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CAPITOLO II LA PIANTA DEL CAFFÈ:

CULTURA E TECNICHE DI PRODUZIONE

3. Il terreno e le tecniche agricole

3.9. Distanza tra le piante di caffè

La distanza ideale tra gli alberi del caffè dipende in larga misura dalle specie di pianta coltivate e dal tipo di cultivar.

Spazzi ravvicinati tra le piante, si rendono convenienti, quando si intende ottenere un rendimento più elevato nei primi anni di raccolto, al fine di poter reinvestire i maggiori ritorni nella piantagione.

Un’eccessiva densità di coltivazione potrebbe, al contrario risultare non conveniente in futuro e richiedere, pertanto, una severa potatura o il ridimensionamento del numero delle piante attraverso la rimozione di diversi alberi. La potatura, essenziale per il caffè, costituisce, infatti, uno strumento attraverso cui control-lare l’ampiezza e la densità della chioma dell’albero. Inoltre, come anche diremo in seguito, la potatura si rende necessaria al fine di agevolare alcune delle operazioni relative alla coltivazione, tra cui quelle mecca-niche, come ad esempio, l’applicazione di fertilizzanti o concimi, oppure la raccolta.

Alcuni esperimenti effettuati sulla Robusta (Cestac e Snoeck, 1982), allo scopo di individuare la correlazione esistente tra l’incremento della produttività nei primi anni di raccolto e un’elevata densi-tà di coltivazione, hanno portato a concludere che il rendimento lordo più alto, nell’arco di 16 anni, era ottenuto attraverso una densità di 2.194 alberi per ettaro e, in generale, all’interno di un range che va da 952 a 2.666 alberi per ettaro. Livelli più alti di densità riducevano i rendimenti delle piante, rispetto a quelli ottenuti sistemando il caffè alla distanza considerata ottima, ossia 3 metri tra una linea di alberi e l’altra. Con la diminuzione di spazio tra ciascuna linea e l’altra (da 2 metri a 1.25 metri), si riduce anche l’efficienza dell’albero e, quindi, la produttività totale, nonostante un incremen-to nella densità dei fusti.

Studi sul sistema radicolare del robusta coltivato a varie densità sono stati condotti da Hatert (1958). Egli scoprì che il sistema delle radici della pianta era ripetutamente circolare e non eccedeva i 3.2 metri di diametro. In altri termini, le radici degli alberi piantati a distanza ravvicinata coprivano un’area circolare, che si espandeva fino a toccare le radici delle piante vicine, ma senza intersecarsi con queste ultime. Il sistema delle radici, da lì in poi, rimaneva statico e circolare, senza allargarsi per esplo-rare il suolo oltre l’area circolare. Questo dovrebbe spiegare l’insoddisfacente livello di rendimento sul lungo termine, derivante da una coltivazione intensiva e dall’incapacità degli alberi di caffè di aumenta-re il aumenta-rendimento, pur a seguito di una loro riduzione in numero.

La modalità migliore di piantare gli alberi di caffè robusta sembrerebbe, dunque, quella di collocarli ad una densità minore, senza doverne ridurre il numero in seguito. Infatti, è stato riscontrato che il robu-sta piantato ad una densità doppia, il cui numero di piante viene ridotto dopo tre anni di produzione, non produceva più alcun raccolto, cumulato nell’arco di cinque anni, rispetto ad alberi piantati ad una densi-tà minore e che non avevano subito alcuna riduzione in numero. Gli alberi sistemati, inizialmente, in una linea ad una distanza molto vicina fra di loro, a livello cumulativo, rendono di meno rispetto a quegli albe-ri piantati, invece, inizialmente in linee spaziate uniformemente alla metà della distanza normale.

In generale, esiste un ampio intervallo relativo alla distanza alla quale gli alberi sono piantati tra di loro.

Il Robusta è un albero più grande e, solitamente, la densità di coltivazione è più bassa rispetto a quel-la dell’Arabica, contando dai 1.000 ai 1.350 alberi per ettaro. Ad esempio, alcuni suggeriscono una distan-za tra le piante, all’interno di uno stesso filare, di 2-2.25 metri, mentre la distandistan-za tra un filare e l’altro dovrebbe essere di 3.7-4 metri (da 1.110 a 1.372 alberi per ettaro). In alcune zone di coltivazione, la cre-scita degli arbusti può risultare talmente vigorosa che la densità deve essere ridotta ad appena oltre i 900

alberi per ettaro (entro una distanza di 3.3 mt x 3.3 mt, si hanno 918 alberi per ha) (K.C. Willson, 1985). In generale, si deve comunque dire che la copertura ombrosa, la spaziatura, le condizioni climatiche, la potatura e lo stato di nutrimento degli alberi di caffè possono interagire, in maniera anche complessa, con il rendimento delle piante. Per una serie particolare di condizioni, la distanza ottima deve, pertanto, essere stabilita attraverso degli esperimenti sul campo.

