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Una guerra di religione? La Chiesa cattolica e la “crisi buddista”, fra separatismo e anticomunismo (1963)

I.3. Paolo VI e il ritorno della Santa Sede sullo scenario politico internazionale.

Fin dalle prime settimane del papato montiniano, ai più attenti osservatori vaticani dovette risultare chiaro che, nella visione di Paolo VI, l’enfasi posta sulla missione spirituale e pastorale della Chiesa di Roma, in piena continuità con il magistero del predecessore, non implicava un ridimensionamento del politico nella sfera dell’interesse e dell’azione

157 L’Arcivescovo di Saigon esorta alla carità e alla pace, in «OR», 19-20 agosto 1963, p. 2. Sull’argomento v. P.GHEDDO (P.), Cattolici e buddisti nel Vietnam, cit., pp. 153-162 e

M.MUGNAINI, Paolo VI e il conflitto vietnamita, cit., pp. 236-237. 158 GDO, Dv, 14 giugno 1963, p. 138 e 16 agosto 1963, pp. 173-4.

159 Il diario di missione del diplomatico italiano restituisce con nitore il profondo rapporto di stima e fiducia presto instauratosi tra lui e il delegato apostolico a Saigon sia a livello professionale sia a livello umano. D’Orlandi era d’altronde un cattolico fervente, come provato dal suo intenso impegno presso la comunità salesiana di Saigon. Cfr. GDO,

Dv, passim.

160 È pur vero che in Vietnam il «passaggio dal “regime missionario” dei vicariati apostolici al regime ordinario di Chiesa costituita» era avvenuto «con ritardo rispetto a molti altri “paesi di missione” d’Asia e d’Africa», a parere di Gheddo «per motivi di opportunità politica». P. GHEDDO (P.), Cattolici e buddisti nel Vietnam, cit., p. 167. Del medesimo

avviso, all’epoca dei fatti, l’ambasciatore francese a Saigon. Cfr. Tl, Lalouette à Couve de

Murville n. I.341/AS, Saigon, 16 décembre 1960, in La Courneuve, CADMAE, EU/SS, 1944-60,c.c. 47, s. 30, s.-s. 9, d. 1.

pontificia. Come si vedrà, in virtù del respiro più pienamente universale assunto dalla Chiesa nell’era conciliare, era per Montini semmai vero il contrario. Questa generale concezione dei rapporti fra Chiesa e politica internazionale, che avrebbe determinato il peculiare approccio di Paolo VI alla situazione vietnamita, trova le sue fondamenta nel percorso umano, intellettuale ed ecclesiastico di Montini, e le sue ragioni contingenti nella fase attraversata dal sistema internazionale nel quindicennio del suo pontificato (1963-1978).

Su questi temi si ritiene utile soffermarsi innanzitutto per permettere di contestualizzare la linea vietnamita che il pontefice avrebbe espresso nel corso degli anni. Inoltre, l’analisi dell’“avvio politico” del papato di Paolo VI nel 1963 pone in evidenza degli elementi che, a parere di chi scrive, contribuiscono a cogliere quanto l’evoluzione della guerra in Vietnam dopo il pieno intervento militare americano del febbraio-marzo 1965 abbia contribuito a determinare, nei rapporti del pontefice con gli USA e con l’ONU e nel suo approccio complessivo alla realtà internazionale, un attenuamento dell’insistenza inizialmente posta, come si vedrà, su stilemi propri della tradizione cattolica intransigente, in favore di un’enfatizzazione della sua personale ecclesiologia di dialogo e collaborazione con il mondo in nome del bene comune della pace globale, che raccoglieva e sviluppava l’eredità roncalliana e di cui il discorso all’ONU dell’ottobre 1965 è il più noto emblema.

Agostino Giovagnoli ha sostenuto che, in gioventù, per Giovanni Battista Montini la figura di Benedetto XV incarnava «l’immagine esemplare del cristiano», che «nel lavoro indefesso esprime la sua grande carità», dimostrandosi al contempo «anche un diplomatico accorto, un politico sensibile, sorprendente per la sua intelligenza e penetrazione degli affari anche pratici»162.

