Una guerra di religione? La Chiesa cattolica e la “crisi buddista”, fra separatismo e anticomunismo (1963)
I.1. La Chiesa cattolica in Vietnam Storia e problemi sotto i pontificati di Pio XII e Giovanni XXIII.
In questo paragrafo si ripercorrono, con attenzione alla condizione della comunità cattolica vietnamita, quelle tappe della storia del Vietnam utili a cogliere l’ambiente d’origine e le cause della “crisi buddista” del 1963, nonché a contestualizzare storicamente le reazioni del Vaticano e del mondo cattolico francese e italiano ad essa e al conflitto parallelamente in corso tra governo di Saigon e FNL.
Nei primi anni Sessanta, il Vietnam costituiva uno dei baluardi storici della Chiesa cattolica in Asia: in un continente di sì ardua evangelizzazione, era secondo per numero di fedeli solo alle Filippine54. La maggioranza dei vietnamiti era però di cultura confuciana e praticante uno dei rami del buddismo, mentre i cattolici costituivano circa il 10% della popolazione55. I primi missionari cristiani, di nazionalità per lo più spagnola e portoghese (ma vi erano anche dei gesuiti italiani)56, erano giunti in Vietnam nel XVII secolo. Tuttavia il merito del relativo successo dell’evangelizzazione della penisola asiatica spetta in gran parte ai gesuiti francesi e alla Société des Missions Étrangères de Paris, operanti in
54 Cfr. M.MUGNAINI, Paolo VI e il conflitto vietnamita: coordinate storiche di una
questione diplomatica, in Stato, Chiesa e relazioni internazionali, a cura di ID., Milano,
Franco Angeli, 2003, p. 233. Sul contesto missionario asiatico negli anni Sessanta del Novecento e sulla sua storia si veda «Missions Étrangères de Paris», 133, mai-juin 1964. Per approfondimenti sulla storia della Chiesa cattolica vietnamita si rinvia a F.IMODA (S.J.), R.
PAPINI (eds.), The Catholic Church and its presence in Asia, with the collaboration of P. Fantini, Milano, Nagard, 2010; THI LIÊN, Les relations entre l’Église catholique et l’État au
Vietnam depuis le Đổi Mới. Perspectives, in «Social Compass», 57, 3, 2010, pp. 345-356;
A. LONGCHAMP (P.), Le christianisme aujourd’hui, in Vietnam: l’histoire, la terre, les
hommes, sous la direction de A. Ruscio, Paris, L’Harmattan, 1989, pp. 291-297; Church- State Relations in Vietnam, «Pro Mundi Vita-Dossiers», 1, 1986.
55 Cfr. C.LANGE (P.), Histoire du christianisme, in Vietnam: l’histoire, la terre, cit., pp. 97-104. Della convivenza tra cattolici e buddisti nella RV tra la seconda metà degli anni Cinquanta e la prima metà degli anni Sessanta tratta il dossier L’Église au Sud-Vietnam, in «ICI-Informations Catholiques Internationales», 15 mars 1963, pp. 17-26. Cfr. anche P. GHEDDO (P.), Cattolici e buddisti nel Vietnam. Il ruolo delle comunità religiose nella
costruzione della pace, prefazione di mons. S. Pignedoli, Firenze, Vallecchi, 1968.
Indocina a partire dal secolo successivo57. Nella sua storia la Chiesa cristiana in Vietnam era stata a più riprese oggetto di politiche d’intolleranza, talvolta di vere e proprie persecuzioni58.
La dominazione coloniale francese, progressivamente stabilitasi sul Vietnam a partire dalla seconda metà del XIX secolo59, aveva notevolmente favorito e tutelato lo sforzo missionario della Chiesa di Roma. La missione civilizzatrice della quale si sentiva investita la fille aînée de l’Église comprendeva infatti anche la diffusione della fede cristiana60. Si era così venuta instaurando, in Indocina, una relazione di reciproco sostegno e legittimazione tra colonialismo e religione61, non esente tuttavia da tensioni che in parte riverberavano quelle esistenti tra Chiesa e Stato nella République dopo la loi de séparation del 1905 62. Lo speciale legame della comunità cattolica vietnamita con la Chiesa francese e con la Francia, costruitosi attorno all’opera evangelizzatrice e al regime coloniale, era stato
57 Sull’evangelizzazione cattolica del Vietnam, oltre al citato lavoro Gheddo, si segnalano C. LANGE (P.), L’Église catholique et la société des Missions Étrangères au
Vietnam. Vicariat apostolique de Cochinchine XVIIe et XVIIIIe siècles, Paris-Budapest- Torino, L’Harmattan, 2005; F.MONTESSORO, Vietnam, un secolo di storia, Milano, Franco
Angeli, 2000, pp. 13-19.
