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Il ruolo di ENSO e dell’Oceano Indiano sul clima dell’Africa Orientale

UN CASE STUDY: L’AFRICA ORIENTALE E L’UGANDA

4. Il ruolo di ENSO e dell’Oceano Indiano sul clima dell’Africa Orientale

L’ENSO, ossia tutte le fluttuazioni che si verificano nell’Oceano Pacifico tropicale, compreso El Niño e La Niña, è quella anomalia climatica maggiormente responsabile della variabilità intrannuale sopra

Figura 18. Migrazione Stagionale dell’ITCZ in Africa. La migrazione dell’ITCZ influenza il regime stagionale delle precipitazioni lungo il continente. Le zone che appaiono in blu sulla figura mostrano le aree dove maggiore è l’effetto riflettente dovu-to alla copertura nuvolosa, corrispondente alla posizione media mensile dell’ITCZ.

l’Africa Orientale e Meridionale (cfr. Phillips e McIntyre, 2000). L’ENSO riguarda sia le SSTs sia le fluttuazio-ni di pressione al livello del mare nell’Oceano Pacifico. Le oscillaziofluttuazio-ni nella pressione atmosferica tra Darwin, in Australia, e a Tahiti furono primariamente documentate da Sir Gilbert Walker (Walker e Bliss, 1932), durante una sua indagine sulla calamità del Monsone Indiano del 1898, un evento climatico che conduce ad enormi disastri nei raccolti agricoli e alla carestia. Le ricerche condotte pressappoco negli ulti-mi ottanta anni hanno mostrato una forte correlazione esistente tra la temperatura superficiale dell’ocea-no e la circolazione atmosferica globale. Alla fine degli anni ’80, infatti, le analisi climatiche globali veni-vano prodotte documentando la relazione tra le SSTs del Pacifico ed entrambe le distribuzioni delle preci-pitazioni e di temperatura (cfr. Phillips e McIntyre, 2000). I concomitanti progressi nelle capacità di previ-sione delle temperature dell’oceano hanno comportato che le previsioni delle SSTs ora possono essere tra-sferite all’interno di quelle climatiche (cfr. Phillips e McIntyre, 2000).

Gli eventi legati al fenomeno de El Niño, dovuti ad un anomalo riscaldamento delle SSTs nell’Oceano Pacifico orientale in prossimità dell’equatore, avvengono con una periodicità media di una o due volte ogni decade, sebbene negli anni ‘90 si è assistito ad un’insolita successione di eventi, correlata con il cambia-mento climatico secondo alcuni già nel 1996 (Trenberth e Hoar, 1996). Quando le SSTs tendano a raffred-darsi, l’anomalia che ne deriva è definita La Niña. L’Indice della Oscillazione Meridionale (SOI), una misu-razione dei gradienti di pressione al livello del mare, è inversamente correlato con le anomalie di tempera-tura nel Pacifico equatoriale. La risposta globale ad eventi ENSO varia a seconda della località geografica, e può determinare sia maggiori che minori precipitazioni, e/o temperature più calde o più fredde. Dopo il ciclo stagionale, la variabilità climatica legata all’ENSO è, oggi, ampiamente considerata come il più gran-de segnale periodico climatico a livello globale. La sua influenza è particolarmente forte in Australia, India, sulle coste occidentali del Nord e Sud America, sulle zone costiere del Brasile e in Africa Meridionale. Influenze sul clima sono state anche riscontrate in Messico, nell’America Centrale e del Sudovest e, infine, in Africa Orientale.

Sebbene in Africa Orientale, in molti casi, mancano particolari dati riguardanti le implicazioni degli eventi legati all’ENSO sugli aspetti climatici a livello sub-regionale, tuttavia, nella letteratura esiste il con-senso sul fatto che non c’è alcuna relazione significativa tra ENSO e la stagione delle lunghe piogge (MAM) la quale, generalmente, mostra una bassa variabilità interannuale (Mutai et al., 1998). Al contrario, un certo numero di studi hanno invece dimostrato che esiste una correlazione significativa tra ENSO e la sta-gione delle piogge brevi (OND). In particolare, allo scopo di migliorare la probabilità di successo nell’uti-lizzo di previsioni regionali in Uganda, specialmente nel settore agricolo, le analisi sul clima sono state ese-guite a livello sub-regionale, distinguendo tra le zone settentrionali, contraddistinte da un regime di preci-pitazioni quasi-unimodale e dove la stagione delle piogge brevi avviene in anticipo raggiungendo il suo picco in Agosto, da quelle meridionali caratterizzate, invece, da un regime bimodale, con la stagione secon-daria delle piogge brevi che ha i suoi massimi in Novembre (Figura 19, Phillips e McIntyre, 2000). I dati sca-turiti dalle stazioni di rilevazione hanno chiaramente evidenziato che l’importanza degli eventi ENSO diffe-risce nelle due zone. In quella unimodale, gli eventi de El Niño sono associati ad un indebolimento del

picco di precipitazioni in Agosto (al contrario avviene negli anni de La Niña), sebbene l’allungamento della stagione fino ai mesi di Ottobre-Novembre potrebbe fornire un’opportunità di coltivazione per quei rac-colti agricoli a maturazione più lenta. Presso le località bimodali, al contrario, l’impatto sulla stagione delle lunghe piogge (e anche in Agosto) è scarso, mentre le precipitazioni di Novembre sono accentuate duran-te gli anni caratduran-terizzati da El Niño e si riducono in anni in cui il fenomeno prevalenduran-te è invece quello de La Niña (Phillips e McIntyre, 2000).

Da quanto sinora detto, è importante osservare che, poiché in Uganda il regime delle piogge differi-sce dal nord al sud del paese, lo stesso accade per quel che riguarda i raccolti agricoli e i sistemi di colti-vazione prevalenti. Nel nord, dove il regime di precipitazioni è sostanzialmente unimodale, sono maggior-mente coltivati i raccolti annuali, come il miglio e altre granaglie. In questa zona sono piantate anche quel-le varietà agricoquel-le di sorgo, sesamo e quel-legumi, come la cassava e altri vegetali, con una più quel-lenta maturazio-ne. I cereali sono solitamente piantati dapprima a Marzo e, in seguito, nuovamente in Agosto o Settembre, così che la maturità fisiologica avviene durante la stagione secca. Diversamente, i raccolti perenni, come il caffé e le banane, prevalgono nella maggior parte dei sistemi di coltivazione e produttivi presenti nelle zone contraddistinte da un regime di precipitazioni bimodali, sebbene esistono differenze tra i sistemi di colti-vazione a livello locale (ad esempio, il grano negli altipiani orientali e quello coltivato nella parte sud-occi-dentale dell’Uganda).

Il periodo di semina e la scelta del raccolto dipendono, pertanto, dalla distribuzione delle precipitazio-ni; di conseguenza, esiste la possibilità di utilizzare le previsioni di inizio della stagione piovosa, nonché della sua durata, nell’ambito della gestione agricola (Phillips e McIntyre, 2000).

Figura 19. Indicazione delle 33 località con un regime unimodale(o) e bimodale (

) - Uganda Per il dettaglio delle località, vedi Tavola 1. (Fonte: Phillips e McIntyre, 2000).