Una guerra di religione? La Chiesa cattolica e la “crisi buddista”, fra separatismo e anticomunismo (1963)
I.2. L’esplosione della “crisi buddista”.
Nella RV i buddisti lamentavano di essere oggetto di discriminazione religiosa da parte del governo Diem, che avrebbe invece favorito la minoranza cattolica, in quanto correligionaria della potente famiglia presidenziale132. Nei primi anni Sessanta, per una serie di concomitanti ragioni politiche, sociali e religiose, il buddismo sudvietnamita era giunto a configurarsi quale forza di opposizione politica, capace di esprimere il
127 «Idem in praesentis temporis adiunctis officio perinde ac volentis animi affectui satis facimus: amplae laudis praeconium et aequam approbationem innumeris Evangelii operariis tribuimus, qui per trium postremorum saeculorum decursum in ista exercenda mystica vinea alii post alios in locum successerunt idemque, magnanimis susceptis laboribus et
praegravibus toleratis incommodis, profuso quoque notmumquam sanguine, constituendae
Episcopali Hierarchiae gradatim vias aperuerunt et aptas condiciones incoharunt». GIOVANNI XXIII, Lettera apostolica Iam in Pontificatus, cit., p. 87 [il corsivo è mio].
128 La citazione è tratta dalla prima lettera di San Paolo ai Corinzi, 1, 4.
129 Il passaggio evocato da Roncalli è nella seconda lettera di San Paolo ai Tessalonicesi, 1, 3-5.
130 GIOVANNI XXIII, Lettera apostolica Iam in Pontificatus, cit., p. 88.
131 Al concetto secondo cui un buon cattolico debba tendere ad essere il migliore e il più fedele dei cittadini farà ricorso anche papa Montini, cfr. ad esempio PAOLO VI, Visita
ufficiale del Ministro degli Esteri della Repubblica Democratica della Corea, 10 luglio
1963, in PVI, Ins, I, pp. 67-68.
132 In questa tesi, quando non diversamente specificato, la ricostruzione della “crisi buddista” è da considerarsi attinta dagli informati e aggiornati lavori di M. BRINSON
DEMERY, Finding the Dragon Lady, cit., pp. 153-168; S.JACOBS, Cold War Mandarin, cit.,
pp. 135-189. Per gli eventi politici e militari concernenti la guerra in Vietnam il riferimento è, se non precisato, alla narrazione di S.KARNOW, Storia della guerra del Vietnam, cit.
diffuso scontento popolare maturato nei confronti di uno Stato dalla fisionomia clericale e dominato da clientelismo e inefficienza133. Una prova della trasversalità dell’impopolarità di Diem è la presenza, fra i suoi primi contestatori, di Nguyen Manh Ha, il fondatore della JOC vietnamita, il quale in esilio a Parigi animava un Comité pour la paix et la rénovation du Vietnam du Sud134. Ma già nel periodo antecedente la presidenza della RV, Diem aveva conosciuto una serie di rovesci di fortuna politica ed era scampato a diversi attentati.
Le tensioni nella RV esplosero l’8 maggio 1963, allorché esercito e polizia spararono sulla folla riunitasi ad Hue per celebrare l’anniversario di nascita di Budda, lasciando sul terreno nove morti (fra i quali due bambini) e quattordici feriti. Ufficialmente a carico dei manifestanti, l’accusa di aver violato la legge che permetteva l’esposizione del solo vessillo nazionale o di bandiere di una “istituzione” religiosa, definizione quest’ultima dalla quale era escluso il buddismo, che una legge coloniale mantenuta dal governo sudvietnamita descriveva nei termini di “associazione”135. Tuttavia alcuna misura era mai stata presa nei confronti di analoghi reati perpetrati dalla comunità cattolica cittadina. Nel diario diplomatico dell’ambasciatore italiano a Saigon Giovanni D’Orlandi si legge anzi che le manifestazioni cattoliche godevano lì di agevolazioni da parte delle «autorità civili e militari» e si svolgevano «con largo spiegamento di bandiere della Santa Sede»136.