58 Cfr. P.GHEDDO (P.), Cattolici e buddisti nel Vietnam, cit., passim. In F.MONTESSORO,
Vietnam, cit., p. 16 e sgg. si analizzano gli ostacoli anche culturali all’assimilazione della
religione cristiana da parte delle società dell’Asia orientale.
59 Il Vietnam fu dominio francese dal 1858 al 1954, amministrativamente riunito con Cambogia e Laos nell’Unione indocinese. La penisola vietnamita fu divisa in tre province, quella del Sud (Cocincina), governata direttamente dai francesi, quella centrale (Annam) e quella settentrionale (Tonchino), formalmente poste sotto il protettorato di Parigi. Sull’argomento cfr. P.BROCHEUX, D.HÉMERY, Indochine, la colonisation ambiguë, 1858-
1954, Paris, La Découverte, 2012 [1995]; F.MONTESSORO, Vietnam, cit., passim.
60 Sotto il colonialismo francese, a convertirsi al cattolicesimo in Vietnam fu soprattutto «la relativamente poco numerosa popolazione urbana», la quale «aveva in misura crescente aderito [...] alla cultura francese». M.FREY, Storia della guerra del Vietnam. La tragedia in
Asia e la fine del sogno americano, Torino, Einaudi, 2008 [München, 2006], p. 5.
61 Affronta l’argomento, con ampio ricorso anche a fonti vietnamite, C.KEITH, Catholic
Vietnam: A Church from Empire to Nation, Berkeley, University of California Press, 2012.
62 Cfr. C.KEITH, Protestantism and the Politics of Religion in French Colonial Vietnam, in «French Colonial History», 13, 2012, p. 142. Sulla storia della Chiesa in Vietnam durante la dominazione francese si vedano anche ID., A Colonial Sacred Union? Church, State, and
the Great War in Colonial Vietnam, in In God’s Empire: French Missionaries in the Modern World, edited by O. White and J.P. Daughton, New York, Oxford University Press,
2012, pp. 195-214; THUÂN CAO, Les missionnaires et la politique coloniale française au
Vietnam (1857-1914), New Haven (CT), Council on Southeast Asia Studies-Yale Center for
International and Area Studies, 1990. Scientificamente meno equilibrato, ma con informazioni prive di rinvii bibliografici che sarebbe interessante accertare: J.-R. CLÉMENTIN, Il comportamento politico delle istituzioni cattoliche in Vietnam, in Vietnam:
storia e rivoluzione, a cura di J. Chesneaux, G. Boudarel e D. Hemery, Milano, Mazzotta
rafforzato dalla presenza di vescovi e clero di nazionalità francese nelle diocesi vietnamite63. Sul territorio vietnamita si erano anche radicati dei movimenti confessionali come quelli di Azione cattolica, che intrattenevano relazioni con gli omologhi dell’Hexagone64. Tra quelli di maggior successo figura la Jeunesse ouvrière chrétienne (JOC)65.
Com’è noto, tra il 1945 e il 1954 si svolse la guerra d’Indocina, che vide opporsi l’esercito coloniale francese e il Vietminh66. Alberto Melloni ha rilevato che «finché Vietnam è il nome di una guerra d’indipendenza, la posizione vaticana resta impercepibile, allo stato delle fonti»67; similmente, Maurice Merle e Christine de Montclos hanno scritto di un’«attitude discrète de Rome à l’égard de l’Indochine» durante il conflitto con la
63 Cfr. M.MUGNAINI, Paolo VI e il conflitto vietnamita, cit., p. 233.
64 Cfr. C. KEITH, Catholic Vietnam, cit., passim. Secondo Gheddo tuttavia l’Azione cattolica in Vietnam era «presente in tutte le diocesi e le parrocchie, ma più spesso sulla carta». P.GHEDDO (P.), Cattolici e buddisti nel Vietnam, cit., p. 235.