Nato nel 1897 in provincia di Brescia, era cresciuto in un ambiente familiare borghese, pienamente inserito in quel cattolicesimo bresciano che «aveva superato l’intransigentismo dell’Ottocento» e si adoperava attivamente nel sociale e in politica163. Il padre Giorgio fu giornalista e

162 A. GIOVAGNOLI, Le premesse della ricostruzione. Tradizione e modernità nella

classe dirigente cattolica del dopoguerra, Milano, Nuovo istituto editoriale italiano, 1982,

p. 202. Le pagine dedicate a Montini in questo lavoro (pp. 179-121) ben ne illuminano la formazione culturale, spirituale e politica. Sul tema si rinvia in particolare anche agli accurati lavori: F.DE GIORGI, Paolo VI. Il papa del Moderno, Brescia, Morcelliana, 2015,

pp. 144-156; ID., Mons. Montini: Chiesa cattolica e scontri di civiltà nella prima metà del

Novecento, Bologna, Il Mulino, 2012.

163 C.CARDIA, Paolo VI il più grande Papa riformatore della modernità, in «Stato, Chiese e pluralismo confessionale» [in rete], 42, 2017, p. 3, DOI: https://doi.org/10.13130/1971-8543/9441.

deputato del Partito popolare di Sturzo, e soprattutto grazie a lui il giovane Montini respirò «una cultura politica nazionale, aperta sin dagli inizi agli orizzonti europei per il tramite della lingua e della cultura francese»164. Negli anni della prima guerra mondiale, trovandosi nell’anomala posizione di “seminarista esterno” a causa della salute cagionevole, Giovanni Battista seguì con grande partecipazione emotiva le vicende europee e gli sforzi di papa della Chiesa per fermare “l’inutile strage”165. Ignorava il giovane Montini che egli stesso sarebbe giunto al trono di Pietro, e con competenze in campo politico e diplomatico inusuali per un papa, maturate nel suo intenso percorso all’interno della Chiesa.

Tra il 1925 e il 1933 fu assistente ecclesiastico della Federazione universitaria cattolica italiana (FUCI)166, ramo di AC particolarmente attento alla sfera della politica. La FUCI in quegli anni visse il duro confronto con il regime fascista, «intrinsecamente anticristiano» secondo i valori religiosi e spirituali di Montini, e incompatibile con la sua adesione al modello democratico167. Dopo essersi provato come giornalista per «Studium» e «Azione fucina» Montini, che avrebbe desiderato svolgere il mestiere di storico, dal 1930 al 1937 insegnò storia diplomatica pontificia presso la Pontificia Università Lateranense168.

Sotto Pio XII, di cui fu intimo collaboratore e di cui raccolse sotto molti aspetti l’eredità spirituale, Montini iniziò un percorso che lo avrebbe portato a sviluppare una conoscenza estremamente minuziosa degli ambienti della Curia romana e dei meccanismi della Segreteria di Stato169. Dopo un breve soggiorno a Varsavia come nunzio apostolico (1923), entrò in Segreteria come minutante (1925), divenendo poi sostituto (1937), infine prosegretario per gli Affari ordinari (1952), sino alla sua controversa

164 Ibidem.

165 Sul tema si veda C.REPOSSI, “Questo immane suicidio dell’umanità”: Giovanni

Battista Montini e la prima guerra mondiale, in «Anuario de historia de la Iglesia», 23,

2014, pp. 111-135.

166 Sulla FUCI cfr. infra, n. 879, pp. 258-259.

167 Su questa fase della biografia montiniana e per una sua ampia contestualizzazione all’interno della storia dell’ACI e del cattolicesimo italiano si rinvia in particolare alle ottime analisi in F. DE GIORGI, Mons. Montini, cit., pp. 115-176 (da p. 136 si trae la citazione

nel corpo del testo); R.MORO, Azione cattolica, clero e laicato di fronte al fascismo, in

Storia del movimento cattolico in Italia. IV: I cattolici dal fascismo alla Resistenza, diretto

da F. Malgeri, Roma, Il Poligono, 1981, pp. 127-325.

168 Esperienza indagata in F.ALVAREZ ALONSO, Paolo VI e la Pontificia Università

Lateranense, in Giovanni XXIII e Paolo VI. I due Papi del Concilio, a cura di P. Chenaux,

Città del Vaticano, Lateran University Press, 2013, pp. 47-62. 169 Cfr. M.MUGNAINI, La diplomazia di Paolo VI, cit.

nomina ad arcivescovo di Milano (1954), avvenuta senza la promozione a cardinale, giunta solo nel 1958 con Giovanni XXIII170.

