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Una guerra di religione? La Chiesa cattolica e la “crisi buddista”, fra separatismo e anticomunismo (1963)

I.7. Le ombre del controverso mons Thuc sul concilio.

Ma la posizione degli Ngo si era ormai irrigidita. Il 10 settembre 1963, dopo esser stato messo a parte da Lodge di un suo colloquio con Diem, D’Orlandi scrisse:

Mi pare di capire che il dado è tratto. […] mi sembra che il presidente non si renda conto dell’estrema gravità della situazione. Le trattative con Ngo Dinh Nhu si sono arenate perché anche lui sembra rendersi poco conto dell’estrema urgenza di sacrificarsi onde salvare il salvabile della famiglia e del regime. Mi sembra pertanto che non vi sia altra soluzione che un rovesciamento del regime a opera degli stessi vietnamiti. Operazione non semplice e gravida di rischi. Essa si è rivelata agli americani indispensabile e indifferibile. Gli Stati Uniti hanno cercato in ogni modo una soluzione pacifica e conciliativa350.

L’unico punto del “progetto tripartito” che si riuscì a realizzare fu quello concernente Thuc.

L’ambivalente e tumultuoso rapporto tra l’arcivescovo e la Santa Sede durante la “crisi buddista” non ha sinora ha attirato l’attenzione della

346 Ibidem. 347 Ivi, p. 198.

348 Cfr. ivi, settembre 1963, passim. 349 M.SICA, Marigold non fiorì, cit., p. 45. 350 GDO, Dv, 10 settembre 1963, p. 203.

storiografia, ma presenta diversi piani d’interesse dal punto di vista della storia della Chiesa. In special modo, si ritiene che l’inedita ricostruzione storica del “caso Thuc” che si va a proporre, sebbene lacunosa, abbia il pregio di testimoniare che l’azione della Santa Sede per il Vietnam si esercitò non solo nel campo spirituale, tramite i pubblici discorsi e appelli, e in quello della diplomazia classica ma anche, seppur in maniera complessivamente meno rilevante, in quello degli equilibri gerarchici intraecclesiali. Su un piano generale, il “caso Thuc” palesa la profonda interconnessione esistente nell’azione pontificia fra queste dimensioni e arricchisce di nuova complessità, e quindi di nuovi quesiti storiografici, l’esame della posizione e dell’impegno del Vaticano rispetto alla “crisi buddista”. Dal punto di vista più specificamente intraecclesiale, pur tenendo presente l’assoluta e incomparabile singolarità delle dinamiche relazionali tra il papato e l’arcivescovo di Hue, nello svolgersi del “caso Thuc” si ravvisano in controluce alcune delle criticità caratteristiche del rapporto tra pontefice ed episcopato, e tra episcopato e Curia, allora al centro di un intenso dibattito conciliare, alla cui radice si situava il problema della «distribuzione dell’autorità nella Chiesa»351.

Come illustrato nel paragrafo precedente, le discussioni tra Lodge, Asta e D’Orlandi sul destino di Thuc avevano attivato da parte vaticana un meccanismo di protezione da qualsiasi ingerenza politica. Allo stesso tempo, però, l’autonomia d’iniziativa dimostrata da Thuc, il suo mescolare pastorale familismo e politica, la sua feudale gestione dell’arcidiocesi di Hue avevano prodotto dei richiami all’ordine da parte della Santa Sede.

La pubblica convergenza e la privata collaborazione fra la Chiesa di Roma e Binh, l’arcivescovo di Saigon, dei mesi precedenti sembrano essere intese anche neutralizzare gli sconvenienti comportamenti del potente e “rumoroso” arcivescovo di Hue. L’opaca condotta del monsignore era nota alla delegazione apostolica di Saigon, si è visto, ben prima della “crisi buddista”, ma quest’ultima aveva reso la questione di dominio internazionale, e aggravato gli atteggiamenti controversi del prelato. Thuc avrebbe allora persino preso provvedimenti contro dei domenicani operanti nella regione di Hue contestatari del regime di Diem, il quale a sua volta avrebbe badato che i religiosi fossero puniti. L’informazione, inedita a livello storiografico, è stata fornita a chi scrive dal giornalista cattolico Aimé Savard352. Se confermata da ulteriori riscontri, condurrebbe a