65 Movimento di apostolato di laici specializzato nel milieu operaio, la JOC fu fondata in Belgio nel 1925 su impulso di p. Joseph Cardijn e si impiantò in Francia, per volere di p. Georges Guérin, tra il 1927 e il 1929. In Vietnam la JOC nacque nei primi anni Quaranta, fondata ad Haiphong (Vietnam settentrionale) da Nguyen Manh Ha (1913-1992), al suo rientro in patria dopo anni di formazione in Francia. A livello generale, in sintesi, la JOC mirava a evangelizzare l’ambiente operaio attraverso l’educazione ai valori di vita cristiana e la testimonianza individuale. Applicava l’innovativo criterio dell’“apostolat du semblable
par le semblable” e praticava all’interno delle proprie équipes la “revision de vie”, basata
sulla pedagogia del “voir-juger-agir”. Su questi aspetti si tornerà più estesamente più avanti, nel soffermarsi specificamente sulla JOC francese. Sulle origini della JOC belga si veda, fra gli altri, M.LAUNAY, La J.O.C. dans son premier développement, in P. Pierrard, M. Launay, R. Trempé, La J.O.C. Regards d’historiens, Paris, Éd. Ouvrières, 1984, pp. 29-32. Sulla diffusione e l’incidenza della JOC in Asia alle soglie dei primi anni Sessanta si segnala «Missions étrangères de Paris», 133, mai-juin 1964. Per approfondire la fondazione della JOC in Vietnam cfr. C.KEITH, Catholic Vietnam, cit., pp. 225-227. Si segnala che della documentazione preziosa per ricostruire la storia della JOC vietnamita nella seconda metà del Novecento e la sua rete di relazioni con l’omologa francese è conservata in Nanterre, ADHS, JOC 44J 439, c.c. “56 à 75 Vietnam, JOC Courrier”.
66 Per un inquadramento del conflitto cfr. E.M.BLANG, Allies at Odds. America, Europe,
and Vietnam, 1961-1968, Lanham, Rowman & Littlefield, 2011, pp. 27-45; B.DROZ, Storia
della decolonizzazione nel XX secolo, Milano, Mondadori, 2007 [Paris, 2006], pp. 118-135.
La guerra è affrontata dalla prospettiva politica di Parigi nell’originale e documentato studio di P.JOURNOUD, De Gaulle et le Vietnam (1945-1969), Paris, Tallandier, 2011, pp. 27-51. Si
rammenta che il Vietminh era una coalizione politica e organizzazione paramilitare di ispirazione nazionalista, resistenziale e indipendentista, fondata nel 1941 da comunisti. Uno sguardo sul movimento in M. FREY, Storia della guerra del Vietnam, cit., pp. 3-9; S. KARNOW, Storia della guerra del Vietnam, cit., pp. 83-86.
67 A.MELLONI, La politica internazionale della Santa Sede, in «Passato e presente», 58, 2003, p.85.
Francia68. J.-R. Clémentin, corrispondente dal Vietnam per Associated Press (AP) dal 1945 al 1949, ha invece sostenuto che la Chiesa di Roma avrebbe inizialmente condannato la posizione francese tramite il «Bulletin des Missions», rivista dei benedettini belgi opinabilmente definita dal giornalista «il più fedele portavoce dell’alta politica vaticana»; solo nel 1948 il Vaticano avrebbe operato un brusco voltafaccia alla causa del Vietminh per timore di un’espansione comunista nel Paese69. Clémentin non ha indicato però alcuna fonte a supporto della propria ricostruzione. Nonostante alcune aperture pacelliane sull’aspirazione all’indipendenza dei popoli colonizzati70, l’unico dato certo di cui si dispone sulla Santa Sede e la guerra franco-vietnamita è che Pio XII non intervenne pubblicamente sul conflitto.
Dal punto di vista teologico, nel trattare dell’atteggiamento generale di papa Pacelli verso la categoria della «guerra popolare», Daniele Menozzi ha posto in evidenza come, in un discorso al corpo diplomatico del 1951, il pontefice le avesse implicitamente riconosciuto legittimità solo qualora si presentasse come un’«insurrezione contro l’oppressione comunista di paesi cristiani» e che, negli anni seguenti, Pio XII avrebbe rafforzato «la disapprovazione verso quei movimenti di liberazione che sul piano ideologico inclinavano verso il nazionalismo esasperato o il socialismo»71. Merle e de Montclos ricordano d’altro canto che, negli anni Cinquanta, il tema della liceità, per un cristiano, di prender parte a guerra di liberazione contro un potere ingiusto venne posta da «de petits groupes de militants européens [...] toujours restés minoritaires»72.