Montini era inviso a parte della componente più conservatrice della Curia «per la sua inclinazione ad un atteggiamento di dialogo con la cultura moderna, per i suoi orientamenti politici democratici e antiautoritari», radicatisi in lui durante le esperienze del fascismo e della seconda guerra mondiale; la sua «fama di prelato “liberale” [...] ne faceva un punto di riferimento per settori del cattolicesimo francese»171 e per quell’ala della DC impegnata nell’apertura a sinistra172, sebbene sia stato dimostrato, in particolare da Eliana Versace, che l’approccio montiniano al progetto di centrosinistra fosse distante dal “falso mito dell’arcivescovo progressista” diffuso dalla pubblicistica dell’epoca, e non di rado recepito dalla storiografia173.

In materia di relazioni internazionali, alcuni discorsi della seconda metà degli anni Cinquanta dell’arcivescovo Montini dimostrano come egli avesse colto la cruciale importanza dei sommovimenti politici in atto su scala globale, confermandosi un acuto e pragmatico osservatore della realtà politica174. In particolare l’alto prelato aveva intuito che fenomeni quali la creazione di nuovi Stati indipendenti a seguito del processo di

170 Le biografie di Montini, diverse delle quali coeve al suo pontificato, presentano un tasso variabile ma significativo di apologetica. In generale, forse anche in ragione del suo temperamento riservato, la sua figura ha suscitato nella pubblicistica e nella storiografia un interesse decisamente inferiore rispetto a quello destato da Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, entrambi dotati di personalità dal grande carisma mediatico. Negli ultimi decenni, tuttavia, e in particolare oggi, alla soglia della sua santificazione per decisione di papa Francesco, si registra una forte ripresa dell’attenzione della storiografia e del pubblico verso Montini, che da pontefice dovette gestire momenti cruciali e critici della storia della Chiesa contemporanea (come il concilio e la contestazione intra-ecclesiale sessantottina). Tra gli studi più recenti e di maggior rigore e spessore scientifico si indicano P.CHENAUX, Paolo

VI. Una biografia politica, Roma, Carocci, 2016 [Paris, 2015]; F. DE GIORGI, Paolo VI, cit.; X. TOSCANI (a cura di), Paolo VI, cit.; A.TORNIELLI, Paolo VI. L’audacia di un papa,

Milano, Mondadori, 2009.

171 A. RICCARDI, Da Giovanni XXIII a Paolo VI, in Chiesa e papato nel mondo

contemporaneo, a cura di G. Alberigo e A. Riccardi, Roma-Bari, Laterza, 1990, p. 223.

172 Nella corposa bibliografia esistente sulla DC e sui suoi complessi legami con la Chiesa in Italia si ci si limita qui a segnalare i puntuali A.GIOVAGNOLI, Il partito italiano.

La democrazia cristiana dal 1942 al 1994, Roma-Bari, Laterza, 1996; F.MALGERI (dir.),

Storia del movimento cattolico in Italia. V: L’età di de Gasperi e VI: I cattolici e la società italiana negli ultimi trent’anni, Roma, Il Poligono, 1981.

173 E.VERSACE, Montini e l’apertura a sinistra. Il falso mito del «vescovo progressista», Milano, Guerini e Associati, 2007. Per ulteriori problematizzate e sfumate disamine dell’atteggiamento di Montini verso il centrosinistra v. anche a F. DE GIORGI, Paolo VI, cit.,

pp. 274-310; A.TORNIELLI, Paolo VI, cit., pp. 228-277.

decolonizzazione, il sorgere del movimento dei non allineati, il progredire dell’integrazione dell’Europa occidentale stavano preparando uno scenario mondiale di tipo multipolare175.

