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2.1 La formulazione del concetto

2.1.1 Cittadinanza ed uguaglianza sociale

Nei suoi scritti pioneristici degli anni cinquanta Marshall inizia a definire la tematica della cittadinanza attraverso un’analisi della storia politica e sociale dell’Inghilterra, dalla rivoluzione industriale alla nascita del welfare state.

L’assunto implicito che ci fornisce è che la nozione di cittadinanza più di ogni altra è la chiave per la comprensione delle dinamiche politiche e sociali di una moderna democrazia industriale (Cfr. Zolo 1974, Zolo 1992, Barbalet 1992).

Nel suo Cittadinanza e classe sociale affronta fondamentalmente tre temi: la definizione della nozione di cittadinanza; l’interazione fra diritti di cittadinanza e diseguaglianze sociali legate all’economia capitalistica.

Per lui la cittadinanza è uno status che fornisce diritti e doveri ai nuovi ceti sociali che si radicalizzano con lo sviluppo della società industriale a partire dalla seconda metà del Settecento40.

L’Autore distingue tre componenti41, o fasi, della cittadinanza: quella civile, quella politica e quella sociale (Marshall 1950: 78-79)42.

La cittadinanza civile storicamente si afferma per prima e stabilisce l’esistenza per gli individui una serie di diritti e di libertà: la libertà fisica, la libertà di parola, di pensiero e di religione, il diritto a possedere a titolo di proprietà e di concludere contratti, il diritto alle prestazioni del sistema giudiziario in base al principio di uguaglianza nei riguardi della legge (King e Waldron 1988: 419).

La cittadinanza politica si manifesta nel secolo diciannovesimo ed in parte riflette le rivendicazioni politiche delle classi subalterne. Tale forma di cittadinanza consiste nel diritto dei cittadini a partecipare all’esercizio del potere politico in qualità di membri di organi investiti di autorità oppure in qualità di elettori dei suddetti organi. Indiscutibilmente il suffragio generale per l’elezione del parlamento e delle assemblee

40 A differenza delle forme premoderne di appartenenza politica che sono di natura strettamente

elitaria, la cittadinanza moderna ha un carattere di natura espansiva.

41 L’idea secondo cui la cittadinanza comprende tre parti può essere individuata in una serie di

conferenze tenute da Leonard Hobhouse alla Columbia University, agli inizi del secondo decennio del Novecento, facendo riferimento ai caratteri politici e civili insiti nella cittadinanza moderna, l’Autore insiste sul «dovere della comunità di fornire il minimo strettamente necessario ad una vita indipendente» (Hobhouse 1928: 175) agli individui che vi partecipano, descrivendo con queste parole quello che potrebbe essere dipinto come l’embrione sociale del diritto sociale moderno.

42 Va evidenziato che l’approccio marshalliano al problema della cittadinanza e dei diritti ad essa

connessa, non è nuovo semplicemente perché pone l’accento sui suoi elementi distintamente, ma perché evidenzia la singolare importanza ed autonomia di ciascuno di questi tre elementi, negando la possibilità di una loro derivazione diretta del nucleo delle libertà negative (Cfr. Berlin 1989), cioè da quei diritti civili (specialmente dai diritti inerenti la proprietà) di tradizione tipicamente mercantile.

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del governo locale è l’espressione centrale di questa seconda fase della cittadinanza (Ibidem).

In ultimo troviamo l’elemento dalla formalizzazione giuridica più sofferta, la

cittadinanza sociale; si afferma nel corso del ventesimo secolo e consiste nel diritto ad

un grado di educazione, di benessere e di sicurezza commisurato agli standard prevalenti entro la comunità politica. Insomma comprende tutto quell’insieme di garanzie che «va da un minimo di benessere economico e di sicurezza, fino al diritto a partecipare pienamente al retaggio sociale ed a vivere la vita di persona civile secondo i canoni vigenti nella società» (Marshall 1950: 8). I sistemi istituzionali più direttamente connessi con tale aspetto della cittadinanza sono il sistema scolastico43 ed i servizi sociali44.

