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I cinque punti a favore di Maria Buzzoni

Nel documento Gaia Russo (pagine 37-41)

Capitolo 3

I vantaggi delle Edizioni Digitali

3.1 I cinque punti a favore di Maria Buzzoni

Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti ci sono ancora ingenti grattacapi senza soluzione e certamente ci si aspetta che ne appaiano di nuovi in futuro, man mano che si procederà nella direzione della costituzione di materiale digitale. Malgrado questi preoccupanti “punti a sfavore”, se così possiamo definirli, non si possono certo minimizzare una serie significativa di vantaggi che possiamo vedere, come prima, sempre in relazione alla più consueta edizione a stampa.

Per cercare di illustrarli nella maniera più opportuna, sintetica ma efficace, si prenderà, spiegandolo e commentandolo, un catalogo di prerogative positive redatto dalla studiosa Marina Buzzoni, nel suo saggio A Protocol for Scholarly

Digital Editions? The Italian Point of View40, con la quale si conviene anche per

la distinzione dei diversi meriti in cinque principali punti, il primo dei quali è:

1. «The possibility to present and manage quantities of data that are not normally publishable in a paper book»41

È innegabile che uno dei maggiori vantaggi offerti dal mezzo digitale, sin dai suoi primordi, sia quello di poter presentare e maneggiare una ‘quantità di dati’, umanamente non immagazzinabili complessivamente e, soprattutto, materialmente non rappresentabili in un’edizione a stampa. La possibilità di accumulare e distribuire, una quantità potenzialmente illimitata di “data” risulta particolarmente utile anche per alcune fasi del lavoro filologico alla base di alcuni tipi d’edizione, come per esempio il compito meccanico di collazionare più testi. Come giustamente hanno notato gli editori dell’autorevole testo Digital Scholarly

Editing, questo è un vantaggio che si rivela di grande utilità non solo in ambito

40 Marina Buzzoni, A Protocol for Scholarly Digital Editions? The Italian Point of View, p. 62, in «Digital Scholarly Editing: Theories and Practices», Cambridge: Open Book Publishers, 2016, doi:10.11647/OBP.0095.

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umanistico poiché i «computers have been used since their inception to try to relieve what Peter Shillingsburg has called the ‘idiot work’ of textual editing»42. Per svolgere un “idiot work”, infatti, in ogni settore disciplinare, la macchina risulta non solo incalcolabilmente più veloce ma anche migliore dell’uomo, dato che non è soggetta agli errori involontari dovuti alla ripetitività o alla prolissità del processo di lavoro.

A maggior ragione, nel caso in cui i testi da confrontare siano di molto superiori alle due unità il computer è forse l’unico mezzo in grado di operare questa funzione così articolata, permettendo, da una parte, di abbreviare e semplificare il lavoro preliminare di ricerca di lezioni e dall’altra parte di rendere graficamente più eloquente il medesimo.

Come secondo punto a favore delle risorse digitali, Maria Buzzoni segnala l’importanza di poter relazionare tra loro proprio questa moltitudine eterogena di dati:

2. «The relationability of the data provided, i.e. the possibility of making connections between data and processing them at a speed, precision and complexity otherwise unattainable»43

La possibilità di fare connessioni è una mansione che come abbiamo visto in precedenza coinvolge da vicino il ruolo dei link, o hyperlink, e di ogni sorta di “richiamo” o referenza a qualsiasi oggetto che si discosti, anche di poco, dal contesto particolare del testo. Certamente questa capacità-vantaggio risulta, con evidenza, impraticabile in un’edizione cartacea se non si ammette la possibilità di “allegare” al testo appendici, note, commenti o addirittura altri libri o fonti. In sostanza, un testo inserito in un libro riesce a “connettersi” ad altri argomenti a patto che questi siano oggetti esterni all’edizione del testo vera e propria.

