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Il supporto cartaceo degli Abbozzi

Nel documento Gaia Russo (pagine 62-65)

1.1 L’esame codicologico: problematiche e soluzioni

1.1.2 Il supporto cartaceo degli Abbozzi

Partendo, allora, da alcuni dati oggettivi, incominciamo dagli aspetti più esterni e cioè la situazione materiale del supporto e la struttura interna della fascicolazione. Dalla nostra esperienza, sappiamo, che il manoscritto delle Abbozzi è composto da nove carte o fogli, ovvero diciotto pagine, tutte circa della stessa dimensione, ossia, di trecento millimetri di altezza per centoundici millimetri di lunghezza. Leggendo queste misure millimetriche notiamo che il secondo parametro viene quasi a coincidere con la terza parte del primo (3:1). È facile constatare, anche dall’osservazione della fotoriproduzione della carta 1 r. nella Figura 184 che questo tipo di formato, inteso

come l’area determinata della superficie dell’intera carta, appaia in definitiva stretto e lungo, esteticamente diverso rispetto, ovviamente, alle proporzioni geometriche della pagina moderna più comune, si pensa qui al formato A4 (210x297mm)85. Avvertiamo subito, che la numerazione è stata eseguita personalmente partendo dalla prima carta, contenente la collocazione: “Ms 42”, apposta dalla Biblioteca Universitaria di Grenoble e proseguendo per continuità di contenuto narrativo e di concordanze di rima fino all’ultima, vale a dire la carta 9 v. Inoltre, è bene precisare che nel computo è stata considerata e numerata anche una carta bianca presente all’interno del codice.

Esaminando la carta in funzione del suo compito di supporto alla scrittura/lettura, possiamo affermare che la gestione dello spazio di questa sembra adeguata alla lettura veloce, quest’ultima, infatti, sebbene appaia lunga, contiene nel complesso un numero di vocaboli abbastanza esiguo, ottenendo così un buon compromesso tra le opposte esigenze di economia dello spazio della carta e leggibilità. Allo stesso modo e in relazione a quanto appena detto, possiamo affermare che, sempre osservando la Figura

1, diversamente da altri tipi di manoscritti della stessa epoca, l’impaginazione del testo

avviene a piena pagina e non suddiviso in due colonne, o colonnine. Potremmo allora dedurre che la scelta del tipo d’impaginazione sia fatta dallo scrivente per ottemperare alla dimensione piccola della larghezza del supporto, che sarebbe risultata, in caso contrario, a causa dell’addensamento di scrittura al suo interno, forse, troppo

84 Questa considerazione e le altre di natura codicologica possono essere osservate dalla fotoriproduzione di tutte le carte del codice, in Appendice.

85 Si fa questa comparazione solo ed esclusivamente per rendere più esplicita la visione complessiva del documento e non perché questo giudizio sia ritenuto portatore di riflessioni cronologiche, codicologiche o estetiche.

63 Segnatura →

Segno di foratura→

Segno di foratura →

Fig. 1: c. 1 r., intera carta.

appesantita dall’inserimento di un’altra colonna. Osserviamo a questo punto da vicino la prima carta del manoscritto, che ci fornirà in seguito utili elementi codicologici e paleografici:

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Considerando sempre la Figura 1, possiamo vedere, pertanto, come la pagina in fotoriproduzione sia stata sfruttata economicamente dallo scrivente quasi nella sua totalità, nel senso della larghezza e in quello della lunghezza; infatti, lui o lei86, preferisce lasciare poco spazio ai margini sia riguardo quelli superiori e inferiori, i quali sono generalmente più alti, che per quello che compete ai margini laterali. Per questi ultimi due si è osservata dalla lettura e dal confronto delle diverse carte anche una certa sistematicità, vale a dire, il margine destro appare quasi completamente assente in tutte le carte, mentre il secondo, risulta al contrario sempre molto irregolare. In base a ciò e guardando la scrittura possiamo dire che si tratta, in definitiva, di un quadernuccio mercantesco, un tipo di fascicolo usato tra XIV e il XVI secolo87.

Un’ulteriore prova della funzione del tutto privata del libro, che è quanto mai certa e facilmente constatabile a prima vista, potrebbe essere ricavata dall’osservazione del principio essenziale di regolarità. Quest’ultimo è dato dalla coerenza della lunghezza delle righe e come possiamo osservare sempre nella stessa Figura 1, non è affatto conforme alle norme dei manoscritti prestigiosi del XV-XVI secolo, nonostante, anche per le ragioni legate alla metrica, ci si aspetterebbe una proporzionalità maggiore tra le diverse parti trascritte. Tuttavia, dobbiamo ugualmente sottolineare che il rapporto tra bianco della carta e il nero dell’inchiostro nelle pagine risulti, quasi sempre, proporzionale in tutte le parti del manoscritto e convaliderebbe l’ipotesi di una copia maggiormente “pensata”. Detto ciò, dobbiamo mettere in conto che l’ultimo aspetto possa non essere significativo, in quanto, forse, scaturisce da una prassi di scrittura regolare connaturata nelle abitudini dell’autore.

Indugiando ancora nelle questioni legate all’impatto visivo è molto interessante notare che la mise en page, intesa come successione delle rettrici, o lineazione, all’interno della pagina, enfatizzi l’uso della terzina, cioè, metta in rilievo proprio quell’elemento compositivo strutturale, che accomuna ogni diverso blocco testuale.

86 Non possiamo, infatti, dare per scontato il sesso dello scrivente, tuttavia prima e da qui in poi parleremo, per agevolare la lettura, dell’autore del manoscritto adottando solo il genere grammaticale maschile, data la più alta probabilità, per ragioni statistiche, che si tratti di un uomo.

87 Per un precedente si può vedere lo studio sul Magl. VII. 1034, (dimensioni 285 mmx 115), un codice composito di poesie antiche, condotto da Anna Maria Bettarini Bruni, intitolato Studio sul quadernuccio

di rime antiche nel Magl. VII. 1034, in “Bollettino dell’Opera del Vocabolario Italiano”, 7, 2002, pp.

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Precisamente, come si vede sempre nella nostra immagine di riferimento, la Figura 1, la riga contenente il primo verso di ogni terzina è spostata di circa un centimetro dal margine sinistro rispetto al corpo degli altri due versi, venendo in tal modo a realizzare, visivamente, una gerarchizzazione della scrittura e un isolamento tra le diverse parti del testo. Anche questo elemento, quindi, potrebbe aggiungersi al precedente, come la traccia di una scrittura e di un’impostazione dello spazio della pagina organizzata e ragionata preliminarmente.

Nel documento Gaia Russo (pagine 62-65)