Una guerra di religione? La Chiesa cattolica e la “crisi buddista”, fra separatismo e anticomunismo (1963)
I.8. La GIAC e i dilemmi dell’Occidente cristiano.
Nell’autunno inoltrato del 1963 il regime Diem si trovava dunque sull’orlo del collasso. Lo scenario politico del Vietnam del Sud era tarlato da cospirazioni di militari e da lotte intestine tra fazioni e personaggi per lo più impresentabili, almeno secondo gli standard democratici occidentali.
398 Dichiarazione dei Vescovi del Vietnam sulla situazione nel loro Paese, in «OR», 26 settembre 1963, p. 2.
399 F.PUCCI, Il fratello del presidente del Vietnam chiede la presenza dei buddisti al
Concilio, in «La Stampa», 1-2 ottobre 1963, p. 3.
400 P.POSWICK, Un journal du Concile. Vatican II vu par un diplomat belge, édité par R.-F. Poswick et Y. Juste, Paris, François-Xavier de Guibert, 2005, 30 septembre 1963, p. 309. Il barone Poswick (1906-1992) svolse l’incarico in Vaticano dal 1957 al 1968.
401 Cfr. supra, p. 126. 402 Cfr. infra, p. 178.
Nonostante il fallimento dei progetti per espatriare Nhu e per spingere Diem a una normalizzazione democratica del Paese, parrebbe che la collaborazione con la Santa Sede continuasse a interessare gli Stati Uniti.
Il 30 settembre, durante una sua breve missione a Saigon, un personaggio di primo piano come il ministro della Difesa americano Robert S. McNamara richiese ad Asta un incontro perché desideroso di «conoscere il suo pensiero sulla situazione presente» 403. È inoltre una possibilità che la questione vietnamita fosse tra i temi discussi privatamente in quei giorni da Paolo VI nei suoi colloqui con mons. Edward E. Swanstrom, ausiliare di Spellman404, con lo stesso arcivescovo di New York e con mons. Vagnozzi, delegato apostolico negli USA, ricevuto dal pontefice appena due mesi prima 405. Almeno per ciò che riguarda i prelati, bisogna tuttavia ricordare che sino alla chiusura del Vaticano II le udienze papali accordate ai padri presenti a Roma furono numerosissime e dovettero avere nella maggior parte dei casi come argomento d’elezione lo svolgimento dei lavori conciliari; in assenza di fonti più precise a riguardo, un collegamento tra quelle udienze e il Vietnam resta dunque fortemente incerto.
Nel frattempo, in Italia, «Gioventù», organo di stampa della GIAC, si occupava per la prima volta estesamente dell’attualità vietnamita406. Che la
403 GDO, Dv, 30 settembre 1963, p. 222. McNamara (1916-2009), nominato da Kennedy nel 1961, ricoprì l’incarico sino al 1968.
404 Swanstrom (1903-1985) fu ausiliare di Spellman e dei suoi successori dal 1960 sino alla morte. Prese parte alle sessioni del concilio Vaticano II.
405 Per le udienze cfr. «OR» del 1963, rispettivamente: 23-24 settembre, p. 1; 27 settembre, p. 1; 5 ottobre 1963, p. 1. Per la prima udienza a Vagnozzi, cfr. supra, p. 91.