351 J.W.O’MALLEY, Che cosa è successo, cit., p. 12.

352 Savard (1937-) faceva allora parte della redazione di «Informations Catholiques Internationales», rivista bimestrale di informazione religiosa; in seguito sarebbe diventato

grand reporter del settimanale d’attualità d’ispirazione cristiana «La Vie». Come dichiarato

ipotizzare che di una simile grave situazione il Vaticano non potesse non essere a conoscenza. Savard ha dichiarato che, nel corso di un viaggio compiuto in Vietnam nel 1986 per un reportage, «j’avais rencontré […] plusieurs prêtres, notamment des dominicains qui s’étaient opposé au régime Diem»353, i quali

avaient été sanctionnés par le pouvoir et aussi par la hiérarchie catholique alors contrôlée par Mgr Ngo Dinh Thuc […]. A l’époque, des chrétiens vietnamiens qui protestaient contre les atteintes aux droits de l’homme étaient très vite accusés d’être des communistes déguisés voire des agents du Nord-Vietnam, alors qu’ils ne faisaient que suivre la doctrine sociale de l’Eglise ou, tout simplement, l’Evangile. Certes, il y a eu au sud quelques prêtres qui ont soutenu le Vietcong, mais ils étaient très peu nombreux354.

Per placare le acque e per salvare la vita di Thuc, con grande impellenza la Santa Sede dovette ingiungere all’arcivescovo di lasciare la RV per recarsi a Roma, il che avvenne il 5 settembre 1963, con una rapidità inaspettata persino per D’Orlandi355. Lodge ebbe in seguito a confermare a John A. Mc Cone, direttore della CIA356, che «Bishop Thuc was out of Saigon under orders of the Papal delegate»357.

Il prelato sbarcò dunque nella capitale italiana nella prima settimana di settembre, con largo anticipo sull’inizio della seconda sessione conciliare, calendarizzata per il 29 del mese, e sull’arrivo degli altri padri suoi connazionali. La mossa vaticana dell’esilio di Thuc, concepita per tutelare tanto la sua incolumità quanto l’immagine della Chiesa, rischiò presto di ritorcersi contro la Santa Sede, proprio come nel caso di Xuan, sui cui propositi di “vacanze romane” si tornerà più avanti. Anche dalla capitale della Chiesa universale, allora sotto i riflettori mondiali grazie all’ampio e trasversale interesse suscitato dal Vaticano II, l’arcivescovo di Hue continuò infatti a far opera di propaganda filodiemista, non mancando di sollevare le reazioni della stampa internazionale.

L’8 settembre 1963 ad esempio, sulla prima pagina de «l’Unità», comparve un impietoso ritratto del religioso, ricostruito mettendo insieme

cette interview» a Thuc «était tout à fait occasionnelle». Le informazioni biografiche riportate sono state fornite da Savard. Cfr. A.SAVARD, E-mail all’autrice, 21 febbraio 2018.

353 Ibidem.

354 A.SAVARD, E-mail all’autrice, 11 marzo 2018. 355 Cfr. GDO, Dv, 5 settembre 1963, p. 198.

356 McCone (1902-1991), politico e uomo d’affari, guidò l’intelligence americana dal 1961 al 1965.

357 Al che McCone si sarebbe mostrato titubante dinanzi alla possibilità che «the Papal delegate can order a Bishop out of a country», a riprova della diffusa scarsa dimestichezza dei vertici americani con il peculiare sistema vaticano. MemRec, John McCone re: South

