psicologico autore Marino Bonaiuto
L’ambiente in generale e i luoghi specifici che le persone frequentano possono avere un impatto, a breve o lungo termine, sulla salute fisica e mentale delle persone, nonché sul loro benessere complessivo. Tali
impatti possono essere benefici, come nel caso della natura (aree
naturali verdi e/o blu in ambito urbano, peri-urbano o extra-urbano), la quale può sia proteggere da fattori di rischio (cosiddetta harm re- duction o mitigation), sia ripristinare capacità e funzioni deterioratesi (cosidetta restorativeness o rigeneratività), sia promuovere l’acquisizio- ne o adozione di nuove capacità e funzioni (cosiddetta instoration). Analogamente, l’ambiente e i luoghi possono avere impatti patogeni a vari livelli sulle persone che li vivono e li frequentano. Entro un tale quadro, an- che il mutare delle condizioni ambientali, sia a livello generale (mutamen- ti globali) sia a livello di luogo specifico (mutamenti locali), possono pro- durre il deterioramento dei parametri di salute e benessere umani. I cambiamenti climatici si inseriscono in tale quadro, ma ciò non va considerato come un fenomeno nuovo nel- la storia dell’umanità (la geomitologia offre numerosi esempi).
Espressioni ombrello quali quella di “climate anxiety”, o di “eco- anxiety”, comprendono un ampio spettro di fenomeni relativi a sin- tomi o sindromi di leggero o grave disagio psicologico dovuto alla consapevolezza dei cambiamenti climatici e del loro impatto sulla per- sona e sulla società, nonché all’incertezza connaturata a tutto ciò. Molti di questi fenomeni possono essere ricondotti a disturbi della sfe- ra psicologica che, pertanto, indicano condizioni di patologia mentale, con diversi possibili gradi di gravità. Tuttavia allo stato attuale questo tipo di fenomeni psicologici non si sono necessariamente tradotti in una nosografia ufficiale accettata a livello mondiale. Vi sono però al- cune associazioni specialistiche che hanno intrapreso iniziative in tale senso, volte a descrivere il fenomeno e a cercare di formalizzarne cate- gorie diagnostiche per svilupparne poi strumenti di misura, almeno in alcuni paesi (USA, alcuni paesi entro la UE, tra cui UK e Italia). In generale, tale fenomeno può rientrare nei disturbi d’ansia: patolo- gia mentale tra le più diffuse che può comprendere emozioni negati- ve, disturbi dell’umore, limitazioni comportamentali quotidiane, nonché conseguenze come stress, insonnia, aggressività e depressione. Bisogna però precisare che, in quanto risposta a una minaccia, essa si configura come ansia cosiddetta “reattiva”, e in quanto tale non può essere consi- derata una risposta patologica, bensì adattiva.
sero cronicizzarsi, per il persistere della minaccia, le conseguenze potrebbero di- ventare patologiche. Infatti mentre l’ansia reattiva è utile all’organismo e alla collet- tività per fronteggiare situazioni di breve durata più impegnative rispetto al normale andamento degli eventi, e può quindi con- siderarsi manifestazione funzionale all’a- dattamento dell’individuo, l’ansia climati- ca può diventare patologica se permane a lungo, rischiando in tale modo di porta- re a conseguenze psico-fisiche negative. Su tale problema possono poi innescarsi conseguenze che minano la stato di salute e benessere del singolo, legate all’alterazio- ne nel rapporto della persona col proprio luogo, proprio a causa dei cambiamenti indotti localmente nel luogo da parte dei processi di cambiamento climatico globale. In proposito è stato coniato il ter- mine “solastalgia”, il quale descrive il feno- meno della persona, abitante di un determi- nato luogo, la quale non riconosce più tale luogo come abituale e come “suo”, a causa di cospicui cambiamenti, o stravolgimen- ti, occorsi per i processi di cambiamento climatico. I cambiamenti climatici, infatti, possono avere indotto a livello locale speci- fiche alterazioni le quali hanno poi innesca- to processi locali di trasformazione a carico di corsi d’acqua, vegetazione, forme di vita animale, elementi edificati dall’uomo, ecc. A seguito di tali trasformazioni e degradazioni del territorio in cui vive, l’a- bitante di tale luogo prova un sentimen- to di perdita del luogo stesso e/o dell’i- dentità di luogo fisica, sociale, culturale.
Si può notare come il sentimento di solastalgia sia analogo nei contenuti, ma complementare nella dinamica, rispetto a quello di nostalgia: in entrambi i casi il disa- gio psicologico della persona è indotto dalla separazione dal luogo al quale essa è legata, con la differenza che la nostalgia è indotta dall’allontanamento dal luogo (o perdita del
luogo) in virtù di un dislocamento della per- sona, mentre nella solastalgia l’analogo esito è prodotto dall’allontanamento o perdita del luogo risultante in virtù delle trasformazioni subite dal luogo stesso. Il fenomeno della solastalgia può considerarsi differente ma interconnesso all’eco-ansia, in quanto quest’ultima è un’ansia anticipatoria, rivolta a eventi che devono ancora verificar- si, mentre la solastalgia rappresenta una delle possibili conseguenze patologiche delle tra- sformazioni locali indotte dai cambiamenti cli- matici globali. La ricerca scientifica ha messo a punto strumenti per la misura della solastal- gia (scala di misura self-report), ma non vi sono protocolli standard condivisi dalla comunità scientifica per la sua gestione e trattamento. È importante sottolineare anche il ruolo che i media (di massa e sociali), nonché altre agenzie di socializzazione tradizionali dalla famiglia alla scuola, giocano in tali complessi fenomeni, poiché l’ansia climatica può essere gestita come una risposta adeguata al pericolo e quindi come risorsa in grado di mobilizzare energie, umane e materiali, per intervenire sulle cause dei cambiamenti climatici globali (mitigazione), o sulle manife- stazioni a livello locale (adattamento). Al contrario, l’eco-ansia è patologica e di- viene patologizzante quando mal gesti- ta, cioè quando non sfocia in linee d’azio- ne comportamentali che restituiscano al singolo spazi e canali di condivisione so- ciale e strategie comportamentali di au- toefficacia per incidere sulla realtà.
Tali esiti patologici si intrecciano con altri di- sturbi della sfera psicologica connessi alla re- lazione persona-ambiente, anch’essi ancora fuori dalla nosografia ufficiale, ma già ricor- rentemente etichettati con espressioni quali “Nature Deficit Disorder”: ciò sta a indicare una disconnessione mentale e comportamentale degli individui, soprattutto delle ultimissime generazioni, dalla natura e dai suoi processi.
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D
Tale disconnessione è dovuta alla scarsa o quasi nulla espo- sizione diretta agli elementi e ai processi delle realtà mine- rali, vegetali, animali, la qua- le affligge i bambini cresciuti prevalentemente in ambiente urbano. Apposite attività di
educazione ambientale in situ
– ma anche un mutamento in alcune abitudini di vita quoti- diana – vengono invocate per invertire tale tendenza e favo- rire un assetto mentale e com- portamentale consono all’a- dattamento e alla mitigazione.