406 Derivata dalla Società della Gioventù cattolica italiana (SGCI), associazione di laici fondata nel 1867 e dedita a scopi formativo-religiosi che, forte dell’approvazione papale, avrebbe costituito il primo nucleo dell’Azione cattolica, la GIAC (ramo giovanile maschile dell’ACI) assunse la propria denominazione nel 1931. In quell’anno, grazie agli accordi del settembre fra la Santa Sede e il regime fascista, il movimento riuscì a sopravvivere all’iniziale scioglimento dei circoli giovanili di AC deciso da Mussolini, ma contraendo l’impegno a non occuparsi di politica. In età repubblicana la GIAC si distinse invece per il grande contributo dato al panorama politico italiano, divenendo assieme alla FUCI uno dei principali vivai dei quadri della DC. A livello organizzativo, la GIAC dei primi anni Sessanta si presenta divisa in tre fasce d’età (“Aspiranti”, sino ai 14 anni; “Juniores”, 14-18; “Seniores”, 19-30); inoltre, su ispirazione dei movimenti francesi di Action catholique
spécialisée, proprio nei primi anni Sessanta vennero creati nella GIAC degli uffici specifici
per i diversi milieux socio-professionali (Rurali, Studenti, Lavoratori, Professionisti), mentre venne bocciata l’idea di abbandonare l’impianto unitario dell’associazione in favore di singoli movimenti specializzati e indipendenti, uniti solo dall’appartenenza all’ACI. Nel 1963 alla presidenza della GIAC si trovava Silvio Betocchi, sostituito nel 1964 da Paolo De Sandre, che vi restò fino al 1967. Tra gli studi di carattere generale più approfonditi e rigorosi sulla GIAC si segnalano R.P.VIOLI, L’Azione cattolica nel secondo dopoguerra, in
GIAC fosse a quel punto persuasa della gravità della “crisi buddista” è evidente dalla statua di Budda che, sulla prima pagina del numero del 29 settembre 1963, simbolicamente infranta da un mitra era accompagnata dall’eloquente titolo: «nel vietnam: il mitra non converte nessuno» (Fig. 4).
Fig. 4. «Gioventù», 29 settembre 1963, p. 1.
All’interno, un articolo di quattro pagine di Mario Ticconi approfondiva la situazione della RV e dell’intero Vietnam, corredato da foto della
e Democrazia cristiana, ivi, pp. 104-183. Sulla GIAC e su «Gioventù» negli anni
Cinquanta-Sessanta si segnala in particolare G.CAMPANINI, Gioventù cattolica e la “svolta”
conciliare. «Gioventù», 1957-1966, Roma, AVE, 2014, che a pp. 5-31 presenta un’ottima e
altamente informativa premessa di carattere storico e storiografico, alla quale si è qui attinto per la descrizione dell’organizzazione del movimento agli inizi degli anni Sessanta. Per un’introduzione generale all’ACI, la cui storia complessiva (a livello nazionale e locale) è da decenni oggetto di un nutrito filone di studi, spesso opera di ex militanti, ci si limita qui a indicare E.PREZIOSI, Piccola storia di una grande associazione. L’Azione cattolica in Italia,
Roma, AVE, 2013 e i numerosi contributi di Mario Casella elencati nella bibliografia generale della tesi.
contestazione buddista nel Sud e da citazioni del messaggio di Paolo VI ai vietnamiti del 30 agosto precedente407. Ticconi aveva da poco firmato un altro pezzo sulla questione della pace nel mondo, focalizzato principalmente sul problema dell’atomica408; più in generale, la collezione di «Gioventù» del 1963 rivela un significativo interesse della GIAC verso l’attualità internazionale, in specie verso argomenti quali il razzismo negli Stati Uniti o le condizioni socio-economiche dell’Africa, ma soprattutto per il tema più ampio della pace nel mondo. Nel menzionato articolo sul Vietnam, Ticconi sollecitava esplicitamente i giovani di Azione cattolica a sviluppare «un senso ecumenico delle sorti del mondo»409, in linea con il magistero roncalliano della Mater et magistra e della Pacem in terris e con l’esempio dato allora dallo stesso Vaticano II, il primo concilio a partecipazione realmente ecumenica410.
Lo spoglio della stampa della GIAC dei primi anni Sessanta attesta la favorevole accoglienza riservata dall’associazione, e comune all’intera ACI e a vasti settori del laicato italiano411, agli insegnamenti di Giovanni XXIII sulla dimensione globale assunta dai maggiori problemi umani e sulla partecipazione responsabile e attiva di ogni cristiano alla costruzione di un ordine mondiale pacifico in vista del bene comune412, manifestando in ciò una forte affinità, fra le pubblicazioni qui esaminate, con «Tc».
A tale pronta ricettività della GIAC avevano contribuito diversi fattori di più antica radice. Una speciale attenzione verso il tema della pace era maturata nell’associazione all’indomani dell’esperienza della seconda guerra mondiale413, che tanti giovani cattolici aveva tragicamente coinvolto in qualità di soldati o di semplici civili. L’ampliamento degli orizzonti
407 Cfr. M.TICCONI, Nel Vietnam il mitra non converte nessuno, in «Gioventù», 29 settembre 1963, pp. 5-7 e p. 24.
408 M.TICCONI, Pace anno zero?, in «Gioventù-operai», 1° settembre 1963, pp. 5-13. Gli articoli inerenti a importanti temi di interesse generale quale quello della pace tendevano a essere pubblicati, al più con lievi modifiche e tempistiche differenti, sia sulla versione “generalista” della rivista sia sulle sue edizioni specialistiche (rurali, operai/lavoratori, studenti, professionisti).
