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Seconda generazione di migranti e processi di cittadinanza

4. Una nuova generazione di italian

La sedentarietà non è che una breve parentesi nella storia dell’umanità, l’uomo è rimasto affascinato dal nomadismo

e sta ritornando viaggiatore. J. Attali, L’homme nomade

4.1 Figure e “definizioni” di migrante

Le migrazioni sono un fenomeno antico come l’umanità stessa, tanto che è possibile affermare che «gli umani sono una specie migratoria» (Massey et al. 1998: 3). Prima di divenire in qualche maniera sedentaria, l’umanità è stata nomade, impegnata in incessanti spostamenti per seguire le prede di cui si nutriva, scoprire nuovi territori di caccia, sottrarsi a carestie e calamità naturali.

La storia narra di grandi migrazioni la Genesi e l’Esodo raccontano di spostamenti di piccoli e grandi gruppi di popolazione. Nell’Atene classica, fra i cittadini a pieno titolo e gli schiavi, chi ricopriva un ruolo economico fondamentale erano i meteci, lavoratori e commercianti forestieri ammessi come residenti ma privi dei diritti politici. Anche quelle che nella nostra tradizione storiografica, sono state chiamate invasioni barbariche, in realtà sono interpretabili come migrazioni verso i territori dell’Impero romano, o ancora i mercanti di origine straniera che animavano i mercati delle città medioevali sono tutti accadimenti che attestano l’insediamento di popolazioni inizialmente “straniere” ma che danno vita, con le generazioni successive, alla formazione di nuove realtà linguistiche e culturali.

Fenomeni come la dissoluzione degli imperi coloniali, l’immigrazione di ritorno, dei discendenti di antichi emigranti, gli spostamenti di rifugiati e perseguitati, la nascita di seconde e terze generazioni, i matrimoni misti, impongono continue ridefinizioni dei confini tra cittadini nazionali e immigrati stranieri, dando luogo tra l’altro a soluzioni giuridiche differenti tra un paese e l’altro (Ambrosini 2005:16).

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Le diverse definizioni sono tasselli che compongono il complesso “puzzle” socio- culturale sotteso alla figura del migrante. In questo scenario possiamo assumere come base di partenza la definizione proposta dalle Nazioni Unite «una persona che si è spostata in un paese diverso da quello di residenza abituale e che vive in quel paese da più di un anno» (Cfr. Kofman, Phizacklea, Raghuram 2000: 9).

La suddetta definizione include tre elementi: lo spostamento in un altro paese, il fatto che questo paese sia diverso da quello in cui il soggetto è nato o ha vissuto abitualmente nel periodo precedente il trasferimento, una permanenza prolungata nel nuovo Paese, fissata convenzionalmente in almeno un anno. Si può notare che tale definizione non prende in considerazione né le migrazioni interne, né gli spostamenti di durata inferiore ad un anno (molto importanti fra di essi quelli per il lavoro stagionale), né la diversa posizione giuridica dell’immigrato e del cittadino.

Il pensiero va ai figli di immigrati che vengono considerati stranieri pur essendo nati nel paese in cui i loro genitori si sono trasferiti e non avendo neanche vissuto la migrazione o ancora quei giovani che hanno subito la migrazione come imposizione della famiglia (Ambrosini 2005: 17).

Consapevoli dell’approssimazione di questa impostazione, e della necessità di problematizzarla ed arricchirla nel corso della trattazione, scegliamo comunque di partire da qui per individuare, sulla scorta di una fonte ufficiale internazionalmente riconosciuta, i termini essenziali del nostro oggetto di studio.

Le migrazioni vanno considerate come “processi”, dotate di una dinamica evolutiva che comporta una serie di adattamenti e di modificazioni nel tempo, e come sistemi di relazioni che riguardano le aree di partenza e quelle di destinazione, coinvolgendo una pluralità di attori e di istituzioni (le autorità del paese di appartenenza e quelle della società che accoglie, quelle dei paesi attraversati, i sistemi normativi che regolamentano gli spostamenti, ecc…). Le migrazioni sono dunque costruzioni sociali complesse, in cui agiscono tre principali attori, come descritto da Ambrosini (2005: 18):

1) le società d’origine, con le loro capacità di offrire benessere, libertà e

diritti ai propri cittadini e con politiche più o meno favorevoli all’espatrio per ragioni di lavoro di parte della popolazione;

2) i migranti attuali e potenziali, con le aspirazioni, progetti e legami

118 3) le società riceventi, sotto il duplice profilo della domanda di lavoro di

importazione e delle modalità di accoglienza, istituzionale e non dei nuovi arrivati.