Ognuno di questi elementi è caratterizzato da un’istituzione che grazie alla sua funzione rende possibile l’esercizio dei diritti di cittadinanza ad essa corrispondenti, queste sono le corti giudiziarie (riguardo i diritti civili), il Parlamento ed i consigli locali (diritti politici), ed infine i servizi sociali (diritti sociali).

Ciò che più caratterizza l’istituzione cittadinanza, contrapponendola in maniera netta allo stato feudale, è la sua tensione verso l’uguaglianza.

In linea teorica la cittadinanza moderna è il riconoscimento di un’appartenenza piena alla comunità, nel senso che tutti i cittadini sono uguali dal punto di vista dei diritti e dei doveri, nonostante non esista alcun principio universale che determini i contenuti di questi diritti, nelle società in cui si sviluppano gli istituti della cittadinanza si afferma comunque «un’immagine di una cittadinanza ideale» (Marshall 1950: 91).

Questa funziona come modello per misurare i risultati conseguiti e come traguardo verso cui si orientano le aspettative sociali. «La tendenza evolutiva che si sviluppa nel solco della cittadinanza va dunque nella direzione di una maggiore eguaglianza, sia perché aumenta il numero di coloro cui la cittadinanza viene attribuita,

43 Marshall ritiene che il sistema scolastico sia una priorità fra servizi sociali e questo evidenzia

l’importanza delle funzione educativa per la formazione del cittadino, quindi del gentleman, inteso come idealtipo dell’individuo civile per antonomasia, « il problema non è se tutti gli uomini finiranno per essere uguali, e questo certo non accadrà, ma se non si può costantemente seppur lentamente progredire fino al punto in cui ogni uomo, almeno per il lavoro che svolge sarà un gentlemen» (Marshall 1950: 4-5).

44 Non essendo questi un’istituzione in senso proprio e presentandosi, comunque, estremamente diver-

sificati a seconda del contesto in cui operano, non è possibile circostanziare l’azione o l’efficacia, ossi a le quantità e la qualità delle garanzie ad essi corrispondenti.

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sia perché si arricchisce la qualità stessa dello status di cittadino» (Marshall 1950: 92- 93)45.

Il sociologo afferma che nella fase embrionale della cittadinanza non esiste un vero contrasto fra la stessa ed il capitalismo, anzi l’attribuzione dei diritti civili ai soggetti individuali era indispensabile per un’economia di mercato. A questo livello la logica (civile) dello status e la logica (mercantile) del contratto non solo non entrano in collisione, ma sono profondamente sinergiche. La cittadinanza civile, infatti, consente ad ogni individuo di impegnarsi come unità indipendente nella competizione economica e legittima, contemporaneamente, il rifiuto di ogni protezione sociale a favore di soggetti che si presume siano già dotati degli strumenti formali (la disponibilità della propria forza lavoro, la capacità contrattuale, il diritto di proprietà, le libertà personali) per affermarsi e difendersi da soli (Ibidem).

Per quanto riguarda la cittadinanza politica, Marshall ritiene che, sebbene non abbia esercitato un effetto immediato sulle strutture della diseguaglianza economico- sociale, essa si sia progressivamente rivelata «piena di potenziali pericoli per il sistema capitalistico» (Ibidem: 102). Era potenzialmente pericolosa poiché permetteva l’inserimento delle classi lavorative entro le istituzioni elitarie tipiche della democrazia liberale, sviluppandone il senso di appartenenza politica con effetti non solo di integrazione sociale, ma anche di accresciuta consapevolezza rivendicativa.

La cittadinanza democratica avrebbe offerto soprattutto alle classi lavoratrici uno strumento prezioso per affermare il loro interesse all’eguaglianza: l’uso pacifico del potere politico e sindacale in alternativa alla rivoluzione violenta.

Sarà la cittadinanza politica ad aprire la strada al riformismo delle politiche egualitarie del ventesimo secolo e all’affermazione dei diritti sociali.