409 M.TICCONI, Nel Vietnam il mitra non converte nessuno, in «Gioventù», 29 settembre 1963, p. 24.
410 Si ricorda che le premesse per «il superamento dell’identificazione del cattolicesimo con la sola cultura euro-atlantica» furono poste da Pio XII, con la sua affermazione della «necessità di una internazionalizzazione del collegio cardinalizio»; un processo che con Paolo VI conobbe un impulso senza precedenti. G.ALBERIGO, Le concezioni della Chiesa e i
mutamenti, cit., p. 101.
411 V. in proposito L.TOSI, Il Terzo mondo, cit., pp. 492-494.
412 Cfr. ad esempio L. DI GIANNICOLA, Lettera aperta agli uomini di buona volontà, in «Gioventù-operai», 5 maggio 1963, pp. 6-10.
geografici della GIAC doveva verosimilmente molto ai contatti da essa stabiliti a partire dal 1948 con altri movimenti cattolici giovanili stranieri, culminati nella sua partecipazione a organismi internazionali quali la Fédération internationale de la jeunesse catholique (FIJC)414 e, da parte del ramo studentesco della GIAC, alla Jeunesse étudiante catholique internationale (JECI)415.
Bisogna inoltre ricordare il pervasivo ingresso della realtà internazionale nella vita quotidiana dei cittadini europei occidentali tra gli anni Cinquanta e Sessanta attraverso i principali media di massa: la radio, la stampa (effervescente in Italia, a cavallo dei due decenni, quella di ispirazione cattolica)416 e soprattutto la televisione, la cui diffusione andava affermandosi in maniera rapida e capillare417.
Il lungo scritto di Ticconi sul Vietnam si distingue anzitutto per l’importanza data all’argomento. Poche sembrerebbero infatti le eccezioni ai due principali approcci della stampa italiana cattolica, non solo di quella dell’ACI, nei confronti dell’attualità vietnamita: o la si ignorava, verosimilmente in ragione sia della sua scarsa rilevanza per la politica estera europea sia della problematicità religiosa della “crisi buddista”,
414 Cfr. ivi, p. 87. In assenza di studi monografici sulla FIJC (1948-1968), v. l’introduzione storica dedicata al fondo archivistico della federazione, depositato presso l’ISACEM, sul sito dell’Istituto, accessibile dall’URL: www.isacem.it/it/fondi- archivistici/federation-internationale-de-la-jeunesse-catholique-1948-1968-fijc.
415 Sorta nel 1946 per iniziativa dei movimenti studenteschi di AC di Canada, Francia e USA, la JECI riuniva i movimenti di gioventù studentesca cattolica di ogni nazionalità. Ne traccia la storia e la fisionomia attraverso la presentazione dei suoi fondi archivistici J.P. LEGOIS, B.SUC, Fonds de la Jeunesse étudiante catholique internationale, 2, 86, 2007, in «Matériaux pour l’histoire de notre temps», pp. 106-108, URL: www.cairn.info/revue- materiaux-pour-l-histoire-de-notre-temps-2007-2-page-106.htm. Per l’adesione del ramo studentesco della GIAC alla JECI, avvenuta nel 1963, cfr. M. BUSANI, Gioventù
studentesca. Storia di un movimento cattolico dalla ricostruzione alla contestazione, Roma,
Studium, 2016, pp. 333-340.
416 Per uno sguardo panoramico sull’argomento il principale riferimento resta lo studio di D. SARESELLA, Dal Concilio alla contestazione. Riviste cattoliche negli anni del
cambiamento (1958-1968), Brescia, Morcelliana, 2005.
