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CLIMA. Caratteristiche agro-meteorologiche della Robusta

CAPITOLO II LA PIANTA DEL CAFFÈ:

AGROMETEOROLOGICHE DELLA PIANTA DEL CAFFÈ

6. CLIMA. Caratteristiche agro-meteorologiche della Robusta

Il caffè cresce in climi tropicali umidi, all’interno della fascia dei tropici dove le temperature non scen-dono al di sotto di 18°. All’interno di questa fascia, le due principali specie di caffè si adattano ad un clima tropicale umido modificato dall’altitudine, che riflette le condizioni presenti nei loro centri di origine. Le altitudini ottimali di crescita, sia dell’Arabica che della Robusta, per la qualità del caffè, saranno più alte all’Equatore.

Gli eventi climatici condizionano tutta la produzione caffeicola a livello mondiale, dal momento che le coltivazioni sono esposte alle intemperie del clima durante tutto l’anno. Le problematiche legate alle avversità climatiche sono molto varie e in relazione a diversi elementi quali le gelate, venti forti e duraturi, fenomeni frequenti di caldo estremo, deficienze idriche prolungate, mal distribuzione delle precipitazioni nell’arco dell’anno, etc. La temperatura, le precipitazioni, il vento forte sono, infatti, tutti fattori che, anno dopo anno, di regione in regione, possono favorire o diminuire drasticamente un raccolto. La pianta sof-fre, infatti, il vento, il gelo e la brina, o l’eccessivo calore. Se una temperatura dai 15 ai 24 °C è ideale per un’Arabica, una Robusta sopporta temperature dai 14 ai 30°C.

Quello che incide sulla produzione non è solamente un uragano che distrugge piante e frutti, ma anche un’eccessiva piovosità che, durante la fioritura può danneggiare i fiori, provocandone l’aborto e, quindi, la riduzione del raccolto; oppure, durante la raccolta, può far marcire i frutti o, infine, durante l’asciugatura, può ritardarla a causa dell’eccessiva umidità dell’aria.

Le gelate sono gli eventi climatici più pericolosi per le piantagioni di caffè. Nonostante siano rare, dal momento che alle latitudini comprese tra i 20° Nord e Sud si verificano, in media, una volta ogni venti anni, una notte fredda con temperatura sotto lo zero può provocare un’estesa defogliazione, dalla quale le piante si riprendono molto difficilmente.

Oltre che dalla latitudine, la possibilità di gelate dipende anche dall’altitudine, cui è situata una pian-tagione, e dalle condizioni locali di vento e piovosità. Alcune nicchie climatiche, ossia regioni collocate a determinate altitudini, con particolari condizioni di piovosità, irradiazione solare, vento e tipo di suolo, presentano delle caratteristiche favorevoli allo sviluppo delle piante di caffè e permettono, quindi, di otte-nere una buona raccolta e un prodotto di qualità.

Inoltre, gli eventi connessi con il fenomeno dell’Enso, in particolare quelli de El Niño e de La Niña, esercitano un’influenza importante sul clima di buona parte del globo e, di conseguenza, sulla produzio-ne caffeicola. Basti, infatti, ricordare che, il riscaldamento o il raffreddamento ciclico dell’Oceano Pacifico centrale causano, rispettivamente, siccità o eccesso di precipitazioni in Africa Orientale.

Da ciò, possiamo dunque dire che, gli elementi climatici che maggiormente influenzano il processo di produzione del caffè sono, principalmente, la temperatura dell’aria, le precipitazioni e, su scala minore, i venti, l’umidità relativa dell’aria e la radiazione solare. Si darà enfasi, soprattutto, alle esigenze termiche e idriche del caffè.

6.1.Precipitazioni

All’interno delle regioni del globo caratterizzate da un clima tropicale umido, le condizioni di precipi-tazione sono variabili. All’equatore, come ben noto, si ha un regime di distribuzione bimodale delle preci-pitazioni, le quali si verificano in abbondanza durante ogni mese e la media delle temperature mostra pic-cole variazioni attraverso l’anno. Al contrario, man mano che ci si allontana dall’Equatore, le differenze stagionali diventano più evidenti, la lunghezza della stagione delle piogge decresce, il numero di mesi sec-chi aumenta, e le differenze di temperatura tra una stagione e l’altra sono più estreme. In altri termini, esi-ste una netta separazione tra stagioni umide e secche, che possono essere considerate come l’estate e l’in-verno.

