2.2 L’origine storica del possesso 1 Il possesso e ager publicus
2.2.1.1 La formazione e lo sviluppo dell’ager publicus
Secondo la teoria dominante, la tutela del possesso è nata in riferimento all’ager publicus, più precisamente per tutelare il possesso dei privati sugli appezzamenti di
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Id., p.525
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Carcaterra, A., “La voce possidere ad un esame filologico–giuridico”, In Archivio giuridico,
1963, p.172
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Id., p.173
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ager publicus di cui era stato loro, a vario titolo, permesso o concesso il godimento.
Quindi, per poter inquadrare questa importante origine storica del possesso, dobbiamo soprattutto impegnarci a chiarire il concetto di ager publicus, sottolineando la sua formazione e sviluppo storico, e nonché i suoi diversi tipi.
L’ager publicus è molto importante per l’economia romana e la sua apparizione è molto precoce nella storia di Roma: circa il primo secolo della repubblica. Indubbiamente, anche nell’epoca precedente, cioè l’epoca monarchica, troviamo già menzione dell’ager publicus, ma si tratta di una forma embrionale dell’ager publicus, cioè l’ager gentilizio, che esisteva già nell’epoca arcaica, persino prima della fondazione della città.
La gens è una forma di comunità autonoma molto importante nelle prime fasi della storia romana. Esisteva già prima della formazione della città e, dopo la formazione della città, divenne un gruppo basilare costitutivo della città stessa. All’interno della
gens, come nella città, solo una parte della terra apparteneva ai singoli pater familias,
la quale costituiva heredia della famiglia. tutta la parte restante sarebbe rimasta di pertinenza collettiva della gens. Con lo sviluppo storico della città romana, l’ager gentilizio diventava una parte importante dell’ager publicus.45 Sebbene l’ager gentilizio abbia avuto una parte importante nella formazione e nello sviluppo dell’ager publicus, non vorrei però impegnarmi tanto su questo tema. Perché da un lato, il contenuto dell’ager publicus nell’epoca arcaica di Roma è molto incerto e su di esso gli storici, ad es. Niebuhr, Savigny, Schwegler, Jhering, Mommsen, hanno dibattuto molto; dall’altro lato, i dati per noi utili relativi alla tutela interdittale del possesso dell’ager publicus riguardano l’età repubblicana avanzata, in cui l’ager
publicus aveva assunto proporzioni imponenti ed un’enorme importanza politica,
economica e sociale, e le informazioni nelle fonti permettono altresì di delineare un quadro sufficientemente chiaro ed attendibile.
L’ager publicus include non solo l’ager gentilizio. Nel processo della progressiva espansione militare di Roma, dapprima sui territori circonvicini, poi su tutto il suolo
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italico, si era consolidata la prassi secondo la quale una parte del territorio appartenente alle popolazioni vinte era incamerato da Roma.
Dei territori così acquistati, la cui estensione andò enormemente aumentando, una parte veniva divisa e assegnata a singoli cives romani (cioè ager divisus et adsignatus, in quanto esso veniva frazionato con esatta determinazione dei confini e assegnato
viritim, cioè a singoli uomini, in pratica ai vari patres familias), i quali acquistavano
sui singoli appezzamenti un diritto tutelato contro chiunque mediante la legis actio
sacramento in rem, la quale s’imperniava sulla formalizzata affermazione di spettanza ex iure Quiritium meum esse aio, diritto che a partire da una certa epoca venne
tecnicamente configurato come dominium ex iure Quiritium o proprietas privata. All’espansione territoriale si affiancò la fondazione di colonie su parte della terra conquistata, con assegnazione in appartenenza esclusiva ai singoli coloni degli appezzamenti risultanti con delimitazione dei confini. Appezzamenti di modeste estensioni nelle più antiche colonie, dette civium Romanorum (in quanto chi si trasferiva nella colonia manteneva la cittadinanza romana), notevolmente più estesi invece nelle colonie di fondazione più recente, dette coloniae latinae (in quanto coloro chi vi si trasferivano perdevano la cittadinanza romana e assumevano la condizione di latini, in particolare latini coloniarii).