La provincia di Hue era di fatto «fief» degli Ngo137. La governava con mezzi autoritari uno dei fratelli minori di Diem e Thuc, Can, il quale si avvaleva anche di un corpo segreto di polizia e di un esercito personale incaricati di imprigionare gli oppositori politici (o coloro che tali erano ritenuti) e di combattere i vietcong138. Un generale scetticismo accolse pertanto la versione ufficiale del governo a giustificazione del bagno di
133 Cfr. P.GHEDDO (P.), Cattolici e buddisti nel Vietnam, cit., pp. 184-186;P.MUS, Il
buddismo nella storia e nella società vietnamita, in Vietnam: storia e rivoluzione, cit., pp.
59-61.
134 Cfr. P.JOURNOUD, De Gaulle et le Vietnam, cit., p. 88 e p. 96. Su Manh Ha, cfr.
supra, nota n. 65, p. 53.
135 Cfr. M.BRINSON DEMERY, Finding the Dragon Lady, cit., p. 158. 136 GDO, Dv, 18 maggio 1963, p. 121.
137 G[UY].[DE]B[OSCCHÈRE]., Entre Ngo-Dinh-Diem et Ho-Chi-Minh, in «Esprit», 9, septembre 1963, p. 280.
138 Anche Can (1912-1964), alla stregua dei fratelli, era consigliere di Diem; pare infatti che quest’ultimo, per lo meno in veste di presidente, si fidasse esclusivamente dei familiari più stretti. Per approfondire la figura di Can sono di ausilio E.MILLER, Vision, Power and
Agency, cit., p. 448; J.E.HAMMER, A Death in November. America in Vietnam, 1963, New
sangue dell’8 maggio, secondo la quale l’azione di polizia era intesa a contrastare il reato relativo alla bandiera e a disperdere un’infiltrazione comunista nel corteo139. In Vietnam e all’estero si dubitava dell’estraneità di Thuc alla vicenda – persino Asta ammetteva a D’Orlandi di essere a conoscenza del fatto che «la mano dell’arcivescovo» era «talvolta pesante» nei confronti delle altre religioni, in accordo con la «quadrata figura del vescovo “principe delle Crociate”»140. Nei giorni successivi agli incidenti, nella provincia di Hue si assistette a un crescendo di dimostrazioni antigovernative guidate dai buddisti e di interventi repressivi dell’autorità statale per contrastarle, una situazione che rapidamente si estese ad altre zone del Paese, giungendo a coinvolgere anche Saigon. La RV precipitò così sull’orlo di una doppia guerra civile, considerato il conflitto già in corso tra governo e FLN.
Analogamente alle maggiori testate cattoliche prese in esame, quali «Témoignage chrétien»141 e «L’Avvenire d’Italia»142, «L’Osservatore
139 Sugli attriti tra governo sudvietnamita e i buddisti alla vigilia dell’8 maggio, si segnala anche G[UY]. [DE] B[OSCCHÈRE], Entre Ngo-Dinh-Diem et Ho-Chi-Minh, in
«Esprit», 9, septembre 1963, pp. 279-280. 140 GDO, Dv, 17 maggio 1963, p. 120.
141 Nel 1941, a Lione, su impulso di un gruppo di gesuiti (in specie di p. Pierre Chaillet) nacquero i «Cahiers du Témoignage chrétien», settimanale d’informazione d’ispirazione cristiana, animato da un forte senso di testimonianza e resistenza spirituale e religiosa contro il paganesimo nazista. Ad esso si aggiunse nel 1943 il foglio clandestino «Courriers français du Témoignage chrétien», il cui primo numero comparve a Parigi il 2 settembre 1944, e di cui «Tc» raccolse poi l’eredità. Negli anni Sessanta «Tc» costituiva una delle più importanti realtà del cattolicesimo francese aperto alle innovazioni roncalliane e conciliari. Era particolarmente attento alle problematiche del Terzo mondo e sensibile alla questione della pace e del rispetto dei diritti umani, segnato in questo dall’esperienza delle torture francesi in Indocina e in Algeria, che la rivista fu fra le poche a denunciare. Su «Tc» v. fra gli altri R. BÉDARIDA, Les armes de l’esprit. Témoignage chrétien (1941-1944), Paris, Éd. Ouvrières,
1977; J.-P.GAULT, Histoire d’une fidélité. Témoignage chrétien, 1944-1956, préface de P.