una sua intervista al quotidiano romano «Il Tempo» e stralci di articoli tratti da altre testate italiane358. La figura che ne emergeva era quella di un fanatico del cattolicesimo e dell’anticomunismo, di un ministro della Chiesa e uomo di regime con le mani lorde di sangue, che ciononostante «è venuto a Roma [...] per partecipare al Concilio Ecumenico, vive in una casa religiosa, sarà ricevuto in Vaticano. Non è stato sospeso a divinis, nè [sic] scomunicato»359. Qualche giorno dopo, l’emittente radiotelevisiva statunitense Voice of America diffuse la notizia «secondo la quale il Santo Padre avrebbe annullato l’udienza concessa a […] Thuc»360. Come si vedrà, l’episodio venne confermato, a suo modo, dallo stesso arcivescovo. Esso indica senza dubbio la cornice entro la quale cercare le ragioni della sua frettolosa partenza da Roma dell’11 settembre, a neanche una settimana dal suo arrivo in Italia, e spiegherebbe la reazione avuta dinanzi alle domande dei giornalisti occorsi in aeroporto (era davvero divenuto un caso mediatico, il monsignore), alle quali si rifiutò di rispondere perché privo, così disse, di un’«autorisation de la Secrétairie d’État»361.

Thuc non costituiva l’unico problema urgente della Santa Sede in materia di Vietnam del Sud in quelle settimane. Stando a una nota diaristica di D’Orlandi del 19 settembre 1963, Asta e il Vaticano si trovarono infatti a operare contro un piano della CIA inteso a manipolare i rifugiati cattolici nordvietnamiti contro Diem, al fine di facilitarne la caduta. Ecco come l’ambasciatore italiano descrisse questo scenario:

358 Cfr. Il profilo di un arcivescovo, in «l’Unità», 8 settembre 1963, p. 1.

359 Ibidem. Thuc non sarebbe stato scomunicato allora, ma nei decenni successivi, per due volte, per ragioni estranee alla “crisi buddista”. Negli anni Settanta, Thuc avrebbe ordinato in Spagna alcuni vescovi senza l’autorizzazione della Santa Sede; negli anni Ottanta si sarebbe avvicinato alla corrente tradizionalista del sedevacantismo, rifiutando le riforme conciliari. Dopo ogni scomunica, Thuc sarebbe comunque stato riammesso in seno alla Chiesa. L’unica monografia su Thuc disponibile in una lingua occidentale, priva di rigore scientifico, è l’apologetico volume di O. SCHMITT, Ein würdiger Verwalter im

Weinberg unseres Herrn Jesus Christus: Bischof Pierre Martin Ngo-dinh-Thuc,

Norderstedt, Books on Demand, 2006, che arriva in maniera infondata a sostenere il consenso di Paolo VI agli USA per l’omicidio dei due fratelli Ngo (a p. 17, riferendosi agli Stati Uniti e al loro aiuto a Diem contro il FNL, Schmitt scrive che «jedoch waren deren Absichten […] nicht lauter und dem vietnamesischen Volk wenig zum Nutzen, denn iher Geheimdienst CIA ließ – unter Zustimmung des „Papstes” Paul VI – Ngô-dinh-Diêm 1963 ermorden»).

360 GDO, Dv, 11 settembre 1963, p. 204. Cfr. anche USA e Diem preoccupati per i

successi partigiani, in «l’Unità», 13 settembre 1963, p. 12; A.SAVARD, Mgr Thuc a l’esprit

de famille, in «Tc», 19 septembre 1963, pp. 14-15.

361 A.SAVARD, Mgr Thuc a l’esprit de famille, in «Tc», 19 septembre 1963, p. 14. Cfr. anche Il fratello di Diem, in «La Stampa», 12 settembre 1963, p. 14.

I dissensi pro e anti colpo di Stato si sono acuiti in questi ultimi giorni in seno alla Cia, che però continua a svolgere i suoi preparativi in favore del piano.

Adesso da parte della Cia si tenta di istigare quei cattolici del Nord che si sono rifugiati in Sud Viet Nam nel ‘55-‘56 [...].