Alla luce di quanto esposto, appare condivisibile l’affermazione di Marco Mugnaini secondo la quale la guerra franco-vietnamita non poteva non essere percepita in Vaticano come «una specie di crociata» condotta
68 M.MERLE, C. DE MONTCLOS, L’Église catholique et les relations internationales
depuis la Seconde Guerre mondiale, Paris, Le Centurion, 1988, p. 204.Cfr. ancheSR, Cn, p. 15.
69 Cfr. J.-R.CLÉMENTIN, Il comportamento politico delle istituzioni cattoliche, cit., pp. 121-132.
70 Sul tema v. A.GIOVAGNOLI, Pio XII e la decolonizzazione, in Pio XII, a cura di A. Riccardi, Roma-Bari, Laterza, 1985, pp. 179-209. Una sintesi del magistero pontificio sul colonialismo sino ai primi anni Sessanta inSR, Cn, pp. 14-16; sino agli anni Settanta giunge L.TOSI, La cooperazione allo sviluppo dalla Pacem in terris alla Populorum progressio, in
Pacem in terris. Tra azione diplomatica e guerra globale, cit., pp. 147-167; ID., Il Terzo
Mondo, in La nazione cattolica. Chiesa e società in Italia dal 1958 a oggi, a cura di M.
Impagliazzo, Milano, Guerini e Associati, 2004, pp. 485-491; sino agli anni Ottanta, M. MERLE, C. DE MONTCLOS, L’Église catholique et les relations internationales, cit.
71 D.MENOZZI, Chiesa, pace e guerra, cit.,p. 237 e p. 254.
72 M.MERLE, C. DE MONTCLOS, L’Église catholique et les relations internationales, cit., p. 99.
dalla Francia, nazione protettrice della minoranza cattolica indocinese, contro un movimento di liberazione egemonizzato dai comunisti73.
Ma al Vietminh aderivano anche alcuni cattolici. Il nazionalismo dei vietnamiti era infatti stato forgiato da millenni di dominazioni straniere al punto da essere, nel Novecento, talmente radicato e trasversale da trascendere di frequente la sfera dell’appartenenza politico-religiosa individuale74. Ciò non equivale a dire che tutti i cattolici nazionalisti sposassero l’ideologia del Vietminh, al contrario, in molti gli opponevano un nazionalismo anticomunista, come nel caso degli Ngo75. Avere idea della storicamente stratificata, complessa e plurale relazione tra cattolicesimo e nazionalismo propria del popolo vietnamita è fondamentale per comprenderne alcuni esiti contraddittori (o almeno in apparenza tali) quali l’esistenza di un’ala cattolica nel Vietminh e poi nel FNL o un governo cattolico liberticida come quello degli Ngo; più in generale aiuta cogliere il grado di problematicità che le vicende vietnamite implicavano dalla prospettiva della Santa Sede.
Secondo Mugnaini i cattolici ruppero con i resistenti nazionalisti dopo il 194576, vale a dire al ripristino del controllo francese sul Vietnam dopo l’invasione giapponese del Tonchino del 1940, alla quale era seguita l’occupazione dell’intera Indocina l’anno seguente, nel contesto della seconda guerra mondiale77. Un inedito documento risalente al 1946 e conservato presso l’Archivio della JOC francese suggerisce però un rovesciamento della tesi dello studioso italiano. Secondo la lettera inviata il 2 marzo 1946 ai padri Guérin e Courtois da padre Lepoutre, aumônier della JOC di stanza ad Hanoi, nel 1945, con la restaurazione del pieno dominio coloniale della Francia sull’Indocina,
un grand nombre de dirigeants et militants [della JOC] passèrent au Viet-minh ou à d’autres groupements politiques. Ils étaient attirés par des sentiments patriotiques ayant l’attrait du 73 M.MUGNAINI, Paolo VI e il conflitto vietnamita, cit., p. 233. Il nesso sviluppatosi tra movimenti di liberazione nazionale e comunismo in Vietnam e nel Sud-est asiatico tra XIX e XX secolo trova un esame in P.BROCHEUX, Libération nationale et communisme en Asie
du Sud-Est, in Le siècle des communismes, cit., pp. 401-419.