Chaillet (s.j.), postface de G. Montaton, [Paris], Éditions Témoignage chrétien, [1963]. Su «Tc» e i conflitti in Indocina e in Algeria, e più in generale sull’evoluzione della sua posizione in merito al processo di decolonizzazione, cfr. in particolare S. ROUSSEAU,
Indochine catholique et Vietnam. Les intellectuels catholiques et la décolonisation de l’Indochine, in Religions et colonisation. Afrique-Asie-Océanie-Amériques XVIe-XXe siècle, sous la direction de D. Borne et B. Falaize, Paris, Éd. de l’Atelier/IESR/INRP, 2009, pp. 275-282; EAD., Des chrétiens contre la guerre d’Indochine, in «Histoire du Christianisme
Magazine», 21, 2004, pp. 36-39; SR, Cn, pp. 17-38.
142 Fondato nel 1896 come foglio del cattolicesimo bolognese con il nome «L’Avvenire» da due laici, Giovanni Acquaderni e Giovanni Grosoli, con il sostegno di alcuni cardinali, nel 1902 cambiò la propria denominazione. Originariamente di orientamento politico conservatore e antisocialista, dopo la trentennale direzione di Raimondo Manzini (1927- 1969), in età conciliare mutò fisionomia. Nel 1961, infatti, Giovanni XXIII chiamò alla testa del giornale il trentenne Raniero La Valle, già redattore de «il Popolo», organo della DC.
Romano»143 diede copertura alla “crisi buddista” con saltuari e stringati aggiornamenti di cronaca, non lasciando indovinare l’interesse e l’apprensione con i quali la Roma papale seguiva l’evolversi della situazione nel Vietnam meridionale. Poter contare su una repubblica sudvietnamita a guida cattolica e su una roccaforte di fede quale Hue, vicina al confine con il Vietnam del Nord, rappresentava un fattore di grande importanza, anche simbolica, nella lotta della Chiesa contro il comunismo. Ciononostante la separazione di potere spirituale e temporale, a lungo rigettata e osteggiata, costituiva allora per la Chiesa un principio acquisito, tramutatosi anzi in uno dei suoi elementi di forza. Nel 1963, in piena atmosfera conciliare, la Santa Sede non poteva permettersi lo scandalo di una “dittatura cattolica” in Vietnam.
Queste considerazioni sono ben rappresentate nell’azione moderatrice esplicata da Asta all’indomani dell’8 maggio, definita da D’Orlandi «abilissima e coraggiosa»144:
Sotto La Valle il giornale pose al centro dei propri interessi i lavori del Vaticano II, divenendo uno dei punti di riferimento del cattolicesimo italiano ed europeo, specie quello più sensibile alle istanze dell’aggiornamento (per dettagli sulla direzione di La Valle e sulla sua persona cfr. infra, nota n. 539, p. 168). La priorità accordata nella nuova linea editoriale del giornale al fattore religioso e una certa insofferenza alle rigidità politiche della Chiesa italiana avrebbero provocato crescenti perplessità nella gerarchia, nelle quali la storiografia tende a vedere il vero motivo della cessazione delle pubblicazioni del giornale, occorsa ufficialmente per problemi finanziari e su decisione della CEI, la quale si occupò del caso nel 1966 dietro sollecitazione vaticana. Contro la volontà di Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna, e di La Valle, che avrebbe rassegnato le dimissioni, nel 1967 sarebbe stato avviato il processo di fusione del giornale con il quotidiano cattolico «L’Italia» di Milano, che portò alla chiusura definitiva di «AI» e alla nascita del nuovo «Avvenire». Sulla storia del giornale cfr. P.MURIALDI, La stampa italiana dalla Liberazione alla crisi di fine secolo,
Roma-Bari, Laterza, 1995, pp. 158-163; A.MAJO, La stampa cattolica in Italia. Storia e
documentazione, prefazione di G. Rumi, Casale Monferrato, Piemme, 1992, pp. 214-225.
Sulla sua crisi e sulle prime reazioni ad essa si rinvia anche a E.VERSACE, I 40 anni di
“Avvenire”, in «Avvenire», 9 maggio 2008; F.SCELSI, La crisi dell’«Avvenire d’Italia», in
«Aggiornamenti sociali», settembre-ottobre 1966, pp. 421-426.