In generale, è comune opinione che, affinché il caffè cresca in maniera adeguata, è necessario che l’in-tero anno sia suddiviso in due stagioni ben definite, una umida e l’altra secca, senza bisogno di una spe-cifica variazione stagionale. Vi sono, inoltre, molti che credono, fervidamente, nell’idea secondo la quale il caffè, per produrre al meglio, necessita di un anno caratterizzato per metà da una lunga stagione secca seguita da un’altrettanto lunga stagione umida, che compensa la prima. Come per la maggior parte dei raccolti agricoli, ciò condurrebbe ad uno stress minore per gli alberi del caffè e, di conseguenza, la produ-zione aumenta di anno in anno (Wintgens, 2004).

D’altro canto, come abbiamo appena detto, se guardiamo ad importanti paesi produttori, come sono la Colombia e l’Uganda, ma anche Sumatra, al posto di un anno meteorologico “normale”, ossia per metà umido e per metà secco, si hanno, almeno, ben quattro stagioni – una stagione umida seguita da quella secca e, poi, ancora, un’altra umida seguita da un’altra secca. E, da ultimo, non si deve omettere di segna-lare quelle regioni in cui cresce caffè, caratterizzate da frequenti siccità, come Turrialba in Costa Rica. In tutte queste località, la produzione di caffè è paragonabile e, in alcuni casi, addirittura superiore a quella delle regioni circostanti, dove le due stagioni sono regolarmente distribuite nell’arco dell’anno (Wellman,

1961). A tal proposito, si ribadisce il ruolo dell’altitudine nel modificare i climi tropicali umidi nella fascia tropicale.

Per quanto riguarda le esigenze idriche della pianta del caffè, si deve così osservare che, è difficile sta-bilire una regola o un parametro ottimale del livello annuo di precipitazione, poiché ciò dipende da diver-si fattori, tra i quali assume grande rilievo la distribuzione delle piogge lungo l’intero anno che, quindi, risulta tanto importante quanto il livello di precipitazione annuale. Ed ancora, si può osservare che, nelle località con temperature più basse, un’abbondante copertura nuvolosa e con un buon livello di mulch sul suolo, sufficienti precipitazioni per il caffè possono anche attestarsi al di sotto del livello minimo indicato su scala annuale (1524 mm). Al contrario, nelle aree più calde, dove l’ombra scarseggia, il suolo è sottile ed ha un basso contenuto di humus e di protezione, il caffè necessita di precipitazioni al di sopra dei 1524 mm, per mantenere un livello di crescita ragionevolmente adeguato (Vageler e Livens in Wellman, 1961). Basti osservare ad esempio che, in molte zone caffeicole caratterizzate da precipitazioni abbondanti (Costa Rica), la produzione è risultata essere eccezionalmente grande all’inizio ma, con il proseguire del-l’annata, le malattie aumentavano in maniera considerevole tanto che, le piantagioni venivano, da ultimo, abbandonate. Per quanto riguarda l’Arabica, questo non vuol dire che la pianta ha bisogno di una siccità per poter produrre frutti. Tuttavia, è in grado di resistere ad un lungo periodo di siccità anche estrema, come avviene in Brasile, dove si ha un effettivo avvizzimento delle foglie. In seguito, infatti, quando le piog-ge ricominciano, l’albero torna a vivere, le foglie diventano turgide, e la pianta prosegue nella sua vigoro-sa crescita e fruttificazione (Wellman, 1961). Lo stesso non può, invece, dirsi per la Robusta.

Entrambe le varietà di caffè riescono a sopportare bene una grande quantità di precipitazioni, sebbe-ne risultano altamente suscettibili al ristagno dell’acqua sebbe-nel suolo. Infatti, precipitazioni annuali di oltre 2500-3000 mm sono comuni in molte aree di produzione e non causano un danno significativo alle pian-te, purché il drenaggio, sia quello superficiale che quello verticale, sia sufficientemente adeguato. D’altro canto, però, piogge eccessive possono generare altri svantaggi, quali l’erosione del suolo, e rendere difficili le operazioni di asciugatura del caffè (fase post-raccolta). Zone di produzione che presentano una precipi-tazione annuale al di sopra dei 3000 mm, sono da considerarsi meno appropriate per una coltivazione del caffè economicamente valida.