3.10. Terrazzamento

Questa pratica di coltivazione è attuata per ridurre od arrestare l’erosione del suolo ed il runoff, attra-verso cui è anche possibile che eventuali residui chimici siano trasportati da una piantagione ad un’altra, con un’intensificazione del degrado ambientale.

3.11. La gestione delle giovani piante

Al fine di massimizzare i benefici derivanti dalla crescita di caffè robusta, è opportuno che la produzione sia basata su un sistema “a stelo multiplo”, in maniera tale che gli alberi sviluppino tre fusti in grado di soste-nere il raccolto (Fig. 11). Sin da quando le giovani piante di caffè sono collocate nel terreno, entro i primi cin-que mesi, esse sono chinate lungo la fila di alberi in direzione da ovest verso est e fissate verso il basso per per-mettere ai germogli di svilupparsi (Figura 12 e 12a). Nella parte aerea dell’albero più bassa possibile, a parti-re dalla base, si sviluppano due germogli, che sono così in grado di cparti-resceparti-re e che, una volta formatisi, andran-no a costituire i rami primari. Quando i piccoli rametti raggiungoandran-no un’altezza di circa 30 cm (Fig. 13), il fis-saggio viene rimosso e la cima della pianta primaria volge verso l’alto per sviluppare il terzo fusto (Figura 12b). Lo sviluppo delle parti aeree della pianta di caffè è legato all’allungamento del fusto verticale primario (ortotropico) e della successiva crescita di diverse paia di foglie opposte ad ogni nodo. I germogli seriali (ing., serial buds), che cominciano a partire da una sequenza iniziale (ing., “head of series bud”), sono localizza-te alle ascelle delle foglie (Fig. 14).

I rami della pianta del caffè hanno, quindi, due distinti aspetti strutturali: l’asse che interseca ciascun paio di foglie opposte contiene non uno, bensì, una serie di germogli ed, inoltre, la ramificazione è dimor-fica. I 4-5 germogli presenti in sequenza lineare sulla cima del ramo ortotropico (head of series bud) sono i soli capaci di generare un ramo primario (plagiotropico), mentre le gemme che sono situate più in basso nello stesso ramo ortotropico, restano in uno stato di dormienza duraturo o producono maggiori propag-gini ortotropiche (oppure, in via occasionale, delle infiorescenze).

Le infiorescenze si sviluppano, generalmente, da germogli che si trovano ad ogni nodo dei rami pla-giotropici (laterali). Tuttavia, questi germogli possono originare anche un nuovo ramo plagiotropico, seb-bene mai possono diventare spontaneamente ortotropici (Figura 14).

Da ricordare che, i rami ortotropici (verticali) danno origine a quelli plagiotropici (orizzontali) (Clifford e Willson, 1987).

Un’analisi istologica sarà in grado di valutare con precisione il momento in cui la gemma vegetativa inizia la transizione alla fase riproduttiva con la formazione, quindi, di un’infiorescenza, piuttosto che di

un nuovo ramo laterale (Moens, 1963). Secondo Majerowiczi e Söndahll (2005), il momento nel quale avviene la differenziazione del germoglio floreale (floral bud) tra il processo vegetativo e quello riprodutti-vo, sembra essere fortemente influenzato dallo sviluppo dei frutti sulla pianta (produzione totale) e dai frutti adiacenti che si trovano sullo stesso ramo.

Tali semplici regole, alla base dello sviluppo dei rami nella pianta del caffè, sono state utilizzate in pas-sato all’interno di modelli matematici i quali, dato il tasso di crescita dei rami ortotropici e plagiotropici, sono serviti per simulare la produzione dei nodi e, quindi, il livello di produttività potenziale della pianta. A seconda della specie e delle condizioni ambientali, una pianta di caffè di 1 anno di età sviluppa, approssimativamente da 6 a 10 livelli di rami plagiotropici. Dopo 2 anni, l’arbusto può raggiungere un’al-tezza di 1.5-2 metri e i primi fiori appaiono. Infine, dopo circa 3 anni, l’albero raggiunge la completa matu-rità e inizia a produrre un normale raccolto (Wintgens, 2004).

Sopra un ramo plagiotropici, ogni nodo produce, comunemente, fiori soltanto una volta. Di con-seguenza, è opportuno effettuarne la potatura per assicurare la continua disponibilità di nodi in fiore sulla pianta. Ciò può essere fatto tramite una potatura selettiva dei rami plagiotropici che crescono su un permanente fusto verticale (potatura a stelo-singolo), oppure lasciando crescere diverse propaggini verticali, che saranno rimpiazzate con rami nuovi (c.d. suckers), nati dai vari fusti verticali dopo qualche anno (sistema di potatura a stelo-multiplo).

Figura 12. Giovane pianta in formazione: il fusto principale è trattenuto da un legnetto, per far si che la parte aerea del piccolo arbusto resti in posizione orizzontale rispetto al suolo per lo sviluppo dei germogli.

Figura 12 a e b. Formazione di una giovane pianta di caffè.