Come sottolineato da Mugnaini, durante il suo pontificato Montini ebbe a confrontarsi con alcuni macro-processi storici di importanza centrale per gli equilibri della guerra fredda, come:

a) il nuovo livello degli armamenti presenti nell’arena internazionale, e in particolare il loro

cambiamento qualitativo; b) la détente nei rapporti Est-Ovest» [...]; c) il definitivo affermarsi della decolonizzazione e la contemporanea trasformazione del sistema internazionale, sottolineata anche dai cambiamenti allora avvenuti nel quadro della diplomazia multilaterale (si pensi alle novità del «sistema ONU»; d) il trasferimento strutturale delle logiche della guerra fredda nel Terzo Mondo [...]176.

Alla luce di questi elementi si intuiscono molti dei motivi profondi che sono dietro le numerose udienze concesse da Paolo VI a rappresentanti della scena politica internazionale fin nei suoi primi giorni sul trono di Pietro177. Nel complesso, come rilevato da Gianni La Bella, anche dal punto di vista storiografico Montini tende a essere «considerato “un papa politico”»178.

Rispetto all’oggetto di questa tesi assume particolare rilevanza il contegno tenuto dal pontefice verso John Fitzgerald Kennedy e verso Sithu U Thant, vale a dire i rappresentanti dei due unici “pesi massimi” del sistema internazionale ideologicamente accettabili per il Vaticano, gli USA e l’ONU.

175 A tal proposito emergono per rilevanza i suoi indirizzi all’Istituto per gli studi di politica internazionale di Milano, in speciePio XII e l’ordine internazionale, 4 giugno 1956,

in G.B. Montini (Arcivescovo di Milano), Discorsi e scritti milanesi (1954-1963), a cura di X. Toscani, prefazione di C.M. Martini, I: 1954-1957, Brescia, Istituto Paolo VI, 1997, pp. 798-818 e Il Concilio ecumenico nel quadro storico internazionale, 27 aprile 1962, ivi, III:

1961-1963, pp. 5077-5095. Cfr. anche i pronunciamenti in periodo natalizio, quale l’omelia Natale e gloria, 25 dicembre 1957, ivi, I, pp. 1884-1891.

176 M. MUGNAINI, La diplomazia di Paolo VI, cit., pp. 405-406. Sulle sfide della diplomazia montiniana si rinvia inoltre, fra gli altri, a G.LA BELLA, Paolo VI, cit., pp. 846-

887; PH. LEVILLAIN, Le róle du Saint-Siège dans les relations internationales sous le

pontificat de Paul VI, in Paul VI et la vie internationale, cit., pp. 27-36; A.DUPUY, Paul VI

et la diplomatie pontificale, in Paul VI et la modernité dans l’Église, Actes du Colloque

organisé par l’École française de Rome (Rome, 2-4 juin 1983) publiés avec le concours de l’Istituto Paolo VI de Brescia, Rome, École française de Rome, 1984, pp. 455-478.

177 Per seguire il calendario delle udienze papali uno strumento fondamentale è la rubrica “Nostre informazioni” de «L’Osservatore Romano», sebbene il suo incrocio con la documentazione d’archivio dimostri che gli elenchi in essa provvisti siano incompleti.

Il 2 luglio 1963 il papa ricevette la visita di Kennedy179, allora in viaggio in Europa. Durante quella che fu definita senza enfasi «una semplice tappa per l’incontro col papa»180, il presidente americano fu accolto in privata udienza assieme al suo assistente particolare, McGeorge Bundy, e al segretario di Stato Dean Rusk181. Nel pubblico discorso pronunciato per l’occasione, Paolo VI individuò «a spontaneous harmony» tra i valori e la politica internazionale degli USA e i principi alla base della Pacem in Terris182 e persino della stessa missione pontificia, aggiungendo: «We feel that the efforts of the United States will bear fruit and help to secure for all peoples of this troubled world that peace which will enable them to prosper and to enjoy the blessings which God intends for them»183. Il neoeletto pontefice pare qui integrare senza difficoltà il filoatlantismo di ferro del primo Pio XII nel magistero di pace e cooperazione internazionale di Giovanni XXIII. In realtà una simile posizione sembra costituire non solo un arretramento rispetto all’eredità di Roncalli, alla sua rottura di quel paradigma della guerra fredda che voleva gli interessi della Chiesa di Roma coincidenti con quelli dello schieramento atlantico184, ma

179 Kennedy (1917-1963) aveva vinto le elezioni presidenziali nel 1960. Sui rapporti fra gli Stati Uniti e la Santa Sede durante la sua amministrazione, nonché sulla «coincidenza delle tensioni ottimistiche e modernizzanti proprie sia al programma “New Frontier” che al secondo Concilio Vaticano», si rinvia a J.NICHOLSON, USA e Santa Sede, cit., pp. 48-53 (cit.

a p. 50). Per un profilo di Kennedy v., fra gli altri, B.LEAMING, Jack Kennedy: The Making

of a President, London, Orion, 2007 [2006].