417 Come sottolineato fra gli altri da Amoreno Martellini, «le immagini […] accorciavano le distanze e avvicinavano punti del globo lontani anni luce, tanto da far sentire vicina la sofferenza del Terzo mondo (si tenga presente che, non a caso, la definizione del villaggio globale venne utilizzata per la prima volta da Marshall McLuhan nel 1964)».A.MARTELLINI, All’ombra delle altrui rivoluzioni, cit., p. 18. In Italia il primo
TG era andato in onda sulla RAI nel 1952, e dal 1961 erano divenuti due i canali RAI a offrire tale servizio (cfr. M.BRUZZONE, L’avventurosa storia del TG in Italia. Dall’avvento
della televisione a oggi, Milano, Rizzoli, 2002); in Francia la trasmissione del primo journal télévisé da parte della RTF risale al 1949 (cfr. B. D’AIGUILLON, Un demi-siècle de journal
oppure ci si limitava a una narrazione cronachistica degli eventi in linea con la posizione vaticana, contrappuntata da accenti anticomunisti più o meno veementi a seconda della sensibilità religiose.
In materia di osservanza degli indirizzi papali e di intransigente anticomunismo, «La Civiltà Cattolica» e «L’Avvenire d’Italia» avevano un sicuro compagno in «Gioventù», e l’articolo di Ticconi sulla “crisi buddista” non fa in questo senso eccezione. Tuttavia esso appare rappresentativo di un’evoluzione identitaria maturata nella GIAC a partire soprattutto dagli anni Cinquanta, e degli importanti fermenti che l’animavano in età conciliare, sebbene espressi con molta cautela.
L’associazione della gioventù cattolica, sin dai suoi esordi come SGCI, vantava uno speciale legame sia con il papato sia con i gesuiti, dai quali aveva derivato un’impostazione filopapale “combattiva”418, accentuatasi a partire dagli anni Trenta del Novecento con l’arrivo di Luigi Gedda a posti di dirigenza nella GIAC e nell’ACI419. Nella prima metà degli anni Cinquanta, però, la presidenza della GIAC, sotto la guida di Carlo Carretto e poi di Mario Rossi, aveva rifiutato il rigido conformismo e la subordinazione passiva tradizionalmente richiesti all’associazione, in specie in materia politica, dalla gerarchia (dalla quale l’ACI riceveva un “mandato”)420 e dal centralismo organizzativo geddiano, il quale aveva imposto come prioritario compito dell’ACI l’attivismo politico in favore della DC, a scapito dei preminenti aspetti spirituali ed educativi della sua missione421. Le crisi apertesi tra la dirigenza nazionale della GIAC da un
418 Cfr. R.P.VIOLI, L’Azione cattolica, cit., p. 19.
419 Figura centrale del cattolicesimo italiano del secondo dopoguerra, Luigi Gedda
(1902-2000), medico, fu presidente della GIAC (1934-1946) e degli Uomini di AC (1946- 1949), vicepresidente generale di AC (1949-1952), infine suo presidente (1952-1959).
Uomo di Pio XII, è ricordato soprattutto per la priorità assegnata all’ACI come “serbatoio” elettorale della DC e in funzione anticomunista nei primi decenni della guerra fredda, una battaglia condotta sin dal 1948 con la creazione dei Comitati Civici. A livello organizzativo, rimodellò i movimenti dell’ACI in maniera centralistica. Su questi aspetti si rimanda, fra gli altri, a E.PREZIOSI (a cura di), Luigi Gedda nella storia della Chiesa e del Paese, Roma, AVE, 2013; M.INVERNIZZI, Luigi Gedda e il movimento cattolico in Italia, prefazione di G. Cantoni, Milano, SugarCo, 2012; R.P.VIOLI, L’Azione cattolica, cit., pp. 47-81.
420 Sul “mandato” cfr., fra gli altri, A. PARISELLA, Mondo cattolico e Democrazia
cristiana, cit., p. 117 e sgg. Anche alcuni movimenti di AC in Francia, fra i quali la JEC,
vivevano allora una crisi profonda con i propri vescovi per motivi legati alla richiesta di maggiore autonomia del laicato in materia politica. L’argomento verrà approfondito nel secondo capitolo, cfr. infra, p. 249 e sgg.