74 Per un’analisi antropologica del nesso fra religione e lotte popolari per l’indipendenza in Vietnam cfr. E.R. WOLF, Guerre contadine del XX secolo, Milano, Istituto Librario
Internazionale, 1971 [New York, 1969], pp. 195-249.
75 Si consideri che nel 1944 uno dei cinque fratelli di Diem fu ucciso, assieme al figlio, dai guerriglieri del Vietminh. Cfr. S.KARNOW, Storia della guerra del Vietnam, cit., p. 110.
76 Cfr. M.MUGNAINI, Paolo VI e il conflitto vietnamita, cit., p. 233.
77 Le autorità giapponesi avevano tuttavia lasciato l’amministrazione civile della provincia indocinese ai francesi. Tra gli studi sul tema si segnala l’interessante volume di storia culturale C.NAMBA, Français et Japonais en Indochine (1940-1945). Colonisation,
neuf, et le fait qu’ils trouverent dans un movement inspiré du communisme russe une organisation et des méthodes qui leurs étaient familières: “militants, sympathisants, masse, etc.”. […] De plus la griserie de se trouver être des personnages importants78.
Si intravede qui una pista di ricerca che esula dall’argomento trattato da questo studio ma che meriterebbe, si crede, delle indagini mirate. Si potrebbe tentare di capire se i movimenti d’Azione cattolica francesi e vietnamiti e/o lo stesso Vaticano abbiano elaborato delle strategie per arginare il fenomeno dei cattolici (certo non solo di AC) confluiti nel Vietminh; provare a verificare, avvalendosi di strumenti multidisciplinari e di un approccio comparativo fra più realtà nazionali, la tesi sull’influenza dell’esperienza militante in AC nell’inquadramento, anche psicologico, dei cattolici in organizzazioni marxiste-leniniste, indagando eventualmente se tale verificato modello appaia valido solo per il contesto asiatico e, nella fattispecie, per quello vietnamita.
Gli accordi di Ginevra del 20-21 luglio 1954, che ufficialmente conclusero la guerra in Indocina e sancirono l’indipendenza di Cambogia, Laos e Vietnam, stabilirono la provvisoria divisione di quest’ultimo in due zone, la cui frontiera interna correva lungo il 17° parallelo79. In attesa di elezioni nazionali che avrebbero condotto alla riunificazione del Paese, si separavano in tal modo le due fazioni coinvolte nel conflitto, in una divisione della penisola che ricalcava due differenti sfere politiche d’influenza, analogamente a quanto accaduto in Corea, ove la guerra del 1950-1953 aveva visto le tensioni del sistema internazionale bipolare riverberarsi per la prima volta al di fuori dell’Europa80. Nella zona sud del Vietnam (regioni della Cocincina e dell’Annam meridionale) era acquartierato l’esercito francese in ritirata, e al dominio coloniale della
78 Let, Lepoutre à Guérin et Courtois, Hanoi-Séminaire St. Sulpice, 24 mars 1946, p. 1, in Nanterre, ADHS, JOC44J 439.
79 Approvati solo verbalmente dai partecipanti alla conferenza di Ginevra (Cambogia, Francia, Laos, Regno Unito, RPC, Vietminh, Vietnam e URSS) ad eccezione degli USA, gli accordi prevedevano anche l’istituzione di una Commissione internazionale di controllo (CIC) composta da membri di Canada, India e Polonia, con il compito di vigilare sul rispetto dei trattati. Sulla conferenza cfr., tra gli altri, M.FREY, Storia della guerra del Vietnam, cit.,
pp. 20-34. La perdita dell’Indocina da parte della Francia si inserisce nel più vasto processo di declino vissuto dall’Empire nella seconda metà del Novecento, sul quale si rinvia a B. DROZ, La fin des colonies françaises, Paris, Gallimard, 2009.
80 Sulla spartizione del territorio coreano dopo la seconda guerra mondiale e sul conflitto tra le due Coree del 1950-1953, il cui esito ne avrebbe confermato la divisione, si rimanda a W. STUECK, The Korean War. An International History, Princeton (N.J.), Princeton
Francia andava avvicendandosi il protettorato de facto degli Stati Uniti81, sulla base della nota “teoria del domino”. Come negli altri Paesi del mondo di nuova indipendenza, Washington intendeva favorire nel Vietnam meridionale l’insediamento di un regime filoccidentale e anticomunista82. L’obiettivo trovò realizzazione nel 1954 con il governo, solo nominalmente democratico, guidato dal primo Ministro Ngo Dinh Diem.