A questo punto ci vengono rivelate nuove manovre della Cia per utilizzare i cattolici. Punto di partenza Hué, dove è stato messo in circolazione un volantino a cura del clandestino Comitato d’aiuto ai buddisti. […] Il volantino riporta il testo di una lettera scritta da due membri di una nota scuola cattolica di Hué, patrocinata da monsignor Thuc. È una lettera contro il governo accusato di aver ucciso quarantacinque dimostranti il 21 agosto a Hué. […] Degno di nota il mutamento nella posizione della Chiesa cattolica. Questa che ai primi di maggio sedeva con il regime sul banco degli accusati, a tre mesi di distanza è addirittura accusata di attività sovversiva. L’azione del Vaticano e della sua rappresentanza nel Viet Nam è stata di un’eccezionale abilità e ha così evitato che siano i cattolici vietnamiti a fare le spese dell'immancabile reazione contro il regime362.

Se le notizie riportate fossero accertate in sede scientifica, si aprirebbe una pista storiografica dagli sviluppi interessanti all’interno della storia delle complesse e ambivalenti relazioni fra Stati Uniti e Chiesa cattolica in Vietnam363.

Nelle stesse ore in cui D’Orlandi a Saigon vergava queste pagine, Thuc a Parigi ritrovava l’audacia, nel palese tentativo di contrastare l’impressione che il suo misterioso, sospetto allontanamento da Roma, reso pubblico dai media, apparisse connesso alla cancellata udienza papale e a delle tensioni con Paolo VI, verso il quale però non celò un acuto malanimo.

Intervistato da Aimé Savard per «Témoignage chrétien», con patente insolenza il prelato presentò il proprio silenzio stampa all’aeroporto romano nei termini di una personale forma di «courteoisie» che gli impediva «de parler sur un territoire qui n’est pas le sien, sans

362 GDO, Dv, 19 settembre 1963, pp. 211-212 [il corsivo è mio].

363 Non risultano indicazioni in questo senso nel volume parzialmente declassificato di T.L.AHERN JR., The House of Ngo. Covert Action in South Vietnam, 1954-63 (U), 2000,

approved for release in 2009, Center for the Study of Intelligence, disponibile all’URL: https://nsarchive2.gwu.edu/NSAEBB/NSAEBB284/2-

CIA_AND_THE_HOUSE_OF_NGO.pdf. Si tenga presente che non sempre i vertici americani erano informati o avevano il completo controllo sulle azioni dei loro agenti all’estero. In diversi travagliati teatri della guerra fredda, gruppi di forze statunitensi, appartenenti soprattutto al dipartimento della Difesa, alla CIA o all’esercito, riuscirono talvolta in quei decenni a ritagliarsi spazi di relativa autonomia, mettendo in atto strategie non autorizzate da Washington o persino opposte a quelle governative. Cfr.T.WEINER,

Legacy of Ashes. The History of the CIA, London, Penguin, 2001 [New York, 2007]. Indizi

in questo senso, ma da sottoporre a verifica, sono presenti in opere dell’epoca come N. MINUZZO, Quando arrivano i colonnelli. Rapporto dalla Grecia, Milano, Bompiani, 1970,

l’autorisation de l’autorité religieuse locale»364– un’affermazione da insubordinato, una provocazione nei confronti della Segreteria di Stato e dell’autorità vaticana. Thuc si diffuse con Savard in un’oscura spiegazione dei repentini, bizzarri spostamenti effettuati in quei giorni. Dichiarò di essersi inizialmente recato a New York per incontrare Spellman («noto per aver sempre sostenuto posizioni oltranziste nei vari paesi asiatici», secondo l’«l’Unità»)365, ma evitò di esplicitare i motivi della visita. È possibile che Thuc volesse ottenere il supporto dell’influente Spellman negli attriti in corso con Paolo VI, come Nhu aveva cercato di schierare Asta e la Santa Sede al suo fianco per imporsi nelle trattative con gli Stati Uniti. Si è detto in precedenza che l’arcivescovo di New York non solo ricopriva un ruolo di primo piano all’interno della Chiesa cattolica, ma rappresentava il più importante nesso fra Santa Sede, governo sudvietnamita e Stati Uniti. Lo stesso Thuc ammise a Savard di non aver avuto modo, per imprecisate ragioni, di incontrare Spellman; dopo un colloquio con il suo ausiliare, aveva quindi deciso di partire la sera stessa per rientrare a Roma facendo tappa da Parigi e da Lovanio (alla ricerca forse di altri influenti simpatizzanti alla sua causa?).