Il tema che è più rilevante per Marshall è il rapporto fra cittadinanza sociale ed il sistema di classe capitalistico poiché in esso si annidano le potenzialità ed i limiti della cittadinanza al suo livello più evoluto. Egli riconosce che la cittadinanza sociale non ha

45 Come afferma Zolo «ecco il paradosso attorno al quale ruota l’intera riflessione di Marshall, i diritti

di cittadinanza, con la loro tensione verso l’eguaglianza, sono indissociabili dalla nascita e dallo sviluppo del capitalismo, e il capitalismo “is a sistem not of equality, but of inequality”. Come è possibile, non cessa di domandarsi Marshall, che un sistema sociale si stabilizzi e si sviluppi nonostante che alla sua base ci sia un conflitto così radicale fra “opposing principles”? Si tratta dunque di trovare una spiegazione ad un fenomeno che secondo Marshall è tipico delle moderne società industriali e che le differenzia nettamente dalle società premoderne, nelle quali alla stratificazione economico-sociale corrispondevano criteri di appartenenza politica altrettanto discriminatori» (Zolo 1992: 8).

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le complete potenzialità per sovvertire la logica contrattale antiegualitaria del mercato, l’estensione dei servizi sociali non ha e non può avere come fine l’eguaglianza dei redditi, ciò che invece può ottenere e un generale arricchimento della vita civile, la riduzione dei rischi e dell’insicurezza ed una tendenziale equiparazione fra i cittadini più fortunati e quelli meno fortunati dal punto di cista della salute, dell’età, delle situazioni familiari.

La cittadinanza sociale comporta una sorta di infiltrazione della logica dello status entro quella del contratto poiché tende a subordinare i prezzi di mercato a criteri di giustizia sociale e a sostituire il libero scambio con la dichiarazione dei diritti. Questi diritti sono così profondamente radicati all’interno del sistema contrattuale che non possono più dirsi estranei alla pratica del mercato, si può ritenere che la cittadinanza sociale pur non essendo in grado di sopprimere le diseguaglianze, ha comunque l’effetto di modificare il modello di disuguaglianza sociale46. Ciò che permane non è più una disuguaglianza di status, ma una semplice diseguaglianza di reddito, andando a garantire per ciascuno «un diritto universale ad un reddito reale non misurato sul valore di mercato del soggetto» (Ibidem: 39). Questa disuguaglianza è molto più accettabile della prima, in particolar modo all’interno di una società dinamica e democratica nella quale è consentita l’organizzazione sindacale e non esistono privilegi ereditari.

Marshall conclude affermando che alla fine di questo processo le diseguaglianze non avranno più una precisa funzione economica e anche la competizione sociale cesserà di essere un fenomeno normale poiché i beni essenziali per una vita soddisfacente e sicura saranno garantiti a tutti indipendentemente dai livelli di reddito (Ibidem: 127-132)47.

Se così è si può concludere che la tensione fra gli opposti principi della cittadinanza del mercato, per quanto probabilmente insuperabile, non ha l’effetto

46 Ciò dipende fondamentalmente dalla scansione temporale con cui si sono affermate le garanzie del

cittadino. In un primo tempo si realizzarono i soli diritti civili, sorti come necessità di adattare la visione dei rapporti interpersonali alla nuova etica mercantile; in un secondo momento si svilupparono anche i diritti politici, derivanti dalla necessità di ampliare la base di partecipazione e di consenso alle politiche statali, ed in definitiva alle decisioni della classe dirigente capitalista.

47 Se i diritti di cittadinanza si configurano come garanzie alla partecipazione in misura eguale ad una

comunità in quanto fine in sé, il reddito reale ottenuto con i diritti sociali non rappresenta un fine, ma un mezzo per condividere quel retaggio sociale e culturale che si attiva per mezzo del concreto godimento dei diritti civili e politici, un mezzo per vivere pienamente la dimensione del cittadino. Senza l’istruzione e le risorse economiche necessarie affinché si possano esercitare i diritti civili e politici, la cittadinanza resta vuota nei suoi effetti pratici.

55 paralizzante di una contraddizione o di un’antinomia funzionale, un fattore essenziale di stabilità e di sviluppo delle società industriali (Zolo 1992: 10).