Al contrario, un periodo di siccità favorisce la concentrazione della fioritura e, di conseguenza, limita oscillazioni nel raccolto. Un periodo secco di 2-3 mesi, coincidente con l’epoca della raccolta, è ideale.

La pianta del caffè per crescere e fare frutti, normalmente, ha bisogno di trovare umidità sufficiente nel suolo durante il periodo vegetativo e di fruttificazione. Nella fase della raccolta e quando la pianta ger-moglia, l’umidità del suolo può ridursi di molto ed avvicinarsi al punto in cui i grani raggiungono uno stato di avvizzimento permanente, perdendo in peso e densità (grane simili sono indicate come “non solide”). In alcuni casi, al contrario, la riduzione dell’umidità del suolo avviene senza arrecare grossi danni alla col-tura del caffè (Camargo, 1985). Anche Camargo (1977), comunque, afferma che la pianta dell’Arabica tollera bene e, addirittura, può trarre benefici da deficienze idriche fino a 150 mm l’anno, soprattutto se tali mancanze coincidono con la fase di riposo della pianta, purché non si prolunghino, però, fino al

perio-do della fioritura e all’inizio della fruttificazione (Thomaziello et al., 2000). Ed anche qui, lo stesso non può propriamente dirsi con riferimento alla pianta della robusta, per la minore lunghezza delle sue radici.

La necessità di umidità per l’Arabica è stata studiata in Kenya negli anni ’60. A tal proposito, si è osser-vato che il tasso di evapotraspirazione durante la stagione secca è inferiore rispetto a quello dei mesi più umidi. Ciò si spiega con il fatto che, gli alberi sono piantati ad una certa distanza tra loro, e lo spazio inter-medio che resta tra i filari è un terreno lasciato del tutto scoperto, come anche opportunamente ricoperto da materiale vegetativo (mulching). Questa superficie, pertanto, perde poca umidità quando si secca com-pletamente durante la stagione asciutta.

Lungo un periodo di 12 anni, si è riscontrato che la media annuale relativa alle necessità idriche della pianta arabica è di 951 mm. La evapotraspirazione mensile varia tra 60 e 115 mm. In luoghi dove la sta-gione secca è normale e il suolo presenta una elevata capacità di trattenere l’umidità, l’Arabica può cre-scere in maniera soddisfacente senza irrigazione, dove la precipitazione annuale è approssimativamente pari a 1100 mm.

Se si mette in relazione il bisogno idrico con l’altitudine (Achtnich, 1958), si osserva che, nelle regio-ni dove la stagione secca non è molto lunga e il suolo ha un’elevata capacità di ritenere l’umidità, la pian-ta di caffè arabica potrebbe, teoricamente, crescere in modo soddisfacente anche senza irrigazione e con una media di precipitazioni totali pari a circa 1100 mm. In realtà, una distribuzione irregolare delle preci-pitazioni associata ad improprie condizioni del suolo e del clima, rendono assai difficile la crescita degli arbusti se il livello di precipitazioni è al di sotto dei 1,300 mm circa. Ad un progressivo peggioramento delle suddette condizioni dovrebbe, quindi, corrispondere un aumento di precipitazioni, sebbene la capacità del terreno di trattenere l’umidità diverrà un fattore limitativo se la stagione secca dovesse prolungarsi. La lun-ghezza della stagione secca potrebbe, infatti, rivelarsi critica. Secondo Robinson (1964), “la durata della stagione secca non dovrebbe mai superare i 4 mesi di fila al massimo, a meno che, per buona parte di que-sto periodo, non vi sia sufficiente copertura nuvolosa, oppure le giornate siano prevalentemente uggiose con temperature più basse.

Considerazioni simili possono essere fatte per la pianta della Robusta. Questa, tuttavia, poiché si dimostra essere più adatta alle basse altitudini, dove le temperature sono più alte, avrà necessità idriche totali maggiori. Forestier (1969) ha calcolato che il livello annuale minimo di precipitazioni deve essere pari a 1250 mm, affermando, altresì, quanto sia preferibile che le piogge si attestino in un intervallo compreso tra 1500-1550 e 2000 mm l’anno.

Vageler e Livens (in Wellman, 1961), invece, hanno riportato che le piante di caffè richiedono un livel-lo annuale di precipitazioni compreso tra 1524 e 2286 mm, nel quale è compreso anche l’ammontare di acqua che viene dispersa e che evapora, con un consumo mensile di acqua da parte della pianta che si aggira intorno ai 200-250 mm.