Quest’ultimo apparteneva a una famiglia di nobili origini di Hue (Vietnam centrale) che, convertitasi al cattolicesimo nel XVII secolo, aveva conosciuto le persecuzioni anticristiane. La storiografia è concorde nel dipingere Diem, oblato benedettino, come un uomo animato da una religiosità profonda, nella quale una spiritualità di tipo monacale e gli insegnamenti del cattolicesimo sociale si mescolavano ai precetti etico- culturali della tradizione confuciana83. Funzionario dell’amministrazione coloniale francese, a partire dagli anni Trenta ricoprì incarichi governativi di primo rilievo, con una parentesi d’esilio negli Stati Uniti tra il 1950 e il 1953. Negli USA aveva intessuto rapporti con personalità di spicco della politica e della Chiesa americane, tra i quali è importante qui ricordare mons. Francis J. Spellman, arcivescovo di New York. Come statista Diem non avrebbe mai goduto di particolare stima da parte del mondo politico
81 Sul passaggio di testimone dalla Francia agli Stati Uniti nel Vietnam meridionale, deciso dall’amministrazione repubblicana di Dwight D. Eisenhower (1953-1961) e confermato da quella democratica di J.F. Kennedy (1961-1963), si rinvia a P.JOURNOUD, De
Gaulle et le Vietnam, cit., pp.61-72; M.ATWOOD LAWRENCE, Assuming the Burden. Europe
and American Commitment to War in Vietnam, Berkeley, University of California Press,
2007 [2005]; P.DARBY, Three Faces of Imperialism. British and American Approaches to
Asia and Africa 1870- 1970, New Haven-London, Yale University Press, 1987, in part. pp.
162-164. Sulla qualità della presenza americana in Vietnam (coloniale, neocoloniale, imperialista, occupazione militare...) la storiografia discute ancora oggi, cfr. P.JOURNOUD,
De Gaulle et le Vietnam, cit., p. 22. Per un quadro puntuale e contestualizzato della politica
americana di aiuti finanziari e militari complessivamente erogati al Vietnam del Sud sino al 1975 v. T.M. MEAGHER, Financing Armed Conflict. II: Resourcing US Military
Interventions from the Spanish-American War to Vietnam, New York, Palgrave Macmillan
US, 2017, pp. 305-340.
82 Sulla politica asiatica degli Stati Uniti in chiave anticomunista tra gli anni Cinquanta e i primi Sessanta v. W.KRIEGER, The international system, in Palgrave Advances in Cold
War History, edited by S.R. Dockrill, G. Hughes, Basingstoke-New York, Palgrave,
McMillan, 2006 (in part. pp. 30-34); H. KISSINGER, L’arte della diplomazia, Milano,
Sperling & Kupfer, 2004 [New York, 1994], pp. 482-499.
83 Per i tratti salienti della biografia, della personalità e della parabola politica di Diem (1901-1963) si rinvia in particolare a E.MILLER, Misalliance: Ngo Dinh Diem, the United
States, and the Fate of South Vietnam, Cambridge (MA), Harvard University Press, 2013;
ID., Vision, Power and Agency: The Ascent of Ngô Đình Diệm, in «Journal of Southeast
Asian Studies», XXXV, 3, October 2004, pp. 433-458, dai quali si ricavano le informazioni riportate su Diem e sulla sua famiglia nel testo, quando non diversamente specificato.
statunitense; il supporto ricevuto da Washington una volta rientrato in Vietnam è da attribuirsi soprattutto al suo acceso anticomunismo e alla percezione americana di una carenza di alternative a lui valide84.
La zona nord del Vietnam (regioni dell’Annam settentrionale e del Tonchino) era invece controllata dall’unica formazione politica ivi ammessa, il nazionalcomunista Partito dei lavoratori del Vietnam (PLV), guidato dal suo fondatore Ho Chi Minh, rivoluzionario formatosi in Francia, padre fondatore del comunismo indocinese, storico protagonista della resistenza anticoloniale vietnamita85. Il Vietnam del Nord poteva contare sull’assistenza materiale e finanziaria dei sovietici e, in questa fase, soprattutto dei cinesi. I due “giganti rossi” erano allora in fase di collisione