Certo i suoi viaggi costituivano un «comportement, inhabituel pour un archévêque» che, scriveva allora Savard, «avait surpris et irrité beaucoup de personnes au Vatican». Raggiunto via e-mail da chi scrive nel febbraio 2018, a tal proposito il giornalista francese non è stato in grado di indicare le fonti alla radice di questa sua affermazione, ma ne ha confermato il contenuto dichiarando: «Jee [sic] me souviens que Mgr Ngo Dinh Thuc […] était un archevêque très politique, ce qui déplaisait beaucoup au Vatican où l’on voulait garder ses distances à l’égard du dictateur sud-vietnamien», ma anche «de la politique américaine»366. In assenza di fonti che permettano di verificare e meglio circostanziare le affermazioni di Savard, la sua testimonianza, posteriore di 55 anni ai fatti, deve essere accolta con le dovute precauzioni metodologiche. Si può tuttavia rilevare che essa coincide con il tenore delle altre fonti citate sull’argomento; che ogni particolare della ricostruzione storica proposta in questo capitolo sostiene l’ipotesi di una volontà di Paolo VI di prendere le distanze da Thuc; che tale interpretazione risulta la più plausibile storicamente, dato

364 A.SAVARD, Mgr Thuc a l’esprit de famille, in «Tc», 19 septembre 1963, pp. 14-15, dal quale, quando non diversamente indicato, sono da considerarsi tratte le informazioni e le citazioni relative all’intervista presenti in questo paragrafo.

365 USA e Diem preoccupati per i successi partigiani, in «l’Unità», 13 settembre 1963, p. 12.

l’accento profetico e pastorale posto sulla Chiesa da Paolo VI nel discorso pubblico nel delicato tornante storico del concilio.

Tornando all’intervista di Savard a Thuc, interrogato sull’udienza annullata, il fratello di Diem minimizzò la portata dell’evento, commentando con mordace leziosità: «Je ne veux pas, moi, petit archévêque, déranger le pape alors qu’il est très occupé et préoccupé par la préparation du Concile. S’il veut me voir, il peut me convoquer. D’ailleurs le cardinal Cicognani m’a dit que Paul VI me recevrait le 20»367. Savard notava che al disappunto di Thuc verso il papa doveva aver contribuito il fatto che Paolo VI ai primi di settembre avesse invece trovato il tempo per ricevere un gruppo di professori cattolici tedeschi espulsi dalla RV per aver contestato la versione del regime sugli incidenti di Hue dell’8 maggio, recando prove delle violenze subite dai manifestanti368.

L’animosità di Thuc contro il pontefice ruppe gli argini quand’egli apertamente difese la censura del discorso di Paolo VI ai vietnamiti del 30 agosto 1963 sulla stampa sudvietnamita. L’arcivescovo asserì a questo proposito di trovare inaudito che, contravvenendo alla prassi, né i vertici politici né quelli episcopali della RV avessero ricevuto anticipatamente una copia del messaggio papale: «Sa Sainteté a pris sur lui de s’adresser au

367 A.SAVARD, Mgr Thuc a l’esprit de famille, in «Tc», 19 septembre 1963, p. 14 [il corsivo è mio]. Il cardinale Amleto Giovanni Cicognani (1883-1973) svolse l’incarico di delegato apostolico negli Stati Uniti per venticinque anni (1933-1958), poi di segretario di Stato vaticano (1961-1969).