180 A.MELLONI, L’altra Roma, cit., p. 203.

181 Cfr. S.E. e il Presidente degli Stati Uniti d’America, in «OR», 3 luglio 1963, p. 1. Sull’udienza v. J.NICHOLSON, USA e Santa Sede, cit., pp. 52-53;A.MELLONI, L’altra Roma,

cit., pp. 203-204. Bundy (1919-1996) era un esperto consigliere in materia di politica estera e di difesa; Rusk (1909-1994), riconfermato poi da Lyndon B. Johnson, svolse il ruolo di segretario di Stato dal 1961 al 1969. Sia Bundy sia Rusk avrebbero contribuito in maniera cruciale all’elaborazione della politica vietnamita di Johnson.

182 Cfr. GIOVANNI XXIII, Lettera enciclica Pacem in terris, 11 aprile 1963, in «AAS», 55, 1963, pp. 257-304.

183 Il discorso integrale in S.E. e il Presidente degli Stati Uniti d’America, in «OR», 3 luglio 1963, p. 1.

184 Sul filoatlantismo di Pio XII, che nell’ultima fase della sua vita evolvette su posizioni molto più sfumate, cfr. P.CHENAUX, L’eredità di Pio XII, in La nazione cattolica, cit., pp.

75-76; A. ACERBI, Chiesa e democrazia. Da Leone XIII al Vaticano II, Milano, Vita e

Pensiero, 1991, pp. 232-246. La visione politica di Giovanni XXIII e il suo insegnamento di pace alimentano un rigoglioso filone di studi; ci si limita qui a rinviare a L. MARTINI,

L’enciclica Pacem in terris, in Chiesa e guerra. Dalla «benedizione delle armi», cit., pp.

607-652; D.MENOZZI, Chiesa, pace e guerra, cit., pp. 265-271; A.MELLONI, L’altra Roma.

Politica e Santa Sede durante il Concilio Vaticano II (1959-1965), Bologna, il Mulino,

2000, pp. 178-185. Sull’influenza del filoatlantismo di Pacelli su Montini cfr. P.CHENAUX,

Paolo VI, cit., p. 91; F. DE GIORGI, Paolo VI, cit., p. 33. Sulla più complessa questione

anche rispetto alla visione maturata in Montini dalla seconda metà degli anni Quaranta, secondo la quale la Santa Sede si collocava «al di là dei blocchi» allo «scopo di consentire al papa di svolgere il suo ruolo di mediatore e arbitro nel contesto della […] guerra fredda»185.

E il sostegno montiniano alla politica estera statunitense desta altri dubbi e riserve. Non era un mistero che, ancora nel secondo dopoguerra, la politica americana nel cosiddetto Terzo Mondo si esplicasse attraverso aiuti economici o militari, come in Europa occidentale, ma anche per mezzo di interventi di tipo paramilitare, sino a casi di «essentially uncontested invasions»186. Con specifico riferimento a Kennedy, gli eventi cubani del 1961-1962 avevano in particolare chiarito la sua disponibilità ad esplorare tutte le vie, non solo quelle del dialogo, per togliere terreno agli avversari nel quadro del confronto bipolare. Difficile credere che un navigato diplomatico come Montini sottovalutasse simili elementi. Ignorava per caso le accuse agli Stati Uniti che si rincorrevano, soprattutto sulla pubblicistica internazionale di sinistra, in merito ad un loro ricorso a napalm e ad altre armi chimiche in Vietnam187? Nell’aprile del 1963 la tesi aveva trovato in Bertrand Russell, premio Nobel per la letteratura (1950), un’autorevole cassa di risonanza nel mondo intellettuale. Commentando la notizia in un’indignata lettera pubblicata su «The New York Times» e variamente ripresa dalla stampa europea, il noto filosofo e pacifista gallese non aveva esitato a parlare di atti di «barbarism» in stile nazifascista188, inserendo così

focalizza in un paragrafo del suo intervento J.-D.DURAND, La storiografia conciliare su

Paolo VI, in Giovanni XXIII e Paolo VI. I due Papi, cit., pp. 147-151.