143 «L’Osservatore Romano», organo ufficioso della Santa Sede, nacque nel 1861, poco tempo dopo la proclamazione dello Stato d’Italia, come uno dei quotidiani di Città del Vaticano, impegnato al fianco dello Stato pontificio nella questione romana. Acquistato nel 1885 da Leone XIII, divenne così di proprietà della Santa Sede, di cui da sempre pubblica atti e notizie, oltre ad occuparsi di cronaca e di questioni di fede e attualità. Sulla sua storia cfr. A. ZANARDI, G.M. VIAN (a cura di), Singolarissimo giornale. I 150 anni
dell’Osservatore Romano, Torino, Allemandi Editore, 2010; M.CASELLA, Giornali cattolici
e società italiana. L’Osservatore Romano e Il Quotidiano (1944-1950), Napoli, ESI, 1994
A.MAJO, La stampa cattolica in Italia, cit., passim.
Il delegato apostolico a Saigon si adoperò presso i governanti per moderarne alcuni atteggiamenti intemperanti, presso alcuni diplomatici stranieri, che avevano esageratamente drammatizzato la situazione, per riportare il loro giudizio a più serene proporzioni, e presso i cattolici in genere e il clero in particolare, per ricordare a chi lo avesse dimenticato che Stato e Chiesa sono due entità distinte145.
Negli ambienti vaticani, insomma, si colse immediatamente il rischio di una responsabilizzazione della Chiesa cattolica nella crisi sudvietnamita, certo perché consci dell’occasione d’oro che una simile tesi avrebbe offerto alla propaganda marxista internazionale, ma anche perché consapevoli, come si è visto, delle effettive debolezze del clero locale, in particolare di quelle di Thuc.
Che nella cultura asiatica religione e politica siano dimensioni complessamente intrecciate, non perfettamente simmetriche alle categorie del pensiero democratico occidentale, costituiva d’altro canto una delle prime lezioni apprese dagli evangelizzatori cristiani. Nel 1968 il missionario Gheddo avrebbe scritto che «in Vietnam – come d’altronde in tutti gli altri paesi del “terzo mondo” non ancora dissacralizzati dal progresso moderno – la religione ha radici profonde nell’animo popolare e condiziona molti aspetti della vita civile e politica. Una delle caratteristiche fondamentali della cultura vietnamita è la profonda religiosità del popolo»146.
Un simbolo forte del legame tra politica e spiritualità in Vietnam si ebbe l’11 giugno del 1963, quando a Saigon il monaco buddista Thic Quang Duc si diede fuoco in pubblica piazza in segno di protesta antigovernativa e per attirare l’attenzione dei media internazionali sulla causa buddista sudvietnamita. Così fu: l’ormai celeberrima fotografia di Malcolm Browne che immortala il bonzo, impassibile, in preghiera tra le fiamme fece in breve tempo il giro del mondo, producendo profonda impressione e grande turbamento in un Occidente estraneo alla pratica dell’autoimmolazione147.
145 Ibidem.
146 P.GHEDDO (P.), Cattolici e buddisti nel Vietnam, cit., p. 170 e ss.
147 Unica forma di violenza ammessa dal buddismo quando intesa come «sacrifice of the mortal flesh for the collective cause of others». M.BRINSON DEMERY, Finding the Dragon
Lady, cit., p. 160. Un campione dai quotidiani italiani del 12 giugno: «Atroce “protesta” del monaco buddista» (in «Avanti!», p. 1); un «episodio allucinante, […] atroce» (Si lascia bruciare vivo per protesta un vecchio monaco buddista a Saigon, in «il Popolo», p. 10);
«episodio drammatico e senza precedenti, gravido di incalcolabili conseguenze per il governo del dittatore Ngo Din Diem» (Un monaco vietnamita s’immola tra le fiamme, in «l’Unità», 12 giugno 1963, p. 3). Sull’iconica foto, che valse a Browne, allora in AP, il Pulitzer e altri prestigiosi premi, v. l’intervista al fotoreporter riproposta in P. WITTY,
Malcolm Browne: The Story Behind the Burning Monk, in «Time» [on line], August 28,
Da quel momento, sulle due sponde dell’Atlantico l’interesse per la crisi sudvietnamita parve destarsi148. Il gesto di Duc provocò ad esempio una delle prime iniziative interreligiose riguardo al Vietnam, con «undici leaders religiosi di New York, di fede protestante ed ebraica» che acquistarono uno spazio pubblicitario su «The New York Times» e su «The Washington Post» per condannare la politica vietnamita degli Stati Uniti e per esortare i lettori a inviare lettere di protesta a Kennedy e ai membri del Congresso149. Al momento del sacrificio del bonzo, tuttavia, lo sguardo dei cattolici era concentrato in massimo grado sul delicato momento interno alla Chiesa: il 3 giugno 1963 si era infatti spento il popolarissimo Giovanni XXIII; il 19 avrebbe avuto inizio il conclave; il futuro del concilio Vaticano II, persino la sua ripresa, apparivano incerti. Il 21 giugno il sessantacinquenne lombardo Giovanni Battista Montini, arcivescovo di Milano, fu eletto papa, assumendo il nome di Paolo VI150; già il giorno seguente sciolse i primi dubbi sul suo pontificato, annunciando che avrebbe guidato il concilio verso il suo compimento151.
