperialismo di fine secolo e la corsa europea per l’accaparramento delle colonie. Se un problema emerge è solo quello del futuro dell’Impero in India, comunque collocato in un prossimo futuro. Gli stessi confini pensati da Lorimer corrispondono a quelli pensati da Wheaton e Phillimore, la civiltà europea o di origine europea. La differenza è una differenza teorica.

Per i due autori precedenti l’Europa era una comune civiltà separata e differente rispetto alle altre, il risultato di un percorso storico peculiare e la conseguenza dell’influsso della religione cristiana. Nelle loro pagine troviamo il problema della determinazione dei confini del diritto positivo, il diritto della società internazionale