Escluse queste parti dei territori tolti alle popolazioni vinte, attribuite ai singoli e costituenti giuridicamente ager privatus, tutto il resto (normalmente la gran parte del territorio annesso) diveniva ager publicus.46 Il dominium dell’ager publicus
apparteneva al popolo romano, e i singoli cittadini che aravano e coltivavano o pascolavano sull’ager publicus non avevano che una signoria di fatto, cioè il possesso.
Con il processo dell’espansione di Roma, l’ager publicus diventava sempre più enorme e importante, sia economicamente, sia politicamente. L’imposta dell’ager
publicus era una fonte principale per il tesoro dello Stato e l’assegnazione dell’ager publicus aveva un’importanza enorme dal punto di vista politico, e spesso diventava il
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fulcro delle lotte tra i diversi ceti sociali. Però nell’ager publicus c’era la tendenza all’abuso e alla privatizzazione da parte dei possessori, sia per il perpetuarsi di possessi per le quali era venuta meno la giustificazione, sia perché sempre più spesso porzioni dell’ager publicus (spesso per l’incertezza dei confini) venivano utilizzati come se si trattasse di ager privatus. Siccome questo tipo di invasione dell’ager
publicus da parte dei possessori diventava sempre più frequente, e al contempo
controllarla e sanzionarla non era cosa facile da attuare, il consolidamento della stabilità delle possessiones dei privati sugli ager publicus si impose come irreversibile.
In coerenza con questa inarrestabile linea di sviluppo, attraverso una serie di interventi legislativi, si arrivò alla progressiva trasformazione dell’ager publicus in
ager privatus, sicché, in misura sempre crescente, sulle terre che erano oggetto delle
antiche possessiones si finì per riconoscere ai privati il diritto di proprietà.
Una testimonianza di grande rilievo in questo senso ci è offerta dalla Lex agraria del 111 a.C. Da tale lex risulta infatti come in tutta una serie di casi, per vaste estensioni di ager publicus che dovevano essere solo oggetto di possesso, venisse ormai riconosciuta la condizione di agri privati, e quindi la piena e esclusiva appartenenza ai privati, non di rado in sanatoria di situazioni più o meno abusive.47
Un’altra legge simile fu legge Thoria del 635, concernente la parte occupata come possesso, in cui si stabilì la proibizione per l’avvenire di ogni assegnazione, a qualsiasi titolo, di queste possessiones; confermava ai possessori il loro possesso entro e fuori i limiti della legge Sempronia, con la condizione di dover pagare allo Stato una relativa imposta e stabilendo inoltre la distribuzione ai proletari di detta imposta.
Questa legge, dunque, disponeva che le possessiones non fossero più soggette al diritto di ripetizione dello Stato e che fossero soggette ad un vectigal. E con queste disposizioni si devono ritenere abolite le possessiones. Era eliminato il diritto dello Stato di riprenderle a suo libitum, ed erano riconosciute ereditarie ed a assoggettate ad un tributo. Così, questa legge convertiva le antiche possessiones in una vera proprietà
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privata libera, in dominium.48
Su questa via si progredì ancora nel corso dell’ultimo secolo a.C. E alla fine di questo secolo (quindi tra la fine della repubblica e gli inizi del principato), sul suolo italico quasi tutto l’ager publicus era divenuto ager privatus.
Tant’è che nell’età imperiale, e nella visuale dei giuristi classici, i fondi siti in suolo italico erano senz’altro inquadrati tra le res privatae. Salvo qualche residuo, ormai il suolo italico era normalmente ager privatus, mentre era ager publicus quello extra–italico, cioè il suolo provinciale, di cui si diceva che il dominium spettava al popolo romano nelle provinciae populi Romani (dette anche senatorie, in quanto amministrato sotto la direzione del senato), mentre spettava all’imperatore nelle
provinciae Caesaris.49