Intanto le pressioni della folla, degli alleati americani, forse anche quelle di Asta sortirono effetto: il 16 giugno un riluttante Diem accondiscese a firmare un accordo con i buddisti. Ngo Dinh Nhu, suo fratello minore, etichettò il presidente come un «codardo», preannunciando che, per ciò che lo riguardava, egli avrebbe infranto il patto, «convinto che i buddisti siano manovrati dai vietcong»152. Nhu era il principale consigliere di Diem e, come la consorte, condizionava pesantemente la linea dell’esecutivo sudvietnamita, incarnandone «gli aspetti più estremisti ed
148 Cfr. M.BRINSON DEMERY, Finding the Dragon Lady, cit., p. 140.
149 Un «genocidio» la guerra nel Vietnam, in «l’Unità», 29 giugno 1963, p. 12. 150 Montini (1897-1978) era nell’arcidiocesi ambrosiana dal 1954. Si avrà occasione di approfondire la sua biografia nel paragrafo successivo.
151 Si rammenta che la prima sessione del Vaticano II si era svolta tra l’11 ottobre e il 12 dicembre 1962. La seconda sessione avrebbe preso avvio il 29 settembre 1963. Su questa fase v. ISTITUTO PER LE SCIENZE RELIGIOSE (Bologna), Storia del Concilio Vaticano II. 2: La
formazione della coscienza conciliare. Il primo periodo e la prima intersessione (Ottobre 1962-settembre 1963), diretta da G. Alberigo, edizione italiana a cura di A. Melloni,
Bologna, il Mulino, 2012. Sul periodo roncalliano del Vaticano II e sulla collocazione del concilio nella “scena del mondo” da parte di Giovanni XXIII, premesse del periodo montiniano, ci si limita a rimandare a A.MELLONI, L’altra Roma, cit., pp. 101-185. Uno
sguardo a questa fase da una prospettiva interna alla Chiesa è in J.W.O’MALLEY, Che cosa
è successo nel Vaticano II, Milano, Vita & Pensiero, 2010 [Cambridge, MA, 2008], pp. 167-
175. Per una prospettiva politica, v. A.MELLONI, L’altra Roma, cit., pp. 191-197.
152 A.DEL BOCA, Vietnam: la guerra dei vent’anni, in Lotte di liberazione e rivoluzioni, Torino, Università di Torino-Istituto di Storia della Facoltà di Magistero, Giappichelli, 1968, p. 315.
impopolari»153. Teorico del regime, a lui si doveva un’oscura, confusionaria versione vietnamita del personnalisme elaborato negli anni Trenta dal filosofo cattolico Emmanuel Mounier154, condannata come un’«imposture» da «Esprit», il mensile fondato dall’intellettuale francese nel 1932155.