421 La descrizione della gestione geddiana dell’ACI è qui, per necessità di sintesi, estremamente semplificata nelle sue tendenze generali. Un’analisi complessiva che ne esalti le diverse sfumature è in M.INVERNIZZI, Luigi Gedda, cit. Corposi riferimenti all’argomento sono immancabilmente presenti nella bibliografia dedicata alla storia generale dell’ACI.
lato e la gerarchia e la presidenza Gedda dall’altro erano terminate con le dimissioni di Carretto nel 1952 e del suo erede Rossi nel 1954422, analogamente a quanto accaduto in quegli stessi anni in diversi movimenti giovanili dell’AC francese 423. Ciononostante, come sostenuto da Giorgio Campanini nella sua presentazione di una selezione di articoli di «Gioventù» del periodo conciliare, sarebbe errato confondere la cautela dimostrata dalla GIAC “normalizzata” degli anni Sessanta con un’obbedienza alla gerarchia «piattamente conformistica e rassegnata»: negli anni del concilio l’associazione si conferma infatti, anche attraverso l’esame dei suoi organi di stampa, «attenta e sensibile al vento di rinnovamento che […] soffiava in numerosi paesi d’Europa» e che rifletteva e stimolava le «pur […] non appariscenti […] istanze di rinnovamento» presenti nella Chiesa italiana424.
Nello specifico, nel pezzo di Ticconi sul Vietnam del 1963 si assiste a uno sforzo di problematizzare la coeva condizione della RV in modo da includere la “crisi buddista” nel più ampio scenario storico-politico vietnamita e da non ridurre la propria analisi al filoatlantismo caratteristico della Chiesa italiana425, non di rado generico e pregiudiziale426. Il discorso
422 La ricostruzione più puntuale delle presidenze di Carretto (1946-1952) e di Rossi (1952-1954) è forse quella offerta da F.PIVA, “La Gioventù cattolica in cammino….”, cit.,
pp. 149-428, opera che fa ricorso a numerose fonti archivistiche e a testimonianze di militanti tratte da riviste di ACI dell’epoca. Sulle due crisi e sugli eventi politici che ne furono il detonatore (rispettivamente, l’“operazione Sturzo” e la “legge truffa”) si segnalano anche M. TRUFFELLI, L’Azione Cattolica tra obbedienza e dissenso, in Aspettando il
Sessantotto: continuità e fratture nelle culture politiche italiane dal 1956 al 1968, diretto da
F. Chiarotto, nuova edizione [in rete], Torino, Accademia University Press, 2017, [s.i.p.], DOI: 10.4000/books.aaccademia.1626; R.P.VIOLI, L’Azione cattolica, cit., pp. 83-92.
423 Tensioni connesse all’attualità algerina e culminate nel 1957 con il dissolvimento dell’Association catholique de la jeunesse française (ACJF) e con le dimissioni di diversi responsabili nazionali e federali della JEC/F e degli Scouts de France. Per una densa ed efficace analisi di queste crisi si rinvia a É.FOUILLOUX, Les Chrétiens français entre guerre,
cit., pp. 259-274. Cfr. anche C.-É. HARANG, Quand les jeunes catholiques catholiques
découvrent le monde. Les mouvements catholiques de jeunesse, de la colonisation à la coopération (1920-1991), Paris, Cerf, 2010, pp. 132-134; G. CHOLVY, B. COMTE, V.
FEROLDI (dir.), Jeunesses chrétiennes, cit., p. 98.
424 G.CAMPANINI, Gioventù cattolica, cit., pp. 5-7. Campanini, sociologo e storico, fra gli anni Cinquanta e Sessanta fu delegato nazionale Seniores della GIAC e collaboratore di «Gioventù-professionisti».
425 Su questo aspetto v., fra gli altri, R.MORO, I cattolici italiani tra pace e guerra:
dall’inizio del secolo al Concilio Vaticano II, inGuerra e pace nell’Italia del Novecento. Politica estera, cultura politica e correnti dell’opinione pubblica, a cura di L. Goglia, R.
Moro, L. Nuti, Bologna, Il Mulino, 2006, p. 391.
