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Capitolo III Il soggetto e l’oggetto del possesso

1.2 I soggetti speciali del possesso 1 L’impubere

1.2.3 Le città e i corpi moral

A proposito della capacità del possesso dei municipi ed in genere i collegi, nel diritto classico esisteva un principio negativo, cioè le persone giuridiche non possono possedere. Però dal punto di vista pratico, questo principio non è adatto alle esigenze economico–sociali. Nell’età antica la giurisprudenza ha già sentito il disagio e riconosciuto la capacità del possesso dei municipi nei casi eccezionali:

D.41,2,1,22

Paulus 54 ad ed.

Municipes per se nihil possidere possunt, quia universi consentire non possunt. forum autem et basilicam hisque similia non possident, sed promiscue his utuntur. sed nerva filius ait, per servum quae peculiariter adquisierint et possidere et usucapere posse: sed quidam contra putant, quoniam ipsos servos non possideant.

D.41,2,2

Ulpianus 70 ad ed.

Sed hoc iure utimur, ut et possidere et usucapere municipes possint idque eis per servum et per liberam personam adquiratur.

Questi due frammenti sono molto importanti su questo tema, da cui possiamo vedere sia il principio classico che le diverse opinioni dei giuristi. Tra questi due frammenti, il primo è più chiaro e la sua genuinità è meno sospetta. Nell’inizio Paolo ha dimostrato il principio"municipes per se nihil possidere possunt", perché"universi

consentire non possunt". Poi ha citato l’opinione del Nerva figlio che"per servum quae peculiariter adquisierint et possidere et usucapere posse". Però Paolo non ritiene

che quest’opinione sia molto sicura, perché"ipsos servos non possideant". Da questo frammento si vede che il principio negava la capacità del possesso ai municipi. Però nel tempo molto presto (al meno nell’ultimo tempo dell’epoca classica) sorgeva la

tendenza di superare questo principio rigido per adeguarsi alle esigenze pratiche. Per questo motivo, qualche giurista (Bekker) persino ritiene che esistevano due principi contemporaneamente: l’uno giuridicamente logico, l’altro riconosciuto per riguardi pratici.

A proposito del secondo frammento, ci sono più discussioni. Prima di tutto, la sua genuinità è molto sospetta. Il De Francisci ritiene che la fine del testo"idque etc."sia interpolata, adducendo il passaggio dall’attivo al passivo, l’idque non si sa a che cosa riferire, e la frase per liberam personam, la quale non è classica. L’Albertario va più avanti, ritenendo che tutto il testo appartenga ai compilatori. Perché, secondo esso, Ulpiano non poteva recisamente affermare sed hoc iure utimur, ut et possidere et

usucapere municipes possint. Inoltre, questa spiegazione corrisponde al modo di

interpolare dai compilatori: di solito interpolano Paolo, però in materia del possesso, dove Paolo dà gli estratti più copiosi, la cosa si inverte, il giureconsulto interpolato è Ulpiano.100 Mentre l’opinione del Riccobono è contraria, egli crede che le testimonianze secondo cui si ritiene che questo frammento sia interpolato non siano sufficienti. Quindi non si può escludere la possibilità che il valore espresso da questo frammento appartiene ai giuristi prima del Giustiniano. A causa delle loro diverse opnioni verso il contenuto delle fonti, aggiungono le conclusioni diverse. Secondo l’Albertario, nel diritto giustinianeo i municipi possono acquistare il possesso mediante il servo ex omnibus causis, e mediante i rappresentanti estranei: per liberam

personam. Nel diritto classico— non secondo l’opinioni di tutti giuristi romani—

possono acquistare solo per mezzo del servo ex causa peculiari. Si può anche dire che il diritto classico manteneva nei confini della logica, ma Giustiniano li oltrepassa e li distrugge.101 Invece secondo il Riccobono, per adeguarsi alle esigenze pratiche, bisogna riconoscere la capacità del possesso dei municipi. Quindi l’antico principio viene rispettato nella forma, ma pienamente leso nella sostanza. Però non si può affermare che questo grande passo solo fatto nell’epoca giustinianea. È molto

100

Albertario, E., Il possesso romano, Padova, 1932, p.328

101

probabile che anche nel tempo più antico il principio fosse già superato.102

A mio avviso, non c’è la differenza sostanziale tra le opinioni di questi due giuristi. L’unico punto per cui non sono d’accordo è il periodo quando si iniziava ad introdurre le regole secondo cui anche i municipi possono possedere mediante i servi od i liberi. Sappiamo che lo sviluppo storico della giurisprudenza romana sia un processo graduale e complicato. Alcune volte non si riesce a verificare precisamente da quando iniziava una regola o fino a quando la finisce. Perché in questo complesso processo, le opinioni dei giuristi si intrecciavano, un’opinione che all’inizio era trattata come eccezionale poteva diventare dominante nel tempo posteriore. Lo scopo primo dello studio del diritto romano è verificare il sistema dottrinale dei giuristi romani, i loro metodi dello studio e le loro mentalità. Se si può aggiungere questo scopo, anche se esiste qualche ambiguità del tempo, non dà tanto disagio per lo studio.

Slavo i municipi, si discuteva anche la capacità possessoria dell’eredità giacente nel diritto romano. Generalmente, nel caso dell’eredità giacente si applicavano gli stessi principi riconosciuti nel caso dei municipi, cioè ammetteva che essa poteva acquistare il possesso mediante il servo ex causa peculiari (D.41.2.1.5).Però, nel frammento D.41, 3, 44, 3, quando Papiniano trattava lo stesso argomento, non ha menzionato ex causa peculiari. L’Albertario ritiene che la menzione dell’ex causa

peculiari in questa legge è stata certamente soppressa dal Giustiniano. Così, si può

dire che le regole per la capacità possessoria dei municipi ed altri corpi morali nel diritto classico sono uguali.

2 L’oggetto del possesso