Lo stesso 16 giugno 1963 l’arcivescovo di Saigon emanava una lettera pastorale, ripresa nei mesi successivi da alcune testate cattoliche – il quotidiano bolognese «L’Avvenire d’Italia», in particolare, ne pubblicò una traduzione integrale156. Per mezzo di essa Binh sollecitava i fedeli sudvietnamiti alla carità verso le altre religioni e al rispetto del principio di separazione fra Chiesa e Stato; in un passaggio sottolineato da «L’Osservatore Romano», il prelato indicava come superiori il perseguimento del bene comune e il rifiuto di «ogni tentazione di aggiungere alla libertà di culto, di cui godono come i fedeli di ogni altra
153 M.SICA, Marigold non fiorì. Il contributo italiano alla pace in Vietnam, Firenze, Ponte alle Grazie, 1991, p. 45.
154 Nhu (1910-1963) si era tenuto lontano dal Vietnam e dai giochi politici familiari all’incirca sino al 1950. Rientrato in patria negli anni Trenta, aveva preferito dedicarsi alla professione d’archivista grazie alla specializzazione conseguita presso la prestigiosa École nationale des chartes di Parigi. Dalla Francia aveva portato con sé una convinta adesione al
personnalisme; in particolare, la ricerca filosofica di una terza via tra comunismo e
capitalismo liberale apparve a Nhu e poi a Diem perfettamente calzante al tentativo politico di Diem di dar vita in Vietnam a una “terza forza” alternativa al comunismo e al colonialismo. Oltre a fornire al regime del fratello un’ideologia, Nhu si occupò dell’organizzazione della mobilitazione della popolazione non comunista, soprattutto dei cattolici, in suo favore; fondò anche un Partito Laburista Personalista, movimento politico filodiemista semi-segreto che aveva finito per gestire la sicurezza personale degli Ngo. Nel 1943 Nhu aveva sposato Tran Le Xuan, sulla cui figura ci si soffermerà tra qualche pagina. Cfr. E. MILLER, Vision, Power and Agency, cit., pp. 447-452; S.KARNOW, Storia della
guerra del Vietnam, cit., pp. 152-153.
155 G[UY].[DE]B[OSCCHÈRE]., Entre Ngo-Dinh-Diem et Ho-Chi-Minh, in «Esprit», 9, septembre 1963, p. 281. Su Mounier (1905-1950) e su «Esprit», portavoce della visione mouneriana di un nuovo umanesimo cristiano, basato sulla persona e opposto tanto al comunismo quanto all’individualismo e al capitalismo, v. D.PELLETIER, La Résistence en
héritage?, in À la gauche du Christ. Les chrétiens de gauche en France de 1945 à nos jours,
sous la direction de D. Pelletier et J.-L. Schlegel, Paris, Le Seuil, 2012, pp. 62-63; G. BOUDIC, «Esprit», 1944-1982. Les métamorphoses d’une revue, Paris, Éd. de l’IMEC, 2005;
M.WINOCK, Esprit. Des intellectuels dans la cité, Paris, Seuil, 1996.
156 Cfr. VAN BINH, Rispettare il principio della libertà di coscienza, in «AI», 18 luglio 1963, p. 3. Riferimenti più o meno estesi alla lettera in L’Arcivescovo di Saigon esorta alla
carità e alla pace, in «OR», 19-20 agosto 1963, p. 2; G.MONTARON, Assez, M. Diem!, in
«Tc», 20 août 1963, p. 2; Sollecitudini del Santo Padre per il popolo del Vietnam, in «CC», 31 agosto 1963, p. 507.
confessione, diritti esorbitanti e privilegi»157, implicitamente dunque ammettendo l’esistenza della problematica. Binh negava però qualsiasi responsabilità della Chiesa negli scontri tra governo e buddisti. Una testimonianza di D’Orlandi rivela che l’estensore della lettera va identificato in Asta158 e, considerato anche il rapporto di amicizia e di quasi quotidiana frequentazione consolidatosi tra i due, non vi sono motivi per non ritenere l’informazione fondata e fededegna159. Pare di poter dunque individuare nella lettera di Binh la spia di una dinamica relazionale tra vertice romano e gerarchia extra-europea di stampo ancora almeno parzialmente paternalistico160. Ma soprattutto, per ciò che qui interessa, essa rappresenta un segnale dell’orientamento e dell’azione del Vaticano agli albori della “crisi buddista”. Vi si legge un ammonimento alla condotta del vescovo di Hue e a quella del governo legato alla sua famiglia, e che l’epistola pastorale venisse «fatta propria da tutti i vescovi diocesani» sudvietnamiti ad eccezione di Thuc161 lascia intendere che il messaggio fu recepito, e rispedito al mittente.
I.3. Paolo VI e il ritorno della Santa Sede sullo scenario politico