368 Ibidem. Si trattava forse dell’udienza del 4 settembre a «un gruppo di autorità scolastiche di Friburgo», alla quale fa cenno «L’Osservatore Romano» (Il Santo Padre

spiega ai numerosi fedeli la dignità e le necessarie virtù del cristiano, in «OR», 5 settembre

1963, p. 1). Ciò sostanzierebbe l’ipotesi, che qui si intende presentare, che i professori ricevuti da Paolo VI vadano individuati nella squadra accademica di medici dell’Università di Friburgo allora in servizio presso la facoltà di medicina di Hue, di cui faceva parte l’eminente psichiatra Erich Wulff. Quest’ultimo infatti nell’agosto del 1963 aveva denunciato la condotta brutale delle forze di Diem durante i famosi incidenti del maggio, dei quali era stato testimone assieme ai medici della sua squadra, venendo poco tempo dopo espulso dalla RV sotto l’accusa di istigazione antigovernativa. Sulle denunce di Wulff cfr. A. VIGNA, Gli stoici suicidi dei monaci buddisti che si lasciano bruciare cosparsi di

benzina, in «La Stampa», 21-22 agosto 1963, p. 5; Una famiglia «cattolica», in «l’Unità»,

25 agosto 1963, p. 3; Il profilo di un arcivescovo, in «l’Unità», 8 settembre 1963, p. 1. Sulla sua espulsione dal Vietnam del Sud cfr. The Buddhist Revolt, in U.S. Congress,

Congressional Record: Proceedings and Debates of the Congress, vol. 109, part 12,

Washington, U.S. Government Printing Office, 1963, p. 16778. Wulff (1926-2010) fu all’università di Hue dal 1961 al 1967. Negli anni del coinvolgimento militare americano in Vietnam, ne sarebbe divenuto uno strenuo oppositore. Cfr. H.-M.LOHMNANN, Psychiater

Erich Wulff gestorben. Er öffnete die Psychiatrie, in «Frankfurter Rundschau» [on line], 3

Februar 2010, URL: www.fr.de/kultur/musik/psychiater-erich-wulff-gestorben-er-oeffnete- die-psychiatrie-a-1053633.

peuple vietnamien sans passer par les autorités. Aucun chef de gouvernement fait cela. Sa Sainteté a introduit ainsi une méthode de diplomatie révolutionnaire. Il est très impulsif». Thuc aveva quindi scelto le pagine di uno dei più autorevoli periodici francesi d’ispirazione cattolica per equiparare Paolo VI a un’“autorité religieuse locale” e a un qualsiasi “chef de gouvernement”, osservazioni sprezzanti che, se prese sul serio, avrebbero denotato due deviazioni dall’ortodossia di eccezionale gravità: per un verso, la contestazione del primato del papa all’interno della Chiesa; per l’altro, il mancato riconoscimento della peculiare natura trascendente che orientava le relazioni diplomatiche del pontefice con il mondo. A chi poi avesse anche solo una vaga idea della personalità riflessiva di Montini, la scelta dell’aggettivo “impulsif” dovette far sorridere.

La Santa Sede rispose agli attacchi di Thuc con i pacati e prudenti modi che le sono propri. Innanzitutto, il 20 settembre 1963 non ebbe luogo alcun incontro tra Thuc e il pontefice. Quel giorno però i lettori de «L’Osservatore Romano» furono messi a parte di una lettera indirizzata a fine agosto da Paolo VI a mons. Binh369, i cui contenuti appaiono eloquenti, al pari della data scelta per la sua pubblicazione. Oltre a replicare gli accenti angustiati del messaggio ai vietnamiti del 30 agosto 1963, con la lettera all’arcivescovo di Saigon Paolo VI aveva allora manifestato soddisfazione per la posizione «al di sopra dei conflitti di ordine politico» adottata dalla Chiesa vietnamita, come consono alla «sua missione»370, e sollecitato la comunità cattolica della RV alla promozione di «ogni tentativo di conciliazione, richiamando l’attenzione dei governanti e dei sudditi sul valore e l’efficacia dei principi della giustizia e della carità