426 Il rifiuto di un «acritico schieramento con l’occidente» e di un sentimento di insofferenza verso il sistema internazionale dei blocchi erano andati maturando in alcuni
di Ticconi non tradiva la fedeltà della GIAC alla guida papale e al supporto della battaglia globale degli Stati Uniti contro il comunismo, ma ad esse coniugava, coraggiosamente, la proposta di una revisione autocritica da parte della Chiesa europea del suo approccio missionario e politico alle realtà del Terzo mondo, nonché dei suoi passati legami con il colonialismo. Nell’analisi avanzata su «Gioventù», infatti, tutti gli attori politici e religiosi coinvolti nella storia recente del Vietnam venivano invitati ad assumersi le proprie responsabilità nella gravissima crisi allora attraversata dalla RV, in un discorso che riporta alla mente le considerazioni avanzate dall’abbé Lan sulle pagine di «Tc»427.
L’articolo di Ticconi prendeva le mosse dalla «guerra delle pagode» dell’agosto 1963, definita una «nerissima pagina di intolleranza religiosa e di cecità politica» da parte di un governante cattolico quale Diem428. Vi si argomentava che la “crisi buddista” fosse scaturita da fattori politici, più precisamente dall’«intolleranza costituzionale dell’uomo Diem», ai quali solo in un secondo momento gli Ngo avevano aggiunto l’«assurda intolleranza della lotta di religione»429. Nel dibattito sulla natura del conflitto, «Gioventù» si attesta quindi su una posizione di compromesso tra l’interpretazione politica della crisi data dagli organi di comunicazione vaticana e quella religiosa sostenuta dalla maggioranza dell’opinione pubblica europea occidentale e da fogli cattolici come «Tc».
Analogamente agli organi di comunicazione vaticana e, come si vedrà, a «La Civiltà Cattolica», Ticconi denunciava i «commenti di ispirazione laicista e comunista» che reputava strumentalizzassero l’attualità sudvietnamita per meri fini di propaganda anticlericale e antiatlantica430, ma non esitava a individuare esplicitamente i primi responsabili di una tale situazione negli Ngo, colpevoli di una politica liberticida431. Sebbene Ticconi ammettesse «la tentazione [...] di replicare alla partigianeria e alla bassa retorica con armi uguali», ricusava di seguire un simile impulso, in quanto foriero di «un atteggiamento contrario a verità e quindi anticristiano» 432. Si potrebbe forse qui di leggere, espressa in maniera indiretta, una volontà di liquidare quella tradizione polemica intransigente
settori del cattolicesimo italiano sin dalla metà degli anni Cinquanta, trovando alimento nel dibattito sul riarmo, sulla distensione e sulla minaccia atomica». Ivi, pp. 395-398.
427 Cfr. supra, p. 114.
428 M.TICCONI, Nel Vietnam il mitra non converte nessuno, in «Gioventù», 29 settembre 1963, p. 6.
429 Ivi, p. 24. 430 Ivi, p. 6. 431 Ibidem. 432 Ibidem.
della stampa cattolica che nella rivista dei gesuiti romani aveva uno storico esponente433. Assumendo quest’ipotesi, colpirebbe allora l’audacia del sottinteso: se quell’atteggiamento era “anticristiano”, coloro che fra i cattolici lo perpetravano sarebbero dunque stati dei falsi rappresentanti della Chiesa, e chi invece se ne distanziava avrebbe incarnato la “vera Chiesa”. Tuttavia, considerando il tono complessivo dell’articolo di Ticconi e, più in generale, l’assoluta fedeltà all’istituzione ecclesiastica manifestata dalla GIAC anche negli anni seguenti, l’argomento anticristiano qui sollevato parrebbe solo l’espressione, forte perché spontanea e sentita, del malessere sviluppato dall’associazione nei confronti dell’ecclesiologia “difensiva”, da “cittadella assediata”, ancora persistente in vasti settori della Chiesa italiana, il cui clero restava a maggioranza conservatore.
Altri punti dello scritto di Ticconi sembrano confermare e arricchire la lettura interpretativa di una manifestazione, attraverso il caso vietnamita, delle istanze di rinnovamento progressivamente maturate nella gioventù di Azione cattolica del secondo dopoguerra. Ticconi giudicava infatti che, in quello scorcio d’epoca, «una sapiente disposizione della provvidenza» stimolasse il cristiano alla maturazione di un nuovo approccio al mondo, «soprattutto nei giudizi di fronte ai fatti storici», da avverarsi sotto il segno di «una umiltà, beninteso, che non è rinuncia o dimissione, ma accettazione integrale della realtà delle cose e volontà di correggerle e di trasformarle