185 Cfr. P.CHENAUX, Paolo VI, cit., p. 89. Non a caso Montini aveva accolto con favore il processo di unificazione europea. Sull’argomento v. F.CITTERIO, L.VACCARO (a cura di),

Montini e l’Europa, Brescia, Morcelliana, 2000 e il più ampio studio di P.CHENAUX, Le

Saint-Siège et la Communité Européenne (1965-1990), in La politica internazionale della Santa Sede, 1965-1990, cit., pp. 57-66.

186 Z.KARABELL, Architets of Intervention. The United States, the Third World and the

Cold War, 1946-1962, Baton Rouge, Louisiana State University Press, 1999, p. 12.

187 Cfr. fra gli altri «Forze speciali» U.S.A. agiscono nel Viet Nam, in «l’Unità», 5 gennaio 1962, p. 9; Vietnam del Sud: gas venefici USA contro i civili, ivi, 10 marzo 1963, p. 14.

188 Datata 28 marzo 1963, la lettera fu pubblicata l’8 aprile successivo sotto il titolo

Vietnam Policy Protested. In Italia ne scrisse, fra gli altri, il foglio del Partito comunista

italiano (PCI) in A nudo i crimini USA nel Vietnam e E.SARZI AMADÈ, La guerra continua

nel Vietnam del Sud, entrambi in «l’Unità», rispettivamente 11 aprile 1963, p. 11 e 20 luglio

1963, p. 3. In Francia la lettera comparve integralmente tradotta come prefazione a H. DEANE, La guerre au Vietnam, in «Les Temps Modernes», novembre 1963, pp. 934-959. Come noto, Russell (1872-1970) sarebbe divenuto uno dei principali oppositori alla guerra americana in Vietnam. Il suo nome resta legato al tribunale d’opinione internazionale da lui fondato assieme a Sartre nel novembre 1966 per esprimersi sui crimini di guerra americani

la denuncia sul Vietnam nel più ampio dibattito internazionale che, a partire dalla Grande guerra, rifletteva sul fenomeno bellico come contrapposto al concetto di civiltà189, argomento molto sentito sin da giovane da Montini190. Se i reati di cui si accusavano gli USA in Vietnam fossero stati dimostrati – come poi avvenne, in parte per stessa ammissione americana191 –, Washington si sarebbe macchiata di atti di guerra ABC, una tipologia di conflitto deplorata dalla Chiesa sin dagli anni Cinquanta192, e per di più senza aver dichiarato ufficialmente guerra, violando così altre norme del diritto bellico internazionale193. Sembra più che lecito supporre che Paolo VI fosse consapevole del grado di controversia presente nella politica estera statunitense; probabilmente era anche a conoscenza delle voci sull’impiego delle armi chimiche in Vietnam, sebbene una simile ipotesi non escluda che egli eventualmente nutrisse perplessità sulla veridicità di tali notizie, divulgate principalmente dalla stampa socialista e comunista.

Alla luce del complesso quadro appena illustrato, viene dunque da interrogarsi sui motivi che spinsero Paolo VI a un così caloroso pubblico endorsement alla politica estera americana. Ai toni positivi usati da Montini nel discorso a JFK non dovevano essere del tutto estranee né l’ammirazione nutrita sin da giovane verso gli «esempi di giustizia religiosamente ispirata» presenti nella storia politica degli Stati Uniti194 né un sentimento di fiducia nei confronti di Kennedy, primo presidente cattolico degli USA,

in Vietnam. Sulla figura di Russell e sul suo impegno per il Vietnam v. R.W. CLARK,

Bertrand Russell and His World, London, Thames and Hudson, 1981.

189 Cfr. fra gli altri A.LEPRE, Guerra e pace, cit., pp. 97-100 e pp. 219-221.

190 L’evoluzione del pensiero di Montini su tale argomento è il filo conduttore del volume F.DE GIORGI, Mons. Montini, cit.