Secondo Wintgens (2004), l’intervallo entro cui si attestano i livelli minimo e massimo di precipita-zioni che la Robusta preferisce è compreso tra 1500 e 2500 mm. La durata del periodo secco dovrebbe essere di 2-3 mesi, al massimo 4 mesi di siccità, a causa del maggiore livello di evapotraspirazione,

dovu-to alle più elevate temperature delle zone in cui cresce la Robusta (cfr. Tabella A, Cap. II, par. 2). Inoltre, egli afferma che il tasso di evapotraspirazione reale, ossia l’acqua effettivamente utilizzata dal caffè e quel-la persa per evaporazione, è compreso tra 84 e 105 mm al mese, pari a 1260 mm l’anno, mentre l’umidi-tà relativa dell’aria è pari all’80-90%.

Avendo arbitrariamente definito una stagione secca come quei mesi con un livello di precipitazioni inferiore ai 50 mm (6), si afferma che precipitazioni al di sotto dei 1200 mm per la Robusta, nonostante siano ben distribuite, possono essere critiche per la produttività della pianta, soprattutto se l’irrigazione artificiale non è praticabile (Wintgens, 2004).

Nella fascia equatoriale, dove si trova l’Uganda, le precipitazioni sono ben distribuite durante tutto l’an-no e, quindi, la media mensile di precipitazioni risulta in generale superiore ai 50 mm ogni mese (cfr. Tavola 1). Di conseguenza, i deficit idrici accumulati, con ogni probabilità, saranno più piccoli, rispetto a quelli della fascia tropicale. In realtà, come mostrato in seguito, attraverso le elaborazioni di un modello climatico globa-le connesse ai principali aspetti del suolo di alcuni distretti dell’Uganda in cui è coltivato caffè, si è riscontrato che potrebbero verificarsi in futuro situazioni di maggior scarsità di umidità al suolo disponibile per le piante.

La relazione esistente tra la coltivazione del caffè e il regime di precipitazioni è stato studiato in diver-si paediver-si come, ad esempio, in Bradiver-sile, Costa Rica, El Salvador. In questi lavori, sono stati mesdiver-si in eviden-za alcuni degli aspetti più importanti in materia: la correlazione tra la traspirazione e l’intensità della luce, oppure tra la traspirazione mensile delle piante con le precipitazioni. È importante considerare anche le tecniche agricole utilizzate, come ad esempio la pratica del mulching e della copertura ombrosa, per valu-tare la disponibilità idrica dei suoli che hanno caratteristiche diverse (cfr. Cap. II, par. 3.5.).

In ogni caso, non esiste una chiara ed universale correlazione tra il regime di precipitazioni e la colti-vazione del caffè. A causa degli effetti dovuti ai cambiamenti stagionali, il modello di distribuzione delle piogge regola quello della coltivazione. Come ben noto, nel regime di precipitazione unimodale, tipico delle zone sub-tropicali del globo, c’è una fioritura principale e quindi un periodo, che normalmente si pro-trae dai tre ai quattro mesi, durante i quali il caffè matura per poter essere poi raccolto. Nei regimi di pre-cipitazione bimodale, invece, ci sono due fioriture e, pertanto, due periodi di raccolta principale. I periodi di pioggia, che avvengono in mesi differenti a seconda che ci si trovi a nord o a sud dell’equatore, si avvi-cinano e si sovrappongono nelle regioni equatoriali, dove pertanto ci sono tipicamente due fioriture.

Tuttavia, in alcune zone equatoriali con intense precipitazioni c’è soltanto un periodo in cui le piogge sono abbastanza rare da provocare cambiamenti nello stress idrico delle piante. In aree simili (come ad esempio, la regione degli altipiani occidentali in Papua Nuova Guinea), esiste un solo periodo principale di fioritura e di raccolta.

Le condizioni del suolo interagiscono con le precipitazioni in due modi. L’abilità delle piante di resi-stere a lunghi periodi di siccità, senza subire effetti dannosi, dipende dalla quantità di acqua trattenuta nel

6Un mese in cui si hanno precipitazioni inferiori al doppio della temperatura media mensile è normalmente considerato un mese secco (ad esempio, per la robusta, 50 mm, risultante da 2·25, dove 25 è la temperatura media mensile) (Wintgens, 2004).

terreno a disposizione delle piante. Questa è governata da due parametri: la profondità del suolo esplora-ta dalle radici del caffè e la capacità di stoccaggio di umidità del suolo.