Proprio gli atteggiamenti e le scelte politiche delle società ospitanti appaiono oggi sempre più decisivi nel plasmare i processi di selezione dei migranti, i tipi di immigrati che di fatto si insediano sul territorio le forme di inclusione attuate e le relazioni che si istituiscono fra cittadini autoctoni e i residenti stranieri.

Nello scenario internazionale un aspetto rilevante delle migrazioni contemporanee è il superamento dell’identificazione dell’immigrato con una sola figura sociale: un lavoratore manuale, poco qualificato, generalmente maschio, inizialmente solo, per cui si sono differenziati i tipi di migranti e le motivazioni che portano alla migrazione.

La regolazione degli ingressi, soprattutto in Europa, ha limitato gli arrivi di lavoratori manuali con contratti di lunga durata, provocando l’aumento imprevisto di varie altre motivazioni che giustificano l’ingresso come ad esempio i ricongiungimenti familiari e il rifugio politico e umanitario.

Il mutamento che si sta osservando in Italia, negli ultimi anni, ha, infatti, non solo carattere quantitativo, ma anche e soprattutto carattere qualitativo e ha a che fare con l’evoluzione dei diversi stadi migratori. Col succedersi degli stadi migratori tendono a mutare alcune variabili rilevanti dei flussi in entrata. Mutano così l’età media d’ingresso, la composizione del mix dei generi, il livello medio del loro titolo di studio, la previsione circa la durata del soggiorno. Definire la morfologia dell’immigrazione in Italia oggi significa osservare il processo di naturale sedimentazione dei flussi sviluppatosi gradualmente nell’ultimo trentennio trascorso. Possiamo considerare dunque, alcune caratteristiche dell’odierno fenomeno migratorio nel nostro paese consapevoli che l’evoluzione demografica e sociale della popolazione immigrata ne ha modificato il profilo anagrafico. Il numero dei migranti continua ad aumentare.

Stando infatti a recenti dati Caritas (2012) gli stranieri residenti in Italia a fine 201093 sono in totale 4.570.317, contro i 3.897.297 di fine 2008 e l’incidenza degli stranieri sulla popolazione complessiva è del 7,5% (il dato provvisorio del 2011 prevede 3.865.385). Gli stranieri nati in Italia (seconde generazioni) a fine 2011 sono 79.587; gli

93 Si è scelto di prendere in considerazione alcuni dati del 2010 perché alcuni dati statistici dell’anno

2011 sono da considerarsi ancora provvisori a causa dell’analisi del Censimento 2011 non ancora del tutto completata.

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iscritti a scuola nel 2011 sono in totale 755.939 , mentre nel 2009 erano 673.592 (Tab. 1).

Una situazione altrettanto importante da un punto di vista numerico è riscontrabile in Sicilia dove gli stranieri residenti a fine 2008 erano in totale 114.632, e la loro incidenza sulla popolazione regionale era del 2,3%, mentre a fine 2011 diventano 142.000 con incidenza del 2,8%. I nati in Sicilia alla fine 2008 erano in totale 1.777, mentre a fine 2010 aumentano a 1.957 (Tab. 2).

Tabella 1. Prospetto riassuntivo dell’immigrazione in Italia (2009-2011)

2009 2010 2011

Popolazione residente totale 60.340.328 60.626.442 59.570.581(P)

Stranieri residenti 4.235.059 4.570.317 3.865.385 (P)

Incidenza % stranieri sul totale 7,0 7,5 6,5

Nati stranieri nell’anno 77.148 78.082 79.587

% minori sul totale dei residenti

stranieri 22,0 22,0 23,9

Iscritti a scuola 673.592 707.826 755.939

Acquisizioni di cittadinanza 59.369 65.938 56.001

Fonte: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes 2012

(P) censimento 2011

Tabella 2. Dati sugli stranieri residenti nelle province siciliane