Il Terzo punto di forza non è da sottovalutare, poiché riguarda, probabilmente, una delle rivoluzioni più proficue per la stessa idea di comunità scientifica:

42 Driscoll, Pierazzo, Op. cit., p.7.

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3. «Their interoperability, i.e. broadly speaking, the ability to share information in computing environments and—in principle— between different computer systems, thus enhancing the possibility of interaction within the scientific community in time and extension which a traditional book does not allow for»44

Questo punto mette, infatti, in evidenza l’importanza dell’interazione sociale che si trova dietro ogni lavoro editoriale collettivo, o meglio, la possibilità in ambito scientifico di scambiare informazioni, che, come abbiamo visto nell’Introduzione

generale, è stata la spinta iniziale per la creazione del network e può essere considerata

anche come una delle più importanti conquiste per le edizioni digitali. La condivisione e la valutazione in tempo reale dei dati scientifici crea una rete di connessione antropica, anche detta “comunità”, appunto, che accelera notevolmente i tempi di studio e le conseguenti riflessioni filologiche sui testi, inoltre, l’azzeramento del tempo di attesa della stampa, velocizza e diffonde ogni tipo di dialogo collettivo su un tema specifico. Si è soliti parlare in questo caso di “social editing”, poiché con questo termine si comprende il “network” virtuoso in cui ogni utente esperto è potenzialmente un coautore dell’edizione, in più, come osserva giustamente il più volte menzionato Patrick Shale: «a printed edition can be read. A digital edition is more like a workplace or a

laboratory where the user is invited to work with the texts and documents more actively

»45. Detto in altri termini, siamo invitati come utenti esperti a interagire con il testo in maniera più “attiva”, sapendo che quello sullo schermo è spesso generato in tempo reale dallo stato corrente dei dati e rappresenta lo stato attuale delle conoscenze editoriali in un progetto fornite da diversi coautori. In questo modo l’edizione come pubblicazione è un processo, un “laboratorio”, piuttosto che un prodotto, che cresce incrementalmente non solo prima del suo rilascio finale, ma anche durante la sua disponibilità al pubblico; così, l’edizione è vista come un’impresa aperta, in teoria, non si chiude mai e non raggiunge mai uno stato finale46.

44 Mio l’uso del corsivo.

45 Shale, Op. cit., p.29. Mio il corsivo.

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Continuando a seguire la preziosa lista di Maria Buzzoni arriviamo al quarto punto che indica come uno dei maggiori vantaggi delle edizioni digitali:

4. «Their multimediality and multimodality, which allow for the organisation of data into hierarchically structured hypertexts, as well as the inclusion of non-textual data in the edition (e.g. audio and video files)»47

La possibilità di interagire con diversi piani multimediali e, possiamo dire, multisensoriali, come files audio e video, può favorire l’analisi più veloce e completa del documento. Per dare degli esempi, tramite dei video, è possibile esplicitare e semplificare attraverso l’immagine contenuti molto complessi o di difficile rappresentazione, come il supporto di un manoscritto, lo stemma codicum di una tradizione molto strutturata o, anche, la semplice illustrazione delle miniature. Oppure, tramite la creazione e integrazione di file audio possono essere comunicate informazioni fonetiche di lemmi specifici, e ciò è impossibile in un’edizione tradizionale se non con l’aiuto di con supporto esterno, come può essere il CDRom; infine, si può immaginare, persino, di far leggere il manoscritto in diverse lingue o di creare delle visualizzazioni 3D dello stesso. Ovviamente, lo sfruttamento di queste potenzialità deve avere una giustificazione scientifica e un preciso obiettivo di ricerca.

Infine, l’ultimo punto a favore della creazione di un’edizione digitale è: 5. «And, last but not least, user interaction»48

Della possibilità di interagire con questo tipo di edizione da parte degli utenti e

del “lettore” esperto ne abbiamo parlato lungamente in precedenza, pertanto, non ci dilungheremo sull’argomento.

47 Mio l’uso del corsivo.

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Nel documento Gaia Russo (pagine 37-41)