È stato dimostrato che il suolo si avvicina molto al punto di avvizzimento (quando tutta l’acqua disponibile è stata asportata) oltre i tre metri di profondità alla fine di una prolungata stagione secca. Al contrario, in suoli poco profondi, come sono quelli argillosi in cui il livello superficiale è di soli 15 cm, che poggiano su uno spesso strato di argilla, le radici della pianta del caffè non riescono a penetrare in pro-fondità alla ricerca di acqua. Di conseguenza, la quantità di acqua disponibile nel terreno è molto scarsa. Il caffè può crescere in questi terreni, se ci si trova in aree dove la stagione secca è tipicamente corta e dove la traspirazione si riduce grazie ai frequenti periodi di copertura nuvolosa. In tal caso, infatti, le piantagio-ni non irrigate subiranno stress idrici soltanto, quando vi sia un insolito e prolungato periodo senza preci-pitazioni (Blore, 1966).

Va osservato anche che, quando il caffè è coltivato in suoli così poco profondi, un eccesso di precipi-tazione può avere negativi effetti, in termini di riduzione della produttività delle piante e di scarsità di pian-te coltivapian-te, associata ad un’elevata acidità del suolo. In quest’ultimo caso, infatti, la superficie del suolo viene malamente rimossa e logorata dall’erosione (Wellman, 1961).

Bore (1966) ha riscontrato che negli altipiani occidentali della Papua Nuova Guinea, si è avuto un minore rendimento produttivo al verificarsi di precipitazioni eccedenti i 1500 mm. Quanto maggiore era l’eccedenza di precipitazioni oltre i 1500 mm, tanto più grande era la riduzione di produttività del caffè. Si presume che un tale effetto sia la conseguenza della saturazione di acqua nel suolo, la quale riduce l’effi-cienza del sistema delle radici, sebbene bassi livelli di intensità luminosa possono condurre ad una dimi-nuzione dell’attività di fotosintesi, mentre forti precipitazioni all’inizio della stagione umida possono pro-vocare una riduzione dell’impollinazione. In condizioni umide, la produzione di ormoni è compromessa e le conseguenti anomalie nella fioritura portano ad una riduzione nel rendimento produttivo.

Gli effetti causati dal regime delle piogge in una determinata zona di produzione caffeicola possono essere modificati dai sistemi di irrigazione, utilizzati per alterare i modelli di produttività, oltre che per inte-grare i livelli delle precipitazioni.

6.1.1. Il livello di umidità del suolo e il sistema di radici della pianta di Robusta

Quale sia l’impatto del clima o del suolo sul raccolto è determinato, specialmente, dal tipo di effetto che si produce sul sistema delle radici. In particolare, è importante stabilire la quantità d’acqua disponi-bile per il caffè, soprattutto nei casi di scarsità di precipitazioni oppure di suoli decisamente aridi.

Per quanto riguarda i cultivar di Robusta, si può dire che gli alberi potrebbero proseguire la loro cre-scita senza interruzione durante tutto l’anno, se le riserve di acqua del suolo non scendano al di sotto di un quarto della capacità massima di stoccaggio.

Le necessità idriche tali da impedire il raggiungimento del punto di appassimento variano comunque

Tavola 1. - Precipitazioni annuali e mensili (mm), per alcune località selezionate in Uganda (2004-2006)

Note: TR =Trace, n.a.= Not Available.

a seconda del cultivar. Ad esempio, la varietà Kouilou ha una maggiore resistenza alla mancanza di umidi-tà rispetto alla Robusta. Il Kouilou è in grado, infatti, di tollerare un più alto deficit interno, può avere un minor movimento dell’acqua a livello transcuticolare e un sistema di radici più grande in relazione alla dimensione dell’albero. Questi fattori permettono agli stomi del Kouilou di rimanere aperti anche ad un maggiore livello di deficit di umidità, in modo da far sì che la pianta continui a crescere ad uno stadio più avanzato, rispetto ad una di Robusta, durante la stagione secca.

In linea generale, si è più volte indicato che la C. canephora var. robusta presenta un sistema di radici più superficiale rispetto all’arabica, e ampiamente delimitato negli strati più superficiali del suolo. Anche le principali radici laterali si irradiano vicino alla superficie e, ad esse, sono connesse molte radici con la funzione di reperire nutrimenti per la pianta. Nei primi 15 cm circa del suolo, sono state riscontrate molte